La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo LVII

Libro primo
Capitolo LVII

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Il Papa andato alla volta di Bologna lasciò il cardinale Salviati legato di Roma, e lasciògli commessione che mi sollecitassi questa ditta opera, e li disse: - Benvenuto è persona che stima poco la sua virtú, e manco Noi; sí che vedete di sollecitarlo, in modo che io la truovi finita -. Questo Cardinal bestia mandò per me in capo di otto dí, dicendomi che io portassi sú l’opera; a il quale io andai allui senza l’opera. Giunto che io fui, questo Cardinale subito mi disse: - Dov’è questa tua cipollata? ha’ la tu finita? - Al quale io risposi: - O Monsignor reverendissimo, io la mia cipollata non ho finita, e non la finirò, se voi non mi date delle cipolle da finirla -. A queste parole il ditto Cardinale, che aveva piú viso di asino che di uomo, divenne piú brutto la metà; e venuto al primo a mezza spada, disse: - Io ti metterò in una galea, e poi arai di grazia di finir l’opera -. Ancora io con questa bestia entrai in bestia, e gli dissi: - Monsignore, quando io farò peccati che meritino la galea, allora voi mi vi metterete: ma per questi peccati io non ho paura di vostra galea: e di piú vi dico, a causa di Vostra Signoria, io non la voglio mai piú finire; e non mandate mai piú per me, perché io non vi verrò mai piú inanzi, se già voi non mi facessi venir co’ birri -. Il buon Cardinale provò alcune volte amorevolmente a farmi intendere che io doverrei lavorare e che i’ gnene doverrei portare a mostrare; in modo che a quei tali io dicevo: - Dite a Monsignore che mi mandi delle cipolle, se vuol che io finisca la cipollata - né mai gli risposi altre parole; di sorte che lui si tolse da questa disperata cura.