Il buon cuore - Anno XIII, n. 39 - 28 novembre 1914/Religione

Religione

../Educazione ed Istruzione ../Beneficenza IncludiIntestazione 28 febbraio 2022 50% Da definire

Educazione ed Istruzione Beneficenza

[p. 307 modifica]Religione


Domenica terza d’Avvento

Testo del Vangelo.

Avendo Giovanni udito nella prigione, le opere di Gesù Cristo, mandò due de’ suoi discepoli a dirgli: Sei tu quegli che sei per venire, ovvero si ha da aspettare un altro? E Gesù rispose loro: Andate e riferite a Giovanni quel che avete udito e ve-; duto. I ciechi veggono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risorgono, si annunzia ai poveri il Vangelo, ed è beato chi non prenderà in me motivo di scandalo. Ma quando quelli furono partiti, cominciò Gesù a parlare di Giovanni alle turbe. Cosa siete’ voi andati a vedere nel deserto? una canna sbattuta dal vento? Ma pure, che siete voi andati a vedere? Un uomo vestito delicatamente? Ecco che coloro che vestono delicatamente, stanno nei palazzi dei re. Ma pure, cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sti, vi dico io, anche più che profeta. Imperocchè questi è colui pel quale sta scritto: Ecco che w spedisco innanzi a te il mio angelo, il quale preparerà la tua strada innanzi a te. In verità io vi dico: Fra i nati di donna non,venne al mondo chi sia maggiore di Giovanni Battista: ma quegli che è minore nel regno de’ cieli, è maggiore di lui. Ora, dal tempo di Giovanni Battista infin adesso, il regno dei-cieli si acquista colla coloro che usano violenza. Imforza; ed è preda perocchè tutti i pròfeti e la legge hanno profetato sino a Giovanni: e se voi volete capirla, egli è quell’Elia che doveva venire. Chi ha orecchie d’intendere intenda.

a

(S. MATTEO, Cap. ii).

Pensieri. Consideriamo anzitutto, nel Vangelo d’oggi, l’elogio di Giovanni, fatto da Gesù davanti alle turbe, appena partiti i discepoli che Giovanni gli aveva indirizzati. «Cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? No. Ma chi siete andati a vedere? Un uomo vestito mollemente? Ecco, que’ che vestono mollemente, stanno ne’ palazzi de’ re. Ma chi siete andati a vedere? Un profeta? Si, vi dico, anche più che profeta». Osserviamo come Gesù ammira in Giovanni specialmente quelle virtù che Egli non esercitò visibilmente in modo da attirare, come Giovanni, la attenzione dei contemporanei. Egli loda nel Precursore la penitenza, l’austerità della vita, la sua fermezza, mentre Egli, Gesù, si alimentaVa e vestiva come gli altri uomini. Rientriamo in noi stessi, e, lealmente, dornandiàmoci: siamo noi cristiani, disposti ad ammirare, anche solo a riconoscere, le virtù degli altri, sopratutto quelle virtù che noi non abbiamo? Quante volte noi mettiamo la perfezione in quel punto, al quale

siamo giunti noi, in quella forma di pietà che aggrada a noi! E, come siam facili a giudicare e riprovare chi non vede, non opera come noi! Quante di queste mancanze di carità noi ci dobbiamo rimproverare! Riconosciamolo e proponiamo di non peccar più così nell’avvenire. Gesù e Giovanni annunziano tutti e due la vicinanza del Regno di Dio, e cercano disporre gli uomini predicando la penitenza, Hanno lo stesso fine Gesù e Giovanni, e quali metodi diversi usano per raggiungerlo! Si rispettano, si ammirano, ma si riserbano la libertà più grande, la massima, nell’esercizio del loro Apostolato. Giovanni rimprovero Erode, non ha riguardo a nessuno, non cerca gli uomini, sono essi che accorrono a Lui. Gesù, all’opposto, pare ceda sempre. Iisidiato da Erode, fugge, e alle turbe concede prodigi. Anche qui troviamo oggetto di meditazione, e stimolo di riforma interiore. 1 cristiani devono essere liberi, prendere il bene dove è, e attuarlo ognuno secondo l’impulso dello spirito di Dio. La strada dell’uno non è quella dell’altro; ma tutte possono condurre a un termine comune. Gesù e Giovanni si differenziano anche nel modo di attendere il Regno di Dio. Giovanni nella sua attesa è impaziente. Ha consacrato tutta la sua vita alla persuasione del trionfo della giustizia... e ormai la sua vita sta per finire, e la giustizia non trionfa nel mondo... manda suoi discepoli a interrogare Gesù. Gesù ha la stessa persuasione di Giovanni, ma sa che l’Avvento del Regno è il segreto del Padre.e si riposa in Lui. L’unico modo suo di affrettare queste venute è l’esser paziente, umile, mansueto. E’ un altro insegnamento di cui dobbiamp profittare, un altro esempio divino che noi dobbiamo imitare. Alle anime affamate di giustizia e di verità, e sature di dolori, si offre specialmente l’esempio di Cristo. Quando tutto vien meno e pare che uomini e avvenimenti si volgano contro di noi... allora è il momentO d’imitare la pazienza e l’umiltà di Gesù. E la causa della Giustizia, del bene trionferà più per la virtù nascosta, dolorante nel segreto e nota solo a Dio, che non per moti incomposti di violenze e di ribellione. Questo il rimedio insegnato da Gesù; uno migliore non c’è. Come frutto di quest’ultimo punto di meditazione, imprimiamo bene nella nostra anima, nel nostro cuore quelle parole cosi belle e profondamente cristiane: Buono è aspettare nel silenzio la salute da Dio.

PENSIERI Ciò che vi è di più generoso nel cuore umano è la pietà..... Dopo il suo sangue ciò che l’uomo può dar di più, LAMARTINE, è una lacrima. [p. 308 modifica]LA BATTAGLIA

sparen i canon con la mitraglia, Che strappa gamb e braso ai poer sòldaa. Deventa furibonda la battaglia; Passa i cavai.... i mort in tutt schisciaa i Sti omen hìn 1Con e noo se sbaglia R dì che gh’è pu cceur, gh’è pu pietaa. L’è ona pazzia de tucc che tucc l’uguaglia; L’è on gust feroce dell’umanitaa! gh’è ferii, gh’è mort a centinaja; Ma seguiten anmò i combattiment, i vittim? Ma che cent i Hin a migliaja! Rh su quell camp, che folla de morent! L’è tutta gioventù, on dì inscì bella, adess... consciada che la fa spaventi! FEDERICO

  • 0’

iS••• ’• 2 p’••e • •

Bussi.

•2p -2t";

La devozione delle SS. Quarant’ore La divozione delle SS. Quarant’Ore è antica in Milano, ove nacque verso il 153o, per iniziativa, chi dice dei Padri Barnabiti a San Sepolcro, e chi in Duomo da un padre Giuseppe, Cappuccino. Conosciuta a Roma e diVulgata dall’anima pia di S. Filippo, si allargò, dapprima, a tutte le parti d’Italia, e poi anche presso altre nazioni: la divozione delle SS. Quarant’Ore oggi è conosciuta e praticata in tutto il mondo; è divozione cattolica. In Milano ebbe origine e conservò sempre un carattere di speciale solennità. Il cosidetto giro o turno, delle Quarant’Ore comincia dal Duomo, e passa poi successivamente nelle altre Parrocchie, un tempo di cinque giorni, ora di tre pel numero cresciuto delle Parrocchie, in modo che nel corso dell’anno liturgico, da un Avvento all’altro, Quarant’Ore sieno state celebrate in tutte le Chiese grandi e piccole della città. La solennità maggiore è quella che si celebra in Duomo, la prima domenica d’Avvento, secondo il Rito Ambrosiano, cioè la prima Domenica dopo il giorno di S. Martino. Si celebra la sera, con una grande processione, alla quale è obbligato a intervenire il clero di tutte le parrocchie della città, con tutti gli apparecchi relativi, di croci, di ceroferari, di torchie, di candele, di baldacchini, di stendardi, ed ora anche di bandiere. Il Duomo, data la stagione invernale incomin ciata, alle ore 17, quando la Processione si mette in moto, è già nella piena oscurità. Si può immaginare quale effetto fantastico, grandioso presenta la gotica cattedrale con centinaia e centinaia di lumi che si aggirano, compaiono. scompaibno, ’ lungo le - navate del Tempio, ora allineate, ora aggruppate, a norma dello svolgersi della processione. A un punto fisso, accompagnate dal suono maestoso degli organi, scoppiano le armonie dei cantori della cappella del Duorno, un canto polifonico, solenne, che invade tutte le navate del Tempio, alternato col canto grave e liturgico dei Canonici e dei Monsignori: nl profumo degli incensi, che si sprigiona a larghe volute dalle navicelle diffonde il suo grato odore dappertutto, è opportuno complemento a quella scena grandiosa nella quale tutti i sensi, l’odorato, la vista, l’udito, sono variamente e simultaneamente chiamati a prestare il loro ufficio. Un ricchissimo baldacchino, portato dai membri della Confraternita del SS. Sacramento, s’avanza procede maestoso, e sotto di esso S. E. l’Arcivescovo, in ricchi paludamenti, circondato da Canonici e Monsignori, porta, con artistico Ostensorio. l’Ostia consacrata. Una fitta di popolo, uomini, donne, fanciulli, convenuti da tutte le parti della città, si preme in doppia fila lungo i fianchi della prOcessione, in atteggiamento di devota aspettazione. La processione, dopo aver percorso la navata centrale, esce con imponente spettacolo a percorrere il ripiano della lunga e maestosa gradinata; la vasta piazza è dinnanzi, con tutto il formicolio di persone, di carrozze, di tram, che la ingombrano: l’Arcivescovo sostando nel mezzo della gradinata, si rivolge e benedice tutto e tutti: è un momento solenne, in cui le due società, la religiosa la civile, sono insieme affratellate e unite nel nome di Dio, scena simpatica un tempo così frequente. Finita la processione, un oratore, di solito l’Arcivescovo, sale il pulpito e pronuncia un discorso di circostanza. Quella voce che scende dall’alto, in mezzo alle tenebre, è altamente suggestiva, e serve a completare, col concorso dell’intelligenza, la festa eterna dei sensi. Si esce dal Tempio altainente impressionati, commossi, col dubbio di aver assistito, più che ad una festa terrena, ad una festa celeste. La processione delle SS. Quarant’Ore, net Duomo, la sera della prima Domenica di Avvento, è forse la più bella delle funzioni del rliaito nel corso di tutto l’anno, ed è difficile che altro tempio della Cattolicità, compresa Roma, possa presentar, ne una di carattere più mistico e grandioso. Se mi trovo a Milano, cerco sempre di non mancare a quella processione; e qualche volta per assistervi, se sono in campagna, anticipo’ il mio ritorno. Dopo la funz ione del Duomo, segue il giro delle SS. Quarant’Ore nelle altre parocchie, cominciando dalla Basilica di S. Ambrogio, dopo il Duomo, la più insigne delle Chiese della città. [p. 309 modifica]E’ invalso ora l’uso di tenere nei giorni delle Quarant’Ore un breve discorso sui misteri dell’Eucaristia, per risvegliare la fede e la divozione dei fedeli. Quest’anno, a S. Ambrogio, i tre discorsi furono tenuti dai Monsignori Rosina, Vitali e Meregalli. • Riportiamo qui sotto il discorso tenuto da Monsignor Comm. Vitali. L’Eucaristia e le virtù teologali. Noi siamo cristiani pel possesso e la professione delle virtù teologali, la fede la speranza, la carità. L’Eucaristia è la. causa, l’aiuto, la perfezione di queste tre virtù. Le fede è l’atto col quale noi crediamo alla parola di Dio. L’atto specifico della fede dove sta? Nel credere che una cosa è vera perché l’ha detta Dio, solo perchè l’ha detta Dio. L’Ostia consacrata è là su quell’altare: quill’Ostia è Cristo! Io credo che quell’Ostia è Cristo; perché credo? Perchè lo ha (letto Cristo. «Io sono il pane vivo disceso dal cielo.. l l mio corpo è veramente cibo, il mio sangue è vei amente bevanda». Queste.parole, esclama l’autore della Imitazione di Cristo, sono state dette da Te, o Cristo, e perchè tu le hai dette sono la verità, e devono essere da me senza alcuna difficoltà credute. I sensi dicono diversamente; i sensi si ingannano. Si sensus deficit, sola fides sufficit. Quale conseguenza, o miei fratelli, nel poter dire: quell’ostia è veramente Cristo; è Cristo qui in mezzo a noi, vivo e presente in mezzo a noi, come un giorno era vivo e presente là nella Palestina: quel!’ ostia è il bambino Gesù che nacque nella capanna di Betlemme, che la Madonna strinse nelle sue braccia, e coperse de’ suoi baci; quell’ostia è il bambino Gesù che disputò coi Dottori nel Tempio; quell’ostia è quel’Gesù che si assise al pozzo di Giacobbe e convertì la Samaritana; quell’ostia è Gesù che entrò nella casa di lletaniace consolò le due sorelle Marta e Maria: quell’ostia è Gesù che portò la croce sul monte Calvario, oche morì sulla Croce, ché risuscitò, che ascese al Cielo, ed ora trovasi in cielo alla destra di Dio Padre onnipotente. Quell’Ostia è tutto il Vangelo riassunto; quell’Ostia è tutto Gesù nella vita, nella morte, nella gloria! All’annuncio di questa verità fatta la prima volta da Cristo, molti si allontanarono da Lui, dicendo: questo linguaggio è troppo duro. Cristo, ciò vedendo, rivolto agli apostoli, disse: volete tinidare anche voi? Pietro si fece innhnzi, e gridò: dove andremo noi, o Signore, lontani da te? Tu solo hai le parole di verità e di vita. Queste parole, a dodici secoli di distanza, le raccolse Tomaso d’Acquino, e le tramandò ai secoli futuri come atto di fede, e come ragione dell’atto di fede: Credo quidquid dixit Dei filius, Nikil hoc verbo veritatis venior.

Queste parole facciamole nostre, ripetiamo altche noi: Credo quanto ha detto il figlio di Dio; Nessuna parola è più vera di questa parola [di verità.

  • **

A questo punto può tornare a noi difficile il dire che l’Eucaristia è il fondamento della nostra speranza? La nostra speranza sta nel possesso e nell’uso.dei mezzi più diretti, più efficaci, più numerosi, che la grazia di Dio ci porge per ottenere il per-. dono delle nostre colpe, per praticare il bene, vincere il male, sopportare i dolori della vita, meritare il Cielo. L’Eucaristia, su quell’altare, è Cristo. Ma sotto quale aspetto? Con quale carattere, con quale missione? L’Eucaristia è Sacrificio, l’Eucaristia è Sacramento. L’Eucaristia è la rappresentazione, la rinnovazione del Sacrificio della Croce; il Sacrificio della Croce fu cruento, il sacrificio dell’altare, nella Santa Messa, è incruento. Ma i caratteri dell’uno, sono caratteri dell’altro; gli effetti dell’uno, sono gli effetti dell’altro. Il sacrificio Eucaristico, il sacrificio della Santa Messa, come quello della Croce, è sacrificio espiatorio, imploratorio, eucaristico, latreutico. Sacrificio espiatorio: sono infiniti i mezzi che la bontà di Dio ha posto nelle nostre mani per ottenere da lui il perdono dei nostri peccati; ahimè, tutti siamo peccatori! I nostri peccati, diceva Davide, ci stanno sempre dinnanzi agli occhi: peccatum meum contra me est semper. Manzoni diceva che il terrore più grande che gli invadeva l’anima, era quando dinnanzi a Dio pensava ai suoi peccati. Sono molti i mezzi coi quali possiamo chiedere a Dio il perdono dei nostri peccati, coi quali possiamo espiarli: le nostre preghiere, le nostre lagrime, le nostre penitenze, i nostri dolori, le nostre opere buone, le preghiere dei Santi, le ’preghiere dei morti, e sopratutto le preghiere della nostra Santa Madre Maria, chiamata con frase che tutto abbraccia l’opera sua di redenzione: Refugium peccatorum! Ma vi è un mezzo di espiazione a tutti superiore nella sua efficacia e nelle sua universalità: è Cristo che muore sulla croce per espiare i peccati di tutto il mondo, è il Crocifisso! Io non dimenticherò mai una scena che risale all’epoca della mia gioventù, quando io era ancora in cura d’anime. Mi trovavo dinnanzi al letto di un moribondo; era un’anima desolata, disperata nel ricordo de’ suoi molti e gravi peccati: gli pareva impossibile di poterne ottenere il pendono: dopo molte esortazioni senza risultato, gli posi innanzi il Crocifisso; gli dissi: chi deve dare iì perdono? Il Signore, il Crocifisio: ella non ha meriti; i meriti li ha Cristo; i meriti di Cristo sono infiniti: i meriti infiniti di Cristo, Cristo li dà a lei, li fa suoi, sono suoi; e per mostrarglielo. Cristo muo [p. 310 modifica]re, è morto sulla Croce!... Un raggio di luce brillò su la sua fronte, stese con ansia le braccia, con ansia avvicinò, strinse al petto il CrocifisSo, lo baciò... Morì! E quello che si dice dell’Eucaristia come sacrificio espiatorio si deve dire pure•dell’Eucaristia, rinnovazione del Sacrificio della Croce, sacrificio irnploratorio, propiziatorio, latreutico. Ma l’Eucaristia è anche Sacramento. Qual nuova fonte di speranza! L’Eucaristia è l’applicazione alle singole persone dei meriti infiniti che Cristo acquistò per tutti sulla Croce, è l’unione personale di Cristo coll’anima, per cui l’anima può dire con frase non simbolica, ma reale: non sono pili io che vive, ma è Cristo che vive in me. Come non essere sicuri che Dio ci accorderà le sue grazie. quando. dandoci il Figlio, tutto con lui ci ha donato, i doni della vita presente, le promesse del premio futuro, ct future glorie nobis pignus datur? Un momento della nostra vita è più decisivo degli altri, il momento della morte. Di quanta gioia, di quanto conforto, in quel momento, ci sarà la visita di Cristo nell’Eucaristia! In quel momento l’Eucaristia assume un nome proprio, che ricorda l’ufficio speciale di conforto all’anima, nel viaggio verso l’eternità: l’Eucaristia si chiama allora: il Santo Viatico! Un ricordo edificante, commovente, unisce questa funzione al nostro grande padre Ambrogio. Caduto gravemente ammalato, anzi, giunto in fine della vita, Onorato, Vescovo di Vercelli, che era stato chiamato d’urgenza ad assisterlo, viene avvertito che Ambrogio muore. Accorre, amministra gli estremi sacramenti al Santo: Ambrogio riceve la Santa particola, e in quel momento muore. L’Eucaristia era unita ad Ambrogio nell’abbandonane la terra, era unita ad Ambrogio nell’entrare nel cielo: Bonum? viaticum ferens, dice con santa eleganza il suo biografo.

Dati questi precedenti dell’Eucaristia quale fondamento della nostra fede e della nostra speranza, con quale slancio dell’anima ie vi invito a entrare nel terzo punto: l’Eucaristia è fondamento, è stimolo, della carità, della carità verso Dio, della carità verso il prossimo! Qui non è più una fredda dimostrazione; è un inno! Amore genera amore, e l’Amor di Dio, l’amor di Cristo verso di noi, deve generare l’amor nostro verso di Lui; amore infinito dalla parte di Dio, amore, senza limite da parte nostra. E’ dubbio l’amor di Cristo verso l’uomo nella Santa Eucaristia? Amore, e solo amore. è la grande parola che caratterizza questa istituzione: la vita di CriSto fu una vita tutta di amore verso gli nomini: l’Eucaristia, opera degli ultimi momenti della vita di Cristo, riassume e supera l’amore di tutta la sua vita. L’afferma Giovanni, l’apostila dell’amore, che posando, nell’ultima Cena, il suo capo sul petto di Cristo; sentì i battiti di quel cuore, e conobbe di quali sentimenti fosse animato. Avendo sempre ama to i suoi, in fine li amò di amore ancor più grande; e passa a ricordare l’istituzione della Eucaristia. Al momento di abbandonare gli Apostoli, Cristo non volle lasciarli orfani. Doveva partire; doveva portare al Padre in cielo il prezzo del perdono; ma nel tempo voleva restar qui in mezzo di noi: delici»uv esse cum filiis hominum. Che fare? Ecco una trovata della quale solo poteva essere capace un amore onnipotente: andrà in cielo colla sua persona umana, ma rimarrà sulla terra colla sua persona aucaristica; persona vera in cielo, fra gli Angeli e i Santi, persona vera.in terra fra gli uomini. Quale motivo poteva avere indotto Cristo a lasciare questo dono? Forse per ’bisogno che egli avesse di noi? Egli ha tutto, e noi non abbiamo nulla: tutto quello che abbiamo è un dono suo. Forse per riconoscenza peri servigi’ nostri verso di lui? Fra poche ore egli sarebbe l’oggetto più straziante della ingratitudine degli uomini: un apostolo lo tradirà, un altro lo rinnegherà, tutti gli altri lo. abbandoneranno; e il popolo, da lui beneficato, griderà il Crucifige, e lo vedrà con gioia confitto da suoi nemici sulla Croce! Sarà forse la preveduta riconoscenza dei popoli futuri? Ah, miei fratelli, voi potete ben dire quale sia la riconoscenza degli uomini per Cristo, anche dinnanzi alla suprema prova dei suo amore per noi, dinnanzi all’Eucaristia! Non ho mai potuto cancellare dall’animo mio l’impressione che mi ha fatto un padre missionario in un corso di esercizi, con una predica, che aveva per traccia: Cristo è amante, Cristo è amabile, Cristo non t? amato! E’ l’amore, solo l’amore verso di noi che indusse Cristo a instituire l’Eucaristia; amore verso di noi che porta all’invito dell’amore che noi dovremmo portare verso di tutti. L’amore verso il prossimo è indicato nell’Eucaristia dalla materia stessa del Sacramento, dal pane e dal vino: il pane è formato da tanti grani macinati insieme, il vino è formato di tanti acini pigiati insieme: sono i molti avvicinati, compressi, riuniti a formare una cosa sola; sono tutti gli uomini per l’Eucaristia chiamati a formare un cuor solo e un’anima sola; è il trionfo della carità del prossimo; è la carità degli individui, che deve diventare carità nelle famiglie, carità nella società, carità nell’umanità! Che strazio, in questo momento, al cuor di Cristo il vedere l’immane guerra che desola tutta l’Europa; si quò dire tutta la Terra! Cristo nella Eucaristia ha voluto brillare anche fra i primi truci episodi della guerra. Un ufficiale cattolico belga è caduto sul campo gravemente ferito: nei momenti dell’agonia, un dolore solo lo tormenta, non avere ai fianchi un sai cerdote, non poter ricevere l’Eucaristia, l’ineffabile dolore dell’anima credente, ricordato da S. Giovanni Grisostomo: hoc unus sit tibi dolor, hac esca privari. Un ufficiale aviatore presente, monta sull’aereoplano,,. e vola a un lontano paesello, ove sa di poter trovare un sacerdote. Il sacerdote prende l’Eu [p. 311 modifica]caristia, vola vicino al moribondo, gli dà il perdano di Dio, gli dà il Santo Viatico, e il moribondo,’ confortato muore. Era la scienza in aiuto della fede. Miei fratelli, in questi giorni sacri all’Esposizione, all’Adorazione di Cristo in Sacramento, sappiate trovare qualche momento di venire al tempio: vengano i genitori, venganc. i figli, vengano tutti. L’Eucaristia, inspirazione. fondamento delle tre virtù teologali, risveglierà, confermerà in voi la vita cristiana; la vita cristiana portata fuori dal Tempio, diventerà la luce, il conforto, la virtù, della vita sociale; preparandó insieme i meriti della vita futura, nel Cielo.. 1/4.

Due processioni Sono feriti! - Sono morti! Due processioni sono nate in guerra, due processioni dal principio di essa: processioni lunghe, con continuazione non interrotta e quasi senza fine! Vediamo la prima: I feriti vengono in lunghissime schiere, nei treni e nelle vetture, i meno feriti sono trasportati in tramvie negli ospedali e nelle diverse case di ricovero. Il popolo li saluta giubilando ed i gridi di entusiasmo non finiscono; donne e bambine si uniscono intorno, portano loro rinfreschi, dolci e sigari e applaudano ai difensori della patria. Le Suore della carità e le Dame della Croce Rossa li ricevono negli ospedali e li curano con materna bontà. E come era ieri è ancor oggi e cosi sarà domani e dopodomani e fra uno, due e tre mesi, ed i gemiti ed i sospiri dei sofferenti non hanno finel Ma: a poco a poco si smorza il giubilo del popolo, ’e ansiosamente si fa sentire la domanda: «Quanto tempo ancora? Che cosa ci prepara questa guerra? La farne, la peste? Quanto tempo ancora?» La suora di carità non domanda nulla; ma rimane dentro l’ospedale fedele al suo servizio ed infaticabile e gioconda accorre da tutti e tanto più si sente felice, quanto più può aiutare e sollevare i sofferenti. Cosi anche le dame, che si consacrano al servizio dagli ammalati, restano fedeli al loro posto. Oh come si adoprerebbero ancora tanti per la causa della patria: uomini vecchi, che volentieri si sarebbero recati in guerra, ma che non si accettarono — donne, ragazze, la cui carriera, non permette o non porge loro l’occasione di curare i feriti e,finalmente centinaia e migliaia di religiose degli ordini contemplativi e di clausura. Ed ora guardate pur la seconda processione, anch’essa motivata dalla guerra, invisibile al nostro occhio corporale, ma visibile alla nostra fede; una lunga, lunghissima schiera non interrotta e quasi senza fine, a cui giungono sempre nuove anime e essa non

311

si esaurisce mai. — Il Cielo sta tutto aperto! Una parte della processione entra subito e cOmincia cogli Angeli a lodare Dio. Combattendo contro gli scismatici, i prodi soldati della fede sono caduti martiri per la libertà di essa. La palma del martirio.è la loro eredità ed essi non hanno bisogno del nostro soccorso spirituale. Ma un’altra parte, e forse più numerosa, se anche sicura del Paradiso — perchè ben preparata è andata sul campo — abbisogna della purificazione. Volentieri, accesa dall’amor anch’essa si getta nelle onde purganti della Divina Misericordia. Chi lenirà i suoi vivi tormenti, chi la libererà? Uomini, donne, donzelle e bambini, che non vi potete metter al servizio della prima processione, unitevi alla seconda. Sarà opera da Samaritano, nascosta agli occhi del mondo, nota soltanto a Dio, preziosa al Cuor di Gesù! Lenirà quella schiera ogni, nostra buona azione adempita a tale scopo, ed anche ogni piccolo sacrifizio compiuto con questa intenzione.... Preghiamo! Diamo elemosine (ed anche per le Missioni) «L’elemosina salva dalla morte». Iscriviamo i nostri cari defunti all’Unione di messe a favore delle missioni africane, assicurando loro ogni anno la partecipazione a 300 Sante Messe, che si celebrano annualmente. Chi s’inscrive una volta per sempre mercè d’offerta di una lira da mandarsi col proprio nome al Sodalizio di S. Pietro Claver, Roma, via dell’Olmata i6. Facciamo conoscere questa Pia Unione a tutti quelli che soffrono, specialmente in questo mese dei morti. Si celebrino Sante Messe per i nostri defunti e se ne lasci celebrare dai missionari africani (per mezzo di sopradetto Sodalizio) chè il suffragio riuscirà doppiamente efficace. Procuriamo di lucrare per essi le maggiori indulgenze! Se faremo cosi ci renderemo anche noi molto utili in questa grande, tremenda, dolorosa processione, nata dalla guerra, che secondo i disegni di Dio. non ha altro fine che: la Sua maggior gloria e la salLed. vezza delle anime. (Corrispondenza Africana)