Italia - 30 maggio 2001, Discorso di insediamento al Senato della Repubblica del Presidente Marcello Pera

Marcello Pera

2001 Discorsi Discorso di insediamento al Senato della Repubblica del Presidente Marcello Pera Intestazione 30 aprile 2008 75% Generale

(Si leva in piedi). Onorevoli senatori, ringrazio coloro tra di voi che hanno espresso il loro consenso alla mia elezione e ringrazio, niente affatto formalmente, coloro che hanno ritenuto di doversi astenere. Agli uni prometto il mio impegno per mantenere quel consenso, agli altri garantisco il mio lavoro per guadagnarmelo.

Questa intenzione corrisponde ad un convincimento profondo della mia filosofia della vita e della politica. Nella vita si cresce imparando dalle obiezioni, nella politica si progredisce affrontando le critiche delle opposizioni.

Questo è il nucleo della democrazia come io la concepisco seguendo la lezione di venerati maestri. Non è soltanto il governo del popolo, la democrazia; non è neppure soltanto il governo delle regole o della legge: è qualcosa di più difficile, ma anche di più esaltante. La democrazia è quel regime di governo che permette a chi si oppone di sostituire pacificamente chi prende le decisioni a nome della maggioranza. Per questo la democrazia o lo strumento della democrazia non è soltanto il voto, ma l'argomentazione, il discorso, il confronto. Per sostituire chi governa, prima di votare occorre confutare e criticare. Allo stesso modo per governare occorre argomentare e convincere.

Dicendo questo, io credo di rendere omaggio alla nostra democrazia. L'Italia ha saldamente, stabilmente un regime democratico, e oggi la democrazia si affaccia sulla nostra scena con un tipo nuovo. Le recenti elezioni ce ne hanno dato la prova migliore. Una minoranza, argomentando, presentando le proprie tesi, e perciò convincendo, è diventata maggioranza, e una nuova classe dirigente si appresta a governare. Il clima della campagna elettorale, talvolta aspro, talvolta persino sgradevole, non ha potuto però nascondere un dato di fatto su cui tutti dovremmo riflettere, tutti e non solo qui, e di cui dovremmo anche essere orgogliosi: per i cittadini italiani il cambio di maggioranza e di governo rientra nella ordinata fisiologia della politica, e non è equiparabile, neppure politicamente, neppure satiricamente, ad un salto nell'ignoto o nel pericolo.

Siamo entrati a pieno titolo nell'era della democrazia maggioritaria; siamo entrati in quella del bipolarismo, in cui ci hanno preceduto già altre democrazie occidentali. Può darsi - personalmente ne sono anche convinto - che questo bipolarismo politico che è nei fatti non abbia ancora un efficace corrispondente istituzionale e costituzionale che lo regimenti; e però il bipolarismo c'è, produce i suoi effetti e dispiega le sue conseguenze.

Alla maggioranza, che è quella voluta liberamente dagli italiani, spetta di governare. All'opposizione compete il compito di contrastarla. A tutti e chiunque, comunque collocati, spetta l'obbligo di rispettarla. Questo è anche il mio dovere, che cercherò di assolvere al meglio della mia coscienza: di consentire alla maggioranza di realizzare il programma che si è data, di garantire all'opposizione la critica di quel programma.

Assolverò questo dovere nel rispetto scrupoloso del Regolamento. Senza venir meno alle mie responsabilità di decisioni, quando dovrò prenderle, auspico e chiedo l'aiuto di tutti voi. Auspico e chiedo che le discussioni siano civili; auspico e chiedo che le divisioni siano rispettose; auspico e chiedo che molte decisioni siano condivise. Perché non ci si dovrebbe dividere quando si tratti della collocazione internazionale dell'Italia nell'Europa e nel mondo occidentale, della fedeltà ai nostri alleati; non ci si dovrebbe dividere quando fossero in gioco interessi strategici o l'onore della Patria; non ci si dovrebbe dividere quando si discutesse di diritti e di garanzie fondamentali dei cittadini o di rispetto della natura laica delle istituzioni; non ci si dovrebbe dividere quando si decidesse su questioni essenziali che riguardino la giustizia e il diritto.

Questi e molti altri sono i temi dell'agenda politica di questa legislatura. E l'agenda politica non è la mia agenda; l'agenda politica è l'agenda della maggioranza - che io intendo rispettare - e, nelle forme previste dal Regolamento, dalle norme che governano la nostra Assemblea, è l'agenda dell'opposizione. A me il compito di regolare rispettosamente il gioco; mi adopererò per essere all'altezza della fiducia che mi avete espresso.

Da Presidente di una istituzione, conto sulla collaborazione con altre istituzioni. In primo luogo, con il Presidente della Repubblica, cui invio un ossequio non formale, a cui mi lega una terra di origine e una cultura di uomini forti del senso dello Stato; con la Corte costituzionale ed il suo presidente; con le magistrature tutte, con le quali ho avuto molti proficui rapporti durante questi anni; con le Forze armate, con la Polizia di Stato, con i Carabinieri, con la Guardia di finanza; con tutti coloro che, a qualunque livello, reggono e condividono responsabilità della cosa pubblica.

Invio un pensiero di gratitudine al Presidente che mi ha preceduto, il senatore Nicola Mancino (L'Assemblea si leva in piedi. Vivi, generali applausi), e ai suoi, ed ora anche miei, illustri e grandi predecessori.

Che la mia coscienza sia all'altezza dei miei doveri e che la tradizione di quella nobile terra in cui sono nato, che mi ha educato al sentimento della religiosità civile, che mi ha trasmesso il senso della tolleranza, che mi ha fatto apprezzare il dovere della libertà, mi sia di aiuto per il mio alto compito.

A voi tutti grazie e auguri di buon lavoro. Viva il Senato, viva l'Italia, viva la libertà! (Vivissimi, prolungati applausi dal centro, dal centro-destra e dalla destra. Applausi dal centro-sinistra e dalla sinistra).