La Stella Polare ed il suo viaggio avventuroso/Parte terza/6. Le prime pressioni

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Capitolo VI

Le prime pressioni


Il 31 luglio la Stella Polare era più che mai alle prese coi ghiacci.

I banchi si accumulavano incessantemente attorno alla nave, minacciando di rinserrarla da ogni parte e di imprigionarla prima che avesse potuto trovare una baia acconcia per svernare.

Lo spettacolo che presentavano quei ghiacci era terribile. Detonavano incessantemente, scricchiolavano, zuffolavano sotto le formidabili strette, s’agitavano burrascosamente, s’alzavano o s’abbassavano con cupi boati. Pareva talvolta che sotto d’essi il mare fosse in tempesta e che cercasse, con sforzi poderosi, di rompere quella crosta gelata che lo teneva prigioniero.

Di quando in quando delle colonne o delle piramidi sorgevano bruscamente dai banchi in causa delle incessanti pressioni, si accavallavano paurosamente, poi diroccavano con immenso fracasso, lanciando lontani i blocchi di ghiaccio, come se una mina fosse scoppiata nel loro seno.

La Stella Polare però non si arrestava. Lanciata a tutto vapore continuava ad investire poderosamente i banchi, squarciandoli con grande impeto e filando velocemente attraverso le spaccature.

S. A. R., Cagni ed il capitano Evensen cercavano ansiosamente i [p. 255 modifica]canali e quando riuscivano a scoprirne uno, lanciavano la nave in quella direzione per scorrerlo prima che le pressioni lo richiudessero.

La lotta era dura, pure la speranza di poter varcare quegli ostacoli e guadagnare il mare libero, che supponevano ritrovare più a settentrione, sosteneva tutti.

– Avanti!... Avanti ancora!... – era il comando che usciva incessantemente dalle labbra dell’animoso principe.

E la Stella Polare, non ostante l’aumentare dei ghiacci ed i pericoli continui, avanzava sempre, passando di squarcio in isquarcio, di canale in canale.

Il 1° agosto però, mentre si era cacciata in un canale, questo bruscamente si chiuse, rinserrando improvvisamente la nave e facendola piegare su di un fianco.

Tutti gli altri banchi avevano seguìto quel movimento stringendosi gli uni contro gli altri e facendo scomparire bruscamente gli spazi che poco prima li dividevano.

Si era in tal modo formato un banco immenso, che pareva non avesse confini.

Le pressioni si erano manifestate con una potenza incredibile. I ghiacci muggivano, tuonavano, sibilavano, scrosciavano con un baccano assordante e ondeggiavano sinistramente, imprimendo alla nave delle brusche oscillazioni da babordo a tribordo.

Il fasciame, sotto quelle strette, crepitava ed i puntali s’inarcavano: lo scafo gemeva come si lamentasse di quelle ruvide carezze.

Fortunatamente i larghi fianchi della vecchia baleniera si sollevavano gradatamente, sfuggendo così alla stretta. Diversamente i ghiacci avrebbero infallantemente sfondati i corbetti ed il ghiaccio avrebbe finito per congiungersi attraverso la stiva.

Però anche i margini del banco si sollevavano e giungevano fino ai bordi della nave, minacciando di rovesciarsi in coperta.

A bordo ci fu un momento di grande ansietà. Guai se le pressioni avessero dovuto continuare: la nave forse non avrebbe potuto resistere a lungo.

I cani, spaventati da quei muggiti e da quelle detonazioni, urlavano lugubremente.

I comandi si succedevano ai comandi. [p. 256 modifica]

S. A. R., Cagni ed il capitano Evensen, curvi sulle murate, guardavano i ghiacci, portandosi ora a babordo ed ora a tribordo, mentre i marinai, coi buttafuori, cercavano di respingere i ghiacci che continuavano a sollevarsi fino ai bordi.

Fortunatamente le pressioni a poco a poco cominciarono a scemare di violenza. Le detonazioni ed i muggiti si fecero più rari, le colonne e le piramidi, spinte fuori dal banco dalla forza delle pressioni, diroccarono un’ultima volta, poi si manifestarono qua e là dei crepacci che si allungavano in tutte le direzioni.

– Il pericolo è passato, – disse il primo macchinista al tenente Querini.

– Credete che le pressioni non si rinnovino?

– Pel momento no, signore, – rispose il giovane nostromo.

– Potevano guastarci la nave?

– Sfondarla, signore. Nessuna forza può resistere alle strette dei ghiacci.

– Possiamo essere contenti della nostra nave.

– Sì, signor tenente. Ha subìta la prima prova meravigliosamente, quantunque non abbia i fianchi rotondi come il Fram di Nansen, si è sollevata bene.

– Allora possiamo sperare che resista anche durante l’inverno.

– Lo sapremo più tardi, signore, – rispose Andresen, sorridendo. – Chissà quali pressioni dovremo subire più a settentrione. Ecco laggiù dei nuovi canali: forse passeremo.

La Stella Polare, sfuggita alla terribile pressione, aveva ripresa la corsa assalendo rabbiosamente i banchi.

Tutti avevano fretta di uscire da quelle strettoie e di raggiungere il mare libero.

Il capitano Evensen, pratico di quelle regioni, aveva data l’assicurazione che non si tarderebbe ad incontrare acque libere, e quel lupo di mare non doveva ingannarsi nelle sue previsioni.

Fino al 4 agosto la Stella Polare potè spingersi, faticosamente, verso il nord, passando di canale in canale e assalendo i ghiacci che la stringevano da tutte le parti, poi fu nuovamente arrestata verso l’80° di latitudine nord, nei pressi dell’isola Eaton, da imponenti ammassi di ghiaccio. [p. 257 modifica]Calafataggio della Stella Polare. [p. 259 modifica]

Nel momento in cui si vedeva impedita la corsa, un grido mandato da un marinaio fece accorrere tutti in coperta:

– Una nave dinanzi a noi! –

Non era effetto di qualche miraggio o di rifrazione. Una vera nave, grande quasi quanto la Stella Polare, era imprigionata fra i banchi di ghiaccio, a parecchie miglia di distanza.

– Non può essere che la Cappella, – disse il capitano Evensen. – Ecco una bella occasione per far sapere nostre notizie in Europa.

– Che non sia qualche altra nave? – chiesero parecchi membri della spedizione italiana.

– No, signori, conosco troppo bene la Cappella per ingannarmi. Quella è la nave che è andata in cerca della spedizione Wellmann.

– Cerchiamo di raggiungerla, – disse il Duca.

La cosa, almeno nel momento, appariva molto dubbia poichè un banco immenso e compatto impediva alle due navi di congiungersi. Attaccarlo a colpi di sperone era assolutamente impossibile, presentando uno spessore straordinario; aprirsi un canale coi picconi era del pari impossibile, considerate le poche braccia disponibili che vi erano a bordo. Sarebbe stata una fatica enorme e forse senza successo, poichè vi era da temere che alla notte il ghiaccio spezzato si risaldasse.

– Aspettiamo che il vento disgreghi il banco o che le pressioni aprano dei canali, – disse il capitano Evensen. – Per ora non vi è nulla da tentare.

– Credete che quella nave abbia incontrata la spedizione Wellmann? – domandò il dottor Cavalli.

– Lo suppongo, signore.

– Era venuta ad esplorare queste terre? – chiese il tenente Querini.

– Sì signore.

– Mi pare che il signor Wellmann abbia già fatto qualche altro viaggio nelle regioni polari.

– Alcuni anni or sono ha tentato ancora di spingersi verso il polo, dirigendosi al nord dello Spitzbergen, ma non ebbe fortuna. I ghiacci lo trascinarono al sud, spingendolo su quelle isole. Si dice però che quella spedizione fosse stata allestita con poca serietà.

– Da quando si trova su queste terre? [p. 260 modifica]

– È partito il 27 luglio dell’anno scorso, con un seguito numeroso, sbarcando al Capo Tegetthoff, poi la sua nave fece ritorno in Norvegia.

– E non si è più saputo nulla? – chiese il tenente.

– Si sa che il Wellmann doveva svernare sul quel Capo per poi spingersi direttamente verso il polo nella prossima primavera. Che si sia spinto molto innanzi o che sia stato sfortunato, lo sapremo forse presto.

– Che si aprano i ghiacci?

– Lo spero, signore. Il vento, presto o tardi, li spingerà altrove. Guardate lassù, verso il nord non vedete come l’orizzonte è azzurro? Ciò indica che là vi è il mare libero. Armiamoci di pazienza e aspettiamo. –

L’indomani la Stella Polare, avendo trovato un canale, potè inoltrarsi di alcune miglia, con molta fatica però e anche con molto pericolo.

La Cappella dal canto suo era riuscita a guadagnare il mar libero, ma prima di riprendere la rotta verso il sud voleva attendere la Stella Polare per ricevere la corrispondenza. A mezzo di bandiere aveva già segnalato di rimanere in panna in attesa che la nave del Duca potesse liberarsi dai banchi di ghiaccio, ed aveva pure segnalato di aver a bordo la spedizione Wellmann.

Non fu che il 6 agosto, all’una pomeridiana, che la Stella Polare, dopo d’aver assalito vigorosamente gli ultimi banchi di ghiaccio, potè finalmente raggiungere il mare libero, abbordare la Cappella e salutare i superstiti della spedizione Wellmann.