La neve di Natale
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VI
LA NEVE DI NATALE
Ed ecco, un’altra neve
fiocca su noi, mia musa.
La giovinezza lieve
cosí da noi sen va.
5Ed è non dubbia accusa
della nefanda fuga
colla crescente ruga
la scema ilaritá.
Che lascerem nel mondo?
10pochi illeggiadri carmi.
Che raccogliemmo? un pondo
di tedio e di dolor.
L’orbe sonante d’armi
cader minaccia estinto,
15e piangerá del vinto
non meno il vincitor.
Dunque raccogli ancora
l’ultime rose; e il crine
verginalmente infiora,
20come nei prischi dí.
E, al suon delle ruine,
sotto la scure o il brando,
musa, moriam, cantando.
Dolce è morir cosi.
25Cantiam non la caduca,
ma la immortal natura,
sin che perpetuo luca
in questa notte il sol;
in questa notte oscura,
30dalle cui ferree tombe
di corvi o di colombe
levar dovremo il vol.
Ahi! per le ree ritorte
stridono i nervi oppressi.
35Dammi, o virginea Morte,
la dolce libertá.
E tu, mia musa, intessi
la funeral tua vesta.
Dimmi: a che far si resta
40nella nembosa etá?
Quando avrem sensi e lena
per contemplar quel Nume,
di cui le stelle appena
son pallid’ombra e vel,
45musa, alle nostre piume
qual sará spazio ignoto?
qual sará tempo al moto
de’ nostri canti in ciel?
Lá nelle ardenti stelle
50ritroverem perfette
le immagini piú belle,
che qua ci balenâr.
Le fragili barchette,
che qua tremâro ai venti,
55lá voleran vincenti
per lo infinito mar.
Grazie, o Signor. Poeta,
qual mi volesti, io nacqui.
Errò la debil creta,
60ma non mancai di fé.
Ah! se nei nodi io giacqui
del molle error che nuoce,
pensa, o Signor, che in croce
salisti anche per me.
65Al tuo fulmineo soglio,
sebben mi senta indegno,
sola una stilla io voglio
del sangue tuo recar;
e con quel sacro pegno,
70prosteso a’ piedi tuoi,
discacciami, se puoi,
dal mio celeste altar.
Addio, cisterne e guadi
del nebuloso Egitto!
75Bello è dormir d’Engadi
nella vallea gentil.
Datemi stanza: ho dritto
di riposarmi anch’io
sopra il terren di Dio,
80nel sigillato ovil.
I limpidi lavacri
zampillano tra i gigli:
rombano i cedri sacri
all’aura del mattin.
85Lá, nei terrestri esigli,
cantai fugaci inganni;
qui, dopo i mesi e gli anni,
trovo il mio verbo alfin.
O figlie immaculate
90di Solima, vi sento;
voi tra le man recate
l'arpa del santo re.
Date quell’arpa. Il vento
di Dio nel crin mi scorre;
95sul mistico Taborre
sento ch’Ei parla in me.