<dc:title> La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze </dc:title>
<dc:creator opt:role="aut">Benvenuto Cellini</dc:creator>
<dc:date>1558</dc:date>
<dc:subject></dc:subject>
<dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights>
<dc:rights>GFDL</dc:rights>
<dc:relation></dc:relation>
<dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=La_vita_di_Benvenuto_di_Maestro_Giovanni_Cellini_fiorentino,_scritta,_per_lui_medesimo,_in_Firenze/Libro_primo/Capitolo_LIII&oldid=-</dc:identifier>
<dc:revisiondatestamp>20110420232514</dc:revisiondatestamp>
//it.wikisource.org/w/index.php?title=La_vita_di_Benvenuto_di_Maestro_Giovanni_Cellini_fiorentino,_scritta,_per_lui_medesimo,_in_Firenze/Libro_primo/Capitolo_LIII&oldid=-
20110420232514
Sollecitando la ditta opera e lavorando continuamente per la zecca, si cominciò a vedere per Roma alcune monete false istampate con le mie proprie stampe. Subito furno portate dal Papa; e datogli sospetto di me, il Papa disse a Iacopo Balducci zecchiere: - Fa’ diligenza grandissima di trovare il malfattore, perché sappiamo che Benvenuto è uomo da bene -. Questo zecchiere traditore, per esser mio nimico, disse: - Idio voglia, beatissimo Padre, che vi riesca cosí qual voi dite; perché noi abbiamo qualche riscontro -. A questo il Papa si volse al governatore di Roma, e disse che lui facessi un poco di diligenza di trovare questo malfattore. In questi dí il Papa mandò per me; di poi con destri ragionamenti entrò in su le monete, e bene a proposito mi disse: - Benvenuto, darebbet’egli il cuore di far monete false? - Alla qual cosa io risposi, che le crederrei far meglio che tutti quanti gli uomini, che a tal vil cosa attendevano; perché quelli che attendono a tal poltronerie non sono uomini che sappin guadagnare, né sono uomini di grande ingegno; e se io col mio poco ingegno guadagnavo tanto che mi avanzava, perché quando io mettevo ferri per la zecca, ogni mattina inanzi che io desinassi mi toccava guadagnare tre scudi il manco; (che cosí era stato sempre l’usanza del pagare i ferri delle monete, e quello sciocco del zecchiere mi voleva male, perché e’ gli arebbe voluti avere a miglior mercato); a me mi bastava assai questo che io guadagnavo con la grazia di Dio e del mondo; che a far monete false non mi sarebbe tocco a guadagnar tanto. Il Papa attinse benissimo le parole; e dove gli aveva dato commessione che con destrezza avessin cura che io non mi partissi di Roma, disse loro che cercassino con diligenza, e di me non tenessin cura, perché non arebbe voluto isdegnarmi, qual fussi causa di perdermi. A chi e’ commesse caldamente, furno alcuni de’ chierici di Camera, e’ quali, fatto quelle debite diligenze, perché a lor toccava, subito lo trovorno. Questo si era uno istampatore della propia zecca, che si domandava per nome Céseri Macheroni, cittadin romano; e insieme seco fu preso uno ovolatore di zecca.