Osservazioni di Giovanni Lovrich/De' Costumi de' Morlacchi/§. 23. Agricoltura, e Veterinaria

§. 23. Agricoltura, e Veterinaria

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§. XXIII.

Agricoltura, e Veterinaria.

N
On v’è cosa, che potrebbe render felici i Morlacchi, quanto l’Agricoltura, e non v’è cosa più trascurata da essi loro di questa.

          O fortunatos nimium, sua si bona norint
          Agricolas!

Quando ànno seminato le biade il tutto è fatto, ne vi [p. 173 modifica]pongono i piedi sopra i campi seminati, che al tempo di raccoglierli. Il trasporto, che ànno per le armi fà, che risguardino la coltura della terra, come una cosa vile, e di cui la sola necessità faccia tutto il prezzo. Spesse volte lasciano in abbandono delle terre, che non ricercano altro, che arricchirli.1 Tanto la Natura in moltissimi luoghi è prodiga con essi loro, che non sanno valersi de’ suoi doni! Comunemente non ànno giardini, nè vi à delle frutta nelle loro Tenute, s’eccettuiamo quelle, che crescono da per se, e che vengono chiamate selvatiche. Si può ben dir ciò, che diceva de’ loro maggiori anticamente Ovidio, quando alle sponde del mar nero tra essi viveva. [p. 174 modifica]

          Non hic pampinea dulcis latet uva sub umbra
               Nec cumulant altos fervida musta lucus.
          Poma negat regio, nec haderet acontius in quo
               Scriberes hæc Dominæ verba legenda suæ.

Se mai taluno rimbrotta ad essi la loro inerzia, e che voglia suggerirli i modi di coltivar le terre, ànno sempre in bocca la risposta: „Ciò, che non ànno fatto i nostri maggiori, neppur noi vogliam fare.„ Stimano pregio grandissimo non alterar il sistema, loro tramandato dagli antenati, e chi fa altrimenti è tenuto poco dabbene. Ànno un odio giurato con ogni sorta di alberi, quindi è, se uno li pianta, mille altri si allestano per isradicarli. Come i Chinesi non vogliono altre Leggi, che quelle di Confuzio, così i Morlacchi sono costanti a non voler altri costumi, che gli antichi. Se avessero a persistere in tale opinione, i progressi dell’Agricoltura sarebbono sempre gli stessi. Sarebbe dunque di prima necessità estirpar da’ loro capi ostinati i pregiudizj, che servono di grande ostacolo alla loro felicità.

Ma come gente assai robusta per natura (come sono i Morlacchi) si osserva pigrissima nel lavorar la terra, e quel che strabilia ancora di più, gente, che in tempo di guerra odia la quiete affatto, ed espone il petto senza riserva al furor ostile è tanto poi inerte in tempo di pace? Questa è una mirabile diversità della Natura, come osserva Tacito ne’ costumi de’ Germani.2 Ma se ne’ tempi addietro re[p. 175 modifica]regnava tanta trascuratezza per l’Agricoltura ne’ Morlacchi, ciò non puote dirsi colpa di essi loro. Le Guerre continue, che li molestavano erano le sole radici, di un mal sì grande. Di sovente conveniva lasciar l’aratro, per accettar la disfida di qualche nemico. Aveano questa sventura anticamente i loro maggiori verso le spiagge del mar nero, come Ovidio ne fa testimonianza co’ seguenti versi

          Est igitur rarus, qui jam colere audeat: isque
               Hac arat infelix, hac tenet arma manu.
          Sub galea pastor pice junctis cantat avenis
               Proque lupo pavidæ, bella, verentur oves.

In tal maniera i Morlacchi non potevano mai diventar Agricoltori, e temendo essi sempre nove guerre, non si curavano di posseder, e coltivar terreni e per questa ragione anticamente non avean mai limiti prefissi ai campi.3 E chi dopo quelle in[p. 176 modifica]dubitabili nozioni senza rendersi ridicolo agli occhi de’ giudiziosi, avrà coraggio di asserire, che una volta i Morlacchi aveano genio per l’agricoltura? Ma ora i tempi si sono cangiati, e con essi anche in parte i nostri Morlacchi, che ànno qualche poco di più cura per i terreni, ma si desidera moltissimo, pria che si possano dir passabili Agricoltori. Credono essi, senz’aver mai provato, che le loro terre non potrebbono produr ogni sorte di frutto, ed anche questo pregiudizio contribuisce a renderli vieppiù negletti. I saggi pure sono di parere, che una istessa terra non possa esser atta alla produzion di varie cose.

          Non tellus eadem parit omnia: vitibus illa
               Convenit: hæc oleis, hic bene farra virent.

Ma vi possono essere terre vicinissime le une alle altre capaci di varie produzioni, e ciò, che sono atte a produr le une, le altre ricusano. Si esige perciò una lunga esperienza, per saper accomodar i varj prodotti ai terreni. Ciò sarebbe di gran vantaggio pe’ Morlacchi; ma essi ànno bisogno di molte cognizioni più comuni, avanti di osservar queste differenze particolari. Se poi le loro Terre sieno, atte [p. 177 modifica]alla varietà de’ prodotti, questa è una cosa, che non à bisogno delle mie prove, e sembrerebbe una solenne seccatura il trascriver e cicalare le cole dette, e ridette, copiate, e ricopiate su questo proposito, che non servono di veruna utilità. Utilità sarebbe il metter in pratica ciò, che ànno già sperimentato, ed insegnato agli altri molti celebri Professori di Agricoltura.

In molti modi furono costretti i Morlacchi insino ad ora alla coltura della terra, ma nessuno vi riuscì. Nulla valse lo zelo dell’Eccellentissimo Proveditor General Carlo Contarini, per far loro comprendere l’utile di questa. Esso Eccellentissimo General faceva loro provvedere seminagioni di varj prodotti, e senza verun aggravio li consegnava ad essi loro, perchè ne facessero uso, ed indi ritraessero tutto il possibile vantaggio. Ad onta di aver veduto col fatto l’utilità de’ prodotti, che potrebbon avere, celato lo sprone, cessarono di approffittarsi, e tornaro nell’antico letargo. Di nessun momento è l’esempio, acciò i meno pregiudicati potessero servir loro di norma, anzi quel ch’è peggio, chi volesse coltivar la terra con gusto differente, sarebbe soggetto ad incontrar non leggieri disavvantaggi. Se uno facesse una buona piantagione di alberi, abbiamo veduto quì sopra, che i Mortacchi non sono contenti, se non li ànno sterminati insino all’ultimo. La Pubblica Sovrana Provvidenza, che seppe leggere ne’ cuori sì stravaganti, ordinò a chiunque possiedesse terreno di dover piantare due alberi per lo meno in ogni Campo. Non vi è la centesima parte che li abbia piantati. Converrebbe dunque cercar altri mezzi, per far eseguir le Sovrane deliberazioni, affine di non castigare la Nazione intiera. Riflessi molto puerili mi sembran quelli, che [p. 178 modifica]l’unica strada per far travagliar i Morlacchi, sarebbe, ch’essi tutti fossero coloni. Allora si potrebbe dimandare, e chi indurebbe i Patroni delle terre a far travagliar i coloni? È più probabile, che le terre fioriscano, e prosperino in mano di quelli, che stanno attaccati alle stesse per la proprietà, e sicurtà de’ loro Fondi, che in mano di quelli, che usan coltivar le terre altrui, per cui non ànno verun attacco in caso di qualche disavventura.4 Qualunque Padre amoroso coltiverà con più diligenza i beni proprj, che à da tramandar ai suoi Figli, che se avesse in mano gli altrui, sendo dubbio chi li à da possedere in seguito. Ma qual sarebbe il modo di ridur i Morlacchi al travaglio della terra? Sarebbon bastanti le promesse, e i premj? No. Leggi particolari, o severe, che li obbligassero, pene contro i trasgressori? Neppure. Questo sarebbe il mezzo, con cui gli uomini scaltri potessero arricchirsi a spese de’ Morlacchi, senza verun pubblico interesse. Ma se vi fosse un Nazionale zelante attaccato alla Patria per più ragioni, stipendiato in modo, che non avesse bisogno di trar profitto illecito dalla pusillanimità de’ Morlacchi, sarebbe il mezzo più sicuro, e più opportuno, per indurli a questo utile travaglio. Il continuo stimolo farebbe de’ grandi effetti. Nella inovazione poi delle cose, è necessario principiar sem[p. 179 modifica]pre dalle più semplici, ed avvanzarsi a gradi, ed a misura delle cognizioni, che potrebbon prendersi. E come cosa più semplice non v’è della piantagione degli alberi, così potrebbesi dar principio da questi, tacendo la scielta de’ più giovevoli, come i Mori a cagion di esempio, che per l’esperienze fatte volentieri allignano ne’ nostri terreni, e la seta riesce a meraviglia. Io sono di costantissima opinione, che vedendo i Morlacchi l’utilità della sola foglia de’ Mori, s’indurebbono col tempo alla coltura di tutti i prodotti, di cui vedessero poter approffitarsi. Bella cosa sarebbe in vero, che questa Nazione cominciasse i suoi progressi dall’Agricoltura, a cui non tornano le Nazioni, che dopo essersi polite. Le terre della Dalmazia non sono ordinariamente ingrate, ed i vantaggi dell’Agricoltura per conseguenza sarebbono e molti, e certi.

Un altro prodotto, ch’è il sostentamento per così dire de’ Morlacchi, ed utile allo Stato, sono gli animali pecorini, ed altri di minuto genere, di cui per la somma trascuratezza, ed anche ignoranza nel tempo stesso di Veterinaria annualmente si diminuisce il numero. Ogni famiglia peraltro de’ Morlacchi ordinariamente à la sua mandria, composta di duecento, trecento, secento, ed oltre animali, non escludendosi anche le più povere che ne ànno, ma in numero assai minore.5 Molti di questi animali, ora sono costretti morire dal freddo6 ora dalla fame, ed [p. 180 modifica]ora da una erba velenosa, che i Morlacchi chiamano Metigl. A tutte, e tre queste cose si porrebbe rimedio, quando facessero i Morlacchi abbondanti provvigioni di fieno7 per nutrir gli animali di Verno, allorchè le ostinate nevi non permetton pascolare, e di Primavera, quando l’erba Metigl è solamente dannosa.8 Di State, oltre le altre cagioni [p. 181 modifica]che vi posson essere, ne periscono moltissimi a cagion delle acqui nevose, che sono costretti a bere nei monti. A questo pure si troverebbe il rimedio collo scavar parecchi pozzi, in cui si scaricassero le acque piovane, quali servissero per l’abbeveramento degli animali, come alcuni Morlacchi li fanno. Ma molti de’ Morlacchi dicono, che per la scavazion de’ pozzi vi vuol denaro, e ch’essi non ne ànno, e non si accorgono, ch’evitando la spesa de’ pozzi ne’ monti, perchè gli animali non bevessero acque nevose, ricevono danni assai peggiori. Tanto è. I Morlacchi sono economi solamente allora, che l’economia porta loro del pregiudizio.

  1. Non solamente lasciano in abbandono le terre incolte, ma neppur vogliono, che altri le metta in coltura. Ma le terre incolte sendo per lo più paludose, somministrano i coperti alle Case de’ Morlacchi laonde non è convenevole distruggere una utilità così grande. Sarebbe tempo ormai, che si ponessero in obblio così barbari, ed irragionevoli riflessi, che ne’ tempi delle incessanti guerre per alcune ragioni non erano mal fondati. Il saggio si adatta alle circostanze. Ciò che fu buono una volta, ora può essere pessimo, e viceversa. In Dalmazia non mancano pietre scissili, e terre da far i coppi per le Case. Perchè non servirsene? Inerzia e poi inerzia. E non si vede di quanto utile sarebbe pe’ Morlacchi il coprir le case di pietra, o di coppi? Così un coperto durerebbe per molti anni; all’incontro quando è di canne, convien quasi ogni anno, o rifarlo, o ristorarlo. I Quartieri di Cavalleria, cui sono tenuti i Morlacchi a coprirli di mentovate canne palustri, non sarebbe meglio coprirli di coppi? Così non vi sarebbe bisogno, che i Morlacchi annualmente fossero distratti dai pur troppo necessarj (benchè rozzi in essi) lavori di Campagna, per rifare, o ristorare i Quartieri stessi.
  2. Quoties bella non ineunt, non multum venatibus; plus per otium transigunt dediti somno, ciboque fortissimus quisque, ac bellicosissimus nihil agens, delegata domus, & penatiun, & agrorum cura fæminis, senibusque, & infirmissimo cuique ex familia. Ipsi hebent: mira diversitate naturæ cum iidem homines sic ament inertiam, & oderint quietem. Tacit. de Mor. Ger.
  3. Gli antichi Sciti, da cui provengono i nostri Morlacchi, non aveano mai limiti prefissi ai campi, secondo la testimonianza di molti Storici

              Imetata quibus jugera liberas
              Fruges, & Cererem ferunt.

    Al presente per qualche poco si conserva ancora questa usanza. Nel Territorio di Sign, la Campagna detta Jasensko, poco lungi dal Fiume Cettina non à proprietarj, ma chi primo arriva a seminar ivi ogni anno, quello raccoglie anche il frutto. Da quì ne nasce un mal certo a quel buon pezzo di Campagna, senza vantaggio di quelli, che rozzamente la coltivano, poichè di continuo vi si semina sopra, senza, che mai la si letami. E chi andrà letamare una terra in questo ànno sulla incertezza di possederla nel venturo? Sembrerebbe una cosa molto saggia il distribuir quella Campagna a quelli, che non anno pur un pezzettino di terra. Così ella si porrebbe in qualche miglior coltura.

  4. Quante fiate in atto di collera gli uomini non si astengono di far un omicidio, od altro per l’unico riflesso de’ beni, che li tengono attaccati alla Patria? Uno che possiede beni altrui, non à rimorso commettere qualunque delitto, poichè questo non gli porta altro disavvantaggio, che quello di mutar Governo.
  5. Le Mandrie delle povere famiglie de’ Morlacchi consistono in quaranta, o cinquanta animali tra pecorini, ed altri di questo genere. In fatti essendo il latte il loro nutrimento più comune, non possono mancar d’animali stessi.
  6. Non muojono già dal freddo gli animali, perchè stann allo scoperto, come dice il Fortis, anzi di verno stanno sempre al coperto, ma i coperti rozzamente fatti non sono atti alle volte a liberarli dalla mortalità, cagionata dall’eccessivo freddo, che v’è fra’ monti.
  7. Lo stesso metodo, che tengono i Morlacchi nel governar le famiglie, conservano anche co’ loro animali. Finchè v’è del fieno, danno loro da mangiare in abbondanza, quando poi non v’è ne più, non solo lo comperano a caro prezzo, ma alle volte non lo possono trovare, onde per necessità i loro animali convien, che periscano. Essi si fidano ne’ pascoli, ma talora la neve dura dieci, o quindici giorni, avanti di sciogliersi, e quando v’è la neve sulla terra, non si può pascolar certamente.
  8. Metigl non è termine, che dinoti propriamente qualch’erba, e significa più tosto epidemia, o distruzione. Ma come da una sorte di erba, di cui s’ignorano le traccie, ed il nome, nasce alle volte la distruzione degli animali, così a questa erba si dice Metigl, termine con cui si dinota anche una sorte de’ vermi, che si generano di State nel capo, e nella coda degli animali, e che spesso li ammazzano. Di State dopo che morti sono gli animali pecorini, si osservano in più luoghi di essi certi forelini, e specialmente nel fegato. I Morlacchi, credendo con costanza, che questi mali sieno fatti dalle Streghe, che colle freccie vanno saettando gli animali, non cercan altro rimedio, che quello dei Zapisi, cioè certi brevetti superstiziosi, di cui diremo più chiaramente in seguito. Così credendo faranno de’ gran progressi nell’arte Veterinaria!