CIV. Della provincia d'Ardanda (Zardandan)

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CIV. Della provincia d'Ardanda (Zardandan)
CIII CV

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CIV (cxx)

Della provincia d’Ardanda (Zardandan).

Quando l’uomo si parte di Caragia (Charagian) e va per ponente cinque giornate, truova una provincia che si chiama Ardanda (Zardandan). E sono idoli, e sono al Gran Cane. La mastra cittá si chiama Vacian (Vocian). Questa gente1 hanno una forma d’oro a tutti i denti, ed a quelli di sopra e a quelli di sotto, sí che tutti i denti paiono d’oro: e questo fanno gli uomeni, ma non le donne. Gli uomeni sono tutti cavalieri, e secondo loro usanza e’ non fanno nulla, salvo di andare in oste2. Le donne fanno tutte loro bisogne cogli schiavi insieme3, ch’egli hanno. E quando alcuna donna ha fatto il fanciullo, lo marito4 istae nel letto quaranta dí, e lava il fanciullo e governalo; e ciò fanno, perchè dicono che la donna ha durato molto [p. 143 modifica] affanno del fanciullo a portarlo5, e cosí vogliono che si riposi. E tutti gli amici vegniono a costui al letto e fanno gran festa insieme; e la moglie si leva del letto, e fa le bisogne di casa, e serve il marito nel letto. E mangiano tutte carne e crude e cotte, e riso cotto con carne. Lo vino fanno di riso con ispezie, ed è molto buono. La moneta hanno d’oro e di porcellane, e danno un saggio d’oro per cinque d’ariento, perciochè non hanno argentiera presso a cinque mesi di giornate; e di questo fanno i mercatanti grande guadagno, quando ve ne recano. Queste genti non hanno idoli nè chiese, ma adorano lo maggiore della casa, e dicono: — 6 Di costui siamo. — Egli non hanno lettere nè scritture; e cioè non è maraviglia, percchè stanno in luogo molto divisato7, che non vi si puote andare di state per cosa del mondo, per l’aria che v’è cosí corrotta, che niuno forestiere8 vi può vivere per niuna cosa. Quando hanno affare l’uno coll’altro,9 fanno tacche di legno, e l’uno tiene l’una metá e l’altro l’altra metá; quando colui dee pagare la moneta, egli la paga e fassi dare l’altra metá della tacca. In tutte queste provincie non è medici. E quando egli hanno alcuno malato, egli mandano per loro magi e incantatori di diavoli; e quando sono venuti al malato, ed egli gli ha contato lo male che egli ha, egli suonano loro stormenti e cantano e ballano; quando hanno ballato un poco, e l’uno di questi magi cade in terra colla ischiuma alla bocca e tramortisce; e ’l diavolo gli è ricoverato in corpo. E cosí istá grande pezza ch ’e’ pare morto, e gli altri magi dimandano questo tramortito della infermitá del malato e perchè egli hae cioè. Quegli risponde10 ch’egli ha questo perochè fece dispiacere ad alcuno; e gli magi dicono: — Noi li preghiamo che11 tu gli perdoni, e prendi del suo sangue, sí che tue ti ristori di quello che ti piace. — Se [p. 144 modifica]’l malato dee morire, lo tramortito dice: — Egli ha fatto tanto dispiacere a cotale ispirito, ch’egli non gli vuole perdonare per cosa del mondo. — Se ’l malato dee guarire, dice lo spirito ch’è nel corpo del mago: — Togliete cotanti montoni dal capo nero, e cotali beveraggi che sono molto cari, e fate sacrificio12 a cotale ispirito. — Quando gli parenti del malato hanno udito questo, fanno tutto ciò che dice lo spirito, e uccidono gli montoni, e versono lo sangue ov’egli ha detto, per sacrificio; poscia fanno cuocere13 un montone o piue nella casa del malato; e quivi sono molti di questi maghi e donne, tanti quanti egli ha detto questo ispirito. Quando lo montone è cotto, e ’l beveraggio apparecchiato, e la gente v’è ragunata al mangiare, egli cominciano a cantare e a ballare e a sonare,14 e gittano del brodo per la casa in qua e in lá, e hanno incenso e mirra, e affummicano e alluminano tutta la casa. Quando hanno cosí fatto un pezzo, allotta inchina l’uno e l’altro, e domandano lo spirito se ancora ha perdonato al malato. Quegli risponde: — Non gli è ancora perdonato; fate anche cotale cosa, e sarágli perdonato. — E fatto quello che ha comandato, egli dice: — Egli sará guarito incontanente. — E allotta dicono eglino: — Lo spirito è bene dalla nostra parte. — E fanno grande allegrezza, e mangiano quel montone e beono;15 e ogni uomo torna alla sua casa; e il malato guarisce incontanente. Or lasciamo questa contrada; e dirovvi d’altre contrade, come voi udirete. [p. 145 modifica]

(Fr. cxxi-cxxii-cxxiii)

(Comant le Gran Kan conquiste le roiaume de Minin e de Bangala. — Ce devise de la bataille qe fo entre l’ost do Gran Can e le roi de Mien. — Ci dit de la bataille mesme).

Pad. Berl. Or sapiate ch’io mi avea desmentegado una belletissima bataia che fono nel regno de Vocian, la qual sono ben da dir nel nostro libro. Or adevene che in mile duxento e setantadó el Gran Can mandò Marco Polo, H milione. io [p. 146 modifica]lo so exerzito in Vociati e Caragian, azò che i fosse vardadi e oservadi, azò che altra zente non li ofendesse. Per che el Gran Can non avea mandado ancora un so figlio come el mandò dapuò, dapuò lui fexe re Sentemur, el quale iera fiol d’uno so figlio che iera morto. Or adevene che ’l re de Mien e Bangala, el qual era possente de tere e de texoro e de zente, el qual non iera in quela volta sotoposto al Gran Can, ma dapuò puoco tempo sugiugò quelo a la so signoria, e tolseli tuti do i reami, i quali ve ò nominati de sopra. E quando questo re de Mien e Bangala sape che ’l suo exerzito iera in Vocian, el disse ch’el iera de besogno ch’elo i andasse incontra con una gran zente, che li alziderave sí fatamente ch’el Gran Can non averá ma’ piú volontade de mandar el suo exerzito in Vocian. Or questo re incontinente feze far gran apariamento, lo qual ve nareremo. Or questo aveva doamilia lionfanti, e sopra zascadun de quelli feze far uno castello de legno molto forte e ben fato per caxon de conbater, e sopra zascadun castello ierano almanco da dodexe in quindexe omeni, e aveano ben sesanta milia omeni intra da cavalo e da piè. E quando el re ave fato questa cosa, el non volse far alguna induxia, ma subito se messe con la so zente in camin per caxon d’andar con el suo exerzito sopra quel del Gran Can, el qual iera in Vocian. Or tanto cavalcò ch’el se aprossimò a tre zornade allo exerzito de tartari, e lá fexe reposar la so zente. Quando el signor de l’exerzito de tartari sape como questo re li vegnia adosso con tanta zente, molto temea, perchè el non avea tanta zente; ma incontinente, come omo valente e bon capetanio (ed era chiamato Nescradin), ordenò e amunì la so zente otimamente al fato de defenderse, se messe in via e radunò tuta la so zente da cavallo ne la pianura de Vocian. E li aspetano i suo’ nemixi che vegnisse ala bataia, perchè apresso quella pianura iera uno luogo molto grando e pian de albori. Como avete per avanti aldido, sempremai i tartari aspetano i suo’ nemixi in quella pianura. Or, essendo el re de Mien repossado alguni zorni con el suo exerzito, de lì se partino, e aprossimosse tanto ch’el prevene nela pianura de Vocian, onde ierano i tartari apariadi. Allora questo re ordenò i lionfanti con i diti castelli, e sopra quelli omeni ben armadi e molta zente da cavallo e pedoni; e ierano ordenada valentemente, perchè lo iera savio omo. E quando l’ave ordenado tuto lo so exerzito con la sua zente, el prese la via contra i suo’ nemixi. E quando li tartari vete quelli venire, i mostrò che i non avesse nesuno smarimento, e tuti se [p. 147 modifica]radunò insieme saviamente. Or, quando questi furono apresadi, che non mancava se no a comenzar la bataia, allora í cavalli de tartari, quando i vete i lionfanti, aveno sí grande smarimento che li tartari non li podea far andar oltra, onde i se messene in fuga. El re con la so zente e i lionfanti senpre li seguitava. Or, quando i tartari veteno questo, molto se inirò e non saveva quello i dovesse far. E manifestamente vedea che i non podea far andar i suo’ cavalli oltra; onde del tuto i se teniano sconfiti. Ma ala fine i se portò bene, e diròve a che muodo. Quando li tartari vete che li suo’ cavalli iera sí smaridi, tuti desmontò da cavalo e messeli entro el bosco e ligòli agli albori. E dapuò tolse i suo’ archi e comenzò a saitar con le freze i lionfanti, che una mirabel cossa parea; onde i lionfanti duramente fo inavradi, e per el simel molta zente di tartari fo frezadi da quelli delo re. Ma li tartari, ch’era molto mior omeni ne l’arme ca i suo nemixi, se defendeva ardidamente. E quando li lionfanti furono cussi inpiegadi, se misseno tuti in fuga inverso la lor zente con tanto strepito che parea che tuto el mondo se dovesse profondare; e li lionfanti mai non restò infina chi i pervene al bosco, intrando in quello, ronpendo e vaslando tuti i castelli che i aveva adosso, mò in qua mò in lá fuzendo con gran strepido. E quando i tartari veteno veramente che i lionfanti ierano messi in fuga, senza induxio montò a cavallo e andò contra i suo’ nemixi, e cominzorono una crudel bataia con le lor sagite; e lo re con la so zente molto ben se defendea. E, quando i ave trate tute le suo’ sagite, trassero le spade e le lanze, e frontòrosse insenbre dagandose de duri e aspri colpi. Onde la furono una aspra bataia, onde molti de una parte e de l’altra moria, taiandose piè e man e colli, sí che molti cazea morti in tera; onde erano sí gran stormo ch’el non se averla aldido el ziel tonar. Ma li tartari aveano el mior, e mal fo comenzada la bataia per lo re e per la soa zente. Or, abiando durado la bataia mezo dí, el re e la so zente iera sifatamente inplagadi e tanti de lor morti, ch’i non se podeano piú sostegnir, perchè i vedeano lor stessi esser malmenadi. Onde piú non volse star, ma mèssese in fuga; e ziò vedendo i tartari, che costor fuziano, li seguitoe. E quando per gran ora li ave cazadi, li lassò andar, e andò per lo bosco per piar di lionfanti, (e tagliavano i grandi alberi perchè) non potesono andar oltra; e per niente i no ’nde potè brancar. Ma i omeni delo re molti ne piava de queli, perochè li lionfanti i ano mazor inteleto dei altri anemali; onde li prese piú de duxento lionfanti, e da questa [p. 148 modifica]bataglia inanzi comenzò el Gran Can ad aver alinfanti per bataglia. Or cusi andò questa bataia come avete aldido. Or lasseremo de questo e trateremo d’altre cose.

  1. Pad. Berl. ano i denti coverti d’oro; e... fano far una forma d’oro a muodo dei suo’ denti...
  2. Pad. * e cazare e osellare.
  3. Pad. che fano quelli servizi che comanda i signori.
  4. Berl. entra in lo leto, e zaxe quaranta dì, ch’el non se lieva de leto se non per so besogno.
  5. Pad. * in corpo... (e non vogliono) che la eba plui briga.
  6. Pad. de questo semo * desexi.
  7. Berl. * in boschi... e in montagne.
  8. Pad. ghe porave scanpare ch’el non morisse.
  9. Berl. Pad. i tien uno puoco de legno quadro o tondo, e sfèndelo per mezo, e tien la mitá...; e fano [alguni] do tache o tre, over (piú).
  10. Berl. el tal spirito lo á tocado, che lui li á fato qualche despiaxer.
  11. Berl. che tu i perdoni, che (tu restori el suo) sangue (tolendo quele) altre cose le qual tu vole. — E quando questi medegi àno dito molte cose, pregando el spirito, el quale sono nel corpo di quelo che sono cascado, che li diga se l’amalado dié morire... responde: — Questo amalado á tanto ofeso questo spirito ch’el spirito non vuol perdonar per alguna cason del mondo. — E questa risposta àno queli che (dien) morir. E se l’infermo sono per scanpar...
  12. Pad. Berl. a tal idolo e a tale spirito; e convien che l’eba cotanti (maghi) e cotante done, de queli che serveno a quele idole, li quali faza gram festa e reverenzia alle idole. Fata questa responsione...
  13. Pad. Berl. i montoni, e fano quele bevande de spezie, e fano vegnir a caxa de l’amalado queli (maghi) e quele done.
  14. 'Pad. Berl. e sparzeno in l’aiere el boion e dile bevande, e fano fumo de legno aloe, e vano inzensando de qua e de lá e fano gran luminaria. Quando... uno de queli caze, e i altri domanda se l’è perdonato a l’infermo e se l’è deliberado; e quel indemoniato dixe alcuna fiata ch’el convien...
  15. Berl. e quando tute queste cose sono fate, subito... Or abiamo dito i costumi e l’usanza de questa zente, e comò questi magi sano incantar i spiriti: or lasseremo...