Osservazioni di Giovanni Lovrich/De' Costumi de' Morlacchi/§. 12. Vestiti de' Maschj
Questo testo è completo. |
◄ | De' Costumi de' Morlacchi - §. 11. Inimicizia | De' Costumi de' Morlacchi - §. 13. Armi | ► |
§. XII.
Vestiti de’ Maschj.
Usan radere i capelli, lasciando peraltro più di codino, che i Polacchi, ed i Tartari. Era costume una volta, e poco, o molto in ciascun Villaggio sussiste ancora, che avanti di rader la testa al fanciullo, si chiama un amico, che divotamente lo tosi qualche pocolino. Per questa cerimonia diventa Compare, e per conseguenza parente Spirituale. Una cerimonia così nojosa è molto analoga a quella, che solevano fare i Brami nella India. Ivi in vece del Compare, il Padre, quando si radeva la testa per la prima volta al fanciullo, diceva divotamente al rasojo: Rasojo, radi il mio figlio, come ài raso il Sole, ed il Dio Indro. Manco male, che il Compare fra’ Morlacchi non balbetta una stravaganza, così grande.
I Morlacchi ànno un trasporto, così eccessivo pe’ loro vestiti, che non li cangerebbono per qualche cosa di grande. Eglino stimano non esservi vestito più nobile al Mondo. Diviene l’obbrobrio de’ suoi Nazionali il Morlacco, che lo cangia. Corre un proverbio fra essi, che chi cangia di vestito, cangia anche di Religione. Quindi è da questo pregiudizio, che i loro Capi possono essere gli uomini i più giusti del Mondo, se ànno il vestito differente, non sono stimati da’ Morlacchi. Pare, che in questo non abbiano tutto il torto, e credon di dovere, che i Capi loro abbian a dimostrar col vestito di chi essi sono Capi. Fu fatta una doglianza su questo proposito, ed ella fu anche esaudita. Essa era contenuta in una Canzone, quale perchè descrive il lusso della nostra Nazione, e lo sprezzo, che ànno i Morlacchi per i vestiti degl’Italiani, stimai bene di tradurla in Italiano, e trascriverla quì a piedi. Io mi distacco qualche volta forse dalle parole dell’Autore, ma non gli altero mai il sentimento.
Ve’ là certuni Dalmatin’ Voivode,
Che appena giunti dell’Italia ai lidi
Italiani si fanno, ed àn rossore
Di chiamarsi Slavoni3. I loro crini
Tagliano tosto, e pongon la parrucca:
Portan Capello, in vece del Turbante,
Più che di fretta radono i mostacci,
Gettan di seta le lor fascie a parte,
Spoglian le belle vesti di Scarlatto,
Sprezzan Marame4 ricamate di oro,
I bei bottoni, le Jeçerme,5 e tutti
I cerchj grandi di purgato argento.6
Ma perchè questo, oh Dio, vedermi tocca!
Metton poi vesti, che divise in due
Le son di dietro7; e le calzette in piedi
Portan costoro, come fan le Donne.
Per non aver più de’ Campioni il segno,
Piastre di argento, e le preziose Pietre
An già deposte; e le dorate penne,
E gli achi di or all’Italiana il tutto
Àn convertito: La Dalmazia intiera,
E quanto più oltre Slavonia si estende,
E borghi, e terre, e gran Cittadi, e ville
Àn deturpato ormai; e il lor concetto
Presso i Padroni di Venezia è tristo.
Oh vituperio! le lucenti Sciable
Si dislacciaro, e i mal aguzzi spiedi8
Posero ai fianchi lor. Se fosser questi
Campioni arditi, ed i più forti al Mondo
Quando li vede non li teme il Turco.
Dunque vi prego, come miei fratelli,
Ad accettar un sano mio consiglio.
Se un vero Nazional vi si presenta
Fuggite agli occhi suoi: se alcun vi chiede
La Patria, il nome, la Nazion, il luogo,
Non dite mai, che Dalmatini siete.9
Se de’ Falconi non avete l’ali,
E voi de’ cucchi il natural prendete.
Non stiate deturpar più la Dalmazia,
Ed irritar il Doge di Venezia;
Perchè Dalmazia de’ Falconi il nido
Fu sempre, ed è: sopra or le siede, e impera
Il Veneto Leon suo difensore.
Ma, Prence tu, corona mia lucente,
Togli un scorno, di cui Dalmazia è piena.
Nelle tue mani posa, o mio Signore,
Di far vestir alla Slavona i Capi
Di una Nazione, che in tal modo veste,
O almen ritogli il pan, che loro doni.
Io te, mio Prence, in ogni modo onoro,
E pregando tal grazia, umil ti adoro.
- ↑ Nascivaçe è termine derivato da Nadscit, che vuol dir cucir sopra. Le Nascivaçe sono que’ pezzi de’ coturni, che si vedono fuori della scarpa, attaccati però alla scarpetta interna.
- ↑ Se la pioggia sorprendesse un Morlacco, che avesse il beretto novo, e che non avesse con che coprirsi il capo, si leva il beretto, e ben più volentieri, che guastarlo, riceve la pioggia sul capo nudo. Taluni volendo tener il beretto in capo, quando piove, voltano il rovescio all’infuori, così il diritto riceve il burro, ed altro untume del capo, ed il rovescio la pioggia.
- ↑ Questo nome di Slavoni, che significa gloriosi, gl’Italiani, che non sapevan pronunciarlo, lo convertirono in Schiavoni.
- ↑ Le Marame sono una specie di asciuttamani, curiosamente ricamati alle estremità.
- ↑ Le Jeçerme sonno le giubbe.
- ↑ Questi cerchi, che sono gli ornamenti delle giubbe, chiamansi in Illirico Toki.
- ↑ Lo strapazzo più comune, che sogliono dare i Morlacchi agl’Italiani è di dir loro Lazmani raztrixena perkna, cioè Italiani dell’ano tagliato, per la ragione, che i Saioni degl’Italiani son divisi in mezzo per di dietro.
- ↑ I Morlacchi chiamano spiedi le spade degl’Italiani.
- ↑ Il Poeta veramente dice, non dite mai di essere da Gliubglane, ch’è lo stesso, che ascondere il luogo nativo, ch’è la Dalmazia. Questo luogo di Gliubgane è nella Lika. Una volta i nostri Morlacchi sprezzavano i Likani, come poltroni, adesso i Likani sprezzano i nostri, perchè assai più poltroni di essi loro. Una volta per istrappazzo di poltroneria correva il proverbio Liçanska-Virro, Fede de’ Likani; ed ora corre per proverbio Kninska Virro; Fede de’ Kninani, perchè i Morlacchi del Territorio di Knin specialmente sono sempre in rissa con quei di Lika.