La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo CXII

Libro primo
Capitolo CXII

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Venne a me questo Governatore, il quale era stato fatto di dua giorni innanzi vescovo de Iesi: giunto a me, mi disse: - Benvenuto mio, se bene il mio uffizio è quello che spaventa gli uomini, io vengo a te per assicurarti; e cosí ho autorità di prometterti per commessione espressa di Sua Santità, il quale m’ha ditto che anche lui ne fuggí, ma che ebbe molti aiuti e molta compagnia, ché altrimenti non l’aria potuto fare. Io ti giuro per i Sacramenti che io ho addosso - che son fatto Vescovo da dua dí in qua - che il Papa t’ha libero e perdonato, e gli rincresce assai del tuo gran male; ma attendi a guarire, e piglia ogni cosa per il meglio, ché questa prigione, che certamente innocentissima tu hai aùto, la sarà istata la salute tua per sempre, perché tu calpesterai la povertà, e non ti accadrà ritornare in Francia, andando a tribulare la vita tua in questa parte e in quella. Sí che dimmi liberamente il caso come gli è stato, e chi t’ha dato aiuto; di poi confòrtati e ripòsati e guarisci -. Io mi feci da un capo e gli contai tutta la cosa come l’era istata appunto, e gli detti grandissimi contrasegni, insino a dell’acquerolo che m’aveva portato a dosso. Sentito ch’ebbe il Governatore il tutto, disse: - Veramente queste son troppe gran cose da uno uomo solo: le non son degne d’altro uomo che di te -. Cosí fattomi cavar fuora la mana, disse: - Istà di buona voglia e confòrtati, che per questa mana che io ti tocco tu se’ libero e, vivendo, sarai felice -. Partitosi da me, che aveva tenuto a disagio un monte di gran gentiluomini e signori, che mi venivano a visitare, dicendo in fra loro: - Andiamo a vedere quello uomo che fa miracoli - questi restorno meco; e chi di loro mi offeriva e chi mi presentava. Intanto il Governatore giunto al Papa, cominciò a contar la cosa che io gli avevo ditta; e appunto s’abbatté a esservi alla presenza il signor Pierluigi suo figliuolo; e tutti facevano grandissima maraviglia. Il Papa disse: - Certamente questa è troppo gran cosa -. Il signor Pierluigi allora aggiunse dicendo: - Beatissimo Padre, se voi lo liberate, egli ve ne farà delle maggiori, perché questo è uno animo d’uomo troppo aldacissimo. Io ve ne voglio contare un’altra, che voi non sapete. Avendo parole questo vostro Benvenuto, innanzi che lui fussi prigione, con un gentiluomo del cardinal Santa Fiore; le qual parole vennono da una piccola cosa che questo gentiluomo aveva detto a Benvenuto, di modo che lui bravissimamente e con tanto ardire rispose, insino a voler far segno di far quistione; il detto gentiluomo referito al cardinale Santa Fiore, il qual disse, che se vi metteva le mani lui, che gli caverebbe il pazzo del capo; Benvenuto, inteso questo, teneva un suo scoppietto in ordine, con il quale lui dà continuamente in un quattrino: e un giorno, affacciandosi il Cardinale alla finestra, per essere la bottega del ditto Benvenuto sotto il palazzo del Cardinale, preso il suo scoppietto si era messo in ordine per tirare al Cardinale. E perché il Cardinale ne fu avvertito, si levò subito. Benvenuto, perché e’ non si paressi tal cosa, tirò a un colombo terraiuolo che covava in una buca su alto del palazzo, e dette al ditto colombo innel capo: cosa impossibile da poterlo credere. Ora Vostra Santità faccia tutto quel che la vuole di lui; io non voglio mancare di non ve lo aver detto. E’ gli potrebbe anche venir voglia, parendogli essere stato prigione a torto, di tirare una volta a Vostra Santità. Questo è uno animo troppo afferato e troppo sicuro. Quando gli ammazzò Pompeo, gli dette dua pugnalate innella gola in mezzo a dieci uomini che lo guardavano, e poi si salvò, con biasimo non piccolo di coloro, li quali eran pure uomini da bene e di conto.