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Firenze e i fiorentini

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Firenze e i fiorentini.


Prima della malattia della Capitale provvisoria (brutta malattia che lasciò al Municipio fiorentino un ingorgo, fra la coscia e l’inguine, di circa dugento milioni di debito), Firenze somigliava, per il suo fabbricato, alla Firenze falsa de’ nostri giorni, salvo che aveva un mercato inutile di meno, e un Duomo senza facciata di più.

Allora come oggi, la città era sdrajata cinquanta metri sotto il livello dell’Arno, giacitura favorevole che le procacciava il vantaggio di godere di tutte le inondazioni e di tutti gli straripamenti del fiume. Le inondazioni e gli straripamenti si spengevano, al solito, coi pompieri.

I forestieri di tanto in tanto si degnavano di chiamarla la «bella Firenze»; ma il complimento [p. 183 modifica]di bella, diciamolo senza modestia, era tutta bontà di quei signori.

La sua popolazione, fin da tempo immemorabile, si divideva in due sole classi: in fiorentini che andavano in carrozza e in fiorentini che andavano a piedi.

Quelli che andavano in carrozza si chiamavano «Signori», e quelli che andavano a piedi, erano detti «Pedoni», nome inelegante, ma molto espressivo, come quello che ti dava subito l’immagine vera di quei poveri palmipedi vestiti da uomo, condannati a camminare a piedi tutta la vita.

L’aristocrazia non faceva casta da sè: perchè l’aristocrazia fiorentina, studiata nella purezza delle sue prime sorgenti, non è altro, in fondo, che una democrazia titolata. Arrampicatevi su per l’albero genealogico delle famiglie patrizie fiorentine, e arrivati in vetta all’albero, ci troverete quasi sempre o una matassina di seta, o un ciuffetto di lana, o un frammento di cambiale firmata a favore di qualche Re o di qualche Repubblica corta a quattrini.

Fatto sta che, dopo molti anni, questo modo di dividere la popolazione in due sole classi, essendo parso un po’ troppo conciso, fu pensato allora di mettere in uso una nuova spartizione in quattro classi, cioè: Signori, Così-così, Poveri e Strozzini.

La classe dei Signori abbracciava tutti quelli che avevano da vivere comodamente, senza bisogno di lavorare. Fra questi, figuravano gl’impiegati governativi o granducali, dal Presidente del [p. 184 modifica]Consiglio fino al copista di Segreteria, con cento lire al mese. Perchè bisogna sapere che in quella seconda età di Saturno un copista regio con cento lire al mese era braccato e corteggiato da tutte le mamme che avevano figliuole da maritare: e le figliuole e le mamme, parlando di lui come stoffa da farne un marito, lo definivano con la parafrasi lusinghiera di «un’occasione co’ fiocchi».

Entravano nella classe dei «Così-così» tutti quelli che avevano tanto da mangiare, a patto di guadagnarselo giorno per giorno. Erano esenti da questo patto i comici a spasso, i cantanti senza voce e gli scrittori di commedie e tragedie, i soli che vantassero il diritto di campare, senza l'obbligo di guadagnarsi un soldo.

La classe dei «Poveri» comprendeva alla rinfusa i falsi poveri che chiedevano l’elemosina, e i veri poveri che si vergognavano a chiederla.

In quanto agli «Strozzini» potevano passare da una classe all’altra, a piacere: erano tollerati volentieri in tutte.

I veri fiorentini avevano un carattere mitissimo: si lasciavano chiamare «Ateniesi d’Italia» senza aversene a male, e il Sindaco Peruzzi sopportava con disinvoltura il soprannome greco di «Pericle», come si sopportano gli scherzi delle persone moleste.

Le donne fiorentine, quando non erano belle, erano per lo meno carine: non tenendo nessun conto delle donne brutte e dispettose, perchè quelle lì, nei paesi veramente civili, non hanno un sesso determinato.