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III. Pagine sparse - Il di lá

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IL DI LÁ


Nella scala della creazione il presentimento rappresenta una gran parte. Ci è nella forma inferiore un addentellato al suo «di lá», alla forma piú elevata, un’immagine abbozzata e un sentimento vago di un essere piú compiuto. E non finisce negli uomini la scala degli esseri, perché anche nell’uomo è il presentimento di un «di lá» a lui superiore, che egli vagheggia e abbozza nella sua idea, e chiama l’ideale, «una certa idea», non so che piú perfetto, che non trova nell’esistenza naturale.

Gli angioli, i demoni, le celesti deitá, tutti gli esseri spirituali, dei quali l’immaginazione umana ha popolato l’universo, sono le realitá di questo presentimento, tentativi per foggiare o pensare quell’ideale esistenza superiore, che ci è sempre vicina e ci è sempre lontana. Religione, poesia, filosofia, hanno a base questo invitto presentimento che resiste a tutti gli sforzi del puro umanismo, e, cacciato, ripullula sempre.

E, in veritá, se crediamo che l’uomo sia l’ultima forma della creazione, e che gl’infiniti mondi sieno non altro che lampioncini affissi lá per fargli luce, si potrebbe tenere quel presentimento come superstizione di femminuccia. Ma se questo non è possibile crederlo, quel presentimento insito nella nostra natura di uomini non è che l’addentellato a una forma ulteriore, e contiene in sé quest’affermazione, che noi non siamo ultimo, ma intermedio anello nella catena degli esseri.

Appunto perché semplice presentimento, la concezione non può essere attinta nella sua realtá malgrado ogni sforzo d’immaginazione, e se possiamo trovare differenze quantitative, non [p. 326 modifica]ci è dato trovare differenze di qualitá tra noi e il nostro «di lá», altro che vaghe e a base umana. La concezione rimane solo adunque ideale, una nostra idea, il cui riflesso luce sulla faccia degli esseri da noi foggiati.

Piú l’uomo si chiude nel proprio io, e piú è vicino all’animale. Sentire, foggiare, pensare il «di lá» della nostra esistenza, ci mette in comunione col Cielo, dove con gl’infiniti mondi stiamo noi pure; ci santifica, ci nobilita, ci reca nell’anima i mormorii e i fantasmi di esistenze superiori, ci sveglia il senso del mistero e dell’infinito.

Martino Lutero, predicando l’unione immediata dell’anima col mondo superiore, fu il redentore del pensiero, il creatore del sentimento religioso.