Memorie storiche civili, ed ecclesiastiche della città, e diocesi di Larino/Al lettore

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Indice delle cose più notabili, che si contengono in queste Memorie Libro I

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AL LETTORE.


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Ensavamo sgravarci dal peso di questa narrazione sul riflesso, che per darvi qualche cenno di ciò, che si contiene in queste Memorie, bastasse quel, che se ne dice nella lettera Dedicatoria, da noi umiliata alla Santità di N. S. Benedetto XIV. ma avendone tenuto discorso co’ nostri amici, i medesimi sono stati di sentimento di non doverla trascurare: e ciò per molti motivi addottici; e particolarmente, perchè dandovene un ragguaglio più distinto, Voi, e molto più coloro, i quali ritrovandosi oppressi da maggiori occupazioni, vengono impediti applicarsi lungamente in altre materie, possiate in un tratto soddisfare alla vostra curiosità; e la Dedicatoria può giovare per giustificare il motivo, che ci ha indotto a scrivere queste Memorie, e quello di averle umiliate alla Santità di Nostro Signore.

II.     Questa opra adunque si divide in cinque Libri, e sua Appendice. Ne’ due primi si notano le Memorie puramente Civili: ne’ due seguenti si contengono le Memorie Civili, ed Ecclesiastiche: e nel quinto, e sua Appendice si parla delle Memorie Ecclesiastiche della Città, e Diocesi di Larino. Abbiamo poi stimato stenderci sulla Storia universale Civile, ed Ecclesiastica per la connessione, che passa tra la Storia particolare, e universale.

III.      Si fa menzione nel primo Libro dell’origine de’ Popoli Frentani, loro situazione, estenzione, confini, fiumi, e Città più distinte; col fondamento, che Larino fu Metropoli di questa chiarissima Regione. Quivi s’illustrano molte controversie Storiche: tra le altre si fa vedere, che non già il Biferno, nè il Sangro, ma il Fiume Aterno, oggi detto Pescara, fu il di loro confine occidentale, e il Frontone, l’orientale; e che il Frontone sia diverso dal Biferno, e per abbaglio da alcuni è stato preso l’uno per l’altro. Si nota parimente Cliternia tra’ Frentani, e non già ne’ Marsi, come pretende un moderno Scrittore, nostro Collega, e Amico: così Gerione, in cui si accampò Annibale contro l’esercito Romano; e si mette in chiaro l’abbaglio di altri, che lo vogliono confondere colla Cirignola. Similmente si tolgono gli equivoci intorno all’Origine, e Progenitori de’ Frentani; cioè se provengano da’ Liburni, e Dalmati, dagli Etrusci, oppure da’ Sabini, e si ributta il sentimento di que’, i quali pretendono, che provengano da’ Sanniti per l’incontrastabile fondamento tra gli altri, che giammai i Frentani furono uniti co’ medesimi nelle guerre ostinate di circa ottanta anni co’ Romani, a riserva della guerra Italica, quando tutti i Popoli d’ltalia, uniti assieme se gli scagliarono contro, per il dritto della Cittadinanza, che ottennero appresso.

IV.      Poi parlando della condizione di Larino, e per conseguenza, anche de’ Frentani: che sia stata prima della Repubblica, e a tempo di essa, la quale pure si esamina; certa coda è, che nel 449. di Roma, si confederò colla medesima, e si discorre delle diverse specie delle Confederazioni, e della qualità di quelle, [p. lxxx modifica]che fu accordata a questi Popoli. Indi fu sempre unita questa Regione co’ Romani, specialmente nella guerra con Pirro, Re della Grecia dell’anno 472. nella Cisalpina dell’anno 472. in quella di Annibale del 537. e nell’altra contro Perseo Re della Macedonia, e contro i Tarantini del 582. quando ne’ Campi Larinati fu ricevuto l’esercito Romano, siccome in Gerione quello del Cartaginese, e ne’ Campi Larinati l’esercito de’ Romani sotto la condotta di Fabio Massimo contro Annibale: ma poi si unì co’ Popoli d’Italia a cagione della Cittadinanza, e qui si parla di quanto accadde in tale occasione, e come terminasse questa guerra; e che perciò ammessi i Popoli d’Italia alla Cittadinanza nell’anno di Roma 663. i Larinati, e Frentani vennero a godere, come Popoli distinti, il frutto del di loro valore, e specialmente di Aulo Cluvenzio Avito Larinate; il quale in tale occasione esercitò il comando non solo de’ suoi Frentani, ma anche de’ Peligni.

V.      E Larino, divenuto Municipio de’ Romani, in niente restò pregiudicato nella libertà, e indipendenza di prima, e gli rimasero tutti gli Ordini, e Magistrati di una perfetta Città libera, e Sigonio appella quest’Ordine: insigniae Ordo: componendosi di Decurioni, o siano detti Senatori, di Cavalieri, e di quello della Plebe, i quali si radunavano nel proprio Pretorio, le di cui fabbriche attualmente ne fanno testimonianza, e ivi formavano i pubblici consigli. E con essi vi erano i Sacerdoti, i Duum-Viri, i Trium-Viri, i Quatrum-Viri, i Censori, gli Edili, i Questori, come da diversi Scrittori contemporanei, e specialmente l’abbiamo da Cicerone nella xiv. Orazione recitata in Senato in difesa di Aulo Cluvenzio Avito Larinate, figlio dell’altro di sopra lodato, e lo fanno vedere molte Iscrizioni lapidarie presso diversi Scrittori, e altre, le quali esistono, e da noi si trascrivono nel decorso di quesle Memorie; e qui si spiega l’officio, e dignità de’ Magistrati preaccennati.

VI.      Si fa vedere parimente, che si praticavano in questa Città i divertimenti ad emulazione di que’ di Roma. Vi si facevano le pubbliche feste con giuochi. Vi erano i Circhi, nè vi mancava il suo Anfiteatro, di cui si portano due Carte, una in elevazione, e l’altra Geometrica, le quali dimostrano le fabbriche, che vi sono, e quale egli fu a suo tempo; e con tale occasione si esamina l’origine degli Anfiteatri, l’età del nostro, loro uso, capacità dell’Anfiteatro di Larino, suo Velario e come poi cessò. Marte fu il Dio Tutelare di questa Gentilità, oltre tanti altri, e loro Tempi, e Sagrificj, osservandosi coll’autorità di Cicerone in detta Cluvenziana, chi fussero i Salj, Ministri pubblici di Marte, e in che consistesse il di loro officio. Anche qui si parla degli usi di vestire in que’ tempi, della maniera di celebrarsi le nozze, e modo, che si teneva ne’ Conviti, e nelle Menze; come pure del costume di seppellirsi i defunti, e ciò, che si credeva di essi; quale fussero il proprio linguaggio: con che si esamina l’introduzione della Lingua Italiana, e come prima si fusse dilatato il linguaggio Latino; loro arte militare, come si esercitava, e con quali istrumenti. Finalmente qualche cosa si dice di tutte le altre arti liberali, e illiberali, Collegi, e Compagnie di Artefici, e loro prerogative, trafichi, negozj, e simili, quali fiorivano a tempo della Repubblica.

VII.      Si favella nel secondo libro della condizione, e disposizione de’ Larinati, e Popoli Frentani da Giulio Cesare sino al presente, ove si dice che colla [p. lxxxi modifica]divisione d’Italia, fatta a tempo di Augusto in XI. Regioni, che qui si nominano, restorono anche divisi i nostri Frentani, cioè dal Biferno in giù uniti co’ Dauni, e dal Biferno fino al fiume Aterno co’ Sanniti, e altri; e così continuorono coll’altra divisione, fatta un Secolo dopo da Adriano in XVII. Provincie, le quali parimente si numerano, colla mutazione de’ Magistrati, e che i Frentani, e Larinati dal Biferno in giù andando co’ Pugliesi, e Calabri, furono governati da un Correttore, e gli altri da un Preside, e poi sotto la più strepitosa divisione, fatta a tempo di Costantino Magno due secoli appresso, gli uni, e gli altri Popoli furono posti sotto il Vicario di Roma; ma con diverso Magidrato, cioè i Frentani Larinati co’ Pugliesi, e Calabri sotto il proprio Correttore, e gli altri sotto un Preside, e questa divisione fu fatta da Costantino per il trasferimento della Residenza degl’Imperadori in Costantinopoli; quando diviso l’Imperio in Orientale, e Occidentale, fu diviso anche il potere del Prefetto Pretorio in quattro parti. e l’Italia in due Vicariati, soggetti al medesimo Prefetto Pretorio d’Italia, uno detto Vicario di Roma, e l’altro Vicario d’Italia; e tra essi furono divise le Provincie, e prefero il nome di Urbicarie quelle, che restorono sottoposte al Vicario di Roma, come erano le nostre, e qui si numerano le Provincie soggette sì all’uno, che all’altro Vicario, e si spiega la qualità de’ Magistrati inferiori, loro officio, e dignità; e si parla dell’infestazione de’ Giudei, fatta allo Stato, e alla Religione, specialmente ne’ nostri Popoli, come pure ne’ Pugliesi, Calabri, e Sanniti, per cui Onorio Imperadore nell’anno 398. pubblicò una celebre Costituzione, colla quale fu ripresa la loro insolenza, e furono sottoposti a dure condizioni, come si legge nel Codice Teodosiano.

VIII.      Si parla delle calamità, che cominciorono coll’introduzione degli Eruli, Visogoti, Ostrogoti, Goti, e loro innalzamento al Regno d’Italia, quale, ancorche non durasse, che per lo spazio di 63. anni, tanto però posero a fiamme, e fuoco tutto, e le nostre Regioni, quelle de’ Sanniti, Frentani, Dauni, e Calabri, vennero così maltrattate, che, discacciati dall’Italia per mezzo di Narsete, Giustiniano, prese le redini del governo, diede molte previdenze utili, a favore de’ negozianti de’ Pugliesi, e Calabri. Sino a questo tempo il governo quanto alla polizia con fu alterato; ma Longino Esarca di Ravenna avendo voluto dare altro regolamento all’Italia, fu causa, che tratto tratto i Greci ne venissero totalmente discacciati. Egli tolse dalle Città, e anche da Roma, i Consoli, i Correttori, c i Presidi, e vi destinò i Duchi, e i Giudici, per cui i Longobardi invitati da Narsete all’acquisto d’Italia per vendicarsi dell’ingiuria, fattagli da Sofia, moglie di Giustino II. quale vergognosamente lo depose dal governo d’Italia, ebbero campo di approfittarsi dell’invito: tantochè vi stabilirono il primo Re, stendendosi quasi da per tutto, e durò il loro Regno d’Italia fino a Desiderio, il quale, fatto prigioniero da Carlo Magno, fu l’ultimo, e da’ Longobardi passò il Regno d’Italia a’ Francesi.

IX.      Per il tempo, che i Longobardi, ebbero il Regno d’Italia, continuò la, polizia del governo, introdotta da Longino, specialmente nelle Regioni, che compongono il Regno di Napoli. Quivi si esamina l’origine de’ Longobardi, loro acquisti, ed estinzione, e molto ci stendiamo in parlare di quei, che [p. lxxxii modifica]dominarono in Benevento, sotto il di cui Ducato venivano compresi gli uni, e gli altri Frentani sino al tempo, che i Francesi stabilirono in Chieti un Castaldo, quale per altro non durò, che per poco tempo. Parimente quivi qualche cosa si dice dell’introduzione de’ Bulgari nel Ducato di Benevento, e loro stabilimento; e sopratutto si parla delle dolorose Tragedie tra Longobardi, e Francesi, fino alla totale depressione de’ primi, che poi ebbero a soffrire coll’introduzione, e stabilimento de’ Normanni in tutte le Regioni, che compongono il Regno di Napoli sotto un Capo, con titolo di Re, che ottenne Ruggiero dalla Sede Apostolica, espulsi totalmente i Greci dalle medesime, restando il più dell’Italia diviso, e il titolo di Re, stabilito fin dalla venuta de’ Goti, quale poi fu posseduto dall’lmperadore d’Occidente fin dal tempo, che Leone III. divise l’Imperio Romano dall’Orientale, e che v’innalzò Carlo Magno, e da’ Francesi passò ne’ Tedeschi sotto gli Ottoni, indi nella Casa di Baviera, finalmente ne’ Sassoni: e quivi si parla de’ diversi avvenimenti tra le une, e le altre Nazioni, e loro Dominanti colle continue disavventure de’ Popoli d’Italia, e delle Regioni, che compongono il Regno, specialmente de’ Sanniti, Frentani, Pugliesi, e Calabri, tra’ quali dal primo fino all’ultimo, e in tutte le Stagioni fu un continuo teatro di guerre.

X.      Nel libro terzo si contengono Memorie Civili, ed Ecclesiastiche, le quali riguardano unicamente la Città di Larino; e qui parlando delle Civili, in primo luogo si discorre delle rovine di questa Città, e come cominciassero dopo la caduta dell’Imperio Romano, fino a tanto, che morti, e fuggiti gli Abitatori, col scadimento de’ suoi Edificj, restasse totalmente desolata, e che que’ pochi Abitatori, lasciandolo in abbandono, si ritirarono in un luogo vicino, dove al presente si ritrovano, quale parimente tiene il nome di Larino, e si vuole, che in tempo, che Larino vecchio era in fiore, fusse abitato da Greci: come pure si parla degli infelici avvenimenti di questo nuovo Larino per i saccheggiamenti, ora degli Ungari, ora degli Agareni, per le pesti, tremuoti, e altre disgrazie.

XI.      Si parla insieme di quei, che hanno signoreggiato in essa, facendosi vedere, come si governava dopo la caduta della Repubblica a tempo de’ Goti, e sotto i Longobardi, Duchi di Benevento, e che sempre vi presiede un Conte, ora in qualità di semplice Giudice, e ora in grado di Sovrano, a riserva di quel tempo, che fu sottoposto al Castaldo di Chieti, fino a tanto, che estinto il proprio Conte passò sotto il dominio de’ Conti di Loritello; e poi col stabilimento del proprio Re, e successiva estinzione di questo Contado di Loritello, passò sotto il dominio della Casa Orsini della linea di Napolione de’ Conti di Manupello, col titolo di Marchese di Larino; e colle disavventure, ed estinzione di questa linea, passò in dominio della Famiglia Pappacoda, poi di Brancia, appresso in quella di Carrafa de’ Principi di Belvedere, e finalmente nella Famiglia di Sangro, dalla quale attualmente si possiede. Similmente si parla delle Famiglie illustri di questa Città, e di alcune fin dal tempo della Repubblica, e tra quelle la Cluvenziana, l’Auria, e la Fabrizia, e poi delle altre appresso fino al tempo presente; e qui si fa vedere l’abbaglio preso da un moderno dotto Scrittore, nostro amico, volendo, che la Cluvenziana fusse Lavinate, e che la xiv. Orazione di Cicerone di sopra accennata, parli di Aulo Cluvenzio Avito Lavinate, e non Larinate, [p. lxxxiii modifica]benche dopo, di ciò avvertito, con probità asserisca diversamente, e da noi se ne fa memoria con suo proprio documento. Così pure si parla delle sue fabbriche Civili, e stato presente, e suo governo.

XII.      Quanto alle Memorie Ecclesiastiche, si esamina primieramente il tempo, in cui fu ricevuto in Larino il Sagro Vangelo, e avuto il proprio Vescovo; e si fa vedere, che ritrovandosi questa Città in fiore a tempo degli Apostoli, e Uomini Apostolici, debba dirsi, che allora appunto ricevè il Sagro Vangelo, e il proprio Vescovo, o debba dirsi, che in altro caso nemmeno in quello tempo l’avessero avuto altre Città Frentane, e vicine, lo che non può aver luogo per le chiare testimonianze, che se ne allegano: e qui poi si esamina, come principiò ad esercitarsi la Cura delle Anime dal proprio Vescovo nelle sole Cattedrali, non introdotte, che tardi, le Parrocchie, anche nelle Città più cospicue, e con esso si adoprava il Clero, quale poi prese nome di Capitolo; di maniera che con dipendenza del Vescovo cominciò anche egli ad avere pensiero delle cose temporali, e spirituali, e i Preti, e i Diaconi erano i Pastori, e Parochi delle Città, e conseguivano una tale dignità in tempo della loro ordinazione, e in esse si salmeggiava, dove convenivano Ecclesiastici, Laici, e Donne di ogni stato nelle proprie ore a lodare il Signore.

XIII.      E qui poi si favella intorno alla maniera di salmeggiarsi, tenuta nella Chiesa Occidentale; giacchè non può dubbitarsi, che nell’Orientale fin da’ suoi principi si facesse con canto, ove poi si fa qualche cenno rispetto al luogo, che avevano gli Ecclesiastici in Chiesa, distinto da’ Laici, e i Monaci nel di loro principio, qualità de’ lumi, loro numero, lucernario, e altro; e si vede, come poi tratto tratto cominciò questa disciplina a rallentarsi, tanto circa l’amministrazione de’ Sagramenti, quanto circa la celebrazione de’ Divini Officj, facendosi fuori delle proprie Cattedrali, finchè furono anche stabilite le Parrocchie Rurali con proprj Parochi,come appresso; e qui parimente si parla più di proposito del proprio Capitolo, e fu ingerenza nelle cose spirituali, e temporali, come, e quando crescesse la sua autorità, specialmente in tempo di Sede vacante, e che poi per l’abuso, che facevano i Capitoli della loro autorità, gli fusse stata ristretta, e permesso a’ Vescovi prevalersi de’ Vicarj Generali, per le cose temporali, e spirituali, restata la loro autorità in Sede vacante, come attualmente si costuma.

XIV.      Nè si tralascia far parola del Ministero del Canonico Penitenziere, e sua origine, tanto nella Chiesa Orientale, che nell’Occidentale, facendosi vedere, che nell’Orientale ebbe il suo cominciamento quasi da’ primi Secoli, e nell’Occidentale non se ne parla, che nel Concilio Lateranense iv. ma che poi i PP. del S. Concilio di Trento inculcarono la loro Istituzione in tutte le Cattedrali, e con più efficacia, e con maggiori espedienti la s. m. di Benedetto XIII. Ristoratore della buona disciplina della Chiesa, e che là dove non si ritrovava istituito, si esercitava da’ proprj Vescovi, conforme è stato pratticato in Larino, dove ultimamente l’Autore di queste Memorie vi ha eretto, e fondato la Penitenzierìa; siccome la Prebenda Teologale, di cui in Occidente tardi anche comincio a parlarsi, cioè nel Concilio Lateranense III. inculcata poi nel IV. Concilio [p. lxxxiv modifica]Lateranense; molto più da’ PP. del S. Concilio di Trento, e con maggiore premura, ed espedienti dal medesimo Santo Pontefice Benedetto XIII. quale ha dato eccitamento a moltissimi Vescovi di stabilire sì l’una, che l’altra Prebenda.

XV.      Si parla parimente dell’istituzione, e fondazione di un Collegio de’ Mansionarj per servizio della medesima Cattedrale; e qui de’ diversi nomi, che sotto lo stesso significato si usano in altre Cattedrali, loro cominciamento, officio, e luogo, che godono nella Gerarchia Ecclesiastica. Cosi pure della vigilanza avuta da’ Vescovi in ogni Secolo per l’educazione de’ Giovani; per cui finalmente venne stabilità la fondazione de’ Semuiarj, e che quello di Larino sia stato fondato a tempo, che si celebrava il S. Concilio di Trento, e come poi si sia aumentato; nè si tralascia far parola de’ luoghi Pii, loro origine, stabilimento, e moltiplicità.

XVI.      In parlarsi de’ Sinodi Larinati per irruzione di que’ Ecclesiastici, qualche cosa anche si dice intorno alla loro origine, e cominciamento, e si fa vedere, che anche prima di darsi la pace alla Chiesa, si celebravano da’ Vescovi co’ loro Preti per propagare, e stabilire la Santa Fede, per introdurre il buon costume, e abbattere il Gentilissimo; e come poi si stabilissero con Sagri Canoni, e circa il tempo, e forma di celebrarsi; come pure rispetto alle materie di doversi trattare, e simili. Parimente si parla in questo terzo libro de’ confini di questa Diocesi, e luoghi, che la compongono, antichi, e moderni, delle ragioni particolari di questo Vescovado, suoi feudi, e beni temporali, del Vescovado appellato con voce Ecclesiastica Episcopio, della sua Chiesa Cattedrale, e altre particolari, e suoi Monasterj, antichi, e moderni, esistenti, e distrutti; e si fa menzione di Monsignor Gio: Battista de Lisolis, e di Monsig. Marco Antonio Marsolini di Larino, stati Vescovi di Guardialfiera, quali furono ignoti ad Ughellio, e che però si devono supplire al medesimo.

XVII.     Passando a parlare del quarto libro; rispetto al civile, in primo luogo si dà una idea generale intorno alla situazione de’ luoghi, che compongono questa Diocesi, aria, fertilità del di loro territorio, abbondanza di viveri di ogni Specie, costumi, e governo civile; e si dice, che altri vengono abitati da Italiani, e altri dagl’Italo-Greci, o siano Albanesi, ed Epiroti, e che altri, secondo la presente disposizione del Regno, vengono posti nella Provincia Civile di Capitanata, e altri nel Contado di Molise, con spiegarsi nominatamente sì gli uni, che gli altri, e meglio poi, e con più distinzione se ne parla luogo per luogo.

XVIII.      Intorno alle Memorie Ecclesiastiche, si da parimente un idea generale degli Arcipreti, e Parochi Diocesani, e si fa vedere, che tardi fu introdotta la Cura delle Anime ne’ luoghi Diocesani; e che ne’ primi tempi si esercitava nelle Cattedrali, come si è detto, ove conveniva il Popolo Urbano, e s’invitava il Popolo Rurale a partecipare ex consecratu Episcopi, e a quelli, che non potevano convenirvi, si trasmetteva per Diaconos, come abbiamo nell’Apologia 2. di S. Giustino, e tal volta per mezzo degli Accoliti per quel, che si legge da Innocenzo I. scrivendo a Decenzio, Vescovo di Gubbio; ma che poi tratto tratto, avanzato il numero de’ Fedeli, e oppressi i Vescovi dalle altre occupazioni, fu permesso a’ [p. lxxxv modifica]Preti Rurali, che celebrassero il Sagrificio della S. Messa, e amministrassero i Sagramenti; e il primo de’ Preti de’ luoghi Diocesani cominciò ad usurparsi il titolo di Arciprete, come si pratticava nelle Cattedrali, appellandosi taluni Corepiscopi, per l’esercizio, che ne avevano, e poi furono anche Vicarj de’ Vescovi con potere effrenato, dimostrandosi, che quanto si pratticava nelle Chiese d’Italia, altrettanto sia stato costumato nella Diocesi di Larino, amministrandosi la Cura delle Anime per hebdomadam da tutti i Preti, e poi fu ristretta la loro autorità unicamente circa l’amministrazione de’ Sagramenti, e proibito esercitarsi per turnum, ma che solo il Paroco ne avesse il pensiero, coll’obbligo degli altri di coadiuvarlo.

XIX.      Finalmente si da un’idea generale del Clero Diocesano, e prima si fa vedere, che tardi anche furono introdotti i Cleri ne’ luoghi Rurali, e che introdotti universi Clerici quodammodo Beneficiati censebantur, di maniera che cresciuto il numero de’ Cherici, principiorono anche essi a pratticare nelle Città inferiori, e luoghi Rurali ciò, che si osservava nelle proprie Cattedrali, formando i loro Capitoli, e Cleri intorno alla celebrazione de’ Divini Ufficj, e amministrazione de’ SSmi Sagramenti unitamente col proprio Paroco, o altro titolo di Arciprete, o simile, che avesse il di loro Capo, partecipando ancor essi col medesimo degli Emolumenti Ecclesiastici, secondo la disciplina, che tratto tratto si andò stabilendo colla direzzione de’ Concili, Sinodi, e Costituzioni particolari de’ proprj Vescovi, e che tale disciplina, che fu universale nella Chiesa Occidentale, specialmente in Italia, sia stata osservata anche ne’ primi tempi, e in altri appresso ne’ luoghi Diocesani di Larino, tanto intorno alla celebrazione de’ Divini Ufficj, e amministrazione de’ Sagramenti, quanto a riguardo della distribuzione degli Emolumenti Ecclesiastici, per cui vengono considerati questi Ecclesiastici, come Coadjutori de’ proprj Parochi, e Arcipreti, e vivono colle loro costituzioni, e statuti a guisa di Chiese Collegiate, a riserva delle Chiese degl’Albanesi, nelle quali non vi è questa forma di Clero per costituzioni, e osservanze particolari, chi vi sono.

XX.      Si passa a ragionare di tutti i luoghi particolari, che compongono questa Diocesi, loro felici, ed infelici avvenimenti, esistenti, e distrutti, situazione, aria, qualità de’ territorj, Popoli, costumi, Possessori, fabbriche civili, e comodi. Così delle Chiese, Monasterj, loro fondazione, e Ordini, esistenti, e distrutti, cura d’Anime, Sagre Reliquie, che ne’ medesimi si venerano, luoghi Pij, giorni festivi particolari, che in essi si osservano. E favellandosi di Ururi, feudo nobile con vassalli, di questo Vescovado, si parla anche dell’introduzione degli Albanesi, ed Epiroti in Sicilia, e in altri luoghi d’Italia, specialmente in moltissimi luoghi di questa Diocesi di Larino, in che tempo, e con quale occasione, e come poi si siano mantenuti, e si mantenghino; e quivi si legge una lettera di Gio: Antonio Orsini, Principe di Taranto, scritta a Giorgio Castriota, detto Scanderbegh, loro Principe, e risposta di questo, assai spiritosa, cristiana, ed erudita, fatta al medesimo.

XXI.      Le Isole Diomede meritano farsene particolare menzione, come assai rinomate nelle Storie Civili, ed Ecclesiastiche per il loro fondatore, che [p. lxxxvi modifica]vogliono sia stato Diomede, Re di Etolia; si esamina come ciò avvenisse, e se prima tra di loro fussero state unite, e poi divise, onde ebbero il nome di Isole di Tremiti. Che che di ciò sia, loro sono poste nel Mare Adriatico in prospetto di questa Diocesi, e tutte sono cinque, con nome diverso, fertili, ed abbondanti, e la seconda si distingue sopra tutte le altre, ove si vede una fortezza ben rinomata, con un Monastero, di cui appresso, e si resero famose per i due celebri esilj, uno di Giulia Nipote di Augusto, e l’altro di Paolo Varnefrido, detto volgarmente Paolo Diacono, Segretario di Desiderio, ultimo Re de’ Longobardi, e crebbe la loro fama per la dimora, che vi fe’ nel di loro Monistero Desiderio de’ Principi Longobardi, poi Cardinale, e finalmente Papa, sotto nome di Vittore III. e quivi si discute l’origine, e fondazione della Chiesa di Tremiti, e come favoloso, e apocrifo, si ributta il sentimento di coloro, i quali vogliono, che fusse fabbricata da un Romito, e così pure un’istrumento della sua ideale solenne consagrazione, fatta da Almerado, supposto Vescovo di Dragonara nell’anno del Signore 311. e per conseguenza prima di darsi la pace alla Chiesa da Costantino: e qui si parla delle tre indizioni, e loro cominciamento: parimente del cominciamento de’ Monaci in questa Regione, e quanto bisogna per detto effetto, specialmente intorno all’esenzione de1 Monaci dall’autorità de’ Vescori, e cose tutte, che si aggruppano in detto supposto Istrumento: poi delle diverse Religioni, che hanno governato il Monastero di Tremiti, e stato suo presente.

XXII.      Diversi Diplomi de’ tempi de’ Longobardi, e Normanni si leggono in quest’opera, e tralasciamo farne parola, potendosi osservare dagli Eruditi nei proprj luoghi, a riserva del Diploma di Donazione fatta della Città di Gaudia da Tesselgardo, Conte di Larino, ad Alberico Abate di Tremiti; e si mette in chiaro, che l’Istrumento parla di Città a mare, luogo posto nel lido del Mare Adriatico, in Diocesi di Larino, e non già tra gl’Irpini; e quindi si vede, con quanta saviezza incontratosi in esso il chiarissimo Muratori, abbia sospeso darne giudizio.

XXIII.      Siccome qualche cosa diciamo intorno ad un altro Diploma, che riguarda i costumi, e usi di Montecalvo, Castello non ignobile, oggi distrutto, di pertinenza del Monistero de’ Monaci di S. Benedetto, sotto il titolo di S. Elena, posto in questa Diocesi, e fondato da’ Principi Longobardi. Egli, quantunque scritto con latino barbaro di que’ tempi, tiene però il suo pregio; in forma tale, che se avessimo voluto commentarlo, avressimo potuto stenderci molto, e qualche cosa vi notiamo.

XXIV.      Quanto alle sue formalità, il Diploma viene appellato Breve, e se ne fe la sua spiegazione: l’Abate si titola Divina gratia humilis Abbas, e si dichiara, come ciò abbia luogo; come pure si legge farsi una cum Laurentio Protojudice Comitatus Civitatis, Advocato nostro, e si spiega l’officio, che avevano gl’Avvocati de’ Monasteri in que’ tempi.

XXV.      Rispetto al suo contenuto, in esso si rinovano, si spiegano, e si confermano gl’usi, costumi, e consuetudini degli Abitatori, che ebbero principio fin dal cominciamento de’ Normanni. Questi, altri riguardano i Chierici, altri [p. lxxxvii modifica]i Militi e Militari, e altri gl’Ordini delle persone, che non erano nè Chierici, nè Militi, nè Militari.

XXVI.      I Chierici si dichiarano liberi dal foro laicale, e da pesi, e che non fussero tenuti pagare il terratico de’ Territorj, che avevano in Feudo, o fusse in coltura dal Monastero a differenza de’ laici, quali ne pagavano uno per ogni dieci di fruttato, e che ad ognuno fusse lecito farsi Chierico senza licenza dell’Abate Padrone del luogo; e per conseguenza si vede, che nè prima, nè dopo ebbe luogo la Costituzione di Guglielmo I. detto il malo, con cui si ordinava, che niuno potesse chiericarsi senza licenza del Padrone del luogo; siccome per altro mai fu in uso in Regno, e sempre detestata da’ nostri, specialmente da Andrea d’Isernia, come pregiudiziale alla libertà Ecclesiastica, conforme fu detestata, e si detesta l’altra Costituzione intorno al Foro de’ beni non Ecclesiastici degli Ecclesiastici.

XXVII.      In ordine a’ Militi, e Militari, prima si spiega la parola Miles, e suo significato, che aveva nel secolo XI. e chi fussero questi Militari, e come si dovessero giudicare; e quivi si dichiara la diversità de’ giudizi del Mallo, e Placito, e come si esercitassero; e dopo scritto abbiamo osservato presso il ch. Muratori nel tom. 2. dell’antichità d’Italia medii aevi, come questo illustre Scrittore spiega l’uno, e l’altro, uniforme per altro a quel, che noi ci ritroviamo aver scritto. Appresso ciò, che si assegnava a’ Militi, cioè un destriero e un Ronzino, e cosa fussero, e loro pesi.

XXVIII.      Quanto al ceto dell’altre persone, che non erano nè Chierici, nè Militi, nè Militari, si parla degli usi intorno alle cose giudiziali, e tra gl’altri, che mai si venisse alla carcerazione de’ debitori, sine judicio, e nemmeno nel caso, che si offerisse sicurtà: poi de’ Raccomandati, e chi questi fussero, della libertà, che avevano gl’Abitatori di dare in coltura li Feudi avuti dal Monastero, e in quel tempo quale fusse il significato della parola Feudo.

XXIX.      Si avanza a discorrere delle successioni, e libertà, che avevano di donare a Chiese, e Monasterj: similmente si dice, che i Parenti venissero obbligati pagare Bonenum unum Monasterio pro exitura, nel caso, che la donna si maritasse altrove; si parla anche delle composizioni de’ delitti, che potevano farsi colla parte offesa, e quando; come pure della maniera di purgarsi i delitti, e qui si spiega in quante forme ciò poteva farsi, e si enumerano le persone, a’ quali non era permessa la purgazione de’ delitti; come pure l’uso del duello, dell’acqua fredda, o calda, e come poi aboliti. Finalmente de’ pesi de’ Vassalli, specialmente di quello, che chiamano Adjutorio, e cose simili, che qui tralasciamo.

XXX.      Rispetto al quinto libro, qui non si parla, che della Serie de’ Vescovi Larinati, e accennandoli ciò, che si è detto nel cap. 2. del lib. 3. intorno all’istituzione di questo Vescovado; si accenna parimente quel, che ivi è stato esaminato, rispetto al primo Vescovo, che s’incontra: e si dice, che egli fu Giovanni, chiaro a tempo di S. Gregorio Magno, perduta la memoria degli altri pesi tante sciagure di questa Città, e sua Chiesa; e in ciò si supplisce Olstenio, Scrittore per altro chiarissimo, per quelle ragioni, le quali ivi si esaminano. Inoltre [p. lxxxviii modifica]si fa menzione di quanto in d. cap.2. distesamente si è parlato, a riguardo dell’unione di questo Vescovado con quelli di Avellino, Bovino, Ascoli, e Siponto a quello di Benevento, fatta nell’anno 658. da S. Vitaliano Papa per le calamità di quelle Regioni, rese poco meno, che disabitate; ove parimente si esamina la qualità di detta unione, e si suppliscono in molte cose il Sarnelli, ed il Vipera; e con ciò mettendo in chiaro, che l’unione fu fatta, parlando colle formole de’ Giuristi, aeque principaliter, tutti i Vescovi, che governorono la Chiesa di Benevento con quelle di Larino, e di altre di sopra accennate, quasi per tre secoli, si numerano anche tra Vescovi Larinati, conforme prattica lo stesso Cronista Sarnelli nella Serie de’ Vescovi Sipontini, alli quali uniti i Vescovi Larinati dal 960. quando questa Chiesa fu separata da quella di Benevento, fin’oggi cresce il numero di 70. in tutti, mancandone altri moltissimi per essersene perdute le memorie.

XXXI.      In questa Serie si correggono molti anacronismi, presi dall’Autore delle Iscrizioni di essa, fatte in Sala dell’Episcopio Larinate, e dal medesimo Ughellio, e si suppliscono sì all’uno, che all’altro i nomi di molti Vescovi mancanti; come pure si supplisce il P. Gattola, volendo, che Leone Larinate Monaco di S. Benedetto fusse stato Vescovo di Larino, quando egli non fu, che Vescovo intruso di Trivento. Quanto alla qualità de’ Vescovi, è indubitato, che questa Chiesa è stata governata da Soggetti illustri per pietà, zelo, e dottrina, come nel deciorso della di loro vita.

XXXII.      Finalmente passando all’Appendice di queste Memorie. Ella si divide in quattro capi diversi, e loro paragrafi, il soggetto de’ quali sono alcuni SS. particolari Larinati, o che i loro Sag. Corpi si venerano in questa Chiesa, e sua Diocesi.

XXXIII.      Primo. SS. Primiano, Firmiano, e Casto Larinati, Fratelli Martiri sotto Diocleziano; e quivi si esamina il tempo preciso, e qualità del di loro Martirio. Poi il tempo, in cui furono trafugati i Corpi de’ due primi da quei di Lesina. Finalmente trasferiti nella Chiesa della SS. Annunciata di Napoli, dove al presente riposano.

XXXIV.      Secondo. S. Pardo Vescovo, e Confessore; e qui si discute quale fu la sua Patria, e di qual Chiesa fu Vescovo nel Poliponeso, e come, e quando poi morisse in Lucera; come pure l’occasione, per cui fu trafugato da Lucera in Larino, dove al prefente riposa, e si venera con rito di Patrone Principale di essa Città, e sua Diocesi, qualche cosa si dice intorno alle diverse elevazioni del suo Sagro Corpo e si fa vedere, ch’egli giammai fu Vescovo di Lucera, correggendosi il Coleti, il quale nell’addizione a Ughellio, lo nota secondo Vescovo Lucerino.

XXXV.      Terzo. S. Leo Larinate, Monaco Benedettino, il di cui Sagro Corpo riposa nella Chiesa Collegiata di S. Martino, dove si venera con rito di Padrone Principale della medesima, e si parla dell’altra Traslazione, fatta in altro tempo, e per compita notizia si fa vedere, come il culto di questi Santi mai si è tralasciato in questa Città, e sua Diocesi con Officio, e Messa; e ultimamente fu dato alla luce un libretto con proprj Offici, e Messa, ricavati dagl’antichi Monumenti dell’Archivio Vescovile, dalla Biblioteca del Vaticano, e da altri luoghi, approvati dalla Santità di Nostro Signore BENEDETTO XIV. Pontefice massimo. [p. lxxxix modifica]

XXXVI.      Quarto. S.Costanzo M. estratto ex Cemeterio Praetextati, e trasmesso dall’Autore delle medesime Memorie alla Chiesa Arcipretale di Montorio, dove il Signore Iddio si compiace per i suoi meriti operare prodigj, e miracoli, per cui si vedono, di continuo peregrinazioni, anche di lontane Provincie per venerarlo; e qui molte cose si esaminano intorno al suo culto, e qualità della Padronanza, che se ne hanno preso que’ Pij Cittadini.

E con ciò si dà fine a queste Memorie, come noi lo diamo a voi in questa narrazione; e soggiungiamo, pregandovi di cortese condono di qualche errore trascorso nella stampa, non avendo potuto noi assistervi, come avevamo determinato, per altre occupazioni, e alcuni più distinti si notano appresso: e vi lasciamo, implorando dal Signore Iddio per i meriti de’ Santi di sopra accennati a voi, e a noi, felicità per secoli de’ secoli.