Monete d'oro coniate da Carlo I d'Angiò a Tunisi

Arthur Sambon

1893 Indice:Rivista italiana di numismatica 1893.djvu Rivista italiana di numismatica 1893 Monete d’oro coniate da Carlo I d'Angiò a Tunisi Intestazione 5 ottobre 2016 75% Numismatica

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MONETE D’ORO


CONIATE DA CARLO I D’ANGIÒ


A TUNISI




In un ripostiglio assai numeroso di monete normanne, sveve ed angioine, trovato recentemente nei dintorni di Napoli, comparvero due multipli di tareno di Carlo d’Angiò, di grande interesse per la leggenda del dritto.

Queste due monete sono simili a quella che pubblicai già in un precedente articolo sulle monete di Carlo d’Angiò1 e che trovasi nella ricca nummoteca di Torino. Ma quell’esemplare, essendo l’epigrafe incompleta, a cagione dell’irregolare contorno, aveva dato occasione a parecchie divinazioni, di cui nessuna si avvicinava al vero. Il Promis che acquistò, per il Museo di Torino, quel prezioso tareno, nel classificarlo, l’aveva posto tra le monete di Carlo II, interpretando forse per SЄCVNDVS × RЄX il rimasuglio d’epigrafe SЄ.... VS • XP che circondava il K, impresso nel mezzo della moneta.

Nel precitato lavoretto sulle monete di Carlo I, dimostrai l’inverosimiglianza di una tale attribuzione, ed accennando alla più probabile interpretazione di [p. 342 modifica]SCL • IЄRVS • RЄX, dissi che questa pure pareva incerta e strana, sia perchè la seconda lettera sembrava un Є, sia perchè in nessun documento, nè su moneta o suggello di Carlo d’Angiò, trovavasi il titolo di Gerusalemme posposto a quello di Sicilia e ciò, non solo per vanto del nuovo ed importante acquisto, ma, più ancora, per il sentimento religioso che vi si connetteva.

Ed una religiosa dicitura ci rivelano ora i più completi esemplari del ripostiglio napoletano, dicitura che ci permetterà, credo, di determinare l’epoca di emissione di queste monete.

Confrontando gli esemplari del ripostiglio napoletano, con quello del Museo di Torino è evidente che l’epigrafe deve essere così ricostituita: Karolus SЄRVVS • XPIsti.

Diamo il disegno de’ due esemplari trovati recentemente, completandone l’epigrafe:



Questa umile espressione di religioso entusiasmo, potrebbe riferirsi egualmente a tre avvenimenti.

I. Alla conquista del regno. Per questa impresa il pontefice aveva bandita la crociata, decretando che chiunque prendeva le armi contro lo scomunicato Manfredi, avrebbe goduto di quegli stessi benefizi e di quelle indulgenze che concedevansi a coloro che combattevano, per il Santo Sepolcro, contro gl’infedeli. E Carlo, campione della Chiesa, intento a cattivarsi sempre più, con espressioni di ossequio e di riconoscenza, l’animo del pontefice, avrebbe potuto coniare nel 1266 questa moneta con tipo religioso.

[p. 343 modifica] 2. Alla crociata, più volte apparecchiata, contro il Paleologo. Michele Paleologo aveva riacquistato Costantinopoli nel 1267 e l’imperatore Baldovino, profugo, dopo avere inutilmente richiesto l’aiuto di altri principi cattolici, ricorse a Carlo e stabilì con lui i patti per la conquista e la divisione del greco impero. Da tempo apparecchiava dunque Carlo Tarmata, aggravando sempre più i suoi sudditi, quando nel 1274, Gregorio X, per attraversare quegli ambiziosi disegni, tolse, nel concilio di Lione, la scomunica che era stata pronunciata contro il Paleologo. Eletto però papa il francese Martino IV, addì 22 febbraio 1281, questi, intento a promuovere gli interessi dell’angioino, scomunicò di nuovo il Paleologo nel giovedì santo (10 aprile) di quell’anno ed aiutò Carlo ad allearsi con Venezia contro i Greci, e ad accelerare gl’interrotti armamenti per l’anelata impresa d’oriente; ma furono quegli ambiziosi disegni resi vani, questa volta dalla ribellione della Sicilia.

3. Alla crociata di Tunisi. Luigi IX aveva persuaso il fratello a prendere la croce, e questi, per volgere gli eventi a suo profitto, aveva indotto il monarca francese a tentar prima la conquista di Tunisi. In quella sciagurata impresa, come tutti sanno, perde la vita il buon Luigi IX, mentre invece il siculo sovrano, giunto poche ore dopo la morte del fratello, conchiudeva vantaggiosi patti col Tunisino, obbligandolo di nuovo a’ tributi impostigli già dai Normanni e dagli Svevi.

Non credo che queste monete col SERVVS XPIsti sieno state coniate nel 1266 e non lo credo per le seguenti ragioni:

1.° Perchè i ripostigli sembrano confermare l’ipotesi del Blanchard che, cioè, il tareno collo stemma e col K circondato dal nome KAROL/ REX, di fattura [p. 344 modifica]essenzialmente francese, sia stato coniato nel 1266, assieme ai reali e 1|2 reali; e che, contemporaneamente o poco di poi, fu emesso il multiplo di tareno, di forma globulare, col cavaliere e l’epigrafe K • DЄI • GRA • REX • SICIL • DVC • APVLIЄ • PRC • CAP •

2.° Perchè, come avemmo già occasione di dire nell’opuscolo: Monnayage de Charles v’Anjou, il rovescio dei tari col cavaliere è assai simile a quello delle monete sveve, avendo la scritta IC XC NIKA, come sui tarì di Federico II, di Corrado e di Manfredi, mentre sui tari col SЄRVVS XPIsti, abbiamo già una sensibile modifica, trovandosi solo le sigle IЄ XS, colle C mutate in Є ed S, e questo cambiamento, altrimenti di niun interesse, diventa un indizio importante per la classifica.

Volendosi attribuire la moneta alla divisata impresa costantinopolitana, si dovrebbe assegnare o agli anni 1270-1274 ovvero dal 1281 (febbraio) al 1282 (aprile).

Ma certo dal 1281 al 1282 non potè coniarsi. Ne traggo la convinzione dall’esame del ripostiglio. Conteneva gran numero di augustali e tari svevi e solo poche monete angioine; ossia alcuni tari collo stemma e diversi col K al dritto e la croce al rovescio, due dei quali colla iscrizione SЄRVVS XPIsti. È quindi evidente che il ripostiglio è anteriore all’anno 1278, poiché in quell’anno Carlo coniò il carlino d’oro e riuscì, finalmente, con tale riforma monetaria, a dar lo sfratto ai tari svevi e normanni. Del resto ammettendo pure che fossero continuati a circolare que’ tari, sin verso il 1282; è ad ogni modo inammissibile che, in così grande massa d’oro, mancassero i carlini angioini.

Esclusa dunque la possibilità di un’attribuzione agli anni 1281-1282, è evidente che la moneta dovè essere coniata non prima del 1270 né dopo il 1274; [p. 345 modifica]o in occasione della crociata di Tunisi, o quando Carlo s’apparecchiava alla conquista dell’impero Greco. E, tra le due ipotesi, preferisco, quella che si riferisce all’impresa di Tunisi; poiché una preziosa notizia, tratta dal registro angioino 1271 A dell’Archivio di Napoli, viene a confermarla. Questo registro, disgraziatamente non esiste più, ma nel XVII secolo, il De Lellis, impiegato all’archivio di Napoli, di cui rimangono importanti studii sulle famiglie nobili del Reame, segnò le notizie più importanti, che gli vennero sott’occhio nello spoglio di quello e di altri registri e, tra le annotazioni da lui fatte, e’ interessa la seguente:

" Si ordina allo straticò di Messina di pagare una certa somma a Vitale e Lanfranco Riccio, Zecchieri, mandati ad felicem exercitum nostrum apud Tunisium pro exercenda sicla in dicto exercito. „
(Reg. 127 1, A, fol. 4).

Carlo, rimase quasi tre mesi in Africa, essendo arrivato quivi il 25 agosto 1270 e partito il 18 novembre2, e quindi, avendo seco de’ Zecchieri e quanto occorreva per il conio, è più che probabile che avesse agio di coniar moneta. È anche assai naturale che, dopo la morte del fratello, rivestito ancora delle religiose insegne del crociato abbia dettato quell’umile leggenda.

Penso però, che tornato nel Regno, ed accingendosi all’impresa di Costantinopoli, abbia ripetuto quel conio, la cui epigrafe ben s’adattava al religioso fanatismo con cui cercò l’Angioino di assecondare i suoi disegni sull’impero greco.

[p. 346 modifica]Ad ogni modo, parmi che all’elenco, già assai numeroso, delle officine che coniarono moneta a nome di Carlo d’Angiò, sia da aggiungere quella di Tunisi, sebbene, vi si sia coniata moneta per assai breve tempo, e sia stata l’officina messa su, alla meglio, nell’accampamento de’ crociati.




Note

  1. A. Sambon, Monnayage de Charles I d’Anjou. Tav. III. “Annuaire de la Société française de Numismatique„, Luglio-Agosto 1891.
  2. Reg. Ang. dell’Archivio di Napoli N. 6, fol. 155-167 t. N. 13, fol. 62, 63 e 64. — Vedi Minieri Riccio, Itinerario di Cario d’Angiò, pag. 5.