Il piacere dell'onestà (1965)/Atto II

Atto II

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Atto I Atto III
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ATTO SECONDO

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Magnifico salotto in casa Baldovino. Vi hanno posto alcuni mobili già veduti nel salotto dell’atto precedente. Uscio comune infondo; usci laterali a destra e a sinistra.

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SCENA PRIMA

Marchetto Fongi, il Marchese Fabio.

Fongi, al levarsi della tela, col cappello e il bastone in mano tiene coll’altra aperto il battente dell’uscio a sinistra e parla verso l’interno, a Baldovino. Fabio sta in attesa, come uno che non voglia farsi né vedere né sentire di là.

Fongi (verso l’interno). Grazie, grazie, Baldovino, sí... Ma figúrati se non vorrò assistere alla candida festa! Grazie. Sarò qui, sarò qui con gli amici consiglieri, tra una mezz’oretta. A rivederci.

Chiude l’uscio; si volta verso Fabio che gli si appressa in punta di piedi, strizza un occhio e gli fa un cenno furbesco col capo.

Fabio (piano, con ansia). Sí? Credi proprio?

Fongi (gli risponde prima col capo, tenendo ancora l’occhio strizzato). C’è cascato! c’è cascato!

Fabio. Pare anche a me. Sono già sei giorni!

Fongi (mostra tre dita d’una mano e le agita). Tre... trecento... trecentomila lire Te l’ho detto? Non poteva fallire!

Gl’inserisce un braccio sotto il braccio e s’avvia con lui verso la comune, parlando.

Sarà una scena da commedia. Ma lasciate fare a me! lasciate fare a me! Lo piglieremo pulitamente per il bavero.

Via con Fabio.

SCENA SECONDA

Baldovino, Maurizio.

La scena resta vuota un tratto. Si apre l’uscio a sinistra e ne escono Baldovino e Maurizio.

Maurizio (guardando in giro). Ma sai che ti sei messo proprio bene?

Baldovino (astratto). Sí. [p. 634 modifica]

Con un sorriso ambiguo:

Con perfetto decoro.

Pausa.

E dunque... di’ di’, dove sei stato?

Maurizio. Mah! Un po’ in giro. Fuori delle vie ordinarie.

Baldovino. Tu?

Maurizio. Perché? Non credi?

Baldovino. Fuori delle vie ordinarie? Nel senso che non sarai stato a Parigi o a Nizza o al Cairo. — Dove sei stato?

Maurizio. Nel paese del caucciú e delle banane!

Baldovino. Al Congo?

Maurizio. Sí. Nelle foreste. Oh sai? autentiche.

Baldovino. Ah! E belve, ne hai vedute?

Maurizio. Quei poveri negri delle mehalle.

Baldovino. No, dico belve sul serio: qualche tigre, qualche leopardo!

Maurizio. Che, che! Grazie. — Perdio, come ti sfavillano gli occhi!

Baldovino (sorride amaramente; piega le dita d’una mano e ne mostra le unghie a Maurizio). Vedi dove siamo arrivati? E non ce le tagliamo mica per disarmarci! Anzi! Perché pajano piú civili, le nostre mani: vale a dire piú atte a una lotta ben piú feroce di quella che i nostri avi bestioni combattevano, poveretti, con le sole unghie. — Ho avuto sempre, perciò, invidia delle belve. E tu, disgraziato, sei stato nelle foreste e non hai veduto nemmeno un lupo?

Maurizio. Via, via! Parliamo di te. Ebbene, come va?

Baldovino. Che cosa?

Maurizio. Ma dico, tua moglie. Cioè... la signora?

Baldovino. Come vuoi che vada? Benissimo.

Maurizio. E... i tuoi rapporti?

Baldovino (lo guarda un po’; poi alzandosi). Che vuoi che siano!

Maurizio (cangiando tono, rinfrancandosi). Ti trovo benone, però, sai?

Baldovino. Sí, mi occupo.

Maurizio. Ah, già! So che Fabio ha messo su una società anonima.

Baldovino. Sí, per mettermi le mani in pasta. — Fa ottimi affari. [p. 635 modifica]

Maurizio. Ne sei il consigliere delegato?

Baldovino. Fa ottimi affari per questo.

Maurizio. Già, già, ho saputo! E vorrei entrarci anch’io; ma... dicono che sei d’un rigore spaventoso!

Baldovino. Sfido! — Non rubo...

Gli s’appressa, gli posa le mani su ambo le braccia.

Sai, per le mani, centinaja di migliaja. Poterle considerare come carta straccia; non sentirne piú bisogno, minimamente —

Maurizio. — eh, per te dev’essere un gran piacere —

Baldovino. — divino! — E nessun colpo fallito, sai! — Ma si lavora, si lavora! — E bisogna che tutti mi seguano!

Maurizio. Già... è questo...

Baldovino. Si lamentano, eh? Di’ un po’: strillano? mordono il freno?

Maurizio. Dicono... dicono che potresti essere un po’ meno... meticoloso, ecco!

Baldovino. Eh, lo so! — Li soffoco! Soffoco tutti quanti. Chiunque mi s’accosti! — Ma tu lo capisci: non posso farne a meno! — Da dieci mesi non sono piú un uomo!

Maurizio. No? E che sei?

Baldovino. Ma te l’ho detto: quasi una divinità! — Potresti intenderlo! — Non ho corpo se non per l’apparenza. Sto tuffato in mezzo alle cifre, alle speculazioni; ma sono per gli altri; non c’è — e voglio che non ci sia — un centesimo di mio! Sto qua, in questa bella casa, e quasi non vedo e non sento e non tocco nulla. Mi meraviglio io stesso talvolta d’udire il suono della mia voce, il rumore dei miei passi; d’avvertire che ho bisogno anch’io di bere un bicchier d’acqua o di riposarmi. — Vivo, capisci? de-li-zi-o-samen-te, nell’assoluto di una pura forma astratta!

Maurizio. Dovresti sentire un po’ di compassione per i poveri mortali!

Baldovino. La sento; ma non posso fare altrimenti. Lo dissi però, glielo feci bene osservare avanti, a tuo cugino il marchese! Io sto ai patti.

Maurizio. Ma tu ci provi anche un diabolico gusto!

Baldovino. Non diabolico, no! Sospeso nell’aria, mi sono [p. 636 modifica]come adagiato su una nuvola: è il piacere dei Santi negli affreschi delle chiese!

Maurizio. Capirai, intanto, che non è possibile durare a lungo cosí.

Baldovino (cupo, dopo una pausa). Ah, lo so! Finirà. E forse presto! — Ma badino! Bisognerà veder come.

Lo guarda negli occhi.

Lo dico per loro. Apri bene gli occhi a tuo cugino! Mi pare che desideri troppo di disfarsi al piú presto di me. Ti turbi? Sai qualche cosa?

Maurizio. No, proprio nulla.

Baldovino. Via, sii sincero. Compatisco, bada! È cosí naturale!

Maurizio. T’assicuro che non so nulla. Ho parlato con la signora Maddalena. Non ho ancora visto Fabio.

Baldovino. Eh, lo so! Tutti e due, la madre e tuo cugino, avranno pensato: — «La maritiamo proforma; dopo qualche tempo, con un pretesto qualsiasi, ci sbarazziamo di lui». — La cosa piú sperabile, difatti, era questa. — Ma non lo possono sperare! — Sono stati di una deplorevole leggerezza anche in questo.

Maurizio. Lo sospetti tu! Chi te lo dice?

Baldovino. Tanto vero che hanno posto come patto fondamentale la mia onestà!

Maurizio. Ecco, dunque! vedi bene...

Baldovino. Come sei sciocco! La logica è una cosa, l’animo è un’altra. Si può per coerenza logica proporre una cosa, e con l’animo sperarne un’altra. — Ora, credi, potrei prestarmi, per far cosa grata a lui e alla signora, a offrire un pretesto perché si sbarazzino di me. Ma non lo sperino, perché io... sí, potrei farlo ma non lo farò per loro non lo farò perché loro non possono assolutamente desiderare che io lo faccia!

Maurizio. Perdio, sei terribile! Neghi loro anche la possibilità del desiderio che tu commetta una cattiva azione?

Baldovino. Guarda. Supponiamo che lo faccia. In prima, rifiaterebbero. Si leverebbero davanti l’ingombro opprimente della mia persona. L’onestà, mancata in me, potrà credersi — se non in tutto, almeno in parte — rimasta+ [p. 637 modifica]con loro: la signora rimarrà moglie legittima, separata da un marito indegno; e in questa indegnità del marito, giovine com’ella è, potrà trovare una scusa di farsi consolare da un vecchio amico di casa. Ciò che non era permesso a una signorina, si può condonare facilmente a una signora assolta da ogni obbligo di fedeltà coniugale. Va bene? — Io dunque, marito, potrei essere disonesto e farmi cacciare. — Ma io non sono entrato qua soltanto come marito. Da semplice marito, anzi, non sarei mai entrato: non ce ne sarebbe stato bisogno! C’era bisogno di me, in quanto questo marito doveva tra poco esser padre; tra poco, dico, in tempo... quasi debito. Qua c’era bisogno del padre. E il padre... eh, il padre nell’interesse di lui, del signor marchese, dev’essere per forza onesto! — Perché se da marito posso andarmene senza recar danno a mia moglie, la quale, lasciato il mio nome, riprenderà il suo; da padre, la mia cattiva azione danneggerebbe per forza il figlio che non avrà altro nome che il mio; e piú in basso io cadrò e piú danno egli ne avrà. E questo, lui, non può assolutamente desiderarlo.

Maurizio. Ah, no davvero!

Baldovino. Vedi, dunque? — E per cadere in basso, ci cadrei: tu mi conosci! Per vendicarmi dell’azionaccia che mi farebbero, cacciandomi via malamente, vorrei con me il figliuolo, che per legge m’appartiene; lo lascerei loro qua due o tre anni per farli affezionare a lui; poi proverei che mia moglie convive da adultera col suo amante, e lo toglierei loro e lo trascinerei con me, giú... giú... Tu sai che ho in me un’orribile bestia, di cui ho voluto liberarmi, incatenandola in queste condizioni che mi sono state offerte. — Conviene a loro sopratutto farmele rispettare, come ne ho ferma volontà; perché, liberato da esse, oggi o domani, non so proprio dove andrei a finire.

Cambiando tono improvvisamente:

Basta, basta... Di’ un po’: ti han mandato loro da me, appena arrivato? — Su, su, che hai da domandarmi? Sbrígati, per favore.

Guarda l’orologio.

Ti ho accordato piú tempo che non avrei dovuto. Sai che [p. 638 modifica]questa mattina c’è il battesimo del bambino? E ho, prima del pranzo, una riunione qua coi consiglieri invitati. Ti manda tuo cugino? Ti manda la signora madre?

Maurizio. Sí, ecco; è appunto per il battesimo del piccino. — Codesto nome che vorresti imporgli...

Baldovino. Eh, lo so!

Maurizio. Ma scusa... — ti pare?

Baldovino. Lo so, povero piccino; è un nome troppo grosso! Rischia quasi di restarne schiacciato.

Maurizio (sillabando). Sigismondo!

Baldovino. Ma è un nome storico nella mia famiglia. — Mio padre si chiamava cosí; il mio avo si chiamava cosí...

Maurizio. Non è una buona ragione per loro, capirai!

Baldovino. Ma neanch’io — tu lo sai — avrei mai pensato... Scusa, è mia la colpa? Brutto nome, sí, goffo, specialmente per un piccino... e... ti confesso

Pianissimo:

che se l’avessi avuto di mio forse non l’avrei chiamato cosí...

Maurizio. Ah, vedi? vedi?

Baldovino. Che vedo? — Questo anzi deve dirti che non posso, ora, derogare a questo nome! — Siamo sempre lí! — Non è per me; è per la forma! Per la forma — tul o capisci — giacché debbo dargli un nome io nonposso dargli che questo! È inutile, sai? è proprio inutile, che insistano! Mi dispiace; ma non transigo, puoi dirglielo! Mi lascino lavorare, perbacco. Sono futilità, codeste! Mi dispiace, caro, d’accoglierti cosí. A rivederci, eh? A rivederci.

Gli stringe in fretta la mano e via per l’uscio a sinistra.

SCENA TERZA

Maurizio, la Signora Maddalena, Fabio.

Maurizio resterà come uno che sia lasciato in asso sul piú bello. Poco dopo, dall’uscio a destra entreranno, uno dopo l’altra, la signora Maddalena e Fabio, mogi mogi, come sospesi alla notizia che attendono. Maurizio li guarderà e con un dito [p. 639 modifica]si gratterà la nuca. Prima la signora Maddalena, poi Fabio, gli faranno un muto cenno interrogativo col capo, quella con occhi pietosi; questi, invece, aggrottati. Maurizio risponderà con un altro cenno negativo del capo, socchiudendo gli occhi, poi aprirà le braccia. La signora Maddalena cascherà a sedere, come annientata e resterà lí. Fabio sederà anch’egli, ma tutto aggruppato, con le pugna serrate sui ginocchi. Sederà anche Maurizio tentennando il capo, e soffierà piú di un lungo sospiro per le nari. Nessuno dei tre avrà forza di rompere il silenzio che li schiaccia. Ai sospiri soffiati per il naso da Maurizio risponderanno gli sbuffi a bocca piena di Fabio. La signora Maddalena non potrà sbuffare e neanche sospirare; scoterà sconsolatamente il capo con gli angoli della bocca contratti in giú, a ogni sospiro, a ogni sbuffo degli altri due. Gli attori non abbiano timore di protrarre lungamente questa scena muta. A un certo punto, Fabio balzerà in piedi e si metterà a passeggiare, fremente, aprendo e serrando le pugna. Poco dopo si alzerà anche Maurizio, si appresserà e si chinerà verso la signora Maddalena, porgendole la mano per accomiatarsi.

Maddalena (piano, come se si lamentasse, porgendo anche lei la mano). Ve ne andate?

Fabio (voltandosi di scatto). Ma lo lasci andare! Non so con qual coraggio abbia potuto presentarsi qua!

A Maurizio:

Tu non mi guarderai piú in faccia!

Si rimetterà a passeggiare.

Maurizio (non oserà protestare; si volterà appena a guardarlo, con la mano della signora Maddalena ancora nella sua, poi dirà, piano): La signora?

Maddalena (piano, come se si lamentasse). Attende di là al bambino.

Maurizio (con la mano della signora Maddalena ancora nella sua, dirà piano): Me la ossequi.

Si porterà alla bocca la mano della signora Maddalena e gliela bacerà; poi tornerà ad aprire le braccia.

Le dica che... che mi perdoni. [p. 640 modifica]

Maddalena. Oh, lei, almeno, ha ora il suo bambino!

Fabio (sempre passeggiando). Sí! Si divertirà col suo bambino! Appena egli comincierà a esercitare anche su lui la sua vessazione!

Maddalena. È questo, questo il mio terrore!

Fabio (sempre passeggiando). Ha già cominciato col nome!

Maddalena (a Maurizio). Credete, da dieci mesi non respiriamo piú!

Fabio (sempre passeggiando). Figuriamoci come lo vorrà educare!

Maddalena. È terribile... — Non possiamo piú leggere neanche un giornale!

Maurizio. No? Perché?

Maddalena. Mah! Ha certe idee sulla stampa...

Maurizio. Ma... è duro, in casa? aspro?

Maddalena. Che! Peggio... Garbatissimo! — Sa dire le cose per noi piú dure in una maniera... con argomenti cosí impensati e che pajono, stando a sentirlo, cosí inoppugnabili, che siamo sempre costrette a fare come vuol lui! È un uomo spaventoso, spaventoso, Setti! — Io non ho piú forza neanche di fiatare.

Maurizio. Signora mia, che vuole che le dica? Mi sento proprio annichilito. Non avrei mai creduto...

Fabio (scattando di nuovo). Fammi il piacere! Non me ne posso andare io, in questo momento, perché c’è il battesimo; se no, me n’andrei subito! Ma vattene, vattene tu! Lo capisci che non posso piú sentirti dire cosí? Che non posso piú vederti davanti a me?

Maurizio. Hai ragione, sí... Vado, vado...

SCENA QUARTA

Cameriere e Detti.

Cameriere (aprendo l’uscio di fondo e annunziando). Il signor Parroco di Santa Marta.

Maddalena (alzandosi). Ah, fate entrare.

Il cameriere si ritira.

Maurizio. A rivederla, signora.

Maddalena. Ve ne volete proprio andare? Non volete [p. 641 modifica]assistere al battesimo? Fareste piacere ad Agata. — Fatevi vedere, fatevi vedere! Io spero molto in voi.

Maurizio aprirà ancora una volta le braccia: s’inchinerà, guarderà Fabio, non oserà neanche salutarlo; e andrà via per l’uscio difondo, inchinandosi al Parroco di Santa Marta che, nel frattempo, entrerà, introdotto dal cameriere, il quale tornerà a ritirarsi, richiudendo l’uscio.

SCENA QUINTA

Il Parroco Di Santa Marta, la Signora Maddalena e Fabio.

Maddalena. Benvenuto, s’accomodi, signor Parroco.

Parroco. Come sta? come sta, signora?

Fabio. Reverendo signor Parroco!

Parroco. Caro signor marchese! Son venuto, signora, per prendere le disposizioni.

Maddalena. Grazie, signor Parroco. Già è stato qui il chierico che lei ha mandato.

Parroco. Ah, bene, bene.

Maddalena. Sissignore. E abbiamo preparato tutto di là. Anche con gli arredi che ha portato dalla chiesa. Ah, è venuto un amore, sa? Bello! proprio bello! Ora lo conduco a vedere —

Parroco. — la signora?

Maddalena (restando imbarazzata). Ecco, la faccio chiamare.

Parroco. No, se è occupata! Volevo sapere se stava bene.

Maddalena. Sí, adesso bene, grazie. Capirà, è tutta del suo piccino.

Parroco. Eh, me l’immagino!

Maddalena. Non se ne stacca un momento.

Parroco. E il signor marchese, dunque, sarà il padrino?

Fabio. Già... sí...

Maddalena. E io la madrina!

Parroco. Ah, questo s’intende... E... per il nome? Resta fissato quello?

Maddalena. Purtroppo...

Un grosso sospiro.

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Fabio (rabbioso). Purtroppo!

Parroco. Però... sanno... in fondo... è un bel santo... un re! Io mi occupo, modestamente, d’agiografia...

Maddalena. Oh, lo sappiamo, lei è un dotto!

Parroco. No, no... per carità, non dica! Studio con passione... sí... Fu re di Borgogna, san Sigismondo, ed ebbe in moglie Amalberga, figliuola di Teodorico... Sebbene poi, rimasto vedovo... disgraziatamente sposò una damigella di lei... una perfida che, per infami istigazioni, gli fece commettere... eh, sí... il piú atroce dei delitti... sul proprio figliuolo...

Maddalena. Dio mio! Sul proprio figliuolo? E che gli fece?

Parroco. Eh... (gesto delle due mani) — lo strangolò!

Maddalena (quasi con un grido, a Fabio). Avete capito?

Parroco (subito). Ah, ma si pentí, sa? Subito! E si dedicò in espiazione agli esercizi della piú rigida penitenza; si ritirò in un’abbazia; vestí il sajo; e le sue virtú e il supplizio sopportato con santa rassegnazione lo fecero onorare come un martire!

Maddalena. Ebbe anche il supplizio?

Parroco (con gli occhi socchiusi, allunga il collo, lo piega, e poi con un dito fa il segno della decapitazione). Nel 524, se non sbaglio.

Fabio. Non c’è male! Un bel santo! Strangola il figlio... muore decapitato...

Parroco. Ma spesso i piú grandi peccatori, signor marchese, diventano i santi piú eccelsi! E questo fu anche un saggio, creda! Si deve a lui il codice dei Borgognoni, la famosa Loi Gombette! È un’opinione, veramente, combattuta; ma io sto col Savigny che la sostiene... sí sí... sí sí... io sto col Savigny!

Maddalena. Per me, Padre, l’unico conforto è che potrò chiamarlo col suo diminutivo: — Dino.

Parroco. Ecco, ecco... Sigismondo, Sigismondino, Dino... va benissimo! Per un bambino Dino quadra... quadra a meraviglia, è vero, signor marchese?

Maddalena. Sí! Ma sta a vedere se lui lo permetterà.

Fabio. Ecco... appunto...

Parroco. Eh, dopo tutto... se tiene al nome del padre il signor Baldovino... — bisognerà aver pazienza... Dunque, come si resta per l’ora? [p. 643 modifica]

Maddalena. Ma bisognerà che lo dica lui, anche questo, signor Parroco. Aspetti.

Preme un campanello elettrico alla parete.

Lo faremo subito avvertire. Abbia pazienza un momento.

SCENA SESTA

Detti, Cameriere.

Il cameriere entra dall’uscio di fondo.

Maddalena. Avvertite il signore che c’è qua il signor Parroco. Se può venire un momento... Di qua, di qua...

Indicherà l’uscio a sinistra. Il cameriere s’inchinerà, attraverserà la scena, picchierà all’uscio a sinistra, aprirà e andrà via.

SCENA SETTIMA

Il Parroco, la Signora Maddalena, Fabio, Baldovino.

Baldovino (entrando, premuroso, dall’uscio a sinistra). Oh, reverendissimo signor Parroco, onoratissimo della sua visita. Prego, prego, stia comodo.

Parroco. L’onore è mio. Grazie, signor Baldovino. Noi l’abbiamo incomodata.

Baldovino. Che dice, per carità! Sono proprio felice di vederla in casa mia. In che posso servirla?

Parroco. Favorirmi, grazie. Ecco... volevamo accordarci per l’ora del battesimo.

Baldovino. Ma a sua disposizione, signor Parroco; quando vuole! — La madrina è qua, il padrino è qua; la comare credo sia di là; io sono pronto... la chiesa è qui a due passi...

Maddalena (con stupore). Come?

Fabio (con ira a stento repressa). Come?

Baldovino (voltandosi a guardarli, quasi stordito). Perché?

Parroco (subito). Ecco, signor Baldovino... si era disposto... ma come? lei non lo sapeva? [p. 644 modifica]

Maddalena. È tutto pronto di là!

Baldovino. Pronto? Che cosa?

Parroco. Per il battesimo! Da celebrarlo in casa, per far piú degna la festa.

Fabio. Il signor Parroco stesso ha mandato alcuni arredi della chiesa!

Baldovino. Per far piú degna la festa? Mi perdoni, signor Parroco, non m’aspettavo che lei dovesse dire cosí.

Parroco. No, ecco... intendo... che in città è uso, sa? di tutti i signori piú in vista, celebrare in casa la festa.

Baldovino (con semplicità sorridente). E lei non avrebbe piú caro, signor Parroco, che uno desse l’esempio di quell’umiltà, per cui non c’è signori né poveri davanti a Dio?

Maddalena. Ma nessuno vuole offendere Dio, celebrando in famiglia il battesimo!

Fabio. Eh via! Scusa... pare che sia un proposito in te di guastar tutto, ostacolando sempre ciò che propongono gli altri! È curioso, via... che tu... proprio tu, t’immischi in queste cose e faccia la lezione!

Baldovino. Per carità, caro marchese, non mi far fare la voce grossa. Vuoi forse la mia professione di fede?

Fabio. Ma no! non voglio niente!

Baldovino. Se ti pare un’ipocrisia da parte mia...

Fabio. Non ho detto ipocrisia! Mi pare un puntiglio, ecco!

Baldovino. Vuoi entrare nel mio sentimento? Che ne sai tu? Ma voglio ammettere tu creda che, secondo il sentimento mio, non dovrei dare importanza a quest’atto, che voi tutti pure volete compiere... del battesimo! Ebbene; ma tanto piú, allora! Se quest’atto non è per me, ma per il bambino, e io come voi riconosco e approvo che per lui si debba compiere, intendo che sia compiuto come si deve; che il bambino, senz’alcun privilegio che offenderebbe l’atto stesso che gli si fa compiere, vada in chiesa, al fonte battesimale. Mi sembra curioso, piuttosto, che le facciate dire a me, queste cose, davanti al signor Parroco, che non può non riconoscere quanta maggior divozione, è vero? e solennità abbia un battesimo celebrato, nudamente, nella sua sede degna.

Parroco. Ah, certo! non c’è dubbio!

Baldovino. Del resto, non ci sono soltanto io. — Poiché [p. 645 modifica]si tratta del bambino — che prima di tutto appartiene alla madre sentiamo anche lei!

Preme due volte alla parete il campanello elettrico.

Non parleremo né io, né voi: lasceremo parlare il signor Parroco.

SCENA OTTAVA

Cameriera, Detti, Agata.

La cameriera entrerà per l’uscio a destra.

Baldovino. Pregate la signora, se può favorire qua un momento.

La cameriera s’inchinerà e andrà via.

Parroco. Ecco... io, veramente... avrei piú caro che parlasse lei, signor Baldovino, che parla cosí bene...

Baldovino. Oh no, no; anzi, guardi: io mi ritiro. Dirà lei, come crede, le mie ragioni;

a Maddalena e a Fabio:

voi direte le vostre. Deciderà la madre, cosí, in piena libertà. E si farà come lei avrà deciso. Eccola.

Agata entrerà dall’uscio a destra, in una ricca vestaglia. Sarà pallida, rigida. Fabio e il Parroco si alzeranno. Baldovino starà in piedi.

Agata. Oh, il signor Parroco.

Parroco. Le mie congratulazioni, signora.

Fabio (inchinandosi). Signora...

Baldovino (ad Agata). È per disporre circa il battesimo.

Al Parroco:

La riverisco, Reverendo.

Parroco. La ossequio, signor Baldovino.

Baldovino, via per l’uscio a sinistra.

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SCENA ΝΟΝΑ

Detti, meno Baldovino.

Agata. Ma non si è disposto? io non so...

Maddalena. Sí. È tutto pronto di là! tutto... cosí bene!

Fabio. Ce n’è una nuova!

Parroco. Il signor Baldovino... già...

Maddalena. Non vuole che si faccia piú in casa il battesimo!

Agata. E perché non vuole?

Maddalena. Ma perché, dice...

Parroco. Permette, signora? Veramente non ha detto che non vuole. Vuole che decida lei, signora, perché sopratutto ha detto il bambino appartiene alla madre. Sicché, se lei vuole, signora, che si celebri in casa...

Maddalena. Ma sí! Come s’era rimasti!

Parroco. Io veramente non ci trovo nulla di male.

Fabio. S’è fatto in tante case!

Parroco. E l’ho fatto notare, è vero? l’ho fatto anche notare al signor Baldovino!

Agata. E allora? Non so su che cosa debba decidere io.

Parroco. Ah, ecco... Perché il signor Baldovino ha fatto osservare e giustamente, bisogna riconoscerlo! con un senso di rispetto che gli fa molto onore ha fatto osservare che il battesimo certamente avrebbe maggior solennità celebrato in chiesa nella sua sede degna; anche per non offendere... ah! ha detto una parola veramente bella! «senz’alcun privilegio» ha detto «che offenderebbe l’atto stesso che si fa compiere al bambino». — Come principio!... Come principio!...

Agata. Ebbene, se lei approva...

Parroco. Ah, come principio, signora, non posso non approvare!

Agata. Dunque si faccia come vuol lui.

Maddalena. Ah! Come? Approvi anche tu?

Agata. Ma sí che approvo, mamma!

Parroco. Come principio, io dico, signora; ma poi...

Fabio. Non vi sarebbe nessun’offesa!

Parroco. Oh, certo! nessuna! che offesa?

Fabio. C’è solo il gusto di guastare una festa! [p. 647 modifica]

Parroco. Ma se la signora stessa decide cosí...

Agata. Sí, signor Parroco: decido cosí.

Parroco. E allora, sta bene. — La chiesa è qui: non hanno che da farmi avvertire. — La ossequio, signora.

Alla signora Maddalena:

Signora...

Maddalena. L’accompagno.

Parroco. Non s’incomodi, prego... — Signor marchese...

Fabio. La riverisco.

Parroco (a Maddalena). Non s’incomodi, signora.

Maddalena. Ma no... prego, prego...

Via per la comune il Parroco e la signora Maddalena.

SCENA DECIMA

Agata, Fabio.

Agata, pallidissima, fa per ritirarsi per l’uscio a destra. Fabio, tutto fremente, le si appresserà e le parlerà a voce bassa, concitatamente:

Fabio. Agata, in nome di Dio, non spingere fino all’estremo la mia pazienza!

Agata. Basta,

indicherà austeramente, piú col capo che con la mano l’uscio a sinistra

ti prego!

Fabio. Ancora... ancora come vuol lui?

Agata. Se come vuol lui, ancora una volta è giusto...

Fabio. Tutto, tutto è stato giusto per te, ciò che lui ha detto fin dal primo giorno che ci fu messo tra i piedi!

Agata. Non ritorniamo adesso a discutere su ciò che fu stabilito allora, d’accordo!

Fabio. Ma perché vedo che sei tu, ora, tu! Tutto è stato per te vincere l’orrore della prima impressione! Potesti vincerlo ascoltando, non vista, le sue parole — e ora, eccoti: puoi star tranquilla, cosí, a quanto si stabilí allora e che io accettai solamente per tranquillar te! Sei tu, ora, sei tu! Perché lui sa — [p. 648 modifica]

Agata (subito, fiera). — che sa?

Fabio. Vedi? vedi? Tu tieni a lui! che egli sappia che tra noi non c’è piú nulla da allora!

Agata. Io tengo a me!

Fabio. No! a luil a lui!

Agata. Io non posso tollerare per me stessa ch’egli supponga altrimenti!

Fabio. Ma sí, per la stima di lui, che desideri! Come se egli non si fosse prestato a questo patto tra noi!

Agata. Dire cosí, per me, non significa altro — se mai — che la vergogna sua dovrebbe essere anche la nostra. — Tu la vorresti per lui. Io non la voglio per me!

Fabio. Ma io voglio quello che è mio! quello che dovrebbe esser mio ancora, Agata! — Te... te... te...

La afferrerà, freneticamente, per stringerla a sé.

Agata (reluttando, senza cedere minimamente). No... no... via! lasciami andare! Te l’ho detto: — non sarà mai, non sarà piú, se tu prima non riuscirai a cacciarlo...

Fabio (senza lasciarla, con foga crescente). Ma sarà oggi stesso! Lo caccerò via come un ladro, oggi, oggi stesso!

Agata (stupita, senza piú forza di resistere). Come un ladro?

Fabio (stringendola a sé). Si... sí... come un ladro! come un ladro! C’è cascato! Ha rubato!

Agata. Ne sei certo?

Fabio. Ma sí! Ha già piú di trecento mila lire in tasca! Lo cacceremo via oggi stesso! E tu tornerai mia, mia, mia...

SCENA UNDECIMA

Baldovino, Detti.

S’apre l’uscio a sinistra e ne uscirà col cappello a stajo in capo Baldovino. Scoprendo i due abbracciati, subito si fermerà, sorpreso.

Baldovino. Oh! — Chiedo scusa...

Poi con severità attenuata da un sorriso di finissima arguzia:

Dio mio, signori: sono entrato io, e non è niente; ma [p. 649 modifica]pensate, poteva entrare il cameriere. Chiudete almeno le porte, mi raccomando.

Agata (fremente di sdegno). Non c’era affatto bisogno di chiudere le porte!

Baldovino. Non dico per me, signora. Lo dico al signor marchese, per lei!

Agata. L’ho detto io stessa al signor marchese, che ora del resto

lo guarderà fieramente

avrà da intendersi con lei!

Baldovino. Con me? Volentieri. E su che?

Agata (sprezzante). Domandatelo a voi stesso!

Baldovino. A me?

Si volta a Fabio:

Che cosa?

Agata (a Fabio, imperiosamente). Parlate!

Fabio. No, non adesso...

Agata. Voglio che glielo diciate adesso davanti a me!

Fabio. Ma bisognerebbe aspettare...

Baldovino (subito, sarcastico). Il signor marchese ha forse bisogno di testimonii?

Fabio. Non ho bisogno di nessuno! Voi avete intascato trecento mila lire!

Baldovino (calmissimo, sorridente). No, piú, signor marchese! Eh, sono piú! sono cinquecentosessantatremila... aspetti!

Caverà dalla tasca interna il portafoglio, ne trarrà cinque cartoncini con prospetti di cifre a rendiconto, debitamente intestati, e leggerà nell’ultimo la cifra totale:

cinquecentosessantatremilasettecentoventotto e sessanta centesimi! Piú di mezzo milioncino, signor marchese. Lei fa di me una stima troppo mediocre!

Fabio. Siano quelle che siano! Non me n’importa! Potete tenervele, e andare!

Baldovino. Troppa furia... troppa furia, signor marchese! Lei ha ragione d’averne, a quanto sembra; ma appunto per questo badi che il caso è molto piú grave di quanto lei s’immagina.

Fabio. Ma via! Smettete adesso codeste arie! [p. 650 modifica]

Baldovino. Che arie, no...

Si volgerà ad Agata:

Prego la signora d’avvicinarsi e di stare a sentire.

Poi, come Agata con accigliata freddezza si sarà appressata:

Se volete prendervi il piacere di darmi del ladro, potremo intenderci anche su questo: anzi, è bene che c’intendiamo subito. — Ma vi prego di considerare intanto, che non è giusto, prima di tutto, per me. Ecco qua:

Mostrerà loro i cartoncini, tenendoli aperti a ventaglio.

Da questi prospetti — lei vede, signor marchese — risultano intestate come risparmi e imprevisti guadagni della vostra Società le cinquecento e piú mila lire. Ma non fa niente: si può rimediare, signora! — Avrei potuto mettermele in tasca con due dita, secondo loro,

indicherà a Fabio, alludendo anche ai suoi soci

se fossi cascato nella trappola che m’han fatto tendere da un certo omino storto cacciatomi tra i piedi, quel signor Marchetto Fongi che è venuto anche stamattina... — Oh

a Fabio:

non nego che non fosse tesa con una certa abilità, la trappola!

Ad Agata:

Lei non s’intende di queste cose, signora; ma mi avevano combinato un certo giro di partita, per cui doveva risultare a me solo un’eccedenza di guadagno che avrei potuto intascarmi senz’altro, sicurissimo che nessuno se ne sarebbe accorto. Se non che, loro che mi avevano appunto combinato questo giro, se io ci fossi cascato e avessi intascato il danaro, m’avrebbero colto subito con le mani nel sacco.

A Fabio:

Non è cosí?

Agata (con sdegno appena contenuto, guardando Fabio che non risponde). Avete fatto questo?

Baldovino (subito). Oh no, signora! Non c’è da aversene a [p. 651 modifica]male! E se lei può rivolgergli con tanta fierezza codesta domanda, guardi che non lui, ma io debbo sentirmi mancare perché vuol dire che veramente la condizione di quest’uomo s’è fatta intollerabile. E se si è fatta intollerabile la sua, diventa, per conseguenza, intollerabile la mia!

Agata. Perché, la vostra?

Baldovino (le volgerà un rapido sguardo di profonda intensità e subito abbasserà gli occhi, turbato, come smarrito). Ma perché... se io divento uomo davanti a lei... io... io... non potrei piú... — ah, signora... m’avverrebbe la cosa piú trista che si possa dare: quella di non potere piú alzar gli occhi a sostenere lo sguardo degli altri...

Si passerà una mano sugli occhi, sulla fronte, per riprendersi:

No... via, via... Qua bisogna venir subito a una risoluzione!

Amaramente:

Ho potuto pensare che mi sarei presa oggi la soddisfazione di trattare come ragazzini questi signori consiglieri, questo Marchetto Fongi, e anche voi, marchese, che v’eravate fatta l’illusione di prendere al laccio, cosí, uno come me! Ma ora penso che se avete potuto ricorrere a codesto mezzo, di denunziarmi come ladro, per vincere il ritegno di lei

indicherà Agata

senza neppur considerare che questa vergogna di cacciarmi di qua come un ladro, di fronte a cinque estranei, si sarebbe rovesciata sul bambino appena nato... — eh, penso che dev’essere ben altro il piacere, per me, dell’onestà!

Porgerà a Fabio i cartoncini che ha mostrato.

Ecco qua a lei, signor marchese!

Fabio. Che volete che me ne faccia?

Baldovino. Li laceri: sono l’unica prova per me! Il danaro è in cassa, fino all’ultimo centesimo.

Lo guarderà fermo negli occhi; poi, con forza e con durezza sprezzante:

Ma bisogna che lo rubi lei!

Fabio (rivoltandosi come sferzato in faccia). Io?

Baldovino. Lei, lei, lei. [p. 652 modifica]

Fabio. Siete pazzo?

Baldovino. Vuol far le cose a mezzo, signor marchese? — Le ho pur dimostrato che, volendomi onesto, doveva per forza risultar questo: che la cattiva azione l’avrebbe commessa lei! Rubi questo danaro: passerò io per ladro — e me ne andrò, perché, veramente, qui non posso piú stare.

Fabio. Ma sono pazzie!

Baldovino. No, che pazzie! Io ragiono per lei e per tutti. — Non dico mica che lei debba mandarmi in galera. Non potrebbe. Lei ruberà il danaro solamente per me.

Fabio (fremendo e facendoglisi incontro). Ma che dite?

Baldovino. Non s’offenda: è una parola, signor marchese! Lei farà una magnifica figura. — Toglierà per un momento il danaro dalla cassa, per far vedere che l’ho rubato io. Poi subito lo rimetterà, perché i suoi soci naturalmente non abbiano a soffrir danno della fiducia che mi hanno accordato per un riguardo a lei. È chiaro. Il ladro resterò io.

Agata (insorgendo). No! no! questo no!

Controparte dei due uomini. E allora, come per correggere, senza cancellarla, l’impressione della sua protesta:

E il bambino?

Baldovino. Ma è una necessità, signora...

Agata. Ah, no! Io non posso, io non voglio ammetterla!

SCENA DODICESIMA

Cameriere, Detti, poi i Quattro Consiglieri, Marchetto Fongi, la Signora Maddalena, la Comare.

Cameriere (presentandosi sull’uscio a destra in fondo e annunziando). I signori Consiglieri e il signor Fongi.

Si ritira.

Fabio (subito, costernatissimo). Rimandiamo a domani questa discussione!

Baldovino (pronto, forte, sfidando). Io sono deciso e pronto fin d’adesso.

Agata. E io vi dico che non voglio, capite? non voglio! [p. 653 modifica]

Baldovino (con estrema risoluzione). Ma piú che mai per questo, signora...

Marchetto Fongi (entrando coi quattro Consiglieri). Permesso?... Permesso?...

Contemporaneamente, dall’uscio a destra, entrano la signora Maddalena col cappello in capo e la Comare tutta parata di gala, infiocchettata, con sulle braccia il neonato in un portenfant ricchissimo, coperto da un velo celeste. Tutti si fanno attorno, con esclamazioni, congratulazioni, saluti, a soggetto, mentre la signora Maddalena solleva cautamente il velo per mostrare il neonato.


TELA