Luigi Pirandello

1913 Indice:Pirandello - Novelle per un anno, Volume VIII - Dal naso al cielo, Firenze, Bemporad, 1925.pdf Novelle Nel gorgo Intestazione 10 marzo 2025 100% Da definire

XIII. Ieri e oggi XV. Musica vecchia
Questo testo fa parte della raccolta Novelle per un anno, Volume VIII - Dal naso al cielo


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XIV.

NEL GORGO

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Al Circolo della racchetta non si parlò d’altro tutta la sera.

Il primo a darne l’annunzio fu Respi, Nicolino Respi che n’era profondamente addolorato. Al solito però, non riusciva a impedire che la commozione gli s’arricciasse sulle labbra in quel sorrisino nervoso che nelle discussioni più gravi, come nei momenti più difficili del giuoco, gli rendeva così caratteristico il visetto pallido, itterico, dai tratti taglienti.

Gli amici gli si fecero intorno, ansiosi e costernati:

— Impazzito davvero?

— No, per ischerzo. —

Traldi, sprofondato sul divano con tutto il peso del corpaccio da pachiderma, fece più volte leva con le mani per tirarsi su a sedere più in punta, spalancando nello sforzo gli occhi bovini, venati di sangue, schizzanti dalle orbite. Domandò:

— Ma scusa, lo dici.... (ohi ohi....) lo dici, perchè ha guardato anche te?

— Anche me? guardato? che vuoi dire? — domandò a sua volta, stordito, Nicolino Respi, rivolto agli amici. — Io sono arrivato questa mattina da Milano, e trovo qua questa bella notizia. Non so nulla, e non riesco ancora a comprendere come [p. 194 modifica]Romeo Daddi, perdio, il più placido, il più sereno, il più savio di tutti noi....

— L’hanno chiuso?

— Ma sì, vi dico! Oggi alle tre. Nella casa di salute a Monte Mario.

— O povero Daddi!

— E donna Bicetta? Ma come.... Sarà stata lei, donna Bicetta?

— No! Lei, no! Lei anzi non voleva assolutamente! È accorso il padre, jeri l’altro, da Firenze.

— Ah, per questo....

— Già, e l’ha forzata a prender questo partito, anche per lui.... Ma ditemi il fatto com’è! Tu, Traldi, perchè m’hai domandato se Daddi aveva guardato anche me? —

Carlo Traldi s’era riaffondato beatamente nel divano, col capo buttato indietro, la pappagorgia esposta, paonazza, sudaticcia. Dimenando le gambette esili di ranocchia, che il pancione esorbitante gli faceva tener sempre oscenamente discoste, e umettandosi di continuo le labbra non meno oscenamente, rispose, astratto:

— Ah, già.... Perchè credevo che lo dicessi impazzito per questo.

— Come per questo?

— Ma sì! La pazzia gli s’è palesata così. Guardava tutti in un certo modo, caro mio.... Ragazzi, non mi fate parlare: diteglielo voi come guardava il povero Daddi.... —

Gli amici, allora, raccontarono a Nicolino Respi, che il Daddi, ritornato dalla villeggiatura, era apparso a tutti com’intronato, come assente da sè, con un sorriso vano su le labbra e gli occhi opachi, senza sguardo, appena qualcuno lo chiamava. Poi [p. 195 modifica]quello stordimento era sparito, s’era cangiato in una fissità acuta, strana. Fissava prima da lontano, obliquo; poi, a mano a mano, come attirato da certi segni che credeva di scoprire in questo e in quello degli amici più intimi, specie in coloro che frequentavano più assiduamente la sua casa (segni naturalissimi, perchè tutti infatti erano costernati di quel cangiamento improvviso e straordinario, così in contrasto con la tranquillità serena del suo carattere), a mano a mano s’era messo a spiare più da vicino, e negli ultimi giorni era divenuto addirittura insopportabile. Si parava di fronte ora all’uno ora all’altro, posava le mani su le spalle e mirava negli occhi, affitto affitto.

— Corpo, che spavento! — esclamò a questo punto il Traldi, tirandosi di nuovo su, a sedere più in punta.

— Ma perchè? — domandò, nervoso, il Respi.

— Senti questo, che vuol sapere il perchè! — tornò a esclamare il Traldi. — Ah, dici il perchè dello spavento? Caro mio, avrei voluto vederti alle prese con quello sguardo! Tu ti cangi la camicia ogni giorno, suppongo; sei sicuro d’avere i piedi puliti e i calzini non spuntati. Ma sei ugualmente sicuro di non aver nulla di sudicio dentro, nella coscienza?

— Oh Dio, direi....

— Va’ là, che non sei sincero!

— E tu sì?

— Io sì, ne sono sicurissimo! E credi che avviene a tutti, più o meno, di scoprirci majali in qualche momento di lucido intervallo! Da un pezzo in qua, quasi ogni sera, quando spengo la candela, prima di prender sonno.... [p. 196 modifica]

— Tu invecchi, caro! tu invecchi! — gli gridarono a coro gli amici.

— Sarà perchè invecchio, — ammise il Traldi. — Tanto peggio! Non è uno spasso prevedere che, alla fine, mi costituirò così, in questa stima di me stesso, di vecchio majale. Del resto, aspetta. Ora che t’ho detto questo, vogliamo fare una prova? Silenzio tutti, vojaltri! —

E Carlo Traldi si levò faticosamente in piedi; posò le mani su le spalle di Nicolino Respi, e gli gridò:

— Guardami bene negli occhi. No, no, non ridere, caro! Guardami bene negli occhi.... Aspetta! Aspettate.... Silenzio.... —

Tacquero tutti, intorno, sospesi e intenti a quello strano esperimento.

Il Traldi coi grossi occhi ovati, venati di sangue, schizzanti dalle orbite, fissava acutissimamente quelli di Nicolino Respi e pareva col lustro maligno dello sguardo, a mano a mano più aguzzo e più intenso, gli frugasse nella coscienza e vi scoprisse nei più intimi nascondigli le cose più turpi e più atroci. A poco a poco, gli occhi di Nicolino Respi — quantunque, sotto, le labbra col solito risolino dicessero: — “Via, mi presto a uno scherzo„ cominciarono a smorire, a intorbidarsi, a sfuggire, mentre, tra il silenzio degli amici, il Traldi con voce strana, senza smettere di fissare, senz’allentare d’un punto l’intensità dello sguardo, diceva vittoriosamente:

— Ecco.... vedi?... vedi?...

— Ma va’ là! — proruppe il Respi, non resistendo più e scrollandosi tutto.

— Va’ là tu, che ci siamo capiti! — gridò il Traldi. — Tu sei più porco di me! — [p. 197 modifica]

E scoppiò a ridere. Risero anche gli altri, con un senso d’inatteso sollievo. E Traldi riprese:

— Ora questo è stato uno scherzo. Soltanto per uno scherzo uno di noi può mettersi a guardare un altro così. Perchè tanto io quanto tu abbiamo in regola finora, dentro di noi, la macchinetta della civiltà, e lasciamo che la feccia di tutte le nostre azioni, di tutti i nostri pensieri, di tutti i nostri sentimenti ci si posi zitta zitta, di nascosto, in fondo alla coscienza. Ma fa’ che uno, a cui la macchinetta si sia guastata, si metta a guardarti come t’ho guardato io, non più per uno scherzo, ma sul serio, e ti rimuova, senza che te l’aspetti, dal fondo della coscienza tutta la posatura di quella feccia che hai dentro, e sappimi dire se non ti spaventi! —

Carlo Traldi, così dicendo, si mosse di furia per andar via. Tornò indietro e aggiunse:

— E sai come mormorava, sotto sotto, il povero Daddi, mirandoti negli occhi? Diteglielo voi, come mormorava! Io debbo scappare.

— “Che abisso.... che abisso....

— Così?

— Sì.... che abisso.... che abisso.... —

Il crocchio, andato via il Traldi, si sciolse, e Nicolino Respi rimase turbato, in compagnia di due soli amici che seguitarono ancora per un pezzo a parlare della sciagura del povero Daddi.

Circa due mesi fa, egli era andato a visitarlo nella sua villa presso Perugia. Lo aveva trovato tranquillo e sereno come sempre, insieme con la moglie e con un’amica di questa, Gabriella Vanzi, antica compagna di collegio, da poco tempo maritata a un ufficiale di marina, allora in crociera. Si era trattenuto tre giorni in villa, e in quei tre giorni, no, neppure [p. 198 modifica]una volta Romeo Daddi lo aveva guardato nel modo che il Traldi aveva detto.

Se lo avesse guardato....

Nicolino Respi fu colto da uno smarrimento, come di vertigine, e per appoggiarsi — sorridendo, pallidissimo — finse di volere introdurre confidenzialmente un braccio sotto il braccio d’uno di quei due amici.

Che era stato? Che dicevano? La tortura? Che tortura? Ah, quella a cui il Daddi aveva sottoposto la moglie....

— Dopo eh? — gli scappò detto.

E i due si voltarono a guardarlo.

— Come dopo?

— Ah.... no, dicevo.... dopo, quando gli si guastò la.... la macchinetta.

— E sfido! Prima, no di certo!

— Perdio, erano un miracolo di concordia coniugale, di pace domestica! Certo qualcosa deve essergli accaduto, in villeggiatura.

— Ma sì, per lo meno qualche sospetto gli deve esser nato.

— Ma fate il piacere! Su la moglie? — scattò Nicolino Respi. — Questo, se mai, ha potuto essere effetto, non causa della pazzia! Soltanto un pazzo....

— D’accordo! d’accordo! — gli gridarono gli amici. — Una moglie come donna Bicetta!

— Insospettabile! Ma, d’altra parte.... —

Nicolino Respi non potè più prestare ascolto a quei due. Soffocava. Aveva bisogno d’aria, di camminare all’aperto, solo. Prese un pretesto; andò via.

Un dubbio angoscioso gli s’era insinuato nell’animo e glie lo metteva in subbuglio.

Nessuno meglio di lui poteva sapere che donna [p. 199 modifica]Bicetta Daddi era insospettabile. Da più d’un anno egli le aveva dichiarato il suo amore, l’aveva assediata con la sua corte, senza ottenere mai altro che un sorriso dolcissimo di compatimento per le sue pene perdute. Con quella serenità che viene dalla più ferma sicurezza di sè, senza nè offendersi nè ribellarsi, ella gli aveva dimostrato che sarebbe stata inutile ogni sua insistenza, poichè lei era innamorata tal quale come lui, forse più di lui, ma di suo marito. Così essendo, se egli veramente la amava, doveva intendere che ella non avrebbe potuto in alcun modo venir meno al suo amore. Se questo non intendeva, era segno che non la amava. E allora?

Ha talvolta l’acqua marina, in certi lidi solinghi, una limpidità così tersa e trasparente che, per quanto desiderio si abbia di immergersi in essa per averne il ristoro più delizioso, si prova quasi un sacro ritegno a intorbidarla.

Questa impressione di limpidità e questo ritegno aveva provato sempre Nicolino Respi, accostandosi all’anima di donna Bicetta Daddi. Amava la vita, questa donna, d’un così quieto, attento e dolce amore! Solo in quei tre giorni trascorsi nella villa di lei presso Perugia, sopraffatto dal desiderio ardentissimo, aveva sforzato quel ritegno, aveva intorbidato quella limpidità, ed era stato duramente respinto.

Ora il dubbio angoscioso era questo: che forse il turbamento, ch’egli le aveva cagionato in quei tre giorni, non s’era sedato dopo la sua partenza; era forse cresciuto così, che il marito se n’era accorto. Certamente, all’arrivo di lui nella villa, Romeo Daddi era sereno; e, dopo la partenza, in pochi giorni, era impazzito. [p. 200 modifica]

Dunque, per lui? Dunque ella era rimasta profondamente turbata e vinta dalla sua aggressione amorosa?

Ma sì, ma sì, come dubitarne?

Tutta la notte Nicolino Respi si dibattè, si torse tra fiere smanie, ora strappato al rimorso da una maligna gioja impetuosa, ora strappato a questa gioja dal rimorso.

La mattina seguente, appena gli parve l’ora opportuna, corse alla casa di donna Bicetta Daddi. Bisognava che la vedesse; bisognava che chiarisse subito, comunque, quel suo dubbio. Forse ella non lo avrebbe ricevuto; ma, a ogni modo, egli voleva presentarsi alla casa di lei, pronto ad affrontare o a subire tutte le conseguenze di quella situazione.

Donna Bicetta Daddi non era in casa.

Da un’ora, senza volerlo, senza saperlo, ella infliggeva il più crudele dei martirii alla sua amica Gabriella Vanzi, a colei che era stata per tre mesi sua ospite in villa.

Era andata da lei per cercare insieme, non la ragione, ahimè, ma il pretesto, l’incentivo almeno, di quella sua sciagura, là, nel tempo in cui s’era dapprima manifestata, durante quella villeggiatura, negli ultimi giorni di essa. Ella, per quanto avesse cercato, non riusciva a scoprir nulla.

Da un’ora si ostinava a rievocare, a ricostruire, minuto per minuto, quegli ultimi giorni.

— Ti ricordi questo? Ti ricordi ch’egli la mattina scese in giardino senza prendere il suo cappellaccio di tela, e che chiamò per averlo buttato dalla finestra, e poi risali, ridendo, con quel fascio di rose? Ti ricordi che volle ne portassi due con me; che poi m’accompagnò fino al cancello e m’ajutò a [p. 201 modifica]salire su l’automobile e mi disse che gli portassi da Perugia quei libri.... aspetta.... uno era.... non so.... trattava di sementi.... ti ricordi? ti ricordi? —

Smarrita nell’affanno di quella rievocazione di tanti minuziosi particolari senza valore, non s’accorgeva dell’angoscia, dell’agitazione a mano a mano crescenti dell’amica.

Già aveva rievocato, senza il minimo segno di turbamento, i tre giorni passati in villa da Nicolino Respi, e non s’era fermata neanche un minuto a considerare che il marito avesse potuto trovare un incentivo alla sua pazzia nella corte innocua di colui. Non era ammissibile. Era stato argomento di riso, fra loro tre, quella corte, dopo la partenza del Respi per Milano. Come supporlo? E poi, dopo quella partenza, egli, il marito, non era forse rimasto per più di quindici giorni tranquillo, sereno come prima?

No, mai, neppure il minimo accenno del più lontano sospetto! In sette anni di matrimonio, mai! Come, dove avrebbe potuto trovarne il pretesto? Ed ecco che, tutt’a un tratto, lì, nella pace di quella campagna, senza che nulla fosse accaduto....

— Ah, Gabriella, Gabriella mia, credi, impazzisco, impazzisco anch’io! —

All’improvviso, riavendosi da questa crisi di disperazione, donna Bicetta Daddi, nel rialzare gli occhi lacrimosi in volto all’amica, scoprì che questa s’era lividamente indurita, come un cadavere, per resistere a uno spasimo insopportabile, e ansava con le nari dilatate, e la guatava con occhi cattivi. Oh Dio! Quasi con gli stessi occhi, con cui negli ultimi giorni s’era messo a guardarla suo marito.

Si sentì raggelare, ne provò quasi terrore. [p. 202 modifica]

— Perchè.... anche tu.... perchè.... — balbettò tremante, — perchè mi guardi anche tu.... così? —

Gabriella Vanzi fece uno sforzo atroce per scomporre l’espressione, assunta a sua insaputa, in un sorriso benigno, di compatimento:

— Io.... ti guardo?... No.... pensavo.... Ecco, volevo dirti.... sì, lo so, tu sei sicura di te.... non hai nulla.... tu.... proprio nulla.... nulla da rimproverarti? —

Donna Bicetta Daddi trasecolò: con gli occhi sbarrati, le mani su le guance, gridò:

— Ma come?... ma tu mi dici adesso.... anche le sue parole?... Come?... come puoi?... —

Il volto di Gabriella Vanzi si scontraffece, gli occhi le s’invetrarono:

— Io?

— Tu, sì. Oh Dio.... e ti smarrisci come lui.... Che vuol dire? che vuol dire?... —

Non aveva finito di gemere così, sentendosi come sprofondare a poco a poco, che si trovò tra le braccia, sul petto, l’amica.

— Bice.... Bice.... tu sospetti di me?... tu sei venuta qua, perchè hai sospettato di me, è vero?

— No.... no.... ti giuro, Gabriella.... no.... Solo ora....

— Ora, è vero? sì.... Ma hai torto, hai torto, Bice.... perchè tu non puoi capire....

— Che è stato?... Gabriella, su, dimmi, che è stato?

— Non puoi capire.... non puoi capire.... Io so la ragione perchè tuo marito è impazzito.... la so!

— La ragione? Che ragione?

— La so, perchè è in me, anche in me, questa ragione d’impazzire.... per quello che è avvenuto a noi due!

— A voi due? [p. 203 modifica]

— Sì.... sì.... a me e a tuo marito.

— Ah, dunque?

— No, no! Non come tu immagini! Tu non puoi capire.... Senz’inganno, senza pensarlo, senza volerlo.... in un attimo.... Una cosa orribile, di cui nessuno può farsi colpa. Vedi come te ne parlo? come te lo posso dire? Perchè io non ho colpa! E neanche lui! Ma appunto per questo.... Senti, senti; e quando avrai saputo tutto, forse impazzirai anche tu, come sto per impazzire io, com’è impazzito lui.... Senti! Tu hai rievocato il giorno che andasti a Perugia, in automobile, dalla villa, è vero? ch’egli ti diede due rose e ti disse dei libri....

— Sì, sì....

— Ebbene: fu quella mattina!

— Che cosa?

— Che cosa? Non so.... Tutto quello che è accaduto. Tutto e nulla.... Lasciami dire, per carità! Faceva gran caldo, ti ricordi? Dopo averti veduta partire, io e lui riattraversammo il giardino.... Il sole bruciava e lo stridìo delle cicale stordiva.... Rientrammo in villa: ci ponemmo a sedere nel salottino, accanto alla sala da pranzo. Le persiane erano serrate; gli scuri, accostati: era quasi bujo, là dentro; e la frescura immobile.... (ti dico adesso la mia impressione, l’unica che potei avere, di cui mi ricordi, e mi ricorderò sempre; ma l’ebbe forse anche lui, identica.... dovette averla, perchè altrimenti non mi spiegherei più nulla!); fu quella frescura immobile, dopo tutto quel sole e quello stordimento delle cicale.... In un attimo, senza pensarci, te lo giuro! mai, mai, nè io nè lui, certo.... come per un’attrazione irresistibile di quel vuoto attonito, della frescura [p. 204 modifica]deliziosa di quella semioscurità.... Bice, Bice.... così, te lo giuro in un attimo.... —

Donna Bicetta Daddi scattò in piedi, sospinta da un impeto d’odio e di sdegno:

— Ah, per questo? — fischiò fra i denti, addietrando felinamente.

— No! non per questo! — le gridò Gabriella Vanzi, protendendo verso di lei le braccia in atto supplice e disperato. — Non per questo, non per questo, Bice! Tuo marito è impazzito per te, per te, non per me!

— È impazzito per me? Che vuoi dire? Per rimorso?

— No! Che rimorso? Non c’è da aver rimorsi, quando non s’è voluta la colpa.... Tu non puoi intendere! Come non avrei potuto intenderlo io se, considerando quel che è avvenuto a tuo marito, non avessi pensato al mio! Sì, sì, io comprendo ora la pazzia di tuo marito, perchè penso al mio, che impazzirebbe allo stesso modo, se gli accadesse quel che è accaduto al tuo, con me! Senza rimorso! Senza rimorso! E appunto perchè senza rimorso.... Capisci? È questa la cosa orribile. Non so come fartela intendere! Io la intendo, ripeto, soltanto se penso a mio marito e vedo me, così senza rimorso d’una colpa che non ho voluto commettere. Vedi come posso parlartene, senza arrossire? Perchè io non so, Bice, non so proprio come sia tuo marito; com’egli certo non sa, non può sapere come sia io.... È stato come un gorgo, capisci? come un gorgo, che si è aperto tra noi all’improvviso senz’alcun sospetto, e ci ha afferrati e travolti in un attimo, e subito s’è richiuso, senza lasciar di sè la minima traccia! Subito dopo, la coscienza nostra è tornata limpida e uguale. Noi non abbiamo pensato più, neppure per un istante, [p. 205 modifica]a ciò ch’era accaduto tra noi; il nostro turbamento è stato momentaneo; siamo scappati uno di qua, uno di là; ma appena soli, niente, come se nulla fosse stato: non solo innanzi a te, quando poco dopo sei ritornata in villa, ma anche innanzi a noi stessi. Ci siamo potuti guardare negli occhi e parlarci, come dianzi, tal quale, perchè non era più in noi, ti giuro, alcun vestigio di ciò ch’era stato; nulla, nulla, neppure un’ombra di ricordo, neppure un’ombra di desiderio, nulla! Finito tutto. Sparito. Il segreto d’un attimo, sepolto per sempre. Ebbene, questo ha fatto impazzire tuo marito. Non la colpa, che nessuno di noi due ha pensato di commettere! Ma questo: il poter pensare che questo può accadere: che una donna onesta, innamorata di suo marito, in un attimo, senza volerlo, per un improvviso agguato dei sensi, per la complicità misteriosa dell’ora, del luogo, cada nelle braccia d’un uomo; e, un minuto dopo, sia tutto finito, per sempre; richiuso il gorgo; sepolto il segreto; nessun rimorso; nessun turbamento; nessuno sforzo per mentire di fronte agli altri, di fronte a noi stessi. Ha aspettato un giorno, due, tre; non s’è sentito rimuover nulla dentro, nè in tua presenza, nè alla presenza mia; ha visto me, ritornata qual’ero prima, tal quale, con te, con lui; ha veduto poco dopo, ti ricordi? arrivare in villa mio marito; ha veduto com’io l’ho accolto, con quale ansia, con quale amore.... e allora l’abisso, in cui il nostro segreto era sprofondato per sempre, senza lasciar la minima traccia, lo ha attratto a poco a poco e gli ha travolto la ragione. Ha pensato a te; ha pensato che forse anche tu....

— Anch’io?

— Ah, Bice, non ti sarà mai accaduto, ti credo, [p. 206 modifica]Bice mia! Ma noi, io e lui, sappiamo per prova che può accadere, e che, come è stato possibile a noi, senza volerlo, può essere a chiunque! Avrà pensato che qualche volta, ritornando a casa, ti avrà trovata sola, in salotto, con qualche suo amico, e che in un attimo sarà potuto accadere a te, e a quel suo amico, ciò ch’era potuto accadere a me e a lui, allo stesso modo; che tu potessi chiudere in te, senz’alcuna traccia, e nascondere senza mentire quello stesso segreto, ch’io chiudevo in me e nascondevo senza mentire a mio marito. E appena questo pensiero gli è entrato in mente, un bruciore sottile, acuto, ha cominciato a mordergli il cervello, nel vederti aliena, lieta, amorosa, con lui, com’io ero con mio marito; con mio marito che amo, ti giuro, più di me stessa, più di tutto al mondo! S’è messo a pensare: “Eppure, ecco, questa donna, che è così con suo marito, è stata per un momento tra le mie braccia! E forse anche mia moglie, dunque, in un momento.... chi sa?... chi potrà mai sapere?... Ed è impazzito. Ah! Zitta, Bice, zitta per carità! —

Gabriella Vanzi s’alzò, pallidissima, tremante.

Aveva sentito schiudere di là, nella saletta d’ingresso, la porta. Suo marito rincasava.

Donna Bicetta Daddi, nel vedere la sua amica d’un tratto ricomporsi, diventar rosea, con gli occhi limpidi, e sorridere, movendo incontro al marito, restò quasi annichilita.

Nulla, ecco, era vero: nessun turbamento più, nessun rimorso, nessuna traccia....

E donna Bicetta comprese perfettamente perchè suo marito, Romeo Daddi, era impazzito.