Osservazioni di Giovanni Lovrich/De' Costumi de' Morlacchi/§. 6. Cibi
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§. VI.
Cibi.
Non mi saprei dar pace, se lasciassi sorpassare il merito, che dà il Fortis all’aglio di mantener lungamente robusti, e forti gl’individui, perchè secondo lui corregge la mala qualità delle acque de’ serbatoi fangosi, o de’ fiumi impaladati, da’ quali molti Morlacchi sono costretti attingere nel tempo di State1 E perchè il merito, ch’egli dà all’aglio non lo darebbe più tosto all’aceto, di cui ne’ tempi estivi se ne servono i Mortacchi ad uso di bevanda, in ispezialità, quando vanno lavorar nelle Campagne, ove l’acque sono fangose? Si legge presso Rollin che tutti i soldati Romani portavano dell’aceto con essi loro, per attemprare la crudezza dell’acqua, ch’erano astretti a ber talvolta molto cattiva. Catone che non beveva altro che acqua, se si crede a Plutarco, per qual ragione avrà talora bevuto dell’aceto, quando era all’esercito, se non perchè l’acqua sarà stata molto cruda? Inoltre l’aceto à qualità rinfrescativa, e l’aglio all’incontro è di natura caldo, nè potrebbe giovare agli individui, che ne Climi freddi:2 laonde se anche a’ partigiani di Orazio non vuolsi accordar, che l’aglio sia più nocivo della cicuta3 nulladimeno non si potrà concorrere nella opinione del Fortis di atribuirgli una virtù, che viene smentita colla esperienza.
I cibi, di cui finora parlammo, sono universalmente abbracciati da’ Morlacchi, ma si cangiano in migliori, o peggiori, secondo la facoltà, e le stagioni. Dico secondo le stagioni, mentre dal giorno delle Ceneri fino al principio della raccolta delle nove messi, soffrono mortificarsi colla parsimonia de’ cibi, ma ne’ tempi ressidui dell’anno, quando non vi faccia argine un’estrema carestia, rovini il Mondo, vogliono per lo più, come osserveremo di tratto in tratto, mangiar a crepapanciaFonte/commento: Pagina:Osservazioni di Giovanni Lovrich.djvu/269. E come tutti i loro cibi sono semplicissimi, la semplicità di questi, ed il grande uso di latte spezialmente, oltre la purità dell’aria, ed il viver, faticoso contribuiscono moltissimo a mantenerli robusti, ed a prolungar loro la vita. In molti luoghi vi sono de’ vecchioni, che oltrepassano un Secolo. A Plavno, ch’è una Villa nel Territorio di Knin, ove l’aria è purissima, fui assicurato dagli abitanti, che diversi vecchi, che io ebbi a vedere colà, arrivassero chi a cencinque, chi a censei, chi a cent’otto anni. Se la Natura conserva Leggi inviolabili nel suo corso, dovrebbe certo essere, che quel Dandone Illirico4, di cui parla Alessandro Cornelio, citato da Plinio, che si crede giunto alla età di anni cinquecento, sia una favola, o s’ella non è favola, perchè non vediamo a nostri giorni degli uomini fra noi arrivare alla stessa età? Ma già la ragion è, che bisognava nascere in que’ tempi.
Perfine non mi è sembrato fuor di proposito, ora, che si à parlato de’ cibi de’ Morlacchi, di far una piccola aggiunta intorno all’avversione, ch’essi ànno per le rane, ed osservare, s’ella arriva a quell’eccesso, come raccontano quelli, che ingrandiscono sempre le cose, e cercar la ragione nel tempo stesso, per cui essi cominciarono abborrire un cibo, che per vero dire, non lo è disgustoso. Convien credere, naturalmente parlando, che l’orrore de’ Morlacchi per le rane provenga da qualche discapito apportato ad essi loro, perchè forse in alcuni luoghi, ove anticamente vivevano, sono perniziosissime, come il verro, od il majale in Arabia.5 Ma s’ella è cosa saggia di non mangiar de’ majali in Arabia, ella è una pazzia astenersene in Europa, e lo stesso si può dir delle rane, se pur v’è luogo, ove nuocer possano. Se i Morlacchi poi mangino, o no presentemente delle rane, questo è ciò, che io vado a cercare. Dico pertanto, che in generale ne sono lontani dal mangiarle, come il Gennajo dalle more, ma io non oserei affermare, come il Fortis,6 che niun vero Morlacco mangerebbe rane a costo di lasciarsi morire di fame. Ma se la fame à indotto altre volte gli uomini in più luoghi di questo universo a cibarsi di ciò, che più abborrisce la natura umana, come può scappar dalla bocca di un uomo ragionevole, che i Morlacchi non mangierebbono rane a costo di morire? E che avverrebbe, se io dicessi, che moltissimi veri Morlacchi, senza veruna necessità, da gran tempo ànno cominciato a mangiar rane, e forse non passerà guari, che tutta la Nazione si spoglierà del pregiudizio di non mangiarne? Non si può dir lo stesso de’ Morlacchi del rito Greco. Vincolo di Religione costrigne questi a non mangiar rane, e chi ne mangia, credono essi, che non possa salvarsi. Lessi presso un Istorico Illirico (cui di rado però si può credere) che il Pontefice Niccolò Quinto scrivendo a Costantino ultimo Imperatore dell’Oriente, gli rimbrottava questa pazza credenza, di cui erano imbevuti i Greci, che dicevano
I Latini saran tutti dannati,
Per aver rane, e bovoli mangiati.7
quasi che il cibo potesse nuocere alla salute delle anime. Ma sia vero, o no ciò, che dice questo storico intorno i tempi di Costantino, è certo che a’ dì nostri i Morlacchi Greci si astengono dal mangiar rane più per divieto di Religione, che per un’avversione naturale. Questa è una di quelle superstizioni, che oltre a non essere dannose, giovano moltissimo a quelli, che mangian rane, che oltre la gran copia, anche la carestia de’ concorrenti fa, ch’elleno si vendano la maggior parte dell’anno, a due, o tre soldi la dozina.
- ↑ Vol. I. pag. 83.
- ↑ Dice Suida, che i Traci si dilettano di agli, nè, soggiugne, senza ragione: Imperciocchè gli agli sono caldi: I Traci abitano un paese freddo.
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. . . Edat cicutis
Allium nocentius.- Hor. Od. 3. Dpod.
- ↑ Alexander Cornelius memorat Dandonem Illiricum D. annos vixisse. Plin. l. 7. c. 48.
- ↑ Tacito dice, che i Giudei si astenevano del majale, perchè nocivo alla salute. Sue abstinent, memoria cladis, quod ipsos scabies quondam turpaverat, cui id animal obnoxium. Hist. lib. 5.
- ↑ Vol. I. pag. 32.
- ↑ Vedi le Canz. Eroiche Nazionali del P. Cadcih Miossich.