CLXI

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CLXI. — Ora dice lo conto, che T. dimorò a casa delo forestiere per tre giorni. E quando fu alo terzo giorno, T. si levoe per tempo ed egli sí andò a l’Amorat e dissegli: «Or mi dite, Amorat, se Dio vi salvi, siete voi sí forte che voi possiate cavalcare? Imperciò ch’io mi vorrei mettere in una aventura per trovare alcuno cavaliere». E quando l’Amorat intese queste parole, fue molto allegro e disse: «T., io posso bene sofferire l’affanno dell’arme, e imperciò vi dico che quando a voi piacerae, noi sí potremo cavalcare per nostre aventure». E istando per uno poco, e T. andoe a Ghedin, e quando fue a lui ed egli sí lo domandò e disse: «Ditemi, Ghedin, e come istate voi?». Ed egli disse: «Per mia fé, T., i’ stoe molto malamente, e impercioe vi dico ch’io non potrei venire con voi in questa aventura. E perciò io vi dico che voi no mi dobiate aspettare, imperciò che voi sí dimoreste troppo. Ond’io sí rimarroe quie e voi sí andrete a vostra via; ma di tanto sí vi priego, che voi sí dobiate tornare a mee, quando voi potete». E quando T. intese queste parole, fue molto dolente, imperciò ch’egli amava Ghedin di molto grande amore. E istando per uno poco, e T. sí disse a Ghedin: «Ghedin, io sí androe in aventura coI’Amoratto, e voi sí m’aspetterete quie, dinfino a mia tornata, la quale io farò al piú tosto ched io unqua poroe. Ma tuttavia sí vi priego che voi sí non vi dobiate partire di quie in nessuna maniera, sí ch’io vi ritruovi quie ala mia tornata; imperciò ch’io non mi partirei di quie giamai dinfino a tanto ch’io non vi trovasse». E quando Ghedin intese queste parole, disse: «T., questo farò io volentieri». E a tanto sí partrío T. da Ghedin e prese l’arme egli e l’Amoratto e montarono a cavallo; e quando vennero allo partire, e T. pregoe molto lo forestiere che Ghedin gli fosse raccomandato. E quando lo forestiere intese queste parole, fue molto allegro e disse: «Cavaliere, questo farò io a vostra volontade».

E a tanto si partirono T. e l’Amorat e incominciarono a cavalcare per lo diserto intrambodue; e quand’eglino fuorono nela foresta molto ispessa, ed eglino sí cavalcarono per uno [p. 212 modifica] sentiere, lo quale sí andava a una fontana. Ma tanto cavalcarono in cotale maniera, ched eglino sí pervennero in uno molto bello prato; e quando fuorono nelo prato, ed eglino sí cavalcarono ad una fontana, la quale s’iera molto bella e dilettevole a vedere. E quando fuorono ala fontana, e l’Amoratto disse: «T., or aspettiamo quie, dinfino che ci verrá aventura». Ed incontanente ismontarono da cavallo e posersi a sedere appresso alla fontana. E istando in cotale maniera, e l’Amorat udío uno grande grido, e quand’egli l’ebe udito, ed egli si domandoe T. e dissegli: «T., udiste voi anche parlare dela bestia Grattisante?». E quando T. intese queste parole, fue molto allegro [e] disse: «Per mia fé, Amorat, io l’abo giá traudita ricordare per molte fiate, ma io no la vidi giamai; ma io la vedrei molto volontieri, s’io potesse». E l’Amorat intendendo queste parole, disse: «T., ora sappiate che la bestia Grattisante sará incontanente quie». E quando T. intese queste parole, fue molto allegro. E la bestia sí andò a bere ala fontana e non lasciò giá pegli due cavalieri. Ma quando T. vide bere la bestia, incontanente montò a cavallo e prese lo scudo e la lancia; e l’Amorat quando vide T., lo quale iera montato a cavallo, incontanente montò egli a cavallo altresie. E quando fuorono ambodue a cavallo, e la bestia si partío dala fontana e andò a sua via.