Le Metamorfosi/Annotazioni/Libro Ottavo

Annotazioni del Ottavo Libro

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Publio Ovidio Nasone - Le Metamorfosi (2 a.C. - 8 d.C.)
Traduzione dal latino di Giovanni Andrea dell'Anguillara (1561)
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Scilla spinta dal soverchio amore ch’ella portava a Minos taglia a simiglianza di Dalida che tagliò i crini a Sansone, il crine fatale al padre Niso, ilquale figuraremo per la ragione che mentre che ha in esso l’imperio assoluto, vede haver ancora un crine fatale, che è il vero Amore verso Dio, e verso il prossimo; per il quale non può essere tratto fuori del suo regno, da qual si voglia artifitiosa malignità de gli inimici suoi, ne meno può essere spento dalla morte. Se non che può essere colto dalla figliuola, che non è altro che la volontà inamorata del mondo, come fu colto Niso da Scilla sua figliuola inamorata di Minos, onde il mondo tendendo insidie alla ragione; & assediandola, come assediava Minos il regno di Niso, la sua figliuola che è la mala affettione, volta alle cose del mondo, spegne in lui la charità, di maniera che vien’a perdere la ragione, la vita e l’imperio insieme; non potendo poi la mala affettione godere a pieno i piaceri del mondo disperata, è per pena del suo errore trasformata in una Lodola, uccello che continuamente va saltando, e volando, ne si vede giamai fermo; cosi la volontà che fa tradimento alla ragione, e la fa perder la vita, e l’imperio, non si potendo fermare in cosa del mondo, dicendo Bernardo, che la volontà nostra come quella che è capace di Dio; non ha altra cosa, che l’istesso Iddio che la possi sacciare, e renderla quieta, però va errando per l’onde del mare di questo mondo, perseguitata dalla ragione figurata nell’Aquila, che si come l’Aquila fissa l’occhio nel Sole, piu d’ogni altro uccello, cosi la ragione guida l’intelletto alla cognitione di Dio meglio di qual si voglia altra parte dell’anima, come quella che la vorrebbe ridure a miglior camino, facendola morire alle cose fugaci, e transitorie, e voltare all’amore delle eterne, e divine, nelle quali havrà il suo vero riposo. S’inamorò Scilla di Minos salendo sopra la torre che rendeva l’armonia della cetra di Apollo; cosi la volontà s’inamora delle cose del mondo, salendo sopra la torre della comodità de gli ogetti propinqui, e del piacere delle delicie.

Con quante belle e proprie digressioni va l’Anguillara quivi ingeniosamente descrivendo gli affetti, della infelice Scilla: come si vede nella stanza, O sordo piu d’ogni crudo aspe, e fero, e nelle seguenti.

Pasiphe inamorata di un Toro per opera di Venere, e si congiunge per mezzo dell’ingegno di Dedalo con l’altiero animale, e s’ingravida del Minotauro, ch’era mezzo huomo, e mezzo Toro; hanno voluto alcuni che questa favola sia semplice historia, dicendo che Minos Re di Candia, essendo andato alla guerra; un suo secretario chiamato Toro rimase in Candia per i negocij del regno, e che Pasiphe s’inamorò ardentissimamente di lui, di maniera che per opera di un suo fidatissimo camariere gode dell’amore suo, e ne rimase gravida di un figliuolo; che nato poi parte simigliava a Minos, e parte a Toro, e per questo gli fu posto nome Minotauro. Nondimeno o sia historia, o sia favola, non è che non vi si possi trare una bellissima Allegoria, figurando Pasife figliuola del Sole per l’anima nostra, veramente figliuola del Sole, che è Iddio; che tutto che la sia maritata alla ragione, che la deve guidare per sempre che non la sdruccioli strabochevolmente nelle delicie, e ne i piaceri del mondo, che la deviino poi dal dritto camino; ha nondimeno Venere per inimica, perche il piu delle volte si lascia per mezzo suo spiccare dalla ragione, accostandose al Toro, che non è altro che la simiglianza bestiale che piglia l’huomo allontanandose dalla ragione, del quale rimanendo gravida partorisce il Minotauro, che è un’ huomo mezzo bestia, e mezzo huomo; che è dapoi rinchiuso nel laberinto che è pieno di strade tortuose che non conducono giamai al desiderato fine; cosi i piaceri, e le delicie intricano, & aviluppano l’huomo in questo mondo divenuto monstruoso, che non può giunger giamai al suo vero fine. Quivi si vede quanto vagamente è descritta questa favola, dall’Anguillara, e rapresentata vivamente, e con giudicio, e quanto sia bella la comparatione della stanza, Come se ’l Tebro altier l’irata fronte.

La favola di Arianna; si può intendere historicamente, che essendo Arianna in quell’Isola abondantissima di Vino, ne bevesse soverchiamente, onde adormentatasi, Theseo partendosi vi la lasciasse; Onde essendo veduta da Bacco cosi ben’ aconcia dal suo liquore; fu presa dal lieto Iddio per moglie; e perche la donna che si lascia facilmente vincere dal vino; facilmente si lascia ancora vincere da i piaceri di Venere; per questo Bacho le donò la corona fatta gia da Vulcano per Venere, che non si può dire che fusse altro che i segni della sua dishonesta vita; con i quali segni è portata in Cielo; che vien’ a dire che è scoperta da ogn’ uno è conosciuta per donna poco pudica. Se in luogo alcuno l’Anguillara si è affaticato con l’ingegno di concorrere con l’Ariosto, si è affaticato in questa descrittione del lamento di Arianna, fatto da quel gran Poeta in persona di Olimpia: perche quivi si potrà vedere apertamente da i giudiciosi, con quanta arte e vaghezza habbi rappresentato quell’amarissimo cordoglio della mesta donna vedendose abandonata, con quai spirti, con quali affetti, con quali contraposte, digressioni proprie, conversioni efficaci; e quanto vivamente habbi spiegate tutte quelle parti che possono mover l’animo altrui ad haver pietà dell’infelice donna; come si poteva meglio rapresentare le risposte di Ecco? di quello che si vede nella stanza, Guarda s’ altro vedere che ’l lito pote; in vero in questa parte pensarò che habbi avanzato se stesso, cosi s’ ha ben saputo valere dell’arte, e del giudicio; e trasformarse in quelle cose che haveva in animo di rapresentare.

Il volo di Dedalo, e del figliuolo ci da a vedere che quando l’ambitione, e ’l desiderio delle cose alte è frenato dalla ragione, e dalla prudenza, non passa i termini lasciandose piu di quello che ricercano i meriti, onde fa giungere l’huomo dopo il corso di questa vita al desiato fine; come saggiamente fece Dedalo, ma quelli che a simiglianza di Icaro vogliono lasciarse piu che non dovrebbero, trasportati da uno irregolato desiderio vengono poi a cadere nelle miserie del mondo, figurate per l’onde del mare, con biasimo e danno irreparabile.

Meleagro che per isdegno della madre, vien meno, essendo arso il tizzon fatale della vita sua ci fa conoscere, che l’humido radicale vien meno in noi tutta volta che la discordia che è fra le parti elementali in noi, il consuma prevalendo l’ardore della febre; che ci conduce alla morte; si vede quindi quanto artificiosamente il Poeta volgare, habbia descritta quella contentione che era nell’animo di Altea intorno la morte di Meleagro, spingendola da una parte il dolore della morte de i fratelli, e dall’altra la pietà materna verso il figliuolo, con quante belle contraposte, digressioni, conversioni, come quella Ahi madre iniqua e ria che far intendi? Vuoi divenir per tal vendetta infame? la comparatione poi l’ha arricchita di maniera che se ’l medesimo Ovidio l’havesse voluta scrivere nella lingua nostra, non l’havrebbe potuta piu vivamente, e propriamente rapresentare.

Le Nimphe che furono trasformate nelle Isole Echinadi, da Acheloo fiume che divide scendendo dal monte Pindo, l’Etolia, dall’Acarnania; perche non volsero porgerli i dovuti sacrificij come fecero a gli altri Dei, significano che quei luoghi che per essere privi di humidità; per la quale s’interpreta questa voce Ninfa, non possono far sacrificio a i fiumi, che non è altro che dar loro tributo di qualche rivulo, sono trasformati in Isole, che non è altro che essere lasciati nella loro siccità, non potendo l’acque inondarli, se bene li possono circondare. Theseo che tiene l’invitto del fiume, chiamato del nome, che gli antichi chiamavano l’ Acqua; dopo che parti dalla caccia del fiero Cinghiale Calidonio, significa che è raccolto gratamente dall’acque, quello che pieno di sete dopo una lunga fatica, si ripara e ristora all’ombra di un fonte, o d’un fiume, spegnendo l’ardore della sete. Si vede quivi con quanta leggiadria l’Anguillara descrive una inondatione di un fiume alterato da soverchie pioggie; facendovi alcune belle digressioni, comparationi, & altri adornamenti Poetici, come ancora descrive felicemente l’habitatione del fiume, e come le goccie che escono da diversi antri e luoghi nascosti, vengono a divenir fonte, e di fonte si fanno aitare poi da altri rivuli, a fiumi grossissimi.

Si vede in Perimele gettata dal padre Hippodamante nel mare, e divenuta scoglio, per essere stata corrotta dal fiume Acheloo, quanta forza habbi in un’animo generoso la conservatione dell’ honore, quando per tenerlo purgato, lucido, e chiaro non si ha rispetto ne a moglie, ne a figliuoli, ne a qual si voglia stato del mondo.

In Giove, e Mercurio che trasformati di Dei in huomini, per conoscere come si portavano gli huomini, intorno l’usar cortesia raccogliendo amorevolmente i forastieri nelle loro habitationi e comunicando loro de i beni che si trovavano; si conosce quanto il grande Iddio sia stato sempre cosi vago, di vedere nodrire l’ amore, e l’affettione fra le sue creature piu nobili; come ancora severo nel far vendetta di quelli, che mancano in questa parte come si potrebbono addurre molti, e molti essempi e fra gli altri questo della terra sommersa, per non haver voluto raccoglierli onde il trasformarse che fa in huomo si è il mirare alle volte le operationi de gli huomini; non trovano nella patria di Filemone, e Bauci chi li raccolga amorevolmente nella casa sua, dia loro a mangiare, ne usi loro alcuna maniera di cortesia, ogn’uno li fugge, ogn’uno chiude loro la porta in faccia; soli i poveri vecchi che sono fuori di quella avara, e ingrata terra; gli alloggiano, e fanno loro parte della loro povertà, con pura, e calda affettione cosa che ci da essempio, che sono molto piu pronti a gli ufficij della cortesia, i poveri che sono fuori della terra in stanze humili, e vili che non i ricchi, che stanno ne i magnifici, e soperbi palazzi, e pero i Dei, come quelli che amano l’ amorevolezza, lasciano la terra soperba, e s’alloggiano nella picciola e povera casa con l’amorevolezza; e cosi poi sommergeno per giusta vendetta sua, la superbia, la ricchezza, e le delicie, che sono rinchiuse fra le cinte di mura, come ancora nobilitano, inalciano, & fanno immortale quella quantunque povera habitatione, che con puro zelo d’ Amore i raccoglie; quivi si può vedere quanto sia cieca, e maligna la natura nostra, che quelli che possono usare i termini della cortesia, come comodi, e ricchi non vogliono; e quelli che non possono per la povertà loro vorrebono. Onde si vede che i poveri sono cosi per la maggior parte accompagnati da grand’ animo con poche forze, come i ricchi da poco, e vile animo, con molte forze, e crederò che Iddio habbi voluto che sia contrapesata cosi in questi, come in quelli questa differenza, a fin che ravedendose al fine e gli uni, e gli altri, cosi restringhino i poveri il loro grand’animo, ne i termini delle loro picciole forze, come ancora i ricchi l’allarghino in quelli delle loro molte forze, comunicando quei beni de i quali soprabondano, a quelli che ne sono sempre in necessità; e riconoscendoli dalla bontà di Dio, come suoi dispensatori, e non come Tiranni, essendo specie di tirannia; tenire rinchiusi quei doni che manda e produce iddio per la università de gli huomini, per satisfare a un’ ingordo, e disordinato desiderio di havere; con tanto danno e miseria di quelli che viverebbono, di quello che soprabondono loro; ancora che si conoschi chiaramente che per la maggior parte quelli che sono comodi, e ben’istanti quanto piu sono ricchi, tanto piu sono avari, e desiderosi di maggiori ricchezze; o perche le medesime richezze venghino accompagnate da questa ingordiggia insatiabile di havere; overo, che la nostra natura tenda quasi generalmente, per naturale inclinatione a questa malignità, come tende ancora in molti altri vicij. Furono Filemone e Bauci trasformati in due quercie appresso il lor tempio, che non fu altro che essere fatti immortali, per gratitudine de gli Dei, del ricevuto beneficio, essendo la quercia arbore che vive piu di qual si voglia altro arbore, e per questo se ne facevano le corone da gli antichi ne i trionphi, prima che Apollo facesse conoscer’ il Lauro.

Proteo figliuolo di Nettuno che era tenuto appresso gli Egitij un grande indovino; e trasformava gli huomini in diverse qualità di cose, quando in animale, e quando in arbore, o cose simili, quando gli tornava bene; è mera historia esssendo stato un’ huomo di questo nome prudentissimo, e molto aveduto; il quale havendo gran cognitione delle cose passate applicandole con alcune congietture, sapeva prevedere molte cose dell’avenire, e per questo era tenuto per grandissimo indovino; cangiava ancora gli huomini in diverse forme quando alterava gli animi loro con diverse passioni, le quali sogliono trasformare gli huomini che sono sotto il dominio loro, quando in fiere, e quando in animali di manco offesa, secondo le qualità male loro.

L’empio Eresichtone spregiatore della potentia de gli Dei, che fa tagliare la quercia sacra a Cerere, che diremo che sia altro che l’avaritia? la quale ha tanta forza ne gli huomini che li fa spreggiatori della potentia di Dio, come quella che non conosce altra possanza che quella dell’oro, e delle ricchezze; taglia l’empio arbore sacro a Cerere che è Dea dell’abondantia, quando taglia il camino alla sua intentione, con il coltello del suo veneno apropriando avaramente a se medesima, tutti quei beni che sono produtti da Cerere per beneficio universale, & a fin che fussero comunicati, in tutte le parti, vien’ al fine l’ingorda in tanta fame, e in tanta rabbia per giusta vendetta della Dea, che quanto piu magna, tanto piu cresce l’ardentissima voglia di mangiare, se mangia chiede sempre nuove vivande ingordamente, se dorme, mangia in sogno, & in tutte le sue operationi; vuol mangiare cose tutte che molto convengono all’avaro, e gli sono molto proprie, perche quanto piu arricchisse, tanto piu desidera di havere ne può giamai veder satia quella sua insatiabile ingordigia che può tanto in lui, che l’induce sino a vendere con ogni maniera d’infamia le proprie figliuole per haver dinari, come vende Eresichtone Metra sua figliuola; sottomettendola a questo e quello, ond’ella ne diveniva hora un Pescatore, hora un Bue, & tal’hora qualche altro animale, si come le era donato da quelli che la godevano dishonestamente, in quei tempi, che non erano ancora in uso le monete d’oro, e di argento.Con quanta vaghezza ha l’Anguillara poi imitato Ovidio nella descrittione della habitatione della fame non fa bisogno ch’ io lo mostri con molti lunghi giri di parole, potendolo ogni quantunque debile ingegno molto ben conoscere, come può ancora conoscere la effigie, e l’operationi sue, e nel modo che l’abbracciò l’empio Erisichtone: a fin che sappiamo fuggire i suoi abbracciamenti.