<dc:title> La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze </dc:title>
<dc:creator opt:role="aut">Benvenuto Cellini</dc:creator>
<dc:date>1558</dc:date>
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20110420222505
M’è di necessità tornare un passo indietro, perché innel mio capitolo s’interviene tutte queste cose che io dico. Quando io stetti quei parecchi giorni in camera del Cardinale e di poi innel giardin segreto del Papa, infra gli altri mia cari amici mi venne a trovare un cassiere di messer Bindo Altoviti, il quale per nome era chiamato Bernardo Galluzzi; a il quale io aveva fidato il valore di parecchi centinaia di scudi; e questo giovane innel giardin segreto del Papa mi venne a trovare e mi volse rendere ogni cosa; onde io gli dissi che non sapevo dare la roba mia né a ’mico piú caro né in luogo dove io avessi pensato che ella fussi piú sicura; il quale amico mio pareva che si scontorcessi di non la volere, e io quasi che per forza gnele feci serbare. Essendo l’ultima volta uscito del Castello, trovai che quel povero giovane di questo Bernardo Galluzzi detto si era rovinato; per la qualcosa io persi la roba mia. Ancora: nel tempo che io ero in carcere, un terribil sogno mi fu fatto, modo che con un calamo iscrittomi innella fronte parole di grandissima importanza; e quello che me le fece mi replicò ben tre volte, che io tacessi e non le riferissi ad altri. Quando io mi svegliai, mi senti’ la fronte contaminata. Però innel mio Capitolo della prigione s’interviene moltissime di queste cotal cose. Ancora: mi venne detto, non sapendo quello che io mi dicevo, tutto quello che di poi intervenne al signor Pier Luigi, tanto chiare e tanto appunto, che da me medesimo ho considerato che propio uno Angel del Cielo me le dittassi. Ancora: non voglio lasciare indrieto una cosa, la maggiore che sia intervenuto a un altro uomo; qual è per iustificazione della divinità de Dio e dei segreti sua, quale si degnò farmene degno: che d’allora in qua, che io tal cosa vidi, mi restò uno isplendore, cosa maravigliosa!, sopra il capo mio; il quale si è evidente a ogni sorta di uomo a chi io l’ho voluto mostrare, qual sono stati pochissimi. Questo si vede sopra l’ombra mia la mattina innel levar del sole insino a dua ore di sole, e molto meglio si vede quando l’erbetta ha addosso quella molle rugiada; ancora si vede la sera al tramontar del sole. Io me ne avveddi in Francia in Parigi, perché l’aria in quella parte di là è tanto piú netta dalle nebbie, che là si vedeva espressa molto meglio che in Italia, perché le nebbie ci sono molto piú frequente; ma non resta che a ogni modo io non la vegga; e la posso mostrare ad altri, ma non sí bene come in quella parte ditta. Voglio descrivere il mio Capitolo fatto in prigione e in lode di detta prigione; di poi seguiterò i beni e’ mali accadutimi di tempo in tempo, e quelli ancora che mi accadranno innella vita mia.