La guerra dell'Italia/La guerra dell'Italia

La guerra dell'Italia

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La guerra dell'Italia

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La guerra
dell’Italia


Il medico condotto s’incontra su una piccola via di campagna col contadino Lorenzo.

Lorenzo. — Buon giorno, signor Dottore.

Il medico. — Buon giorno, Lorenzo. Come si va?

Lorenzo. — Eh, signor Dottore, come si può andare, quando due figli grandi sono alla guerra e rimangono in casa tre giovinette e un ragazzo di otto anni? Male si va!

Il medico. — Pazienza, pazienza. I guai sono per tutti.

Lorenzo. — I guai sono per la povera gente.

Il medico. — Tu vedi che sono partiti insieme per la guerra i tuoi figli, il figlio del sindaco, il figlio e il genero del marchese...

Lorenzo. — Ma il marchese, se gli muore il figlio, ha sempre la stessa rendita.

[p. 4 modifica]Il medico. — Caro Lorenzo, un figlio è un figlio, per tutti; pel marchese come per te. Credi che il dolore d’un padre e d’una madre si misurano con le rendite o coi bisogni? Ai tempi nostri la guerra è una disgrazia che pesa su ogni classe di persone.

Lorenzo. — E se l’è andata a procurare il Governo, questa disgrazia!

Il medico. — Già. Tu pure credi che il Governo è stato inventato per il tormento e la rovina del popolo. Il Governo è formato di uomini che ragionano, che hanno interesse a fare il bene e non il male della nazione, che hanno dovuto mandare alla guerra anche i loro figli. Il Governo non si è messo a far la guerra per il gusto di far uccidere tanti poveri figli di madri, ma perchè è stato obbligato. Ti ricordi quando tuo fratello Antonio era ammalato?

Lorenzo. Certo che me ne ricordo!

Il medico. — Antonio si sentiva sempre debole e indolenzito. Io ti consigliai di chiamare anche un altro medico. Si concluse che bisognava fare l’operazione; bisognava mandarlo a Roma da un professore di chirurgia. Antonio era spaventato; tu [p. 5 modifica]eri pieno di dubbii. Pensavate al pericolo e alla spesa, e forse alla spesa più che al pericolo. — Ma perchè questa operazione? — mi domandavate — Non se ne potrebbe fare a meno? Non si potrebbe seguitare a curarlo con le medicine? — No, caro Lorenzo — ti spiegai io — L’operazione è dolorosa, è costosa, è anche pericolosa; ma se non la facciamo, l’ammalato andrà sempre peggiorando; e se non la facciamo adesso, dopo probabilmente sarà troppo tardi. Le medicine per bocca servono poco; gl’impacchi e le punture possono calmare il dolore, ma il male seguita a rodere. Si andrà avanti così per un certo tempo ancora; ma poi il male sarà diventato più forte, l’ammalato sarà diventato più debole, e il pericolo sarà diventato veramente mortale.

Lorenzo. — Sissignore; e ci persuademmo... Ma che giorni passammo!

Il medico. — Oh già! Brutti giorni. L’Italia sta passando anch’essa giorni tristi; ma l’operazione era necessaria. E più si vede adesso come è difficile e più si capisce che siamo appena appena arrivati a tempo. Fra qualche anno probabilmente sarebbe stato troppo tardi.

[p. 6 modifica]Lorenzo. — Però, signor Dottore, noi povera gente non la sentivamo questa malattia pericolosa, e invece sentiamo che disgrazia è la guerra! Insomma, quest’Austria non ce l’aveva con noi. Era in guerra con altri popoli e noi ci lasciava stare. Siamo stati noi che abbiamo voluto far la guerra con l’Austria.

Il medico. – Fa conto, Lorenzo, che un proprietario prepotente ti tiene chiuse le tue campagne impedendoti il passaggio per uscire alla strada provinciale, ti minaccia di toglierti l’acqua per le ortaglie, ti sta continuamente sopra per approfittare d’un tuo bisogno o d’una tua disgrazia e spezzarti, come si dice, le gambe; però, quando si trova in guai con altri, ti lascia arare in pace la campagna che è tua e magari fa finta di esserti amico e ti saluta per primo, come certi consiglieri quando si fanno le elezioni pel Comune. Immagina, anche, che questo vicino prepotente e figlio di prepotenti si sta godendo un pezzo di campagna tua, che ha arraffato al tempo dei tuoi nonni. Tu non hai mai rinunziato a ripretendere quello che ti spetta di diritto, ma andare davanti al tribunale [p. 7 modifica]costa; e poi, il più debole ha sempre paura che il più forte finisca con rompergli le ossa....

Lorenzo. — Questo perchè l’Austria tiene Trieste che è italiana, sissignore.... Però....

Il medico. — Aspetta. L’Austria tiene Trieste con l’Istria: quasi un milione d’italiani. E li ha sempre trattati male, perchè voleva estirparli. Voleva cambiar la faccia a quelle terre nostre per dire poi un giorno: — Questa non è cosa italiana. Che c’è d’italiano? — Noi, intanto, eravamo quasi rassegnati perchè non volevamo fare la guerra. Ma tu puoi voler bene a chi s’è fatto padrone della roba tua e maltratta il sangue tuo? E l’Austria, perchè sapeva di aver torto di fronte all’Italia, guardava di mal occhio l’Italia. Chi ha fatto danno e offesa a un altro, ha sempre paura che quest’altro un giorno si trovi ad avere finalmente il coltello pel manico. Perciò pensava essa a farci la guerra nel momento più brutto per noi. Pensava: — Questa Italia, devo proprio gettarla a terra e ridurla alla miseria; così non starà più ad aspettare la giustizia. — E s’era accomodata bene per rovinarci. Possedeva tutte le posizioni buone perchè, facendoci la guerra, noi non potevamo entrare in casa [p. 8 modifica]sua, ma essa entrava in casa nostra a mettere a sacco e a fuoco le nostre contrade. E sul mare era la stessa cosa. Era come se tu, sapendo di avere nemici capaci di tutto, fossi costretto a dormire con la porta aperta.

Lorenzo. — Eh, ho sentito dire la prepotenza dell’Austria anche da mio padre, buon’anima. Come si fa? A questo mondo ci vuole prudenza coi più forti!

Il medico. — Sì; ma fino a un certo punto. Se il più forte ti vuol proprio distruggere, viene il giorno che dai un calcio alla prudenza ed esci a difenderti con quello che hai: col fucile, con l’accetta, con la ròncola, con le unghie, coi denti.... È un pezzo che l’Italia cercava di stare in buona armonia con l’Austria; ma la sua buona volontà non serviva a niente. Pensa questo; che il capo di tutte le forze militari in Austria voleva persuadere il Governo austriaco ad approfittare della nostra disgrazia, quando era successo il terribile terremoto di Messina e di Reggio, per avventarsi contro di noi e con la guerra rovinarci completamente.

Lorenzo. — Brutta gente!

[p. 9 modifica]Il medico. — Dunque, tu capisci. Che cosa ti dispiace? La guerra, i sacrifizi, i figli che possono morire in battaglia? Va bene. Ma se non si faceva adesso la guerra, si faceva fra tre o quattr’anni. I nostri nemici non ci potevano veder vivere in pace e approfittare della pace per migliorare col lavoro la nostra condizione. Fa conto che tu hai sempre uno che pensa ad assalirti qualche sera, quando meno te l’aspetti. Allora tu ti regoli per affrontarlo e farla finita, di giorno, in un posto dove se il tuo nemico ha compagni che gli tengono mano, anche tu sei sicuro d’essere aiutato. Un uomo è pacifico, sissignore; ma se ha da fare col lupo non decide di rassomigliare all’agnello.

Lorenzo. — Questo è giusto, signor Dottore, così, come paragone. Ma ho sentito dire che l’Austria ci prometteva di darci una parte della roba nostra se stavamo fermi, senza molestarla.

Il medico. — È vero che l’Austria ci prometteva una parte della roba nostra. L’Austria si trovava imbarazzata e voleva farci stare tranquilli. Noi avevamo cominciato a dire: — Voglio tanto. — Essa rispondeva: — Ti posso dar tanto. — Tira di qua, tira di là. Fa che l’Austria avesse [p. 10 modifica]ceduto. Ci dava quello che volevamo, ma col fiele in bocca, giurando di ripigliarci tutto e anche di più in un’altra occasione. E in quest’altra occasione che cosa sarebbe successo? Ritorniamo all’esempio del tuo vicino prepotente. Viene un giorno che in tutta la contrada non se ne può più delle prepotenze sue e dei suoi compari. Lotta generale. Tutti dicono: — O ci liberiamo una volta per sempre da questa gente che ci vuol tenere il piede sul collo o caschiamo per terra. Ma non cascheremo, se ci stringiamo insieme tutti quanti siamo offesi, minacciati, danneggiati dai prepotenti. E tu che fai? Ti contenti di riavere qualche palmo del grosso pezzo di campagna che il tuo vicino si è appropriato, senza pensare che ancora ti chiude lo sbocco alla strada provinciale, ancora ti può togliere l’acqua per le ortaglie, ancora ti può tener in mano e stroncarti quando vorrà; ti contenti di portargli via qualche cosa, tanto per crederti furbo e soddisfatto, e ti metti alla finestra a guardare quelli che lottano e che si sacrificano. Va bene. Passa il tempo; e un giorno cominciano per te i guai terribili. Il prepotente vuol fare la sua vendetta contro di te. I suoi compari l’aizzano. Tu ti difendi [p. 11 modifica]male, perchè ti sei imbastardito con la continua paura e con la smania di far l’uomo pacifico a prezzo di ogni umiliazione e di ogni danno. Guardi intorno per vedere se qualcuno è disposto ad aiutarti. Nessuno. Quelli dell’altra volta, che ti avevano chiamato inutilmente, ora dicono: — Ben ti sta, brutto egoista. Se ti rompono le spalle, tanto meglio. Sarà un esempio per insegnare a vivere ai pari tuoi —. Quel giorno, caro Lorenzo, o i figli tuoi o quelli di tuo fratello sarebbero dovuti andare alla guerra ugualmente, la povera gente avrebbe dovuto per forza sopportare i sacrifizi che sopporta ora; ma quasi certamente senza frutto; l’Austria avrebbe probabilmente vinto e tutti ci saremmo trovati in condizione che fa paura pensarci.

Lorenzo. — Ah, signor Dottore, e se perdiamo adesso, non è la stessa cosa? Mentre domani, chi sa come le cose potevano andare...

Il medico. — Adesso abbiamo invece la migliore occasione possibile per vincere. Siamo alleati con altre grandi Potenze, che sono risolute a far qualsiasi sacrificio per vincere. E ci troviamo dalla parte della ragione e della giustizia, caro Lorenzo. La ragione e la giustizia non sono il [p. 12 modifica]pane che si mangia o il vestito che si porta addosso; ma servono a vivere, quando non si è bestie; servono a farti tenere in considerazione dal mondo. E tu vuoi essere tenuto in considerazione, non soltanto perchè ti piace di camminare a fronte alta, ma perchè sai che la considerazione del mondo serve anche per la vita materiale e che il disprezzo del mondo è pericoloso pei tuoi interessi.

Lorenzo. — Che devo dire, signor Dottore? Io non sono istruito; non posso competere con un Dottore. Sarà così; avrà avuto ragione il Governo.... Ma io sono un povero contadino e ragiono da contadino. Io vedo che mi hanno tolto due figli per mandarmeli forse a morire, e maledico la guerra.

Il medico. — Hai ragione di maledire la guerra; ma la guerra che avevano preparata e che hanno voluta i nostri nemici, non quella che facciamo noi per liberarci dalla schiavitù e per salvarci dalla rovina. Si cercava di vivere in armonia; ma l’Austria voleva ingrandirsi, la Germania voleva ingrandirsi. Sono esse che hanno scatenato questo flagello e hanno costretto tutti i popoli a pensare [p. 13 modifica]alla propria sorte e a difendersi per oggi e per domani.

Lorenzo. — Gli asini litigano e i barili si sfasciano...

Il medico. — Bisogna mettere una buona cavezza, assai forte, agli asini cattivi e ostinati. Vedi. La povera gente che ha tanto bisogno di pace, che ha ragione di non volersi rassegnare ad allevare tra fatiche e stenti i proprii figli per mandarli un giorno al macello, la povera gente deve ricordarsi di questo: — Parecchi anni fa l’Imperatore della Russia fece una proposta: di stabilire una specie di tribunale, dove le liti fra le Potenze si potessero discutere senza metter mano alle armi e scannarsi. Questo tribunale fu istituito in una città chiamata L’Aja. Ma cominciò male e andò avanti peggio. L’Italia, la Russia, l’Inghilterra, la Francia, proprio le Potenze che adesso si sono unite in questa guerra di difesa contro i prepotenti, volevano dare importanza al tribunale dell’Aja, volevano cercare di evitare i macelli ricorrendo, in caso di lite, a quel tribunale e impegnandosi di accettare e rispettare le sentenze. Chi non ne volle sapere? Chi disse sempre che, per le liti [p. 14 modifica]fra Potenze, non c’era niente di meglio della guerra? Chi ha preferito arrivare a questo tremendo massacro di milioni di uomini? La Germania, la compagna dell’Austria, quella che spingeva da dietro l’Austria per far cominciare la rissa.

Lorenzo. — Speriamo che la Provvidenza provveda veramente...

Il medico. — Facciamo dunque questo grande sacrifizio con la fede nella vittoria, perchè se vinciamo noi, vale a dire l’Italia e le altre grandi Potenze sue alleate, la pace sarà veramente rispettata e il sangue del popolo sarà tenuto in giusta considerazione.

Lorenzo. Ma intanto quante lacrime, quanti guai!

Il medico. Sì. Tu però credi che la pace è una grande cosa, una cosa preziosa; e perciò vorresti che non ci fosse mai la guerra.

Lorenzo. — Certo!

Il medico. — E hai mai sentito dire che una cosa che vale molto si compra per niente? Hai invece sentito tante volte i ciarlatani in piazza offrire per due quello che, secondo essi, valeva cinquanta. Alla prova, invece, si scopriva l’imbroglio. [p. 15 modifica]Non credere dunque ai ciarlatani. Se la pace e la giustizia fra i popoli sono preziose, bisogna acquistarle con prezzo di sacrifizio, rassegnandosi alle lacrime e ai guai. Credimi, caro Lorenzo, questa guerra è necessaria, perchè non si può pensare soltanto a oggi, ma s’ha da pensare anche a domani. E chi trascura il domani per contentarsi di oggi, oggi vive in pensiero e domani vivrà in pena.

Lorenzo. Questo è vero.

Il medico. — I figli tuoi, Lorenzo, combattono per liberare da altro macello il loro piccolo fratello di otto anni. I giovani si sacrificano per risparmiare poi altri dolori alle famiglie, i padri si sacrificano perchè i loro bambini possano arrivare a una gioventù tranquilla e laboriosa; tutti si sacrificano perchè nel mondo venga quello che Gesù vuole da mille e novecento anni: la pace tra i fratelli d’ogni paese e un po’ più di giustizia tra i forti e i deboli.

Lorenzo. — Così sia, signor Dottore.

Il medico. — E che ti scrivono i tuoi giovanotti?

Lorenzo. — Ah, le lettere che mandano ci fanno ridere e piangere insieme. Sono allegri, scherzano. Dicono che non hanno paura e che sono contenti di servire l’Italia.

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Il medico. — Vedi? In mezzo al pericolo, davanti alla morte, quei bravi giovanotti hanno imparato ad amare l’Italia; proprio l’Italia che li manda al pericolo. Benedici il loro coraggio, mostrandoti coraggioso tu pure. Essi non si lamentano; non lamentarti tu. E arrivederci, Lorenzo.

Lorenzo. – Buon giorno, signor Dottore... E grazie.

Il medico. — Grazie di che?

Lorenzo. — Grazie, perchè questo discorso mi ha fatto bene.