La virtù sconosciuta/Sonetti/Era l'amico, che il destin mi fura

Era l'amico, che il destin mi fura

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Era l’amico, che il destin mi fura,
     Picciol di corpo, e di leggiadre forme;
     Brune chiome, occhi ardenti, atto conforme;
     E scritto in viso: Io son d’alta natura.
Liberissimo spirto in prigion dura
     Nato, ei vi stava qual leon che dorme;
     Ma il viver nostro fetido e difforme
     Ben conoscea quell’alma ardita e pura.
Null’uom quasi apprezzando, (a dritto forse)
     Nullo pur ne odíava; e a tutti umano,
     Sol ben oprando ei stesso, i rei rimorse.
Troppa era ei macchia al guasto mondo insano:
     Invidia, credo, i lividi occhi torse,
     E a Morte cruda lo accennò con mano.