Il cavalier Giocondo/L'autore a chi legge

L’autore a chi legge

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Lettera di dedica Personaggi

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L'AUTORE

A CHI LEGGE.1

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M
I venne in pensiere di fare una Commedia col titolo dei Viaggiatori, e in fatti gli Attori di questa sono tutte persone che viaggiano, a riserva del Cavaliere Giocondo e di Madama Possidaria sua moglie, i quali però, siccome quelli che hanno la vanità di albergare i viandanti, anch’essi coi Viaggiatori convengono. Per rendere la Commedia ridicola, per la stagione Carnevalesca in cui dovevasi rappresentare, ho scelto fra i Viaggiatori i caratteri più giocosi, ed ecco che del titolo generale si potevano offendere le persone di senno, che viaggiano con profitto de’ loro interessi o del loro talento. Ho dunque cambiato alla Commedia il nome, e l’ho intitolata Il Cavaliere Giocondo. In fatti egli è il soggetto dell’azion principale, dimostrandosi in lui un uomo ignorante, fanatico, che ha la passione di trattar viaggiatori e di spendere il suo malamente per alloggiarli, e il frutto delle sue attenzioni non è che la derisione e lo scherno, in compagnia della Moglie, sciocca e fanatica al pari di lui.

Per altro considerando i Viaggiatori che intervengono nella Commedia come episodi, e parte integrante dell’opera, sono tutti caratteri originali. Donna Marianna fa rilevare i pregiudizi di una Madre acciecata soverchiamente dall’amore materno; Rinaldino le conseguenze di un Figliuolo male educato; madama Bignè ci rappresenta una femmina inquieta, volubile, capricciosa; il Conte, suo cognato, un povero galantuomo imbarazzato a custodire una femmina stravagante; don Alessandro un cicisbeo sofferente, ma finalmente annoiato; don Pedro un pedante schiavo dell’interesse; Gianfranco e Lisaura due impostori che girano il mondo; ed il marchese di Sana ci dà l’idea dell’uomo savio e morigerato.

Ciascheduno di questi caratteri bastar potrebbe al soggetto [p. 16 modifica]di una Commedia; ma io ho avvezzato il popolo a vederne tanti insieme in una sola rappresentazione, che di uno e di due i spettatori non si contentano. Come dunque si può mantenere perenne la sorgente dei caratteri, usandone così a dovizia? Ecco l’arte di cui mi valgo. Il carattere istesso, posto in un altro prospetto di quello in cui mi valsi una volta, mi serve tante altre volte, quante a cambiarlo mi accingo. L’Avaro è un carattere, ma dieci avari si possono rappresentare con altra condotta e in altre circostanze costituiti; così il Superbo, così il Prodigo, così la Donna fantastica, la spiritosa, o la sciocca. Tutto consiste a non ridire le cose dette, a non rimettere in scena gli avvenimenti rappresentati, e a fare che in ottanta Commedie, due non si somiglino fra di loro. Finora mi è riuscito di farlo. Lo farò in avvenire? Voglio lusingarmi di sì. I caratteri non sono infiniti in genere, ma ponno essere infiniti in specie. Ogni testa pensa a suo modo, e dal pensare degli uomini, e dall’operare che fanno a seconda dei loro pensieri, raccolgo l’abbondante messe degl’intrecci, del ridicolo e dei comici avvenimenti, parte veri, e verisimili in parte.

  1. Fu stampato in testa alla commedia, nel t. IV (1758) dell’ed. Pitteri di Venezia.