La giovinezza e studi hegeliani/La logica di Hegel (Dottrina dell'essere e dell'essenza)/Essenza/Sezione seconda: L'apparizione o il fenomeno

Essenza - Sezione seconda: L'apparizione o il fenomeno

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[SEZIONE SECONDA]

L’APPARIZIONE O IL FENOMENO


Esistenza o Cosa.

Apparizione o fenomeno.

Rapporto essenziale.

quadro iv: l’esistenza


Ciò che è, esiste: la verità dell’essere non è un primo immediato, ma l’essenza uscita fuori nell’immediato. L’essenza come fondamento si toglie, ed è così esistente: la sua apparenza di sé in sé per la tolta riflessione è apparizione estrinseca o fuori di sé: l’essere apparente nell’essenza esce dalla essenza come cosa o esistenza. L’esistenza perciò non è un semplice immediato; ma l’essenza o la mediazione tolta, sparente, negantesi. Questa negazione non è il Nulla, Abgrund, fondamento negativo. La negazione è essenzialmente posizione, o positiva continuità con sé. La mediazione nega sé, o è sparente; e appunto mediante la sua negazione, è affermazione, cioè nella sua negazione l’Identico o l’uguale a se stesso, 1 ’Immediato. L’esistenza è perciò la Mediazione nel suo sparire identica con [p. 250 modifica]sé, l’esistenza ha perciò in sé le determinazioni del mediato, ma perché essa è un immediato, queste sono in sé riflesse, essenziale ed immediato sussistere. Come Immediato ponentesi mediante il toglimento della mediazione, l’esistenza è negativa unità, essere in sé — l’immediato esistente o cosa — dapprima solo immediata determinazione, 1 ’ Uno del qualcosa, diverso dal qualcosa essente. Nella sfera dell’essere l’esistere mediante la negazione della negazione passa nell’esistente o nel qualcosa. Ma qui l’esistere non è un semplice immediato, ma un riflesso: così il suo qualcosa o l’esistente non è un diverso essente, in cui passi; ma una sua determinazione, già contenuta in lei come negativa unità: non vi è dunque passaggio, ma analisi. L’esistenza come tale contiene la sua differenza (l’esistente o la Cosa) nei momenti della sua mediazione: i suoi momenti o differenza sono perciò: Cosa in sé ed estrinseca esistenza.

a)

LA COSA E LE SUE PROPRIETÀ


Cosa in sé ed esistenza.

i) La cosa in sé è il sussistente per la tolta mediazione, essenziale immediato; la mediazione gli è essenziale; ma qui nella prima immediata esistenza questa differenza cade in determinazioni indifferenti. La mediazione della cosa è il suo non riflesso immediato, un altro, vario ed estrinseco esistere, e perché in rapporto all’essenziale o al tolto mediato, essa è un essere posto, l’inessenziale. Ambi però sono contenuti nella esistenza o esistono; l’essenziale e l’inessenziale esistenza della Cosa. La Cosa in sé come tolta mediazione, è non il fondamento dell’inessenziale esistere, ma l’immota indeterminata unità o base di esso. La varietà cade perciò fuori di lei, o nell’estrinseca riflessione, a cui essa rimane indifferente. 2) L’inessenziale passa a fondamento; così toglie sé, e diventa essere o cosa in sé: questa è così identica con l’estrinseca esistenza. Parimente la cosa in sé è negatività rapportantesi su di sé; il negativo che apparisce estrinseca esistenza è quindi un [p. 251 modifica]suo momento. Come negativo essa è repellente e rapportantesi su di sé come altro. Quindi rapporto di estrinseca riflessione tra piú cose in sé, loro reciproca mediazione come due altri. 3) Le cose in sé sono così gli estremi di un sillogismo, il cui mezzo produce la loro estrinseca esistenza, per la quale esse sono altri e differenti. Questa lor differenza cade solo nel loro rapporto; rispetto al quale esse restano indifferenti e assolutamente in sé riflesse. Il rapporto produce la totalità della esistenza. La Cosa in sé sta in rapporto ad una estrinseca riflessione, dov’essa ha varie determinazioni; questo è il repellere sé da sé in altra cosa in sé; ciascuna delle due ha il suo essere posto non in sé, ma nell’altro, o è determinata solo mediante la determinazione dell’altro. Ma perché ambe hanno la loro differenza non in sé, ma ciascuna solo nel suo altro, sono esse non differenti. La cosa in sé nel rapportarsi all’altro estremo o cosa si rapporta ad uno non differente da lei; sicché l’estrinseca riflessione, il mediante rapporto tra gli estremi, è un rapporto della cosa in sé solo su di sé. Le due cose in sé, estremi del rapporto, concordano in una sola cosa in sé, che nell’estrinseca riflessione si rapporta su di sé, ed è il suo proprio rapporto su di sé come suo altro che produce la sua determinazione. Questa determinazione della Cosa in sé è la Proprietà della Cosa.

La Proprietà.

La cosa in sé è un astratto, le cui determinazioni sono fuori di lei nella riflessione estrinseca (l’io di Kant): quindi il non vero. La Cosa ha proprietà. La proprietà è il negativo, dove la esistenza è esistente. Ma il negativo, come tolta mediazione, o riflessione, è non qualità o essente, non rapporto all’altro, ma su di sé come suo altro — mediazione che è insieme Identità con sé. L’astratta cosa in sé è rapporto dall’altro ritornante in sé; essa è determinata in sé, Bestimmtheit; ma la sua determinazione è Creazione, che come tale è determinazione riflessa, Bestimmung: il rapporto all’altro non è dunque passare nell’altro, né mutamento. La proprietà [p. 252 modifica]è i) rapporto all’altro, non sussistente in sé; l’estrinseca riflessione e l’essere posto della cosa. Ma 2) la cosa nel suo essere posto o rapporto all’altro è in sé, o si ritiene: l’esistenza solo superficialmente si abbandona al diventare e al mutamento: la proprietà non si perde; ma come riflessa, si ritiene nella estrinsechezza in cui passa, come la causa che si ritiene ne’ suoi effetti, quantunque la Cosa sia Causa solo in sé, la calma Cosa di molte proprietà, non ancora riflessione ponente delle sue determinazioni. 3) La proprietà è così l’essere posto della estrinseca riflessione, e la propria determinazione della Cosa, che ivi sussiste come fondamento, cioè in essa identità con sé. Ma essa è condizionato fondamento, cioè il suo essere posto è ad un tempo estrinseca riflessione. Come esistenza, la Cosa esce nell’estrinsechezza, e si muta; come immediato riflesso del fondamento, essa rimane in sé nel suo mutamento. La proprietà è quindi l’essere posto essente in sé, il fondamento uscito nella sua estrinsechezza e riflesso in sé. La Cosa in sé esiste essenzialmente, e l’esistenza come estrinseco immediato è insieme Essere in sé.

Reciprocanza, di effetti della Cosa.
Le cose senza proprietà sono gli estremi in sé essenti, semplice identità con sé; negativa unità, forma indifferente estrinseca delle proprietà, l’immediato Uno — così l’inessenziale. Il mezzo termine del loro rapporto è la proprietà, in cui esse hanno la loro essenzialità, sono la tal cosa, differente non più estrinsecamente, ma per se stessa dall’altro. Il vero essere in sé è perciò nel suo essere posto o nella sua proprietà: la Cosa è la Proprietà — così non estremo sussistente fuori di essa, ma continuità con sé nel suo essere posto. La proprietà che dovrebbe produrre il rapporto de’ sostanziali estremi, è quindi lo stesso sostanziale, liberata dall’immediato Uno della cosa, che è legame indeterminato e inattivo; e producente il suo sussistere della cosa: sostanziale materia. Per la sua continuità la forma è in lei solo differenza estrinseca: perciò si hanno varie sostanziali materie, e la Cosa sussiste in loro. [p. 253 modifica]

b)

IL SUSSISTERE DELLA COSA NELLA MATERIA


Sostanziale materia.

La cosa è passata nella proprietà; la proprietà nella materia, essendo la proprietà l’essenziale e il vero sostanziale della cosa: onde la necessità del suo passaggio a sostanziale materia. La luce, l’elettricismo, il magnetismo, il calorico ecc. si sogliono anche nominar cose, quantunque esse non sieno che parti sostanziali delle cose o mezze cose. Del resto cose e materie sono ambe, esistenti. La materia è la proprietà in sé riflessa o l’estrinsechezza identica con sé. Ma questa identità è solo una parte di tutta la riflessione; cioè il toglimento della differenza, e la continuità della proprietà nella sua esistenza per altro con se stessa. La Cosa come il negativo della riflessione, è l’inessenziale. Ma i) la continuità della proprietà nell’essere altro contiene il momento del negativo, e la sua sostanzialità come negativa unità è il qualcosa o 1 ’ Uno della Cosa: la negativa sostanzialità rispetto alla positiva della materia. 2) La Cosa in sé è l’astratta semplice Identità, negativa esistenza determinata come l’Indeterminato; ma passando nella proprietà essa si distingue dalle altre; ma in quanto si continua con le altre, toglie la sua differenza e ritorna in sé — determinata come determinata o la tal cosa. 3) Ma questo ritorno in sé è inessenziale; il suo sussistere continuo con sé produce la sostanziale materia, in cui la differenza della Cosa è tolta ed è un estrinseco.

Suoi momenti — la Materia e la tal cosa.

La proprietà è non solo estrinseca determinazione, ma esistenza in sé essente. Questa unità della estrinsechezza e della essenzialità, come riflessione in sé e nell’altro, si scaccia da sé, ed è 1) determinazione come semplice identico sostanziale rapportantesi su di sé, in cui la negativa unità, l’uno della cosa, è un tolto — la materia; 2) determinazione rispetto all’altro. [p. 254 modifica]ma in sé riflesso, determinato Uno, la Cosa in sé liberata dal suo essere determinato e dall’altro ritornata in sé, ma come Altro: negazione identica con sé rispetto alla positiva continuità della materia — la tal Cosa.

Rapporto quantitativo.

La tal cosa è così un riflesso in sé, ma parimente un estrinseco. Le sostanziali materie si rapportano alla Cosa che sussiste in esse, ma esse sono indifferenti a questo rapporto. Il rapporto è perciò un estrinseco legame di esse, ed una cosa è differente da un’altra solo per questo, se più particolari materie ed in quale quantità si trovano in lei. Esse penetrano sulla tal cosa, si continuano nell’altra; sicché appartenere a questa o quella cosa è per loro indifferente, o niun limite. Né sono esse tampoco limitate l’una rispetto all’altra, perché il loro negativo rapporto è un estrinseco, la tal cosa improduttiva e senza forza. Come sostanziali, esse sono impenetrabili; nella loro determinazione rapportantisi solo su di sé, indifferenti l’una all’altra o capaci solo di un limite quantitativo. La tal cosa è questo loro quantitativo rapporto, una semplice riunione, l’ancora di esse. La tal cosa sussiste in un quantum della materia, ancora in un altro, ancora in un altro ecc.: essa produce solo questa concordanza meccanica, che non è concordanza.

c)

LA LIBERAZIONE DELLA COSA


Liberazione.

La tal cosa, come semplice quantitativa composizione della libera materia, è il mutabile. Il suo mutamento consiste in questo, che una o più materie saranno separate o aggiunte alla composizione, e che così il loro reciproco rapporto quantitativo sarà mutato. Il nascere e il morire della tal cosa è l’estrinseca liberazione di tale estrinseco legame, a cui essa è indifferente (di essere legata o no). Le materie circolano senza impedimento dentro o fuori la tal cosa: questa è l’assoluta porosità senza propria misura o forma.
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Porosità e Puntualità — Contraddizione.

La Cosa nella sua assoluta determinazione ov’essa è la tale, è il risolventesi, nascere e morire. Questo risolversi o liberarsi è l’estrinseco diventare determinato, come ancora l’essere di essa. Essenziale al suo essere è il risolversi o l’estrinsechezza: esso è solo l’ancora: esso sussiste solo in questa estrinsechezza. Ma esso sussiste altresì nella sua materia. La Cosa è estrinseca riunione di sostanziali materie; queste non sono Cose, non hanno negativa sostanzialità, ma sono proprietà sostanziali, cioè l’essere determinato in sé riflesso. Come riflesso o per la loro forma sono esse semplici e rapportantisi solo su di sé; ma come determinate o pel loro contenuto questo non è riflesso in sé, ma per la sua determinazione si rapporta all’Altro — negativo rapporto. La Cosa è perciò non solo l’ancora o la Porosità, il rapporto delle materie come indifferenti l’una all’altra, ma pure il loro negativo rapporto, o la puntualità. L’una materia non è ciò che è l’altra e non è in quanto l’altra è. La Cosa è perciò rapporto delle materie in cui sussiste, di maniera che in lei sussiste l’una, ancora l’altra, ancora l’altra, porosità; ma che in lei ad un tempo l’una non sussiste in quanto l’altra sussiste. La Cosa è il sussistere di tutte; e non pertanto il sussistere dell’una è il toglimento dell’altra. Nel sussistere dell’una l’altra non sussiste, puntualità; e ad un tempo l’altra ancora sussiste, porosità — Contraddizione.

Apparizione.

Le materie sono essenzialmente porose. Per la puntualità o negativa unità della Cosa esse si penetrano: dove è l’una, nello stesso punto è l’altra; la cosa nello stesso punto ha colore, sapore, odore ecc. Ma in quanto la Cosa è parimente solo l’ancora di esse (oltre di essere la tal cosa o negativa unità), ed esse sono indifferenti l’una all’altra, ciascuna in sé riflessa, esse non si toccano nel penetrarsi— perciò porose. L’una sussiste ne’ pori e nel non sussistere dell’altre; ma queste [p. 256 modifica]sono pure porose; ne’ loro pori sussiste la prima e tutte le altre: il loro sussistere è il loro essere tolto e il sussistere dell’altro. Ciascuna è posta come la sua negazione, e questa negazione è il sussistere di un’altra; ma questo sussistere è appunto la negazione di questa altra e il sussistere della prima. Il penetrante è penetrato, e il penetrato è penetrante. La Cosa è così la mediazione contraddicentesi, in cui l’esistenza ha raggiunta la sua sostanzialità, di essere cioè nell’Uno Essere in sé essente o sostanziale sussistere ed inessenziale esistenza. La verità dell’esistenza è perciò di avere il suo essere in sé nella inessenzialità, o il suo sussistere in un altro, l’assoluto Altro, o di avere per sua base il suo niente. Essa è quindi apparizione, o apparenza reale, in cui si libera.

Nota. La materia è il contraddicentesi; lo spirito è la Contraddizione ritornata in sé o risoluta: la differenza è non sostanziale, ma momento nel subbietto.

quadro v: l’apparizione o l’esistente

a)

IL PORRE


Positiva immediata identità.

L’esistenza è assoluta negatività: la sua verità è l’apparizione o l’esistente, mediante la negazione che produce il suo sussistere, e il suo ritorno in sé. Cosi è essenziale sostanzialità per il suo ritorno, e insieme essere posto avente per fondamento del suo sussistere un altro, la negazione. Questa è anche sostanziale, ed essere posto. La sostanzialità, perché ritorno del niente in sé mediante il niente, è solo essenziale apparenza. Il sussistere dell’uno è l’essere posto dell’altro: fondantisi reciprocamente e sussistenti in questa reciproca negazione. Il fondamento è così un primo, che è solo un supposto — la negativa parte dell’apparizione. Ma in essa è contenuta la positiva identità dell’esistente con sé. Esso è essere posto [p. 257 modifica]che si rapporta non ad un essenziale fondamento, o apparenza, in un sostanziale; ma ad un tolto, anch’esso essere posto o apparenza: così nel suo altro che è un tolto si rapporta su di sé — identico con sé o positiva essenzialità. L’identico è non l’Immediato o l’inessenziale avente il suo sussistere nell’altro, ma l’essenziale contenuto dell’apparizione, la quale ha due parti: i) essere posto o estrinseco immediato, e 2) essere posto identico con sé. Secondo la prima è un esistere inessenziale soggetto al diventare; secondo l’altra è la semplice determinazione del contenuto, il permanente. Il contenuto come riflesso del negativo in sé contiene la negazione o determinazione, ma come essenziale essa è la compiuta determinazione,uno e il suo altro: non essente moltiplice differenza estrinseca, ma la semplice assoluta Differenza. La contraddizione, del sussistere e non sussistere si toglie in esso: la sua riflessione in sé è l’identità di ambi, che cioè l’essere posto dell’uno è anche l’essere posto dell’altro. Il negativo si toglie e ritorna nella identità: esso è un indifferente sussistere, che è non l’essere tolto, ma il sussistere dell’altro. Questa unitá è il porre dell’Apparizione, il permanere.

Apparizione e porre — differenza del porre.

i) Il porre è la riflessione in sé dell’apparizione: questa come tale, cioè come l’immediato dell’essere che ha l’esistenza, sta di rincontro all’essere riflesso in sé, e sono secondo questa determinazione formale differenti. 2) Il riflesso è l’essere posto rispetto all’immediato. Il posto è l’essenziale ed il vero positivo: in esso giace l’essenziale rapporto delle due parti della differenza che contiene il porre: come essenziale differenza, ambe sono rapportantisi su di sé: ciascuna è essenzialmente essere posto, o è solo in quanto è l’altra. 3) Apparizione e Porre hanno lo stesso contenuto. Secondo la forma l’apparizione come tale è diversa dal riflesso o dal porre; ma il contenuto è l’identico nel suo essere posto con sé, indifferente rispetto a quella differenza che è la forma o l’essere posto; così un contenuto [p. 258 modifica]che dall’apparizione si continua nel Porre. Questa identità è la Base dell’apparizione — la positiva parte dell’essenzialità, dove l’esistenza è apparizione. Il porre è perciò non di là. dell’apparizione ma in lei immediatamente presente: il regno del porre è la calma immagine del mondo apparente o esistente. Ma di ambi è una Totalità: il mondo esistente è parimente il regno del porre, il quale nell’essere posto o nella inquieta sostanzialità dell’esistenza è identico con sé. L’esistenza ritorna nel porre come suo fondamento; l’apparizione li contiene amendue, il semplice fondamento o il permanere, e il liberantesi movimento dell’apparente universo, del quale quello è l’essenzialità.

Positiva essenzialità dell’apparizione.

Il porre è così l’essenziale apparizione, o la riflessione di essa in sé nel suo essere posto. Ma questa loro identità è i) solo semplice e immediata: il porre è indifferente rispetto alla sua esistenza: l’apparizione ha ancora un altro contenuto rispetto al contenuto del porre; quello è certo un inessenziale anche ritornante in sé, ma per il porre è un primo non posto da esso: come contenuto, estrinsecamente legato col porre — quantità di determinazioni: al questo o al concreto appartenenti, non contenute nel porre, ma determinate per un altro. 2) Questo differente dal porre si determina come un positivo o un altro contenuto; ma esso è essenzialmente un negativo, la forma è il movimento, come riflessione nell’altro inquieto avvicendarsi; laddove il regno del porre è il calmo contenuto dell’apparizione, che non contiene l’inquieta forma o negativa esistenza mutantesi, il movimento del passare nell’opposto, toglierlo e ritornare nell’unità. L’apparizione è perciò rispetto al porre la totalità, contenente il porre, e ancora la moventesi forma. 3) Per questa mancanza il contenuto del porre è un differente, e indifferente rispetto a sé: l’identità delle sue parti è solo immediata, intrinseca, non ancora necessaria; si richiede la prova, o la mediazione; l’estrinseco dev’essere in lei posto. Esso è perciò la positiva essenzialità, non la negativa. Il [p. 259 modifica]suo essere posto è solo in sé l’essere posto dell’altro; ma esso non lo contiene ancora, ed è indifferente a questo rapporto. Perciò forma essenziale, ma contenuto non ancora riflesso nelle sue parti, o forma reale.

b)

IL MONDO APPARENTE ED IL MONDO ESSENTE IN SÉ


Negativa o reale unità.

Il contenuto dell’apparizione diverso da quello del porre e l’esistente che ha per fondamento la sua negatività, o è riflesso nel suo non essere, o altro. Ma questo è pure un esistente, così riflesso nel suo non essere: perciò lo stesso, e l’apparente è nel fatto riflesso non nell’altro, ma in se stesso: e questa riflessione dell’essere posto in sé è appunto il Porre. Questo perciò è non solo la semplice identità dell’apparizione con sé, astratta immediata unità o base, ma come apparente o riflesso essenzialmente, nel suo non essere è ancora fondamento dell’apparizione, contenente cioè in sé la negazione o l’altro, e perciò negativa unità. Dapprima esso era un differente contenuto, e solo formale riflessione in sé — positiva identità. Ma perché ora le sue parti sono non solo differenti e indifferenti fra loro, ma in negativo rapporto, perché ciascuna contiene in sé il suo altro, e insieme come sostanziale lo scaccia da sé, la positiva identità è posta o reale. Il porre è quindi non più una parte del tutto, di cui l’altra sia l’apparizione come tale, ma il Tutto — totale riflessione dell’apparizione, l’esistenza compiutamente in sé ritornata, riflessa nel suo assoluto essere altro in sé e per sé — contenente anche il momento dell’inessenziale varietà, ma come inessenzialità riflessa o essente in sé, o essenziale Negatività — non più varietà di determinazioni indifferenti, accidentali, indeterminabili, ma in essenziale rapporto — sostanziale realtà, ma riflesse esistenze contenuto non vario, ma concordante essenzialmente con sé.
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Momenti — Mondo essente in sé ed apparente.

Questa totalità dell’esistenza è il Mondo essente in sé e per sé: niente altro è fuori di lui. Ma come assoluta negatività o forma, la sua riflessione in sé è negativo rapporto su di sé: onde si scaccia in mondo essente in sé e mondo apparente, quello l’essenziale, questo il mondo dell’essere altro o dell’apparizione — avente in quello la sua negativa unità, o fondamento, in cui ritorna. Ma il mondo essenziale è ancora fondamento ponente dell’apparente; perché contenendo in sé l’assoluta forma, toglie la sua identità, si fa essere posto, e come posto immediato è così il Mondo apparente. L’essenziale è inoltre determinato fondamento dell’apparente, perché avendo in sé come negativa unità ogni contenuto dell’apparizione, è esso la totalità del contenuto e il fondamento di ogni varietà nel mondo apparente. E come totale rapporto o, negativa identità, il loro rapporto fondamentale, cioè di essere l’uno fondamento o l’essenziale, l’altro fondato, pure essenziale, ma come posto e inessenziale, è non rapporto d’identico contenuto, neppure di semplicemente differente, come è nel porre o positiva identità; ma il rapporto dell’apparizione, cioè essenziale rapporto del contenuto come opposto. L’essere posto dell’uno è ancora l’essere posto dell’altro; ma questa identità è essenzialmente negativa: ciascuna delle due parti è in se stessa il suo altro contenuto: l’altro non è un indeterminato Altro, ma il suo altro: così sono le due parti opposte.

Rapporto di opposizione.

Avendo ora il porre in sé il negativo momento e l’opposizione, l’identità de’ due mondi è l’essenziale rapporto di opposizione. Il rapporto fondamentale come tale è l’opposizione nella sua contraddizione venuta a fondamento; e resistenza è il fondamento concordante con se stesso. Ma l’esistenza diventando apparizione, è in lei tolto il fondamento; qui come ritorno dell’apparizione in sé il fondamento è posto di nuovo, ma insieme come tolto, cioè rapporto fondamentale di opposte [p. 261 modifica]determinazioni; l’identità delle quali è essenzialmente diventare e passare, non più il rapporto del fondamento come tale. Il Mondo essente in sé e per sé è così nella totalità del vario contenuto, un Mondo in sé differente; esso è identico con l’apparente o posto, del quale è fondamento, ma identità determinata come opposizione. La forma del mondo apparente è la riflessione nel suo essere altro o mondo essente, ma esso in questo ritorna in se stesso così che questo è il suo opposto. Cosi il mondo essente in sé e per sé è in contrario rapporto del mondo apparente.

c)

LA LIBERAZIONE DELL’APPARIZIONE - L’UNIVERSO


Contrario rapporto.

Il Mondo in sé e per sé contenendo il negativo momento, e così essendo la totalità delle determinazioni del contenuto e de’ suoi mutamenti corrispondente al mondo apparente, è il determinato fondamento di questo, ma insieme produce la sua opposta parte. I due mondi si rapportano così in modo che il positivo nel mondo apparente è il negativo nell’essente, e viceversa.

Toglimento della Differenza.

Ma la differenza loro in questa opposizione è appunto sparita: l’apparente è riflessione nell’essere altro, in cui le sue determinazioni ed esistenze hanno il loro fondamento e sussistere; ma l’altro è parimente riflesso in un altro; così essi si rapportano solo ad un altro toglientesi, e perciò su di sé. L’apparente è perciò in se stesso il porre uguale a sé, o il mondo essente in sé e per sé. Parimente il Mondo essente in sé e per sé è 1 ’ Identico con sé, contenuto sottratto all’essere altro e al mutamento; ma il contenuto, come sostanziale riflessione dell’apparente in se stesso, o perché la sua differenza estrinseca è in sé riflessa ed assoluta differenza, contiene il negativo momento e il rapporto su di sé come sull’essere altro; esso diventa perciò contenuto opposto a se stesso, contrariantesi, inessenziale [p. 262 modifica]. Inoltre questo contenuto del mondo essente ha ritenuto ancora la forma d’immediata esistenza, e così esso è dapprima fondamento del mondo apparente; ma perché esso contiene in sé l’opposizione, è tolto fondamento e nel tempo stesso immediata esistenza. Quindi i due Mondi sono in se stessi ciascuno la totalità della riflessione identica con sé e della riflessione nell’altro; o dell’essere in sé e per sé, e dell’apparire. Non più l’uno la riflessa, l’altro la immediata esistenza; ma ambi sono i sostanziali Tutti dell’Esistenza: ciascuno si continua nel suo altro, ed è così in se stesso l’identità de’ due momenti. Una sostanziale totalità, che si scaccia in due totalità. Queste sono dapprima sostanziali, e perciò differenti, ma esse sono sostanziali solo come totalità e sono totalità in quanto ciascuna ha in sé essenzialmente il momento dell’altra.

Essenziale rapporto. Universo.

La differente sostanzialità de’ due mondi è ora posta come essenziale rapporto dell’una con l’altra; la loro sostanzialità è

nell’unità di entrambi. Cosi il Porre è realizzato: la sua identità in sé o intrinseca è parimente esistente, ed il suo contenuto è innalzato ad idealità o momento, cioè tolto in se stesso, in sé riflesso, in quanto ciascuna parte ha in sé il suo altro, e così è veramente con lui e con sé identico. Il porri è così rapporto essenziale. I due mondi sono insieme immediate esistenze e riflessioni nell’altro, e ad un tempo in sé riflesse: Mondo esprime la Totalità astratta o vuota di forma delle varietà; in quanto la varietà ha cessato di essere differenza estrinseca de’ due mondi, il mondo e come essenziale e come apparente è venuto a fondamento, e così esso è Totalità, Universo, ma come essenziale rapporto. Nell’apparizione sono nate due totalità del contenuto, dapprima indifferenti sostanziali l’uno rispetto all’altro, aventi ciascuno la forma in sé, ma non l’uno rispetto all’altro; cioè ciascuno essenziale, ma differente ed estrinseco all’altro. La forma si è ora mostrata come loro rapporto: l’essenziale rapporto è la loro forma compiuta. [p. 263 modifica]

quadro vi: l’essenziale rapporto

a)

IL TUTTO E LE PARTI


Rapporto immediato.

L’essenziale rapporto è unità della immediata e riflessa esistenza; ma come immediato, la sua unità non è realizzata o posta per il suo movimento. Esso è i) la sostanzialità in sé riflessa dell’esistenza, la semplice forma, le cui determinazioni sono esistenze, ma momenti nell’unità. Ma tale sostanzialità in sé riflessa è insieme riflessione nell’altro, e perciò immediata. 2) Cosi è posta immediatamente l’altra parte: l’immediata sostanzialità o l’Altro, moltiplice varietà, ma avente insieme il rapporto dell’altra parte: l’unità della sostanzialità riflessa. Queste due parti sono il Tutto, o il mondo essente in sé, e la Parte o il mondo apparente. Come immediato rapporto, il loro legame è l’estrinseco ancora, rispetto al quale rimangono indifferenti. Il tutto come unità è la base; come immediata esistenza, è essere posto o momento. La parte come esistenza immediata, è la base sostanziale; il tutto o l’unità riflessa è solo un suo momento, solo estrinseco rapporto. Cosi in un solo rapporto essi sono sostanziali ed essere posto; ciascuno nella sua sostanzialità è il relativo dell’altro per il momento che in sé hanno. La loro sostanzialità è nell’altro: il tutto sussiste nelle Parti, senza di cui non è più Tutto: ma senza tutto non si dà parte: perciò condizionantisi e supponentisi. Ciascuno è non solo la sostanzialità dell’altro, ma è sostanziale in quanto ha l’altro per sua supposizione — immediata sostanzialità per sé, e insieme mediata per l’altro: per la quale reciprocanza il totale rapporto è il Ritorno in sé, l’Incondizionato, indivisibile identità ed una sostanzialità. Ciascuno è uguale all’altro; niente è in questo che non sia in quello.
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Momenti sostanziali.

Ma essi non sono solo momenti di una sostanzialità; ma ciascuno è sostanziale per se stesso. Il tutto è uguale alla parte, ma non lo stesso, essendo esso unità riflessa, non varietà differente. Il Tutto è uguale alla Parte non per la loro sostanzialità che è differente, ma per la loro concordanza; ma il concordare è il Tutto; questo perciò come uguale alla parte è uguale a se stesso. La parte è uguale al tutto non in quanto diventa unità, ma come varietà, tutto diviso, parte. Ciascuno quindi è uguale a se stesso: il Tutto come Tutto, e la parte come parte: la loro concordanza è una tautologia. Essi sono indifferenti l’uno all’altro: ciascuno si rapporta solo a se stesso.

Mediazione o negativa unità.

Ma come indifferenti, essi distruggono se stessi. Il loro rapporto su di sé è la loro sostanzialità per sé, ma ad un tempo la negazione di se stessi. Il Tutto indifferente alla Parte è astratta, non in sé differente identità, non riflessione dell’altro, non la vera identità: così non Tutto. La parte indifferente al Tutto è la varietà vuota di rapporto, l’Altro in sé o di se stesso, solo toglientesi: così non riflesso, non Parte. Ciascuno ha perciò la sua sostanzialità non in sé, ma nell’altro, suo supposto immediato, e questo che come supposto è il primo, è insieme non primo, ma avente il suo principio nell’altro. La verità del rapporto consiste così nel mediarsi: la sua essenza è la negativa unità, in cui ambi son tolti: la contraddizione ritornante nel suo fondamento, cioè nella indivisibile identità ed una sostanzialità loro, la quale ora perché ritornante è riflessa dal negativo in sé; e perché contiene il negativo, si rapporta su di sé negativamente, si toglie e si fa immediato essente; ma questo perché è solo mediante il suo altro, è parimente un posto. Cosi la differenza o sostanzialità si mostra solo per sparire; e l’immediato è passato nel mediato e nel posto. Ciascuno come immediato è un toglientesi e passante nell’altro, e per il suo negativo rapporto è condizionato dall’altro come suo positivo o [p. 265 modifica]immediato; ma questo è parimente un toglientesi e posto dal primo. Cosi il rapporto del Tutto e della Parte è passato nel rapporto della Forza e della sua estrinsechezza

b)

LA FORZA E LA SUA ESTRINSECHEZZA


L’essere condizionato della forza. Immediato.

La forza è la negativa unità, in cui si è sciolta la contraddizione del tutto e della parte: il ritorno in sé, ove l’unità del tutto cessa di essere un estrinseco ed indifferente alla parte: e le due esistenze immediata e riflessa non sono più estremi sussistenti per sé, ma suoi momenti. Prima il riflesso e l’immediato, come immediati, si tolgono e passano nel loro altro: quello, o la forza, passa nella sua estrinsechezza; questo o l’estrinseco è uno sparente che ritorna nella forza come suo fondamento, e solo è in quanto è posto da essa. L’estrinseco o il negativo nella determinazione d’immediato essere è un esistente qualcosa, il primo; la forza come riflesso è un posto, appartenente al qualcosa o ad una materia; ma questa come immediata è indifferente a questa sua forma, di avere cioè una forza. La forza però come un posto ha la cosa per sua supposizione, legata con lei solo estrinsecamente. Come immediata, non è un estrinsecantesi, ma anch’essa un estrinseco, o materia, forza elettrica, magnetica, eterea ecc. in cui si libera la inattiva negativa unità della Cosa. Ma la forza contiene la immediata esistenza solo come momento; come condizione, ma toglientesi e passante, non come un esistente — negazione non come determinazione essente; ma come negativa unità in sé riflettentesi — perciò contraddizione repellente sé da sé, o attiva, ponentesi di rincontro l’esistente estrinseca varietà, che ha per sua supposizione e condizione. Ma questa non è più un sostanziale, ma un tolto, un momento; così anch’esso forza. L’attività della forza è perciò condizionata da se stessa come suo altro, da un’altra forza. Due forze in rapporto essenziale. La loro unità è però solo in sé. [p. 266 modifica]L’essere condizionato da un’altra forza è il fatto della stessa forza (in sé); ma quest’altra forza è ancora un di lá della sua ponente attivitá, cioè della riflessione nel suo determinare ritornante immediatamente in sé.

Lo stimolo della Forza.

La forza è condizionata, perché l’immediato è in lei un posto; ma perché è un immediato, è un supposto, in cui la forza nega se stessa. La sua estrinsechezza è perciò la sua propria supponente attività, posta come un’altra forza. Questo supporre è reciproco. Ciascuna toglie l’unità riflessa, e come immediata, è supponente o si pone come estrinseca; l’estrinsechezza è suo proprio momento; ma perché è riflessa, pone la sua estrinsechezza non in sé, ma come un’altra forza. E poiché il supponente è insieme riflessione in sé, esso toglie la negazione, e la pone come se stessa o come suo estrinseco: l’immediato è un toglientesi. Cosi la forza è condizionante, urto o stimolo, per l’altra forza, rispetto a cui essa è attiva o ponente (la pone come sua). Il loro rapporto non è la passività o il divenire determinato; niuno altro giunge in esse; ma lo stimolo solo le sollecita e condiziona: il suo porre o sollecitare è lo scacciare sé da sé, negatività di sé in sé; è il togliere che lo stimolo sia un estrinseco; è il porlo come suo stimolo, sua propria ripulsione ed estrinsechezza. Nell’estrinsecarsi nega l’estrinsechezza e la pone come sua attività. Nel suo immediato o realtà l’una è sollecitante, l’altra è sollecitata; ma come riflessa, o unità della ponente o supponente riflessione o della riflessa ed immediata unità, l’una è mediata per l’altra; né alcuna ha determinazione per la quale sia piuttosto sollecitante o sollecitata. Unità non di estrinseco paragone, ma essenziale loro mediazione. L’una sarà sollecitata; il sollecitante o lo stimolo è posto dal di fuori; ma la forza è essa stessa supponente; si riflette e toglie l’estrinsechezza dello stimolo: l’essere sollecitata è perciò il suo proprio fatto. Parimente la forza è sollecitante o ponente, in quanto ha una supposizione, o sarà sollecitata ad essere sollecitante. Cosi la [p. 267 modifica]prima è sollecitata solo in quanto sollecita l’altra a sollecitarla. Ciascuna è la determinazione che ha l’altra rispetto a lei, è mediata per l’altra, e quest’altro mediante è il suo porre determinante, il ritorno in sé, il reagire rispetto a se stesso, l’attivo che si dà un esistere per altro o un passivo, cioè si estrinseca, e ivi si rapporta su di sé. Il porre dell’estrinseco o dello stimolo è un toglierlo, e il togliere lo stimolo è il porre l’estrinsechezza.

L’infinito della Forza.

La forza è finita, in quanto i suoi momenti hanno ancora la forma dell’immediato; la sua riflessione supponente e la rapportantesi su di sé sono in questa determinazione differenti: quella una forza estrinseca sussistente per sé, questa passiva in rapporto a lei. La forza è così secondo la forma condizionata, e secondo il contenuto limitata; perché una determinazione secondo la forma contiene ancora una limitazione del contenuto. Ma l’attività della forza consiste nell’estrinsecarsi, cioè nel togliere l’estrinsechezza, e determinarla come quella, in cui essa è identica con sé: così il suo rapporto all’altro è riflessione su di sé, la sua passività sussiste nella sua attività. Lo stimolo, mediante il quale essa è sollecitata all’attività, è il suo proprio sollecitare: l’estrinsechezza di lei è mediata da lei, come la sua essenziale identità con sé è mediata dalla sua negazione. L’estrinsecarsi della forza è dunque questo, che la sua estrinsechezza è identica con la sua intrinsechezza.

c)

L’ESTRINSECHEZZA e L’INTRINSECHEZZA


L’assoluta cosa (Sache). Contenuto.

L’intrinseco è determinato come la forma del riflesso immediato o dell’essenza rispetto all’estrinseco come forma dell’essere; ma ambi sono solo una identità. Questa identità è dapprima la pura identità di entrambi, come base piena di contenuto, o l’assoluta Cosa, in cui le due determinazioni [p. 268 modifica] sono indifferenti estrinseci momenti. Come contenuto (forma e materia identici), essa è totalità, o l’intrinseco che insieme diventa estrinseco, ma nel quale non è diventato o passato, ma ugual e a se stesso. O per dir meglio l’estrinseco secondo il contenuto è non solo uguale all’intrinseco, ma ambi sono una cosa. Questa cosa come semplice identità con sé è differente dalle sue determinazioni di forma, cioè queste le sono estrinseche: così essa è un intrinseco differente dal suo estrinseco. Ma l’estrinseco è prodotto da ambe le determinazioni, intrinseco ed estrinseco: e la cosa è appunto l’unità di entrambe. Cosi secondo il contenuto le due parti sono di nuovo lo stesso. Nella Cosa però sono esse identità penetrantesi, base piena di contenuto. Ma nella estrinsechezza sono esse come forme della cosa; perciò rispetto a quella identità e l’una rispetto all’altra indifferenti.

Determinazioni formali — Pura astratta mediazione, o la pura forma.

La totalità o la Cosa solo nella determinazione della forma ha due differenti determinazioni, aventi la loro base identica non in sé, ma in un altro — determinazioni della riflessione che sono per sé; l’intrinseco come la forma della riflessione in sé o della essenzialità; l’estrinseco come la forma dell’immediato riflesso nell’altro, o della inessenzialità. Cosi sono esse dapprima solo la semplice forma.

Ma la natura del rapporto essenziale ha mostrato che queste determinazioni producono solo una identità. La Forza nella sua estrinsechezza è questo, che il determinare supponente e il ritornante in sé sono lo stesso. Perché esse dunque nella loro forma sono determinate non solo come differenti, ma ancora opposte; la loro unità è la pura astratta mediazione, in cui l’una è immediatamente l’altra, e l’altra è, perché è essa l’una. L’intrinseco è immediatamente l’estrinseco soltanto, e perché è intrinseco, esso è la determinazione della estrinsechezza: così l’estrinseco è solo un intrinseco, perché esso è solo un estrinseco. Come opposto, la loro identità è solo questo passare, in cui vi è solo l’altra delle due, non la loro [p. 269 modifica]identità piena di contenuto (totalità) — solo la cosa nella determinazione della forma: perché questa è l’unità di ambe le opposte determinazioni, che lega insieme; perciò è a dire della base o della cosa, cioè di quella che sarà presa la prima, ed è indifferente quale delle due, che essa è essenzialmente nell’altra determinazione, ma solo nell’altra, come l’altra solo nella prima. Se il primo è l’intrinseco, appunto perciò è solo un estrinseco: e viceversa. E poiché l’intrinseco è determinato come essenza, e l’estrinseco come essere; una cosa in quanto è solo nella sua essenza, perciò è solo un immediato essere; o una cosa che solo è, perciò £ solo ancora nella sua essenza. L’intrinseco è cosí il compimento della essenza secondo la forma. L’essenza come l’intrinseco è un manchevole, solo rapporto ad un altro, l’estrinseco; ma questo è appunto non solo essere o esistenza, ma rapporto all’intrinseco. Né questo è solo loro reciproco rapporto, ma il determinato rapporto dell’assoluta forma, che cioè ciascuno è immediatamente il suo opposto, comune rapporto al loro terzo o alla loro unità. Ma la loro mediazione manca ancora di questa identica base che li contiene amendue; il loro rapporto è perciò l’immediato passare dell’uno nell’altro; e questa negativa unità che li unisce, è il semplice punto vuoto di contenuto.

Il totale rapporto formale.

La prima delle discorse identità dell’intrinseco ed estrinseco è indifferente base tanto rispetto alla differenza di queste determinazioni, quanto rispetto alla forma a lei estrinseca — il contenuto. La seconda è la non mediata identità della sua differenza, l’immediato avvicendarsi dell’una nell’altra — la pura forma. Ma queste due identità sono solo le parti di una totalità: o essa è solo questo loro passare l’una nell’altra. La Totalità come base e contenuto è immediato in sé riflesso solo mediante la supponente riflessione della forma, che toglie la sua differenza, e si pone come indifferente identità, come riflessa unità rispetto alla differenza. O il contenuto è la stessa forma, in quanto questa si determina come differenza estrinseca, e fa di una sua parte l’estrinsechezza, ma dell’altra l’immediato [p. 270 modifica] in sé riflesso e l’intrinseco. Parimente le differenze formali, cioè l’intrinseco ed estrinseco, ciascuno è posto in sé come la totalità di sé e del suo altro; l’intrinseco è l’immediato come semplice unità in sé riflessa, e perciò tanto essere ed estrinsechezza quanto essenza; l’estrinseco è solo estrinseco come vario determinato essere, cioè posto come inessenziale e ritornato nel suo fondamento, così come intrinseco. Questo passaggio dell’uno nell’altro è la loro immediata identità come base; ma è ancora la loro mediata identità; cioè ciascuno è mediante il suo altro quello che esso è in sé, la totalità del rapporto. Perché ciascuna parte è la Totalità, è mediata dall’altra determinazione, la totalità si media con sé mediante la forma o la determinazione, e la determinazione si media mediante la sua semplice identità con sé. Ciò che è qualcosa, lo è quindi nella sua estrinsechezza; la sua estrinsechezza è la sua totalità, la sua unità in sé riflessa. La sua apparizione è non solo riflessione nell’altro, ma riflessione in sé, e la sua estrinsechezza è perciò l’estrinsecarsi di quello che essa è in sé; e in quanto cosí il suo contenuto e la sua forma sono semplicemente identici, esso è in sé e per sé niente altro che questo, di estrinsecarsi. Esso è il rivelarsi della essenza, sicché questa essenza consiste solo nell’essere ivi la rivelatrice di se stessa. L’essenziale rapporto in questa identità dell’apparizione con l’intrinseco o con l’essenza si è cosí determinato come Realtà.