Il cammin di mille navi
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II
AL SIGNOR GIOVANNI SORANZO
Che le grandezze umane non rendono
l’uomo felice.
Il cammin di mille navi,
Che gli Achei,
O Soranzo, a guerra armaro,
Con indugi acerbi e gravi
5Austri rei
Nel sen d’Aulide fermaro;
Ivi il mare e l’aer chiaro
Per aver, facean preghiera
L’alme schiere peregrine,
10Quando al fine
Si spiegò, siccome vera,
Tal sentenza atroce e fiera:
Se tranquilla a far partita
Aspettarsi
15Mai dovea l’umida via,
Convenia la nobil vita
Consumarsi
Della bella Ifigenia:
Dal fermar legge si ria
20Ogni spirto era lontano
Tra il furor di quelle squadre;
Solo il Padre
Tutti i prieghi udiva in vano:
Cor di selce in petto umano.
25Poichè in van fece lamenti
Per la luce
A ciascun soave e grata,
Tra gli iniqui altari ardenti
Si conduce
30La donzella sfortunata:
Ivi il colpo inginocchiata
Con le mani al petto attende,
Fatta neve il nobil volto;
Ne va molto,
35Che il coltello ampio discende,
Onde a terra ella si stende.
A veder scure le ciglia,
Ove ardea
Poco dianzi un bel sereno,
40A veder l’onda vermiglia,
Che tingea
L’alabastro del bel seno,
Nullo a’ pianti: nullo il freno
Por s’ingegna a’ suoi dolori
45Per pietà dell’infelice,
Maledice
Ogui lingua i rei furori
Degli sdegni, e degli amori.
Solo i pianti in tanta doglia,
50Sol le strida
Agamennone ritenne,
E che ogn’áncora si scioglia
Egli grida,
E che s’alzino l’antenne:
55Tant’angoscia egli sostenne,
Perchè un poco a sue corone
Si giungesse di chiarezza.
Qual fierezza?
O qual orso, o qual leone
60Non fia vinto in paragone?
Muova lento a formar passi
Uom, s’è saggio,
Là ’ve ’l senso a gir conforta;
Che assai spesso a morte vassi,
65Se in viaggio
La ragion non ti fa scorta:
La real Vergine morta
Suscitò feroci sdegni
Sul ritorno incontra Atride;
70Onde vide
Funestar per modi indegni
Argo poscia i regi, e i regni.
Venne ignoto il fiero Oreste:
Grave offesa
75Di vendetta è gran maestra;
E sul suol tra piaghe infeste
Lasciò stesa
La dolente Clitemnestra:
In mirar l’armata destra,
80Disvelava il sen materno:
Ed, o figlio, ella diceva,
Ma spingeva
Il figlinol, che l’ebbe a scherno,
L’aspro acciar nel fianco interno.
85Or se il qui tanto apprezzato
Scettro regio
Non può torne a ria ventura,
Perchè spesso è desïato
Con dispregio
90E del cielo e di natura?
Cor sereno, anima pura,
Che di fulmini vendetta
Contra sè da Dio non chiami,
Son reami,
95Che se l’uom se ne diletta,
Regni eterni in cielo aspetta.