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nota 447

ch’ella avrá caro cotal dono, se non per conto mio, per il merito almeno di chi n’è stato primo autore.

Fuor di queste magre e indeterminate notizie che l’Arrivabene ci offre, null’altro sappiamo circa la pubblicazione dell’Amor costante e circa la parte, diretta od indiretta, che il Piccolomini v’ebbe.

Ecco ora alcune osservazioni spicciole. A. i, se. 3: il verso 5 del madrigale di Ligdonio suona cosí nell’ediz. Bindoni: «A dar luce a ciò ch’ai mondo vedete è de. xi. syllabe» anzi, piú propriamente, «syllab.». Le altre due edizioni sopprimono le parole «è de. xi. syllabe»; e anche io le sopprimo perché non ne vedo chiara la funzione e il significato. Sono esse una postilla marginale (venuta poi ad intrudersi nel corpo del verso) di chi volle ironicamente avvertire, per proprio conto, la bestialitá di Ligdonio che faceva endecasillabi di quella specie? O è lo stesso Ligdonio che, quasi compiacendosi della sua valentia, sospende, per un momento, la recitazione del suo madrigale e ammonisce Panzana •che il verso «a dar luce a ciò ch’ai mondo vedete» è proprio di undici sillabe e musicalissimo e perfettissimo? Non vedendoci chiaro, sopprimo, come ho detto, le parole su riferite; ma le noto qui perché i lettori possano, se ne hanno voglia, risolvere questo piccolo indovinello come meglio credono. — A. 1, se. 12: «Tardi cornò Orlando». Tutt’e tre le stampe hanno «tornò» invece di «cornò». Ma la correzione è sicura: poiché qui si ha, certo, un ricordo del finale episodio della Chanson de Roland; e, d’altra parte, del verbo «cornare» nel senso di «sonare il corno» reca vari esempi la Crusca. — A. 1, se. 12: «Mas cátala a qui que viene». Credo sicura questa mia correzione di fronte alla stampa del Bindoni: «cataldr qui do viene»; a quella veneta senza note tipografiche: «catalda qui do viene»; e a quella, migliore, del Pietrasanta:

«catalda á qui que viene». — A. iv, se. 7: «C’impazzarebbeno i granchi con questo bue» (tutt’e tre le stampe: «... con questo bu»). — A. iv, se. 8: «Io le mannai na mia noveletta, che avea fatto de frisco, la quale era piena de multi casi affettuosi de amore» (tutt’e tre le stampe: «... de multi affettuosi...»).