Le donne che lavorano/VIII. Donne dottoresse

VIII. Donne dottoresse

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VIII.

Donne dottoresse.

È stato nell’anno 1870 che in Italia la donna venne ammessa alle Università e agli istituti superiori, e quantunque regnino ancora i pregiudizi che impediscono alla donna di esercitare le professioni libere, pure da quel tempo parecchie signorine frequentano i licei e le università ed ogni anno il loro numero va aumentand0. Non sono però ben viste ne dai compagni nè dagli insegnanti, che per il momento le sopportano di malavoglia, ma speriamo che ci si abitueranno nell’avvenire, quando questo fatto sarà entrato maggiormente nei nostri costumi.

Però non avvenne nessun inconveniente [p. 102 modifica] di quelli che si temevano dagli studi in comune; i professori confessano che le ragazze, oltre ad avere un contegno serio, sono più studiose, più diligenti e riportano migliori classificazioni dei loro compagni. In conseguenza i ragazzi si trovano avviliti e spinti a far meglio, poi colla società delle signorine s’ingentiliscono e acquistano modi più cavallereschi, sono più ordinati nella persona; e di aver potuto ottenere simili risultati non c’è da lagnarsi. Del resto una fanciulla che vuol frequentare gli studi superiori deve essere di carattere serio, ed è nel suo interesse avere un contegno tanto corretto da allontanare qualsiasi causa di distrazione e da non permettere alcun scherzo di cattivo genere; ed anche i professori devono in questo caso essere molto severi per mantenere la disciplina. Nell’insieme, se le fanciulle danno prova della loro attitudine ad imparare cose difficili e della loro intelligenza svegliala, devono però [p. 103 modifica] esser preparale a fiere lotte prima di poter trar profitto degli studi fatti, e per ora almeno in Italia non possono aspirare che alle intime soddisfazioni che dà il sapere, aspettando dall’avvenire maggiore vantaggio e incoraggiamento.

Una delle facoltà più frequentate dalle donne nelle Università è quella di medicina; ciò che dà argomento nei giornali e in società a serie discussioni sulla donna medichessa.

È naturale che anche riguardo a questo argomento vengano fuori una quantità di pregiudizi che non dovrebbero essere più dei nostri tempi di civiltà e di progresso.

Alcuni trovano che l’istruzione data da uomini a donne sopra materie tanto delicate come la conoscenza del corpo umano e delle leggi che lo governano, è cosa molto imbarazzante e nella quale le donne perdono una parte della loro innocenza e del loro pudore. Eppure finché non ci [p. 104 modifica] saranno delle professoresse di medicina che istruiranno le loro compagne, o delle Università esclusivamente femminili, come in Inghilterra e in America, non si potrà sottrarsi ad una simile necessità; ma poi bisogna pensare che chi si dà a studi seri deve essere tanto innamoralo della scienza da sentirsi superiore a qualunque pregiudizio, a qualunque debolezza. E coloro che si dedicano alla scienza più alta, a quella che dovrebbe essere la più utile all’umanità, devono sentirsi tanto forti e coraggiosi da superare qualunque ostacolo. Sia uomo o donna, se uno sviene alla vista del sangue, se non si sente di squarciare col ferro la carne palpitante, se non può affrontare le miserie umane senza impallidire, si dedichi a qualunque altra professione, ma non faccia il medico. Se si sente invece la forza di superare ogni ribrezzo, di abituarsi a cose che sul principio gli ripugnano, e di amar la scienza sopra ogni cosa, non deve [p. 105 modifica] badare alle chiacchiere della gente, ma seguire la sua via anche se questa non dovesse esser sempre seminala di fiori.

Non so precisamente quando accadrà, ma sono certa che in un tempo non lontano la donna eserciterà anche da noi come l’uomo la professione di medico, sarà chiamala e consultata, e in molti casi si farà onore e proverà come il suo compagno delle immense soddisfazioni.

In America, dove il progresso ha fatto passi più rapidi, si contano già più di duemila medichesse; ci sono degli ospedali diretti e curali soltanto da donne, dove l’ordine e la pulizia regnano su tutta la linea e dove la mortalità non supera quella degli ospedali affidati ai medici dell’altro sesso.

Nella Russia, che come libertà è agli antipodi dell’America, l'indifferenza verso le medichesse fu vinta dopo che venne constatato il grande aiuto che le donne [p. 106 modifica] recarono curando i feriti durante la guerra russo-turca nel 1877 e 78, nella quale vennero constatati i loro grandi meriti; ed ora le medichesse si contano a centinaia. Anche in Inghilterra in dieci anni si è veduto aumentare il numerò delle donne medichesse che in poco tempo son diventate numerosissime.

In Francia ed in Italia si possono contare sulle dita, quantunque i professori che le occupano come assistenti nelle loro cliniche se ne lodino molto.

Tutti abbiamo veduto all’opera le donne infermiere e spesso abbiamo dovuto osservare la loro maggiore altitudine ad assistere ammalati, e da ciò si può benissimo comprendere come una volta fatti gli studi necessari possano adempiere bene l’ufficio di medichesse.

Però ci vorrà molto tempo prima che la donna possa aver la fiducia, non dico degli uomini, ma delle donne; anzi queste avendo [p. 107 modifica] maggiori pregiudizi ed essendo nemiche acerrime delle novità saranno avverse più dei loro compagni alla donna medico; ma tutti i pregiudizi cadranno quando la donna potrà mostrare la propria scienza e la propria abilità, e i fatti dimostreranno che quelle prevenzioni non avevano fondamenti stabili.

È certo che non tutti i rami della medicina sono adatti alla donna; vi sono operazioni difficili, per le quali occorrono una buona dose di forza e una mano sicura, ma ora che tutti tendono a darsi ad una specialità, è libera la scelta di quelle che più si confanno all’indole dell’individuo e ognuno può scegliere quella per cui sente di aver maggior inclinazione.

Per esempio, nelle malattie dei bambini una donna medichessa dovrebbe essere superiore ad un uomo. Sono malattie che bisogna quasi indovinare, perchè nessun aiuto ci può dare il piccolo e incosciente [p. 108 modifica] ammalato, sono mali che si devono curare più colla pazienza e le carezze, che coi rimedi, ed anche di questi conviene usare colla massima delicatezza. Io ritengo fermamente che una donna conosce l’indole, la natura e il fisico d’un bambino più di molti professori uniti insieme, mentre c’è sempre in fondo al suo cuore la divinazione d’una madre.

E poi la donna che ha i sensi più raffinati, una volta che li abbia educali a fare una diagnosi potrà scoprire quello che molte volte sfugge ad un uomo; ha la mano leggera e più delicata e ne possono far fede i feriti che sul campo di battaglia furono medicati da donne, quantunque non fossero che semplici infermiere.

È certo che tutte quelle signore che parlano ora con disprezzo della donna medichessa, sarebbero le prime a chiamarla, qualora sapessero per fama che ha fatto delle cure mirabili, che ha salvato da certa [p. 109 modifica]morte bambini ammalati, che si mostrò premurosa e paziente con tutti gli ammalati che ebbero le sue cure.

L’amore di sè stessi, la speranza di conservare la propria salute può vincere molti pregiudizî, e chi si sente malato non discute, ma si rivolge dal lato donde la salute può venirgli.

È nella natura della donna l’istinto di curare l’umanità sofferente; anche quella che non ha studiato la medicina, appena accusate un po’ di malessere è sempre pronta a suggerirvi un rimedio che forse ha esperimentato con buon effetto, e in ogni modo a darvi un consiglio.

Se lo fa inconsciamente per darvi sollievo, con quanto cuore non lo farà ella quando saprà certo che vi potrà essere giovevole?

E nelle campagne dove tanto spesso le contadine si rivolgono alle comari e alle donnicciuole per aver qualche sollievo alle [p. 110 modifica] loro sofferenze, non potrà essere d’immenso giovamento la donna medichessa?

Anche i più accaniti avversari della donna non le negano la delicatezza del sentire e la bontà del cuore; quanto bene potrà fare se queste qualità saranno congiunte alla scienza!

Di quanti sacrifizi non si sentirà capace per essere utile all’umanità!

Negli angoli più remoti dove un abile medico accetta a stento di andare, la vedremo accorrere volonterosa a sollevare gl’infermi e la sua abnegazione l’aiuterà a rassegnarsi ad una vita che per molti uomini riuscirebbe insopportabile.

Gli obblighi della famiglia non sono una ragione che si opponga all’esercizio della professione; non tutte le donne sono destinate ad avere una famiglia; poi anche avendola invece d’impiegare le ore della mattina ad andare al passeggio, e le ore pomeridiane a fare una quantità di visite [p. 111 modifica] inutili, andranno a visitare i loro ammalati, con maggiore utilità propria e del prossimo; se poi le loro faccende domestiche fossero di tal natura da impedire di esercitare la professione, potranno sempre utilizzare gli studi fatti per la propria famiglia, per gli amici, per i poveri, mentre ci sono al mondo tanti sofferenti ed è una grande soddisfazione poter recar loro sollievo.

Molti si figurano la donna scienziata un essere ibrido, goffo, mal vestito, senza grazia. Anche questa è un’esagerazione, lo studio non toglie nulla alla gentilezza muliebre, e chi sa davvero è in generale modesto; al congresso di Berlino la dottoressa Montessori piacque molto, non solo per la profondità del suo sapere, per la parola facile e semplice, ma altresì per la grazia, lai bellezza e l’eleganza.

Io vedo già molte delle future medichesse che porteranno nella camera dell’ammalato assieme ai responsi della scienza un [p. 112 modifica] sorriso dolce che scenderà al cuore dell’infermo come un raggio di sole, e sapranno persuadere colla loro grazia a cure noiose c confortare con quell’arte che solo una donna possiede.