La canzone del marinaro

Publio Barghiglioni

1890 Indice:Francesco Sabatini - Il volgo di Roma - 1890.pdf La canzone del marinaro Intestazione 18 settembre 2024 75% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Il volgo di Roma


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LA

CANZONE DEL MARINARO

(Comunicato).


Carissimo Sabatini,

Con una passione che ho nel sangue, ho seguito fino dalla prima giovinezza le cose risguardanti il volgo di Roma, e più assai che i libri ho studiato l’uomo che lo compone.1

Puoi immaginarti perciò se non solo con piacere, ma con entusiasmo io abbia accolto il tuo primo volumetto della raccolta: Il volgo di Roma!

Per dartene una prova, ti offro subito «una variante abruzzese» alla canzone popolare romana «Il marinaro», pubblicata nel tuo Volgo con le illustrazioni del signor Mario Menghini.2

È la «donna» che serve in casa, che la canta [p. 170 modifica]per «nina-nanna» ai bambini, ed io ne ho fatto tesoro, e lo merita sì perchè il rifiuto a giurare rispetto alla bella e il ratto che ne segue aggiungono interesse drammatico al soggetto, si perchè le varianti finali sono di una finezza lirica che risaltano tanto più vicino alla rozzezza e alla pesante serietà della versione romanesca. Aggiungi a tutto ciò la ragione fisiologica che ne ingrandisce l’importanza.

Imperocchè le due giunte abruzzesi dipingono il tipo di quei montanari dell’Appennino ai quali, se la natura ha dato un carattere fiero e selvaggio, li ha pure dotati di una fantasia immaginosa, che li fa ardenti nelle passioni, ed esaltati fino alla poesia nell’odio, nell’amore, nell’amicizia.

Ecco la variante:

Marinà che vvai per acqua, (bis)
Vado per acqua pè cel seré
Pe' ritrovare l'amato bè.

Quando fui a mezza strada (bis)
S'imbattessimo tutti e tré:
Dove anderemo sta sera a cé.

Anderemo in su dall'oste, (bis)
Signor oste caffettiè
Che date a cena a 'sti marinà?

C'è lo pane e lo salame (bis)
De' presciutto 'na quantità,
Lo marinaro lo pagherà.

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Cosa guardi o marinaro. (bis)
Sto guardando la fiòla
Se per mia sposa me la voi dà.

Te la do e non te la nego, (bis)
Basta me giuri la fedeltà
De stà sett’anni e non la toccà.

Questo poi non sarà mai, (bis)
Ch’io te giuri la fedeltà
De stà sett’anni e non la toccà.

Me la presi pe ’n braccetto, (bis)
Nella barca la feci montà
La bella Irena so’ la guardà. (sic)

Quando fui in mezzo al mare, (bis)
La barchetta se rivoltò
La bella Irena me s’affogò.

Quanti pesci stanno in mare, (bis)
Ma non so’ tutti d’un pescator,
Ma non son tutti d’un pescator.

Quanti ucelli stanno all’aria, (bis)
Ma non son tutti d’un cacciator,
Ma non son tutti d’un cacciator.

Quante stelle stanno in celo (bis)
Son tutti baci de primo amore
Ma piangi sempre lo pescatore.



  1. Ci piace annunziare come l’amico Publio Barghiglioni stia preparando per la nostra Raccolta un eccellente lavoro, che avrà per titolo: Feste e canti della plebe romana.

    F. S.

  2. Cfr. Volgo, 1, 78.