La giovinezza e studi hegeliani/La logica di Hegel (Dottrina dell'essere e dell'essenza)/Scienza dell'essere/Sezione seconda: Grandezza o quantità
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SEZIONE II
GRANDEZZA O QUANTITÀ
quadro ix
Nell’attrazione l’essere per sé è tolto. L’Essente per sé posto non di escludere, ma di trasporsi affermativamente nel suo altro (negli uni); esso è l’essere altro: in questa continuità esce fuori l’esistere di nuovo, e la sua determinazione non più in semplice rapporto su di sé (essente), non più immediata determinazione dell’esistente qualcosa, ma come repellente sé da sé, è posta di avere il rapporto su di sé come determinazione, in un altro esistere o essente per sé (continuazione nell’altro); ed essendo gli uni non ostante limiti indifferenti, in sé riflessi, vuoti di rapporto, la determinazione è fuori di sé, un estrinseco: tale limite, l’indifferenza di esso in sé e del qualcosa rispetto a lui, produce la determinazione quantitativa.
La pura quantità è il Reale Essere per sé ritornato in sé, che non ha ancora determinazione alcuna in lui: pura infinita quantità continuante sé in sé.
Essa diventa quantum o quantità determinata — indifferente determinazione, penetrante, negante se stessa, e cadente come essere altro dell’essere altro nell’infinito progresso. Ma l’infinito Quantum è la tolta indifferente determinazione, il ritorno della qualità.
Nota. Nel qualcosa il suo limite come qualità è sua determinazione essenziale: mutato il quale un campo p. es. divien selva, prato ecc. Ma, mutando i suoi limiti quantitativi, esso resta campo prima e dopo.
Quantitativo rapporto.
Quantum in forma qualitativa. L’altro in cui esso ha la sua determinazione, è pure quantum: sicché in questo sussiste il suo essere ritornato in sé e il suo rapporto su di sé — la sua qualità. Ma questi quanti indifferenti ed estrinseci hanno il loro rapporto su di sé in tale essere estrinseco: unità solo formale della quantità e qualità.
Nota. La grandezza è pei matematici ciò che si può accrescere o diminuire: definizione inesatta, esprimente la stessa determinazione che dovrebbe definirsi: quasi la grandezza fosse quella la cui grandezza si potesse mutare. Non pertanto in essa apparisce l’indifferenza al mutamento, sicché nel suo concetto giace il suo proprio Più o Meno, la sua indifferenza rispetto a se stessa.
Capitolo I
quadro x: la pura quantità
La quantità è il tolto essere per sé, il quale è passato nell’attrazione. La quantità è l’unità de’ due suoi momenti, continuità (attrazione) e discrezione (ripulsione), ma nella Forma di Continuità, come risultato della dialettica dell’essere per sé venuto nella Forma d’immediato uguale a se stesso. La quantità è questo semplice risultato, non essendo i due suoi momenti in lei sviluppati e posti. Rapporto toglientesi su di sé, perenne uscir fuori di sé. Ma l’uscito è se stesso: la ripulsione è un produrre di sé. Per la medesimezza degli uni la discrezione è continuità; per l’estrinsechezza la continuità è moltiplicità, che appunto rimane immediatamente nella sua uguaglianza con sé.
Nota. La seconda antinomia di Kant è fondata sulla opposizione di questi due momenti. Le sue antinomie valgono a mostrare la nullità delle categorie del finito dalla parte del contenuto; ma a torto si suppone che la conoscenza non abbia altre forme del pensiero che le finite categorie. È a notare i) che in ogni concetto vi è antinomia: di che si valse l’antico scetticismo; 2) che le antinomie non debbono esser comprese nella concreta forma di cosmologiche determinazioni, mescolando le determinazioni del pensiero con la rappresentazione di mondo, spazio, tempo, materia ecc.; ma nel puro concetto, che è solo l’essenza e il fondamento di esse antinomie. 3) Che le antinomie non sono subbiettive, ma proprie delle cose, e necessarie ad ogni concetto. 4) Che la verità è non nella loro parzialità, considerando i due opposti, ciascuno per sé, ma nel loro essere tolto, nella unità del loro concetto: ciascuno degli opposti contiene in sé l’altro, né può senza l’altro pensarsi. Nel che è la vera dialettica e il vero risultato.
L’immediata quantità è unità semplice de’ due suoi momenti, solo in una delle sue determinazioni, della continuità. Essa è continua grandezza. La continuità vi è non solo come momento, ma come tutta la quantità. Ma la quantità non è un immediato: essa è l’essere tolto dell’immediato. Cosi è a porre nella sua immanente determinazione, che è l’Uno. Essa è così discreta grandezza. La discrezione è così non solo momento, ma tutta la quantità, e perciò contiene in sé il continuo: i molti uni sono non quantità di atomi, il Vuoto, ripulsione; ma i molti uni della stessa unità.
Nota. Ciascuna di queste grandezze, continua e discreta, ha in sé ambi i momenti: la differenza loro consiste che di essi l’una è posta determinazione, l’altra solo essente in sé. Cosi spazio, materia ecc., ripulsione da sé, estrinsecarsi, hanno l’assoluta possibilità che l’Uno sia posto in loro: non la vuota possibilità di un essere altro (come che in luogo di pietra sia albero), ma il principio dell’Uno è contenuto in loro; esso è una delle determinazioni da cui sono costituite.
Le due grandezze non sono ancora Quanti: esse sono la quantità in ciascuna delle due sue forme; e sono dette grandezze, in quanto hanno di comune col Quantum di essere una determinazione nella Quantità.
Il limitare della quantità.
La discreta grandezza immediata non ha limite, ma qui posta come differente dalla continua, ha per determinazione l’Uno, prima negazione e limite, esistere e qualche cosa. La reale discreta grandezza è così quantum.
L’Uno limite comprende in sé i molti uni della discreta quantità, e li pone come momenti, in sé tolti: limite nella continuità, sia la grandezza continua o discreta, non monta.
Nota. L’astratta moltiplicità solo come in sé, come possibile o momento, è contenuta nella continuità. Il reale rispetto all’astratta moltiplicità ed astratta continuità è il concreto di essa, il tempo e lo spazio, ed il reale di questi la materia e il movimento. L’astratto è solo in sé o secondo la possibilità — solo momento di un Reale.
Capitolo II
quadro xi: quantum
Quantum, quantitá con una determinazione o limite — numero.
Quantum estensivo ed intensivo.
Quantitativo infinito.
quadro xii: il numero, o il quantum, o il quantum come tale
La quantità è quantum, o ha un limite. Come Essere per sé tolto è in sé e per sé indifferente al limite; ma non le è indifferente di averlo; contenendo in sé come suo momento l’Uno, assoluto essere determinato, questo posto nella sua continuità o unità è il suo limite. Questo Uno è il principio del Quantum: ma Uno della quantità: perciò prima continuo, unità. La Continuità, in cui l’Uno è solo in sé, come tolto — posta come Unità — è la forma dell’Indeterminazione. Il quantum come tale è limitato, ma il suo limite è astratto, determinazione semplice di esso.
Ma l’Uno non è astratto rapporto su di sé: esso è comprensivo, o discreto — moltiplicitá di uni essente in sé nella grandezza continua, o posta nella discreta, aventi per unità la continuità, o l’uguaglianza l’uno con l’altro. Cosi esso è numero, ove il suo limite è posto come vario in se stesso — determinata moltiplicità di uni, discrezione come quantità numerica, e continuità, come unità. Quantità numerica ed unità producono i momenti del numero.
La quantità numerica è composta di molti uni, che sono in lei non tolti, ma essenti, posti solo col limite escludente, a cui sono però indifferenti. L’Uno comprensivo o limitante (il cento p. es.) penetra il loro esistere e fa che essi siano cento; ma essendo tutti uguali, ciascuno della somma è il centesimo; niuno ha un esistere al di fuori del limite o dentro di sé.
L’Uno limitante è essere determinato rispetto all’altro, la differenza di un numero dall’altro — non qualitativa, ma quantitativa, e perciò solo della estrinseca riflessione: il numero rimane in sé ritornato ed indifferente rispetto all’altro — questa indifferenza, sua essenziale determinazione, produce il suo essere determinato in sé, e perciò la sua estrinsechezza — semplice immediato, a cui è pienamente estrinseco il rapporto all’altro. L’Uno numerico ha questa determinazione o rapporto all’altro come suo momento in lui, nella sua differenza di unità e quantità numerica: la stessa quantità numerica è moltiplicità degli uni, cioè in se stessa assoluta estrinsechezza. Questa contraddizione del Numero o del quantum come tale di essere in sé e fuori di sé, è la qualità del Quantum, che sarà sviluppata.
Applicazione alla filosofia pitagorica.quadro xiii: estensivo ed intensivo quantum (esistere finito)
Continua e discreta grandezza sono determinazioni della grandezza in sé, astratta dal limite. Qui il quantum è esistere, avente la sua determinazione 0 limite nella quantità numerica, un discreto in sé, un moltiplice in se stesso, che non ha un essere distinto e fuori del suo limite — estensiva grandezza (venti) avente in sé e nel suo limite il momento della continuità — moltiplice continuo — semplice determinazione, che è essenzialmente quantità numerica, ma di una stessa unità — in lei è posta la determinazione come moltiplicità. L’estensivo è quantità numerica, avente dentro di sé l’estrinsechezza o il rapporto all’altro: per essere quello che è non ha bisogno di porsi in rapporto con altre grandezze. Tale moltiplicità si toglie nell’Uno del numero o nel rapporto su di sé: non più uni, ma una pluralità — intensivo quantum — grado — il limite posto come semplice: il quantum che ha molti gradi, non è la quantità o la somma di essi, ma un grado, il decimo, il ventesimo ecc.: l’esistere passato nell’essere per sé. Come semplice, in lui non è l’estrinseco essere altro, la quantità numerica, il moltiplice, ma è fuori di lui. Cosi il numero come uno in sé riflesso, rapporto su di sé, esclude la differenza ed estrinsechezza da sé, ed è rapporto su di sé come rapporto per se stesso su di un estrinseco, su di un altro. Ciascun grado, rapporto su di sé tra una pluralità di simili intensità, è in essenziale rapporto con le altre, ed ha in questa continuità la sua determinazione o qualità — [non]; indifferente all’estrinseco, e rapportato in sé ad esso.
L’intensivo è un semplice Uno de’ più — più gradi, determinati non come Uno, non come più, ma solo nel rapporto di questo essere estrinseco, nella identità dell’uno e della pluralità. Come semplice determinazione, è in opposizione agli altri gradi; li esclude da sé ed ha nell’escludere la sua determinazione; ma come determinazione, esso è determinato nella quantità numerica, come sua, non l’esclusa, non quella di altri gradi: il ventesimo grado contiene i venti in sé: la sua determinazione è la sua quantità — così è estensivo quantum. Estensivo ed intensivo sono la stessa determinazione del quantum, solo che il primo ha la quantità in sé, e l’altro fuori di sé. Mediante la negazione della sua differenza è unità rapportantesi su di sé — qualitativo esistere o qualcosa, posto come indifferente alla sua quantitativa determinazione, per la sua negazione mediato con sé, esistente per sé — substratum del quantum o del numero come tale — estensivo ed intensivo quantum. Cosi ogni oggetto concreto è estensivo ed intensivo: meccanico e dinamico sono non due forze ma la stessa forza ecc. Il numero è dieci e decimo.
L’intensivo è contraddicentesi in sé — semplice determinazione, negazione di sé, avente la sua determinazione non in sé, ma in un altro quantum — così la sua qualità è assoluta continuità col suo estrinseco o essere altro. Perciò dee mutarsi: il suo essere è nella continuità con l’altro — limite non essente, ma diventante. L’Uno è il Quantum come infinito, o negazione rapportantesi su di sé, repelle sé da sé. Ma qui il quantum e un determinato, passato cioè nell’esistere e nel limite — così respinge da sé la determinazione — non produce uguali a sé, ma il suo essere altro — esso è posto di penetrare su di sé e diventare un altro — l’estrinsechezza della determinazione in se stesso — un più e meno. Ma l’altro che esso diventa, è pure un quantum, pure non essente ma limite penetrante — così nasce di nuovo un limite che di nuovo si toglie, e via all’infinito.
quadro xiv: quantitativo infinito)
Il quantum come contraddicentesi in sé si muta in altro quantum all’infinito. Esso diventa un altro; ma perché si continua nell’essere altro, l’altro è pure un quantum. Ma non solo l’altro solo di un quantum, ma l’altro del quantum, il negativo di sé come limitato, il non-limite, l’Infinito. Il quantum è un dovere: i) essere determinato per sé 2) e insieme determinato in un altro; 3) tolto essere determinato in un altro, e indifferente sussistere per sé. Cosi in esso si ritiene un doppio ed opposto senso, finito ed infinito. Come limitato e come determinato in un altro è finito; come il suo non-essere limitato, e come ritornato in sé, indifferente essere per sé, è infinito. Cosi il finito e l’infinito hanno nel quantum ciascuno il momento dell’altro in sé.
Nel qualitativo infinito non è posto di avere la negazione o l’altro in sé: il passaggio è solo in sé, nel suo concetto. Il quantitativo è tolta determinazione: esso è posto di essere mutabile, cioè disuguale con sé e indifferente rispetto a se stesso: continuantesi nell’infinito, in cui ha la sua assoluta determinazione.
Il progresso all’infinito è l’espressione della contraddizione contenuta nel finito o nel quantum — alternarsi reciproco de’ due opposti, finito ed infinito, come nel qualitativo, sol che qui l’infinito ha in se stesso il quantum, il quale nel suo essere fuori di sé è esso stesso: l’estrinsechezza appartiene al suo essere in sé. Ma la contraddizione non è liberata: l’infinito è un perenne di là, non un positivo e presente.
Nota. L’innalzamento del pensiero sul sensibile senza poter mai raggiungere l’infinito, di modo che soccombe ed è preso da vertigine nella noia di ripetere limiti sparenti e rinascenti nell’atto stesso, è il sublime sensibile di Kant — sentimento dell’impotenza di questo infinito o dovere a signoreggiare il finito. All’infinito sensibile egli oppone l’infinito dell’io, che et si totus illabatur orbis, riconosce nell’assoluta libertà del suo volere come un puro io, sé uguale a sé — raggiunto di là, presso di sé, un di qua — assoluta affermazione e presenza. Ma come puro o astratto, il concreto, l’esistere, pienezza dello spirituale e sensibile universo, gli sta incontro all’infinito: contraddizione rinascente: essere ritornato in sé, che immediatamente è fuori di sé, rapporto all’altro, al nientessere, suo fisso di là. Tale è il dovere della sua morale: lotta perenne, assoluto irraggiungibile di là.
L’infinito progresso è l’infinito grande o piccolo — quantum come grande o piccolo; non essere del quantum; come infinito astratto non essere, la determinazione o l’essere altro del semplice grado, e perciò fuori di esso, di là. Ma questo non essere è anch’esso quantum: il quantum avente nella sua determinazione o non essere il suo essere determinato, si continua in esso: così il di là è tolto, e l’estrinseco è un quantum. Ma nell’estrinseco il quantum è presso se stesso: esso è mediante il suo essere altro: così nell’infinito progresso è posto il concetto del quantum: in lui sussiste il toglimento del quantum, ma insieme del suo di là, la negazione del quantum, e la negazione di essa negazione. La sua verità è la loro unità, dove essi sono momenti — espressione e liberazione della contraddizione. Il risultato è di nuovo il Quantum, non più immediato, ma secondo il suo concetto. Il suo concetto o qualità è l’estrinsechezza o indifferenza della determinazione; ed ora è posto nella sua estrinsechezza di essere se stesso, rapporto su di sé, unità con sé, determinato qualitativamente. Questo qualitativo è Essere per sé, perché il suo rapporto su di sé è uscito dalla mediazione, negazione della negazione. Cosi il Quantum ha l’infinito o l’essere determinato per sé non più fuori, ma in sé. L’infinito è non il vuoto non essere, ma la Qualità: l’estrinsechezza non il di là, ma il proprio momento del quantum — due quanti momenti di una unità.
Nota. Nel panteismo moderno ogni opposizione è solo quantitativa: più o meno gradi di forza o di materia di una sola qualità, l’assoluto-essere in sé, intrinseco, primo, immediato nella sua quantitativa differenza uguale a sé. Non posto però uguale per se stesso; il quantitativo è la prima negazione, non l’infinito, la negazione della negazione. Il quantitativo passa nel qualitativo; e solo nell’opposizione qualitativa esce fuori il posto Infinito, l’Essere per sé.Capitolo III
quadro xv: il quantitstivo rapporto
Nel rapporto ci ha due quanti non estrinseci l’uno all’altro, m0a ciascuno ha la sua determinazione in questo rapporto all’altro: nell’altro ciascuno ritorna in sé, ed è quello che è. Il quantum è così non solo in rapporto, ma è posto come rapporto — quantum che ha in sé la qualitativa determinazione o il rapporto — totalità in sé rinchiusa, avente in sé l’estrinsechezza dell’essere determinato, rapportato su di sé, così infinito o essere per sé. Questo nel rapporto diretto è l’esponente, una determinazione o limite di due quanti (2/7) aventi reciprocamente la loro determinazione l’uno nell’altro. Quantum, che è qualitativo in quanto ha in sé la differenza o il suo altro, cioè la differenza di unità e quantità numerica, o dell’essere per sé e della moltiplicità. L’esponente è questa differenza come semplice determinazione — cioè ha in sé immediatamente il doppio senso di quantum, e di qualitativo delle parti del rapporto: i quanti mutano senza che si muti il qualitativo o il rapporto: così 2/7, 4/14, 6/21 ec. è lo stesso rapporto. Ambi sono solo un quantum, di cui l’uno ha il valore di unità, l’altro di quantità, ciascuno solo uno de’ due momenti del quantum, perciò insostanziale, e posto come negativo rispetto all’altro, di essere cioè quello che non è l’altro: così sono essi non compiuti, ma parziali quanti.
Esso non è l’immediato o il non vero, ma il tolto rapporto immediato: l’esponente vale come prodotto, unità della Unità e della quantità, che sono i suoi fattori. La semplice determinazione è il Tutto, come essente affermativo quantum. Ma qui è limite, qualitativa determinazione de’ due momenti, che si mutano non più fuori, ma dentro di essa, in cui ciascuno si continua negativamente nell’altro, ed è solo la negazione o limite in lui posto dall’altro. Questo loro continuarsi produce il momento della unità, dove essi sono in rapporto, limite del loro limitarsi — il Tutto, l’essere in sé di ciascuno. L’uno togliendo l’altro si fa uguale al suo essere in sé: l’altro sparisce, è nullo, poiché esso non è un quantum, ma è solo come momento del rapporto. Ciascuno è così la contraddizione della sua determinazione come essere in sé, e della determinazione come momento del rapporto — donde il progresso all’infinito. L’esponente, limite del loro limitarsi, è il loro di là, a cui essi si avvicinano all’infinito senza raggiungerlo. Ma questo infinito è ora posto solo come negativo momento. L’esponente, o il loro essere in sé, a cui essi si rapportano, come mutabili, rimane loro negazione. Come affermativo di qua, come semplice quantum, il di là, da cui sono affette le parti del rapporto, è raggiunto: esso è in sé l’unità di entrambi, e così in sé l’altra parte di ciascuno: ciascuno ha il valore che non ha l’altro; la sua determinazione giace nell’altro, e questo loro essere in sé è l’affermativo infinito, concordante con sé nell’essere altro fuori di sé — ritenentesi nella negazione del loro indifferente sussistere — determinante il penetrare su di sé — negazione della negazione o del loro limitarsi — rapporto di potenza.
Il quantum nel suo altro identico con sé è essere per sé — qualitativa totalità, dove l’altro, la somma degli Uni, è l’Unità stessa. La potenza è una quantità di uni, di cui ciascuno è la stessa quantità (radice, quadrato, ecc.). Il suo esponente non è un immediato quantum, ma tutto qualitativo, identità di sé nell’altro. Il limite o negazione non è più essente o immediato, ma esistere continuato nel suo essere altro: la vera qualità, non più astratta, ma immediata determinazione tolta. La qualità del quantum, come differenza di sé da sé, è di essere rapporto. Nel diretto la sua differenza è immediata, sicché il rapporto su di sé che ha l’esponente rispetto alla sua differenza è solo come il fisso di una quantità di uni. Nel contrario il quantum in determinazione negativa si rapporta su di sé come sulla negazione di sé, ma in cui ha il suo valore; come affermativo rapporto su di sé è esso un esponente che come quantum è solo in sé il determinante de’ suoi momenti. Ma nel rapporto di potenza esso sussiste come differenza di sé da sé. L’estrinsechezza è il suo proprio determinare, il suo rapporto su di sé, la sua qualità — non piú indifferente estrinsechezza, come semplice e immediata, ma ritornata in sé, quantum divenuto quale. La verità della quantità è la qualità; la verità della qualità è la quantità. La verità della Totalità è il passaggio dell’una nell’altra ed il ritorno di questa nella prima. Onde la necessità di questo doppio passaggio.