L'invetriata de carta

Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura L'invetriata de carta Intestazione 14 dicembre 2024 75% Da definire

Er Re e la Reggina Er nome de li Cardinali
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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L’INVETRIATA DE CARTA.

     Era du’ ora,[1] e stavo ar mi’ bbanchetto
A ccuscì un tacco a una sciavatta[2] fina,
Quanto... bbun! ssento un botto a la vetrina,[3]
Eppoi: “Se pò appiccià[4] sto moccoletto?„

     Io do un zarto[5] e cch’edè?![6] vvedo un pivetto[7]
Tutto-quanto impiastrato de farina,
Che sse[8] sporge co’ un pezzo de fasscina
Tra li fojji[9] stracciati, inzino ar petto.

     M’arzo,[10] agguanto[11] una forma, apro, esco fòra,
Vedo una cosa bbianca, e, incecalito,[12]
Do una formata in testa a una siggnora.

     Lei fa uno strillo: io scappo; ma er marito
M’arriva, e mme ne dà, cristo!, ch’ancora
Me sce sento er groppone indormentito.[13]

23 marzo 1834.

Note

  1. [Di notte, si sottintende.]
  2. Ciabatta.
  3. Bussola della bottega. [Vetrina, dai vetri che avrebbero dovuto esserci e in mancanza de’ quali il povero’omo ci aveva incollato della carta.]
  4. Accendere.
  5. Salto.
  6. Che è? cosè?
  7. Un fraschetta.
  8. Si.
  9. Fogli.
  10. M’alzo.
  11. Afferro.
  12. Abbacinato. [Accecato dall’ira.]
  13. [Indormentito: indolenzito.]