Incisori dei conii della moneta napoletana

Arthur Sambon

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Incisori dei conii della moneta napoletana Intestazione 24 gennaio 2013 75% Numismatica

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INCISORI DEI CONII


DELLA MONETA NAPOLETANA


Ben poco è stato finora pubblicato sugli incisori de’ conii della moneta napoletana. Nelle ricerche da me fatte nell’Archivio di Stato, a Napoli, mi son venuti sottocchio parecchi documenti che mi danno occasione di aggiungere altri nomi d’incisori, a quelli pubblicati già dallo Schulz1, dal Fusco2, dal Barone3, e di precisare altresì l’operato di questi artisti, e specialmente di quelli del secolo XV e XVI.

Voglio sperare che questo studio non sia affatto infruttuoso per la storia dell’arte napoletana. Esso non solo darà uno specchietto abbastanza completo e rigorosamente cronologico dell’arte dell’incisione a Napoli, essendo nella maggior parte napoletani gli artisti che indicheremo: ma darà inoltre occasione a valutare l’importanza diversa di alcuni orafi napoletani di cui finora si sapeva poco o niente affatto.

Eppure dai documenti che avanzano, si rileva che [p. 70 modifica]ad alcuni di questi incisori furono commessi lavori importanti di oreficeria a cesello. Il primo incisore di conii, di cui troviamo cenno, è certo Goffredo di Messina4. Trascrivo qui la notizia che lo riguarda, tratta da regio rescritto del 1271 (25 gennaio) dell’Archivio di Napoli5.

“Scriptum est magistris siclariis Messane. Ex parte Goffridi Messane fidelis nostri fuit nobis humiliter supplicatum, ut, cum ipse tanquam persona utilis et sufficiens ab eo tempore, quo cusa fuit nova moneta de mandato nostro in sicla Messane, per magistros siclarios eiusdem sicle statutus fuerit sicut magister scultor cuneorum tam monete, quam regalium et tarenorum qui in eadem sicla necessarii esse videntur, et in eodem servitio nostro nunc moram trahat et sit in antea contracturus, exhiberi sibi solidos consuetos et debitos prò expensis suis, prout in officio predecessores sui, qui fuerunt prò tempore, ecc.„ .

Di lui dunque è il conio dell’Augustale o reale messinese che pubblicai nell’articolo: Monnayage de Charles d’Anjou dans l’Italie méridionale (Tav. III, n. 3) e, secondo si ricava dal documento da noi riferito, tenne l’ufficio di incisore della Zecca messinese, dal 1266 sin oltre il 1271. Però il conio, inciso dal Goffredo, è assai inferiore a quelli eseguiti nell’officina di Barletta, e non possiamo tributare grandi elogi al Goffredo, che si dimostra assai goffo nel profilo.

Di maggiore importanza è, invece, l’orafo Giovanni Fortino, probabilmente brundusino, che dovette eseguire, per alcun tempo, i conii di denari brundusini, [p. 71 modifica]e fu chiamato nel 1278 a lavorare quelli per la Zecca napoletana6.

È noto quanto interesse pose Carlo nella riforma della moneta, e nella istituzione della Zecca napoletana, da lui decretata in quell’anno.

Egli aveva chiamato, da Firenze, un valente zecchiere, certo Francesco Formica, cui fu affidata l’amministrazione della nuova Zecca. Le notizie che abbiamo di questo maestro della Zecca napoletana, non ci danno luogo a ritenerlo incisore dei conii. Egli si addimostra invece peritissimo nella tecnica della monetazione e fu incaricato da Carlo di redigere uno specchietto delle precedenti emissioni delle Zecche napoletane, e di proporre efficace riforma per la lega e pel taglio de’ metalli. Il Formica propose come tipi, il grosso tornese di Francia ed il fiorino d’oro di Firenze; e la saggia proposta fu messa in esecuzione l’anno 1278. Da un prezioso documento di quell’anno attingiamo che il sovrano, benché guidato dai consigli dell’esperto zecchiere, prese gran parte nello studio di quella riforma, e propose egli medesimo il disegno della nuova moneta7.

Se ne fece mandare a Roma la prova, allorché si recò in quella città, per placare il Pontefice; e di lì scriveva al Formica che l’incisore non lo aveva punto contentato. Quello che specialmente desiderava, era che l’incisione fosse più profonda e che, le lettere specialmente, avessero a venir fuori con maggior rilievo8. Malgrado le ragioni di pratica utilità, che lo persuadevano a smettere il simpatico conio del reale, è evidente che l’Angioino rinunziava, con [p. 72 modifica]rammarico, all’effetto del forte rilievo di quella bellissima moneta. Riportiamo al n. 1 della Tav. I il carlino d’oro eseguito da Giovanni Fortino.

Durante il regno di Carlo II, e al principio del regno di Roberto, fu principale incisore della Zecca napoletana certo Perotto, francese (Perroctus gallicus)9. Nel 1313, addì 20 giugno, furono nominati incisori de’ conii, in seguito alla morte del Perotto, Niccolino Giunta di Lucca e Pietro de Simone di Siena; ma costoro, non sappiamo perchè, furono subito rimandati o almeno trasferiti altrove. Appiè del documento è una nota scritta il 20 agosto che accenna al rinvio di quei due, e alla nomina di Ottavio, figlio del defunto Perotto, e di Giovanni de Madio, napoletano. Costoro esercitarono la carica insino all’anno 1329. Possiamo indicare due conii che furono certamente eseguiti da loro; il carlino, colla ghianda nell’area del dritto, anteriore al 1321, e quello col giglio, coniato nel settembre di quell’anno, siccome si rileva da regio rescritto del 15 settembre 1321 10. Si ordina con questo di coniare nuova moneta di cui sia scrupolosamente controllato il peso, e sulla quale, perchè agevolmente si distingua dalla precedente emissione, sia sostituito un giglio alla ghianda.

Nel 1329, fu nominato incisore dei conii della Zecca di Napoli, Nicola de Murrone, napoletano, e nel 1343 lo vediamo riconfermato in quell’ufficio da Giovanna I collo stipendio annuo di 18 once d’oro11.

[p. 73 modifica] Nel 1399 (7 luglio) vien dichiarato maestro dei conii l’orafo Francesco Toccio col solito stipendio annuo di 18 once, e nel 1401 (7 ott.) sono assunti a quell’ufficio Guglielmo Novello e Niccolò Rispolo.

In questo periodo però l’incisione dei conii napoletani lascia molto a desiderare. Ad Aquila, invece, e in altre città d’Abruzzo, essi furono assai meglio lavorati; e non è a meravigliare, considerando l’impulso che ricevette quivi, in quel torno, l’arte del cesello. Il Bindi crede che lo stesso Nicola Gallucci abbia inciso alcuni conii abruzzesi; ma questa supposizione non è convalidata da alcun documento plausibile.

Nel 1437, Alfonso I d’Aragona, istituita a Gaeta la Zecca, mentre lottava con Renato, pel possesso di Napoli, affidò l’esecuzione de’ conii all’orafo milanese Paolo de Roma. Troviamo spesso, nelle cedole aragonesi, menzione di questo artista assai esperto e tenuto in gran conto dal magnanimo Alfonso. Lo Schultz riporta un documento interessantissimo, per effetto del quale vien concesso a Paolo de Roma " in considerazione della sua abilità „ il privilegio di apporre il proprio marchio a tutti gli argenti lavorati nel Reame12. Paolo de Roma incise nel 1437 il bellissimo conio del ducatone d’oro, col re armato, a cavallo, che fu ripetuto, nel 1441, dall’orefice napoletano, Guido d’Antonio13. (Vedi il n. 2 della Tav I).

[p. 74 modifica] A Guido d’Antonio successe altro incisore napoletano, l’orafo Francesco Liparolo, incaricato anche dell’incisione de’ suggelli. Addì 5 gennaio 1456, lo troviamo menzionato nelle cedole Aragonesi pel pagamento di un suggello d’argento con l’armi di Aragona e Napoli, scolpite su14. Addì 8 giugno, del 1456, Alfonso aumentò la paga da lui percepita pei lavori di Zecca. Invece di 1 1/2 tornese, per libbra di moneta d’argento o rame, fatta coi conii da lui incisi, gliene concesse 3 per libbra d’argento e rame, e 5 grani d’oro per libbra di moneta d’oro15.

Sanno tutti la passione di Alfonso per le monete antiche. Da un documento, da me rinvenuto, nell’Archivio di Stato di Napoli, risulta che il Liparolo aveva incarico di farne ricerca per Alfonso; ed il sovrano gli era assai grato dell’assidua cura che metteva ad accrescere la sua ricca nummoteca. Per questo zelo, per giusto compenso dell’abilità di lui come incisore della Zecca, Alfonso concesse al Liparolo, quanto questi vivesse, 50 carri di frumento all’anno, liberi d’ogni dritto d’esportazione16. Giova trarre fuori il seguente brano del suddetto documento:

«Alfonsus, etc. provido viro magistro Francisco Liparolo de Neapoli aurifabro ac scultori omnium stamparum et fideli nostro dilecto gratiam nostram et bonam voluntatem sane actendentes vestre fidei sinceritatis constanciam nec non grata plurima et [p. 75 modifica]accepta servicia per vos maiestati nostre fideliter et constanter prestita et impensa nec non sumptus et varias expensas quas et quos hactenus subire oportuìt et continue facitis circa habitationem et inventionem monetarum antiquarum tam aurearum argentarum erearum quam aliorum diversorum metallorum in quibus sculte sunt vetuste imagines et subscriptiones nonnullorum illustrium virorum quibus quam plurimum oblectamur quin prestatis ad presens et prestare poteritis et continue prestatis in dictis numismatibus antiquis et sculturis vestris dante domino continuacione laudabili ex quibus nos nostra gratia dignum et bene-meritum reputamus».

Ancor più esperto fu Girolamo Liparolo che successe a Francesco nel 146217. Fu il primo a ritrarre il sovrano sulla moneta napoletana, poiché non possiamo ritenere un tentativo di ritratto la testa assolutamente schematica e convenzionale del reale di Alfonso, coniato in Sicilia, a Napoli, ad Aquila e a Lanciano.

Alfonso I, appassionatissimo, com’era, dell’arte, appena vide saggi delle stupende medaglie, eseguite da Vittore Pisano, fu preso da vivo desiderio di avere presso di sé quell’insigne artista, e, nel 1448, venne difatti il Pisanello alla corte Aragonese. Tra le medaglie, da lui eseguite per Alfonso, ve n’ha una coniata a foggia d’un mezzo carlino, su cui è ritratta con gran maestrìa l’effigie del sovrano. È il primo saggio, ch’io conosca di ritratto su di una piastrina metallica coniata. Prezioso modello, questo, pei nostri artisti; e nullameno, passarono sedici anni, prima che si tentasse quell’importante innovazione nella moneta.

[p. 76 modifica] Nell’Archivio di Milano, trovai un documento, dal quale risulta che Francesco Sforza, duca di Milano, fu il primo a porre sulla moneta il suo ritratto18, al principio dell’anno 146319. Il Duca, scrivendo il 28 marzo di quell’anno al suo ambasciatore Antonio da Trezzo, dice " de questi denari che mandiamo là per la prestanza de quelle nostre gentedarmi, per Facio Gallerano, nostro famiglio gli serano mille ducati di la nostra ceccha, cioè dela stampa facta novamente, quali anno scolpita la effige nostra et perchè qui se spendano al precio deli ducati venetiani volimo che tu proveda con la M.ta del Re che se spendano per venetiani et per quello precio se spendano et coreno li venetiani „.

E Ferdinando d’Aragona non fu tardo a seguire l’esempio del previdente suo alleato e commise, nel marzo o nell’aprile del 1465, il conio di ducati d’oro, col suo ritratto.

Troviamo nelle Cedole di Tesoreria, dell’anno 1465, che nell’aprile il Tesoriere, ricevette ducati 31, un tarì e 12 grana per valore di 796 ferrandini, moneta d’oro, che il re nuovamente ha ordinata, e fa battere nella Zecca. E del peso, della lega e del valore del ducato Veneziano, I Ferrandini valgono 5 tarì e 77 grana il pezzo.

Non sono rari gli esemplari del Ferrandino coniato [p. 77 modifica]quell’anno. Il volto del giovane sovrano ha un’espressione sorridente ed affabile, ben diversa da quella così triste ed arcigna onde s’impronta l’effigie dei conii posteriori.

La figura, da principio, non è trattata con molta maestria dal giovane Liparolo; quella dell’Arcangelo, sui carlini, è infatti spesso un po’ goffa, ma alcuni degli ultimi conii eseguiti per Ferdinando, sono veramente belli. Quelli del ducatone d’oro, della medaglia trionfale, coniata nel 1486, del ducato d’oro d’Alfonso II sono, certo, lavori di pregio.



Girolamo Liparolo lavorò anche i suggelli e lo troviamo continuamente menzionato nelle Cedole per pagamenti di suggelli da lui foggiati20. Diamo il disegno di un suggello eseguito nel 1473. (Vedi la Tav. II, n. 2).

Tra le monete di Ferdinando I d’Aragona, due ve n’ha ch’io non credo si possano attribuire a Girolamo Liparolo. (V. Tav. I, n. 3 e 4). La perfezione del profilo, l’eleganza e la franchezza, con cui è delineata la figura dell’Arcangelo, dinotano un artista assai più esperto del Liparolo.

[p. 78 modifica] Ma a chi attribuire queste due bellissime incisioni? Certo non a Francesco Laurana, artista dalmata, che lavorò parecchie medaglie, e che fu, per qualche tempo, alla Corte Aragonese, poiché era già tornato da parecchi anni in Provenza.

Del medaglista, Costanzo, che fu pure lungo tempo alla Corte di Ferdinando d’Aragona, alla fine della seconda metà del XV secolo, non possono essere, perchè assai diversa è la foggia di quell’artista. Lo stesso si dica del Guazzalotti.

Potrebbero forse essere lavori di quel Guido Mazzoni de’ Paganini21, che lavorò tanto per Ferdinando I, e che, tra l’altre cose, fuse quello stupendo busto in bronzo di Ferdinando, per la cappella di Monte Oliveto? Nessuna prova abbiamo, che lavorasse di bulino, ma l’accuratezza, con cui son condotti i particolari minuti delle sue scolture, ben lo dimostrano atto a piegarsi a lavori di tal fatta, od a tracciare almeno un disegno che altri avrà inciso.

Morto Girolamo Liparolo. fu nominato incisore de’ conii Bernardino de Bove, anch’egli napoletano. Ebbe l’ufficio nel 1497, come vedesi dal seguente rescritto.

" Magnifico Joan Carlo (Gian Carlo Tramontana, direttore della Zecca) acciocché se possa dare principio, et comenzare ad cognar moneta con la stampa de nostra Maestà, volimo et per la presente ve concedemo et ordinamo, che con li cogni facti per lo fedele et dilecto nostro maestro Bernardino de Bove debiate far cugnar le monete predicte, tenendolo e reputandolo per maestro de dicti cogni et servendove de ipso in tutte le occurenze che spectano ad officio suo, respondendoli etiam et facendoli [p. 79 modifica]respondere de quanto e stato solito per li tempi passati responderese ali altri maestri de cogni de questa cecca et così è nostra intencione et firma volunta — non facino altramente se hanno cara la gratia nostra.

"Dato in Castello Capuano civitatis nostre Neapolis (8 aprile del 1497)"22.

Lavorò egli pure i primi conii di Ferdinando il Cattolico. Certo i carlini di Federico d’Aragona, quello del Cattolico, col busto della regina Isabella ed il mezzo carlino, coniato per l’entrata a Napoli di Ferdinando, possono bene compararsi coi lavori eseguiti in quel tempo da Cristoforo Foppa, dal Francia, dal Cavalli ed altri parecchi.

Dall’accurato esame dei carlini di Federico di Aragona, traggo ferma convinzione che Bernardino de Bove è l’autore di due medaglie di Federico. La prima trovasi al Museo Britannico, e fu erroneamente attribuita dal Keary23 a Ferdinando I d’Aragona. È abbozzata appena, essendovi il solo busto del sovrano, senza leggenda ed avendo il rovescio perfettamente liscio.

È cotanto simile la maniera con cui sono tratteggiati i profili, della medaglia e del carlino, sono sì identici i minuti dettagli, l’espressione del volto, l’energica ombreggiatura delle rughe, che non credo possa sussistere alcun dubbio che ne sia autore il de Bove. (Vedi Tav. II, n. 1).

La seconda medaglia ha il busto del sovrano a s. con intorno la leggenda FEDERICVS • D • FERD • F • ARAG • SICIL • REX • È riprodotta nel Trésor de Numismatique et glyptique del Lenormant e ve n’ha un esemplare al Museo Civico di Milano.

[p. 80 modifica] Queste due medaglie avranno dovuto essere incominciate verso il 1499; ed avendo il disgraziato sovrano perduto il trono, il lavoro, interrotto già dai fortunosi eventi della guerra, non avrà avuto seguito.

Bernardino de Bove lavorò anche alcuni suggelli. Do il rovescio di uno, con lavoro abbastanza pregevole. (Vedi Tav. II, n. 3).

A Bernardino de Bove successe Agostino de Augusto, che tenne per pochi anni l’ufficio e morì nel 1528, poco prima dell’assedio di Napoli24. Fu quindi dichiarato maestro de’ conii Domenico de la Musica, che lavorava già nella zecca sotto la direzione del vecchio Agostino de Augusto.

Nel rescritto, con cui il de Musica è assunto principale incisore della zecca, è evidente una certa titubanza ad assegnargli quell’importante ufficio. Ed invero i lavori di quest’artista lasciano piuttosto a desiderare.

Domenico de la Musica morì nel 153925, e fu surrogato da Giovanni Antonio Ennece, assai più esperto artista. Basta ricordare di lui gli stupendi conii delle doble d’oro, e le ultime emissioni d’argento di Carlo V. (Vedi Tav. I, n. 5 e 6). Certo il Leoni Leone non faceva meglio pei conii milanesi; né troviamo in alcun altro Stato di Carlo V, moneta in cui l’effigie del sovrano sia raffigurata con tanta verità e precisione. All’Ennece successe Camillo Fontana, che lavorò parecchi anni per Filippo II, e morì nel 157126.

Fu scelto allora Giovanni Andrea Magliulo, e [p. 81 modifica]nel documento della Camera Esecutoriale, che lo nomina incisore della zecca vien dichiarato il migliore artista del Reame nella scultura a cera perduta.

I lavori, da lui eseguiti, hanno veramente gran pregio, per energia e larghezza di disegno, per maestrevole precisione d’arte, e sono prova, certo evidente, d’insigne artista. (Vedi Tav. I, n. 7 e 8).

Dirò in un prossimo articolo degli artisti che, nel XVII e XVIII secolo, incisero i conii per la zecca Napoletana. Riassumo intanto i nomi degli artisti indicati in questi brevi cenni.

Sono:

Goffredo di Messina, Lavorò dal 1266 sin oltre il 1271 nella Zecca di Messina. Mediocre artista.

Giovanni Fortino, 1266 (?), oltre il 1278, Brindisi e Napoli. Bravissimo (V. Tav. I, n. 1).

Perotto. Artista francese, 1280 (?)-1313, Napoli. Discreto artista.

Nicolino Giunta, di Lucca e Pietro de Simone di Siena, dal 20 giugno al 20 agosto 1313.

Ottavio, figlio del francese Perotto e Giovanni de Madio, napoletano, dall’agosto 1313 al 1329. Mediocri.

Nicola de Murrone, napoletano, 1329 sin oltre il 1343

Francesco Toccio, napoletano, 1399 al 1401. Mediocre.

Guglielmo Novello e Nicolò Pispolo, napoletani, 1401. Mediocri.

Paolo de Roma, milanese, 1437-1448. Valente artista (V. Tav. I, n. 2).

[p. 82 modifica] Guido d’ Antonio, napoletano. Lavorò alla Corte Aragonese dal 1437 al 1456. Incise i conii nel 1441. Valente artista.

Francesco Liparolo , napoletano , 1450 (?)-i462. Valente artista.

Giovanni de Lamanna e Ferrante Miroballis, napoletani, 1460.

Girolamo Liparolo, napol. , 1462-1497. Valente (V. Tav. II, n. 2).

Guido Mazzoni. Si suppone abbia lavorato alcuni conii (V. Tav. I, n. 3 e 4).

Bernardino de Bove , 1497- 1505 (?), napoletano. Artista assai esperto (V. Tav. II, n. i e 3).

Agostino de Augusto, napoletano, 1505- 1528. Valente artista.

Domenico de la Musica, napoletano, 1528- 1539. Mediocre.

Giovanni Antonio Ennece, napol., 1539-1555 (?). Valente incisore (V. Tav. I, n. 5 e 6).

Camillo Fontana, milanese (?), 1555 (?)-1571. Assai esperto.

Giovanni Andrea Magliulo, napol., 1571-1600 (?). Valentissimo artista (V. Tav. I, n. 7 e 8).



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Note

  1. H. W. Schulz, Denkmaler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien. Doc.
  2. Discorso letto al VII Congresso degli Scienziati italiani. (Vedi gli Atti di quel Congresso).
  3. N. Barone, Le Cedole della Tesoreria Aragonese, (Archivio Storico per le Provincie Napoletane).
  4. Credo inesatta la supposizione dell’Houillard-Bréholles, che cioè Pagano Balduino, direttore della Zecca brundusina durante la prima metà del XIII secolo, abbia inciso il conio per l’augustale di Federico II.
  5. Reg. Ang., 1272, A. p. 42 a t.
  6. Reg. Ang. 1278, D, f. 150 (Arch. di Stato Nap.)
  7. V. Monnayaige de Charles Ier d’Anjou. (Annuaire de la Société française de Numismatique, 1891).
  8. Reg. Ang. 1278, D, n. 32, f. 240 (Arch. di Napoli).
  9. Reg. Ang. n. 199 (Arch. di Napoli). Sotto Carlo II troviamo parecchi orefici francesi occupati a lavorare per la Corte: Stefano Bonus di Auxerre (1300), Stefano Gottofredo, Guglielmo di Verdelay e Miletto d’Auxerre (1304-1323). Costoro avevano lo stesso stipendio percepito dall’incisore Perotto, cioè 18 once all’anno. (Vedi L. Gmelin, e Fusco, Dell’argenteo imbusto di S. Gennaro, pag. 18).
  10. Reg. Ang., vol. 228, f. 55.
  11. Reg. 1343, f. 80 t.
  12. Schulz, Opera citata, 136-137. V. Privilegi C. della Sommaria, vol. I, 1437-39, f. a8. Lavorò anche i suggelli (Ced. II della Tes. Arag., f. CXXVI).
  13. Guido d’Antonio lavorò per la Corte Aragonese a Gaeta e poi segui il sovrano a Napoli. Alfonso gli affidò parecchi lavori di oreficeria per la bella Lucrezia d’Alagno. (Si veda Filangieri, Lucrezia di Alagno, pag. 46, e N. Barone, Le Cedole di Tesoreria, Cedola XXIX, 1455» Pag. 330-331)- Nel 1441 fu nominato direttore della Zecca di Gaeta e in un ricevo della Cedola di quell’anno a f. 50 vien detto: argenter del Senyor Rey e mestre de fer moneda.
  14. Cedole di Tesoreria, n. 30, f. 177 t. (Arch. di Napoli).
  15. Regia Camera della Sommaria. Comuni 5, f. 119 1. (Arch. di Napoli).
  16. Esecutoriali della Regia Camera della Sommaria, Voi. I, f. 357 t. (Arch. di Napoli). Nel 1460 (addì 18 febbraio) gli orafi Giovanni de Lamanna e Ferrante Miroballis convennero col procuratore di messer Trajano di Santomango, d’incidere e coniare una certa quantità di monete tornesi. (Prot. di Not.: Andrea de Afeltro, 1459-60, a car. 5, n. Arch. Not. di Napoli). V. Filangieri, Indice degli artefici, ecc. Vol. II, pag. 38 e 175. Napoli 1891.
  17. Nelle Quietanze che Ferdinando I fece ad Antonello de’ Petruzzi addì 13 marzo 1467 per i conti dal settembre 1456 all’agosto del 1465. f. 5 1. (Arch. della Cava). — Vedi anche A. Sambon, I carlini di Ferdinando I d’Aragona. (Rivista Numismatica Italiana, 1891).
  18. Giova avvertire che la monetina di Giovanni Galeazzo di Milano riportata dai Sigg. Gnecchi e dal Müntz (Les Precurseurs de la Renaissance) non fu coniata nel XV secolo. I chiarissimi Sigg. Gnecchi, da me interpellati in proposito, mi dissero che erano persuasi della falsità di quella moneta e che si proponevano di dimostrarla lavoro di epoca posteriore e probabilmente del XVII secolo, negli appunti di una prossima appendice alla loro importante opera sulle monete milanesi. Vedi in questo stesso fascicolo: Monete di Milano inedite, pag. 63.
  19. Corrisp. colle potenze estere. Napoli, 1463. (Archivio di Stato di Milano).
  20. R. C. Sommaria Comuni, 14, f. 334 t. Barone, Le Cedole della Tesoreria Aragonese (Arch. St. Napol., 1884, p. 247), Cedola di Tesoreria, 162, f. 188
  21. Il Mazzoni venne a Napoli verso il 1489 e Tommasino Lancilotto ricorda che aveva dinari assai per essere stato uno grande tempo con el re Ferdinando de Napole.
  22. Collaterale Comune, 9, f. 212.
  23. C. F. Keary, A guide to the Italian Medals exibited in the King’s Library, London, 1881, pag. 27.
  24. Vedasi A. Sambon, Les Monnaies de Charles V, ecc. (Annuaire de la Société Françaìse de Numismatique. Anno 1892).
  25. Camera della Sommaria. Esecutoriali, 36, f. 131 t. (Archivio di Napoli).
  26. Idem, Execut., 44 bis, f. 78.