La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo XII

Libro primo
Capitolo XII

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Guarito che io fui, ritornai al mio Marcone, uomo da bene, orafo, il quale mi dava da guadagnare, con il quale guadagno aiutavo mio padre e la casa mia. In questo tempo venne a Firenze uno iscultore che si domandava Piero Torrigiani, il qual veniva di Inghilterra, dove egli era stato di molti anni; e perché egli era molto amico di quel mio maestro, ogni dí veniva da lui; e veduto mia disegni e mia lavori, disse: - Io son venuto a Firenze per levare piú giovani che io posso; ché, avendo a fare una grande opera al mio Re, voglio, per aiuto, de’ mia Fiorentini; e perché il tuo modo di lavorare e i tua disegni son piú da scultore che da orefice, avendo da fare grande opere di bronzo, in un medesimo tempo io ti farò valente e ricco -. Era questo uomo di bellissima forma, aldacissimo, aveva piú aria di gran soldato che di scultore, massimo a’ sua mirabili gesti e alla sua sonora voce, con uno agrottar di ciglia atto a spaventar ogni uomo da qual cosa; e ogni giorno ragionava delle sue bravurie con quelle bestie di quegli Inghilesi. In questo proposito cadde in sul ragionar di Michelagnolo Buonaarroti; che ne fu causa un disegno che io avevo fatto, ritratto da un cartone del divinissimo Michelagnolo. Questo cartone fu la prima bella opera che Michelagnolo mostrò delle maravigliose sue virtú, e lo fece a gara con uno altro che lo faceva: con Lionardo da Vinci; che avevano a servire per la sala del Consiglio del palazzo della Signoria. Rappresentavano quando Pisa fu presa da’ Fiorentini; e il mirabil Lionardo da Vinci aveva preso per elezione di mostrare una battaglia di cavagli con certa presura di bandiere, tanto divinamente fatti, quanto imaginar si possa. Michelagnolo Buonaarroti, innel suo dimostrava una quantità di fanterie che per essere di state s’erano missi a bagnare in Arno; e in questo istante dimostra ch’ e’ si dia a l’arme, a quelle fanterie ignude corrono a l’arme, e con tanti bei gesti, che mai né delli antichi né d’altri moderni non si vidde opera che arrivassi a cosí alto segno; e sí come io ho detto, quello del gran Lionardo era bellissimo e mirabile. Stetteno questi dua cartoni, uno innel palazzo de’ Medici, e uno alla sala del Papa. In mentre che gli stetteno in piè, furno la scuola del mondo. Se bene il divino Michelagnolo fece la gran cappella di papa Iulio da poi, non arrivò mai a questo segno alla metà; la sua virtú non aggiunse mai da poi alla forza di quei primi studii.