Le Fenicie (Euripide - Romagnoli)/Secondo episodio
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Primo stasimo | Secondo stasimo | ► |
Entra Eteocle, accompagnato da servi.
eteocle
Va’ tu, fa’ qui venir Creonte, il figlio
di Menecèo, fratello di mia madre
Giocasta, e digli ch’io bramo con lui
sovra i pubblici affari e sui domestici
tener consulto, prima che si schierino
le genti a pugna. No, rimani, affranca
da fatica i tuoi piedi: egli medesimo
verso le case mie vedo che avanza.
creonte
Per molti luoghi mossi, Etèocle re,
ché d’uopo ho di vederti; e delle mura,
delle scolte, a cercarti, il giro feci.
eteocle
E anch’io, Creonte, di parlarti ho d’uopo;
ch’io m’abboccai con Polinice, e vidi
quanto venire a patti era impossibile.
creonte
Udito ho ch’ei Tebe disprezza, e fida
nel suo nuovo parente e nell’esercito.
Ma si lasci di ciò la cura ai Superi.
Ciò che piú preme a dirti adesso io giungo.
eteocle
E che mai? Ciò che dici io non intendo.
creonte
È fra noi giunto un prigioniero argivo.....
eteocle
E che novelle dei nemici reca?
creonte
Che la città di Cadmo e le sue torri
fra poco assalirà l’argivo esercito.
eteocle
Le schiere dei Cadmèi dunque uscir devono.
creonte
Dove? La foga giovanil t’acceca?
eteocle
Oltre le fosse, presto, per combattere.
creonte
Poca è la nostra gente, e quei moltissimi.
eteocle
Ma so ben che a parole ei sono arditi.
creonte
Eppure Argo gran vanto ha fra gli Ellèni!
eteocle
Stragi al piano farò, presto: fa’ cuore.
creonte
Ben lo vorrei; ma impresa ardua mi sembra.
eteocle
Dentro le mura non terrò l’esercito.
creonte
Pur, di prudenza la vittoria è frutto.
eteocle
Vuoi tu che un altro piano io dunque tenti?
creonte
Qual sia, pria d’arrischiar tutto in un colpo.
eteocle
Se di notte, d’agguato, li assalissimo?
creonte
Sí; ma tornar potrai, se il colpo falla?
eteocle
Tutti assiste la notte, e piú gli audaci.
creonte
Nemico agli sconfitti orrido è il buio.
eteocle
Se li assalissi mentre a desco siedono?
creonte
Puoi scompigliarli; e la vittoria occorre.
eteocle
Dirce è profonda, a ritentarne il guado.
creonte
Nessun partito il ben guardarsi uguaglia.
eteocle
Se coi cavalli sopra lor piombassi?
creonte
Son le schiere, anche lí, cinte dai carri.
eteocle
Dunque, che far? Dare ai nemici Tebe?
creonte
Ma no! Seppure senno hai tu, consígliati.
eteocle
Qual d’ogni altro sarà migliore avviso?
creonte
Sette loro guerrieri, udii, s’apprestano.....
eteocle
A far che cosa? È sette un piccol numero.
creonte
Schiere a guidar contro le sette porte.
eteocle
Che si farà? Non aspettiam la stretta.
creonte
Scegli anche tu per ogni porta un uomo.
eteocle
Che schiere guidi, o che stia solo in campo?
creonte
Che guidi schiere, quanti son piú prodi.
eteocle
Intendo, che l’assalto indi respingano.
creonte
E compagni abbia: un uom tutto non vede.
eteocle
E al senno od al valor dovrò badare?
creonte
A entrambi: l’uno senza l’altro è nulla.
eteocle
Come dici sarà fatto: alle sette
torri della città muovo, e alle porte
i capitani schiero, uguali forze
contrapponendo agli avversarî. Lungo
sarebbe dire di ciascuno il nome,
mentre i nemici già le mura investono.
Or vo’, ché piú non si poltrisca. E, deh,
faccia a faccia scontrar possa il fratello,
e pugnare con lui, vincerlo, uccidere
quei che la patria mia venne a distruggere.
Delle nozze di mia sorella Antigone,
e di tuo figlio Emòne, ove io morissi,
abbine cura tu. La dote ch’io
le promisi, confermo, ora che a zuffa
muovo. Fratello di sua madre sei:
che giova far lunghi discorsi? Curala
per amor mio, come a te pur s’addice.
Il padre, taccia merita di stolto,
ché della vista sé privò: lodarlo
non potrei: se i suoi voti esito avranno,
egli uccisi ne avrà. Sola una cosa
da far ci resta: se Tiresia, il vate
qualche responso abbia da dirci: occorre
da lui saperlo. E manderò, Creonte,
tuo figlio Menecèo, ch’ebbe a tuo padre
simile il nome, che l’adduca a noi.
Di buon grado con te favellerà;
ma io vituperai già l’arte sua
profetica: sí ch’ei rancor ne serba.
E alla città, Creonte un tale ufficio
affido, e a te: se la vittoria è nostra,
mai non si deve in questo suol tebano
sepolcro dar di Polinice al corpo;
e chi lo seppellisse, a morte andrà,
fosse pur degli amici. A te ciò dico;
e dico ai servi miei: «L’armi portatemi
di difesa e d’offesa, ond’io m’avvii
a questo agone che si appresta, e meco
son Giustizia e Vittoria». A Previggenza,
ottima fra le Dee, preci si levino,
perché voglia salvar questa città.
Escono tutti.