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Le notizie più antiche che rimangono delle meteore cosmiche, ci derivano dall’Oriente. Era credenza di quei popoli [p. 8 modifica]vetusti, che le meteore ignee, le quali di tratto in tratto apparivano nei cieli, non fossero che altrettante stelle che cadessero dalla volta celeste; epperò tenevano fermamente che le pietre cadute qua e là dal cielo, fossero, al pari di tutte le altre stelle, abitate, o meglio, animate da spiriti divini e potenti, i quali avessero impero sulle cose terrestri. Perciò queste pietre erano chiamate Betuli o Betili, che vuol dire appunto pietre animate: e l’antichissimo Betilo Fenicio si diceva figlio di Urano, perchè anch’esso era una pietra caduta dal cielo. Le pietre di maggior mole, erano, secondo quei popoli, abitate da Numi più possenti; epperciò si conservavano religiosamente nei tempi, e si adoravano con grande venerazione: le più piccole erano privatamente custodite, quali spiriti protettori o demoni domestici e di esse si servivano sovente i maghi e gli indovini pei loro prestigi.

Gli abitatori dell’Asia minore e della Grecia, credevano che le pietre cadenti fossero altrettanti simboli, che alcune divinità graziosamente inviassero all’adora[p. 9 modifica]zione dei mortali: e la maggior parte dei più famosi idoli che si veneravano in quelle contrade, non erano che pietre meteoriche. Il rinomato Elagabalo, o Dio Termine che si venerava ad Emisa nella Siria, come simbolo del sole, non era che un aerolito. Ad Efeso un altro meteorite veniva adorato come idolo di Diana, e nei tempî di Pessinunte nella Frigia, di Creta e di Tebe, si conservano delle pietre meteoriche, come simboli della Dea Cibele madre di tutti gli Dei; e quando a Pessinunte questa divinità cominciò a rappresentarsi in sembianze umane, le si pose in bocca la pietra meteorica, che colà si possedeva, per conservarla.

I Cinesi credevano così fatti fenomeni strettamente collegati cogli avvenimenti politici del tempo; perciò nei loro Annali tenevano accurato registro di tutte le apparizioni delle meteore igneo, e no lasciarono memoria di 62 di tali apparizioni, tra cui 12 piogge di pietre. Queste risalgono fino all’anno 644 avanti G. C., e giungono all’anno 333 dell’êra volgare. [p. 10 modifica]

Gli storici ed i poeti Greci e Latini ci hanno anch’essi tramandate le descrizioni di non poche cadute di aeroliti; tra lo quali merita speciale menzione la pietra caduta in pieno giorno l’anno 465 avanti G. C. ad Aegos-Potamos nell’Ellesponto, presso la moderna Gallipoli. Di essa parla Plutarco nella vita di Lisandro: e si fa pure menzione della medesima nella cronaca di Paros, e da Plinio il vecchio (Libro II), il quale afferma che si vedeva ancora ai suoi tempi, cioè 500 anni dopo, grossa come un carro e di colore oscuro. Fu questo creduto prodigio, che diede occasione al filosofo Anassagora di stabilire l’ipotesi, che insegnava nella sua scuola, che la vôlta celeste fosse costrutta di pietre. Che anzi lo stesso Plinio racconta che, colle sue teorie, Anassagora aveva predetta la caduta della pietra anzidotta; il che io credo ben lontano dal vero.

E per tacermi di tutti gli altri, mi piace ricordare il poeta Virgilio, il quale nel libro V dell’Eneide, descrivendo, colla maestría e gaiezza che gli è propria, una [p. 11 modifica]saetta, che, lanciata per aria, subitamente si accese; la paragona ad una stella cadente, e così leggiadramente si esprime:


.... la saetta in su le nubi accesa
Quanto volò, tanto di fiamma un solco
Si trasse dietro, infin ch’ella nel foco,
E il foco in aura dileguossi e sparve.
Tal sovente dal ciel diretta, cade
Notturna stella; e trascorrendo lascia
Dopo sè lungo e luminoso il crine.

(Eneide, trad. da A. Caro, Libro V.)


Questi versi poco differiscono dagli altri, coi quali la fervida immaginazione del divino Alighieri, di cui il Mantovano poeta era maestro ed autore, così descrive lo stesso fenomeno nel canto XV del Paradiso:

Quale per il seren tranquill e puri
Discorre ad ora ad or subito fuoco,
Movendo gli occhi che stavan sicuri,
E pare stella che tramuti loco;
Se non che dalla parte, onde s’accende,
Nulla sen perde, ed esso dura poco;....

Molti tra i citati scrittori paventavano [p. 12 modifica]le piogge di pietre siccome presagi di sinistro augurio; altri credettero gli aeroliti pietre assai preziose perchè generate dalla folgore, epperò li chiamarono pietre del fulmine, in greco, ceraunia o bronthia. E questa superstizione persistette fin quasi ai nostri tempi, secondo che ci narrano, tra gli altri, i celebri naturalisti Helwing d’Angebourg e De Jussieu.