Kant - Geografia fisica, 1807, vol. 1/Prenozioni matematiche/VI. Del moto della terra, dei poli e dell'equatore

Prenozioni matematiche

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Immanuel Kant - Geografia fisica (1802)
Traduzione dal tedesco di Carl August Eckerlin (1807)
Prenozioni matematiche
Prenozioni matematiche - V. Delle misure, e se sia possibile di poter avere una misura fondamentale, perpetua, invariabile e generale Prenozioni matematiche - VII. Dell'eclittica, delle zone, delle stagioni ec.

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VI.

Del moto della terra, dei poli e dell’equatore.


Prestando solamente una piccola attenzione al cielo, scopriremo, che esso in ventiquattro ore dal levante verso ponente aggirarsi con tutte le sue stelle una volta intieramente intorno alla terra, e che in questo frattempo la maggior parte delle stelle nasce e tramonta come il sole e la luna, descrivendo archi la di cui parte maggiore o minore casca sopra o sotto il nostro orizzonte. Altre poi restano continuamente sopra di noi, descrivendo un piccolo giro, e fra queste l’orsa piccola e la grande cadono maggiormente sott’occhio. In mezzo a questi circoli, più o meno concentrati, potremo fissare un punto intorno al quale s’eseguisce l’intiero veloce giro del cielo. Siccome questo punto cade vicino alla coda [p. 53 modifica] della piccola orsa; così i greci antichi hanno chiamato la piccola orsa, custode delle Stelle, ed il punto suddetto immobile di questa, costellazione dell’orsa (nella loro lingua ἄρκτος) polo artico: noi lo chiamiamo, secondo la direzione del cielo polo settentrionale o nord. Diametralmente opposto a questo, sotto l’orizzonte nostro deve essere stabilito un altro punto fisso, e tale da poter tirare da questo al polo settentrionale una linea retta che passa pel centro della nostra terra: questo punto chiamiamo polo antartico, polo meridionale o polo sud. La linea retta che unisce ambidue, ed intorno alla quale il cielo pare aggirarsi come intorno ad un asse, potremo chiamare asse del mondo.

Ora è possibile, che questo movimento accada propriamente nel modo come ci comparisce; o che sia solamente apparente, e che in tal caso la terra faccia su questa linea un movimento contrario, cioè un giro dall’ovest all’est, apparendo a’ nostri occhi un tal giro nelle stelle, come quando si naviga colla corrente d’un fiume, e che la riva colle case e gli alberi sembrano [p. 54 modifica] correre in su in direzione contraria? Osservazioni esatte del cielo, e innumerabili fenomeni e cangiamenti osservati, e che altrimenti non si lasciano spiegare che per mezzo del giro della terra, richiedono che ci attenghiamo alla seconda ipotesi. L’esperienza già riportata di Richer, cioè, che un pendolo il quale a Parigi batteva i secondi, restò in dietro a Cayenne, e fece oscillazioni più lente, di modo che doveva esser raccorciato di 1 1/4 di linea; ma che verso il polo avanzò e dovette essere prolungato per batter i secondi, prova il giro della terra: poichè solamente per questo giro della terra intorno al proprio asse può nascer una forza centrifuga che opera all’opposto della forza d’attrazione; diminuendo questa meno sotto i poli, ma più sensibilmente e maggiormente nell’avvicinarsi verso l’equatore.

Newton insegnò un’altra strada per definire il giro della terra , e ciò per mezzo di un’esperienza. Egli propose nel 1679 di far cadere delle palle da un’altezza considerabile, e di osservare se esse si allontanassero dalla perpendicolare, ed in quale distanza. Se la terra stasse ferma, [p. 55 modifica] dovrebbero cadere perpendicolarmente; se girasse intorno al suo asse, la palla dovrebbe cadere un poco verso l’est, mentre nella punta superiore di un’altezza il movimento dello slancio, che nasce dalla rotazione dell’asse, è maggiore che al piede. Per quanto siano difficoltose l’esperienze di questa natura, particolarmente per via della resistenza dell’aria, ciò non ostante se ne sono ripetute da quel tempo in poi varie, e prima da Hooke, ma non veramente con grande esattezza. In una caduta di 27 piedi trovò egli però la declinazione al sud est (ved. Birch nella storia della società reale, p. 512 a 516). Guglielmini, geometra a Bologna , fece questo esperimento colla massima precauzione e diligenza. La torre degli Asinelli, dell'altezza di 300 piedi parigini, gli diede una caduta di 241 piedi. I corpi caddero distanti dalla perpendicolare 8,375 linee verso l’est, e 5,272 verso il sud. Secondo la sua teoria la declinazione verso l’est doveva essere di 7,581 linee, e quella del sud di 6,163. La declinazione maggiore fra I’est ed il sud fu di 9,896 linee, e secondo la sua teoria avrebbe dovuto essere di 9,930 linee: dunque la [p. 56 modifica] differenza consistette solamente in 0,031 linee. La declinazione verso il sud nasce dalla resistenza dell’aria sul corpo cadente, alla quale il piombino, che si muove colla terra, non è soggetto. Le palle avrebbero dovuto compire i 241 piedi in 4 secondi, ma ne impiegarono 4 1/51.

Ciò non ostante abbandonò egli dappoi la precisione del suo esperimento. L’errore probabilmente fu in ciò, che egli verificò la direzione perpendicolare del punto di sospensione del corpo cadente molto dopo l’esperimento fatto; mentre questa verificazione deve replicarsi ogni volta avanti l’esperimento, poichè gli edifizj grandi sono tal volta variabili, e si è trovato sovente nella direzione di est ed ovest la differenza di 10 secondi nella verticalità. Sopra ciò si fece riflessione negli ultimi esperimenti fatti in Amburgo, dove dal celebre architetto Sonin la torre di S. Michele fin dal 1780 era stata a tal fine fabbricata. Questa torre ha 402 piedi di Parigi, ed alcuni pollici di altezza: [p. 57 modifica] in tutti i pavimenti della torre sonovi delle botole; aprendo queste, tutto l’asse della torre è in libertà fin all’altezza della caduta di 34o piedi. Però nell’esperimento del giro della terra intorno al suo proprio asse, il quale appartiene a’ più dilicati dell’intiera fisica, non si può far uso della totale altezza, ma solamente di 235 piedi, poichè nell’altura esiste un continuo soffio d’aria, il quale disturba le palle nella caduta.

Il medio degli sperimenti che vi fece Benzenberg si accordò esattamente nella declinazione col calcolo che il dottore Gauss fece in Brunsvick secondo la sua teoria. Solamente la declinazione verso il sud fu maggiore di 1 1/2 linee dl quella che dava la teoria; e la declinazione verso l’est non variò ancora che per 1/10 di linee. Gli esperimenti diedero 3,99 linee verso l’est; e il calcolo del dottor Gauss, 3,95 linee.

Egli è pure più facile e naturale al senso comune di comprendere, che fra 24 ore la terra giri una volta intorno al suo proprio asse, invece che un immenso numero di stelle in ispazj immisurabili voli intorno ad essa, o si lanci piuttosto con una velocità di fulmine. La terra gira dunque intorno al [p. 58 modifica] suo proprio asse, il quale prolungato cadrebbe vicino alla stella di seconda grandezza, che trovasi in fine della coda dell’orsa minore. Esattamente non cade nè sopra questa nè sopra un’altra stella; e poco ci servirebbe se ne incontrasse. Siccome la terra oscilla un po’ o a cagione dell’attrazione disuguale del sole sulle varie parti della medesima, e descrive perciò coll’asse suo de’ piccoli coni elittici, invece di tenersi sempre nella posizione stessa; la stella che in un dato istante fosse veramente stella polare, in un altro non lo sarebbe più. Così la stella soprannominata è distante presentemente 1° 46' 53" dal punto polare; ma gli si avvicina in ciascun anno di 19 secondi e 42 terzi, di modo che essa fra 304 anni e 6 mesi non sarà più distante che 27 minuti e 19 secondi; ciò ch’è la minima sua distanza possibile. La medesima poi ritornerà ad allontanarsi col medesimo moto, supposto che l’orbita della terra resti la medesima, finchè essa, dopo 13193 anni, 9 mesi, avrà guadagnata la massima distanza, cioè 47° 23' 59": di questa distanza basta la decima parte per non essere più riguardata per la nostra stella polare; ed anche non lo fu [p. 59 modifica] sempre. Una stella nel dragone, segnata da Bayer α, ha occupato molto tempo questo posto: e nella sua maggior vicinanza, 28I8 anni avanti Cristo, fu distante dal polo solamente 10' 25"; vicinanza alla quale la nostra stella polare di gran lunga non arriverà, come pure nessun’altra stella.

I due punti sulla superficie della terra, pei quali passa l’asse, si chiamano i punti di rotazione, ovvero poli. Questi, in confronto alla terra che gira intorno ad essi, possono essere riguardati come fissi. Intorno ad essi possiamo figurarci una quantità di circoli concentrici. Vicino ai poli saranno piccoli, ma cresceranno gradatamente, finchè uno fra loro, in eguale distanza da ambedue i poli, sarà il maggiore. Potremmo chiamarlo il circolo medio; e siccome, tirandovi un piano, dividerebbe la terra in due parti eguali, così lo nominiamo equatore.

Questi due poli e l’equatore non sono punto immaginarj, ma tirati dalla natura stessa, e resi assai conoscibili. La terra, a cagione dei poli, è intorniata coll’equatore, quasi con una grande fascia, in confronto alla quale svaniscono le più alte montagne; [p. 60 modifica] l’equatore è conosciuto non solamente ai navigatori che non possono non ravvisarlo, ma pure all’uomo comune sotto il nome di linea. La gravità, come già è stato accennato, è qui considerabilmeme minore. I raggi del sole quasi tutto l’anno vi cadono perpendicolarmente; continuamente vi regna I’equinozio, ed una sola estate, interrotta solamente dal tempo delle piogge. Il calore vi è grande, e la vegetazione viva. Morto è tutto al contrario sotto i poli, ed impedito intieramente agli uomini è l’ingresso a queste regioni, che la mano della natura compresse sulla terra. Sei mesi dell’anno sono i poli scambievolmente involti nella notte, e gli altri sei illuminati, mentre che noi, abitando tra i poli e l’equatore, abbiamo giornate ora lunghe ed ora corte.

La cagione di questa differenza nella lunghezza de’ giorni e delle notti, e di quella delle stagioni in generale, sta nella direzione obliqua del piano dell’equatore contro il piano dell’orbita che la terra descrive intorno al sole. Se l’equatore camminasse parallelamente al suddetto piano, cosa che dovrebbe aver luogo allora quando l’asse della terra stasse perpendicolare sul medesimo, [p. 61 modifica] cioè facesse un angolo di 90 gradi, allora vi sarebbe su l’intiera terra un continuo equinozio, una stagione perpetua; sotto l’equatore un estate continuo, e sotto i poli un’eterna primavera. L’inclinazione dell’asse della terra contro la sua orbita è al presente di 23° 28’2. Di uguale grandezza è anche l’inclinazione del piano dell’equatore contro il piano dell’orbita. Per lo passato si trovò quest’angolo maggiore; esso va dunque diminuendo. Souville credette di poter ridurre questa diminuzione ad un minuto in ciascun secolo: La Lande mise la diminuzione dell’angolo e l’avvicinamento al retto ad 1' 28" fra cento anni, di modo che la terra deve aspettare ancora la primavera eterna per 95'900 anni; ma ultimamente ha trovato il decrescimento presente solamente di 33" in 100 anni, in guisa che la terra dovrà ancora aspettare l’epoca della primavera fra 198000 anni.

  1. Ved. Guglielmini de diurno terrae motu. experimentis fisico-mathematicis confirmato. Bonon. 1792, in ottavo con rami. pag. 9o.
  2. Tanti gradi mancano dall’angolo retto. Egualmente si può dire: l’asse fa sull’orbita un angolo di 66 gradi 32'; quest’angolo, secondo i cangiamenti osservati, sempre s’ingrandisce, finchè diventerà retto.