Il buon cuore - Anno XIII, n. 07 - 14 febbraio 1914/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XIII, n. 07 - 14 febbraio 1914 Religione

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I santi della chiesa nel secolo XIX


«Il tempo dei Santi è passato!».

Chi fosse di questo avviso per ricredersene non ha che leggere il libro recentemente pubblicato dal P. Costantino Kempf S. J. «Die Heiligkeit del Kirche in 19 Jahrhundert» (1) presso la Casa editrice Benziger di Einsiedeln, e arrivato in brevissimo tempo già alla terza edizione. «Un contributo all’apologia della Chiesa» dice il sotto-titolo; ed è un contributo vivente, forte di quella forza che proviene dal fatto, la cui eloquenza è irresistibile.

Il libro contiene in ordine sistematico le biografie di quanti figli del secolo scorso vennero canonizzati o beatificati od hanno:il loro processo di beatificazione in corso presso la Congregazione dei Riti. I confessori» salgono a 147, dei quali 91 uomini e 56 donne: di essi fino a qui beatificati undici e canonizzati uno: questi è il redentorista Clemente Maria Flofbauer, l’apostolo di Vienna, cui la capitale dell’Austria deve la propria rinascenza cristiana. I martiri sono molte migliaia, e cominciano con Giacomo Isiu ed i suoi compagni in Corea nel 101. Le persecuzioni cruente in quel regno, in Cina, nell’Annarn, nel Giappone, nel Tonchino si ripetono. parecchie volte; vi si aggiungono le persecuzioni del 1850 in Russia, gli eccidi del 1860 in Damasco, del 1871 nella Comune di Parigi e dal 1885 al 1887 nell’Uganda; vi Spiccano specialmente i nomi di Gabriele Perboyre

e di Pietro Luigi Chanel; i già ricinti formalmente dell’aureola di beati fra quanti suggellarono col proprio sangue la fede in Cristo sono 114.

La lista dei confessori si apre col beato Didaco di Cadice, cappuccino, morto nel 1801 e coi venerabili Simone Philippovic francescano e Maria Clotilde regina di Sardegna defunti nel 1802 e si chiude con Contardo Ferrini passato di questa vita nel 1902, Gemma Galgani (1903) e il francescano belga Valentino Paquay (1905). Essa comprende un Papa (Pio IX) e dieci vescovi: Giovanni Nepomuceno Tschiderer di Trento (morto nel 1800), Francesco Giuseppe Rudigier di Linz (1884), Giovanni Nepomliceno Newmann, di Filadelfia (1860), Giovanni Han di Szatmar (1857), Vincenzo Maria Strambi di Macerata e Tolentino (1824), Antonio Maria Gianelli di Bpbbio (1846), Antonio Maria Claret di Santiago di Cuba (1870), Giustino de Jacobis, lazzarista, titolare di Nicópoli (1860), Vincenzo Morelli di Otranto (1812) e Bartolomeo Menochio, agostiniano, titolare di Porfirio, Sagrista di Sua Santità (1823).

I sacerdoti secolari sono 18: in capo sta il beato parroco di Ars, G. B. Vianney. L’Italia vi è rappresentata da due glorie piemontesi: i venerabili Giovanni Benedetto Cottolengo e Giuseppe Cafasso ai quali il Kempf consacra pagine commoventi, dai napoletani Vincenzo Romano parroco di Ercolano, Ignazio Jennaco professore nel Seminario, G. B. Guarino parroco di S. Pietro presso Salerno, sacerdote Pasquale Attardi; dal sacerdote professore Domicnico Lencini di Lauria (Basilicata), dall’umbro Anxinio Pennacchi professore di latino in Assisi e dal veronese Gaspare Bertoni, fondatore dell’Oratorio dei sacerdoti delle SS. Stimate. Pure fra gl’italiani viene annoverato Placido Bacher, parroco del Gesù Vecchio in Napoli, e figlio di lin capitano nei reggimenti svizzeri al servizio delle Due Sicilie. I rimanenti sono tutti francesi (noto Giovanni Roberto de Lamennais, fratello del celebre ed infelice autore del «Saggio sull’indifferentismo n e delle a Parole di un credente»; Roberto è fondatore della Congregazione dei Fratelli della Scuola cristiana) tranne Ignazio Falzón di La Valetta (Malta), dallo studio del diritto passato a quello della teologia ed apostolo dei sol [p. 50 modifica]dati nell’esercito inglese, cui si devono per lo meno 600 conversioni. La lista dei religiosi offre 44 nomi, printO e principale quello del già accennato Maria Clemente Hofbauer, canonizzato da Pio X il 20 maggio 1909. Noi non dimenticheremo così presto le pagine magnifiche scritte intorno a quest’Uomo provvidenziale da Giorgio Goyau nel suo genialissimo libro L’Allemagne leligieuie. Anche in questa lista l’Italia occupa un posto d’onore coll’agostiniano Stefano Bellesini, col francescano Leopoldo di Gaiche, col barnabita Francesco Saverio Maria Bianchi, con Gaspare del Bufalo fondatore dei Missionari del Preziosissimo Sangue, col passionista Gabriele dell’Addolorata, coll’,alcantarino r gidio di San Giuseppe, col P. Ludovico cia Casoria (che incontrò un biografo degno di lui nel Cardinale Capecelatro), col gesuita Giuseppe Maria Pignatelli, col P. Vincenzo «Pallotti fondatore della Congiegazione che da lui ha preso il nome, con don Giovanni Bosco la cui storia in due volumi redatta dal sacerdote Lemoyne che gli fu segretario fedele costituisce uno dei libri più interessanti che si conoscano. Altri italiani ancora ci passano innanzi e con loro molti stranieri: di quesit merita accenno speciale il belga Damiano Devenster, grande benefattore dei lebbrosi, i quali accanto al nome suo hanno posto anche quello del salesiano Michele Unia. Le 38 religiose hanno in testa Giulia Billiart, Maria Maddalena Postel, Maddalena Sofia Barai„ «la figlia del fuoco D: tre stelle francesi di luce primaria accanto alle quali figurano degnamente le italiane Maddalena di Canossa, Bartolomea Capitanio, Vincenzo Gerosa, ed altre, la veggente tedesca Caterina Emmerich, la illustre convertila inglese Elisabetta Seton, e Bernardina Soubirous, la fanciulla privilegiata di Lourdes. Il laicato si afferma con sette uomini e otto donne. Ouelli: Domenico Savio (uno dei primi allievi di don Bosco), Nunzio Sulprizio (un fiore degli i,bruz-, zi), Giovanni Battista Jossa, già usciere di tribunale a Napoli, Leone Dupont di Tours, Francesco Maione di Santa Anastasia (Noia), Luigi Avellino di Vico Equense e Contardo Ferrini. Le dieci pagine che il Kempf dedica al grande romanista cristiano sono fra le migliori del libro; insieme coll’articolo che sul Ferrini• scrisse nelle Historisch-politische Bliitter di • Monaco di Baviera, il parroco Weiss di Zugo (Svizzera), esse ’concorreranno a popolarizzare anche in Germania•la splendida figura dell’uomo che a cattolici addita con efficacia vigorosa la via degli alti studii. Le otto donne sono capitanate da due regine, vanto esse pure d’Italia: Maria Clotilde di Sardegna, consorte di Carlo Emanuele II e Maria Cristina di Savoja, consorte di Ferdinando II e madre di Francesco II di Napoli. Dopo di loro la romana Anna Maria Taigi, donna del popolo. Elisabetta Canori Mora, essa pure di Roma e rn-2•Iie di un avvocato, Elisabetta Sanna di Sassari e di famiglia contadinesca, la lucchese Gemma Galgani figlia di un far macista, la lorenese Carolina Barbara Carrè de MaLberg, modello di madre cristiana; e pur qui incontriamo un fiore dell’isola di Malta: Adélaide Cirri, la provvidenza degli orfani. Non ci dilunghiamo attraverso i vasti campi, segnalati, del martirio... Lo sguardo ne è abbagliato, e prepotentemente vengono nelle labbri i versi galoppanti della versione magnifica che Luigi Venturi nei suoi Inni della Chiesa fa del.«Te Deum». Gli apostoli che sono Splendore del tuo trono Le schiere dei magnanimi Che profe,taro il ver; I cori sfolgoranti Dei martiri e dei santi, E di tua Chiesa i popoli Sparsi nel mondo inter Tutti, nel gran tesoro Dell’esultanze loro, Il Padre, o Dio, confessano D’immensa maestà. Che sei; col vero e solo Eterno tuo Figliuolo E col divin Paraclito Augusta Trinità! i * •

Soggiungeremo invece, in traduzione fedele, la conclusione del libro del P. Kempt, che può dirsi una illustrazione magistrale del tratto citato dell’inrio ambrosiano. «Questi privilegiati figli o figlie della Chiesa cattolica sono sfilati dinanzi ai nostri occhi come una rassegna di eroi; veri eroi dello spirito, stelle fulgenti, che segnano agli altri la via delle cime, caratteri saldi alle tempeste, uomini dei sentimenti più nobili e di una profondità di cuore meravigliosa, che le gioie ed i dolori del prossimo provarono come se fossero di loro stessi, puri cristalli in cui rispecchiano i raggi dell’eterna beltà in magnificenza affascinante. «Furono una lunga splendida schiera; e pure il nostro lavoro lo sentiamo incompleto e pieno di lacune. Tutti gli Stati sono rappresentati in questo famedio, naturalmente più abbondante il ceto ecclesiastico e religioso. Ma anche quasi tutte le classi del laicato segnano dei vincitori nella lotta per la virtù: nessuna età manca, ’dal-tenero fanciullo vivace fino al vegliardo stanco. Non la spensieratezza e la passione della gioventù, non le sollecitudini della vita, non malattie nè aridità hanno potuto essere di impedimento alla santità. ( C011 tiri

).

Il Municipio di Milano ha ordinato 200 abbonamenti per distribuire in tutte le scuole i fascicoli

dell’ENCICLOPEDIA DEI RAGAZZE. [p. 51 modifica]Drammi liturgici

Non è possibile, è stato detto e ripetuto molte volte, non è possibile che l’arte sacra rifiorisca di fronda vitale e rigogliosa, se non sarà impiantata in terreno liturgico, se non si, vivificherà di succo litiirgico, se non si espanderà in un ambiente saturo d’atmosfera liturgica. Per altra parte il rivivere dello spirito liturgico non sarà mai pieno, se l’anima popolare rinata a una vita schiettamente e intensamente cristiana non si educherà alle esterne manifestazioni genuine e ortodosse del culto cristiano, nel contemplare e nel godere le opere dell’arte cristiana. E’ perciò che noi non ci illudiamo di veder di nuovo creare opere artistiche sacre di gran pregio, se non quando tutta intiera la vita del popolo, la sua vita interna, la vita domestica,’ la vita sociale, la, vita pubblica sia ridiventata profondamente e genuinamente cristiana. Perchè allora soltanto il popolo sarà educato a desiderare, a ’capire, a gustare produzloni veramente sacre e veramente artistiche. Nel Medio Evo questo si vide realizzato mirabilmente: e perciò è questa l’epoca classica, è questo il Periodo d’oro dell’arte cristiana. Ora una cosa. che stupisce chiunque si è occupato di arte medioevale, è il fatto che, mentre essa da una parte ci si palesa come arte essenzialmente popolare,.cioè portata direi quasi spontaneamente dal genio e dal gusto del popolo, e quindi perfettamente intesa e goduta dal Popolo, al tempo stesso ci si manifesta come un’arte profonda, piena di simboli liturgici e di misteri teologici, onde si sarebbe quasi tentati di ritenerla arte escterica e accessibile solo a pochi iniziati. Il certo è che nel Medio Evo l’istruzione religiosa e l’educazione liturgica del popolo era molto avanzata, così che il simbolismo scritturistico, patristico e tradizionale che sta a base della liturgia, non era pel popolo un mistero occulto ma anzi un linguaggio lamigliare e gradito. Ora è evidente che lo studio di tutte le condizioni e di tutti i mezzi per cui si giunse in allora al risultato di spargere fra’ il popolo una cognizione Piena ed esatta della dottrina cristiana, dei suoi simboli, sarà sempre utilissimo, anzi necessario a chi si propone il nobile scopo di risuscitare ai giorni nostri l’educazione artistica e. il gusto cristiano di quelli che possiamo ben chiamare tempi eroici della civiltà cristiana. Ebbene, io credo che uno del mezzi che servirono maggiormente a popolarizzare le idee dogmatiche, i fatti della Scrittura, e i significati delle cerimonie sacre, furono i drammi liturgici. Questo prodotto non meno dell’arte che della pietà cristiana merita una seria attenzione, non solo per l’in. teresse storico che gli spetta, non solo per la curiosità che è facilmente attratta da una forma d’arte così lontana dalle nostre idee e dalle nostre abitudini odierne, ma sopratutto per le suggestioni, gli incitinenti é le direzioni che ne potrà cavane chiunque

si trova impegnato a risolvere praticamente il ntgi facile problema di spargere fra il popolo cristiano la cultura religiosa.

  • * *

Bisogna convenire che in molte cerimonie lituriche c’è, e abbastanza spiccato, un certo carattere drammatico, vale a dire riproduttore di un’azione. La funzione stessa che è il centro e l’essenza della cattolica liturgia, la Santa Messa, non è essa, e nelle vesti, e nelle parole e nei movimenti, e fin nei minimi gesti dèl sacerdote, una specie -di drammatizzazione simbolica di quell’augusto sacrificio di cui essa è la mistica rinnovazione? E le commoventi funzioni della Settimana Santa, non ci offrono esse molte parti, che sono delle vere rappresentazioni, talvolta abbastanza drammatiche, dei vari misteri della Passione? Non è drammatico la benedizione del fuoco? E la famosa sequenza pasquale di S. Notkero il tartagliatore, in cui al solenne avviso del coro tien dietro quel dialogo così vivo fra gli Apostoli e la Maddalena (i), e poi conchiude,il coro affermando la sua fede nella resurrezione, e invocando la misericordia del Re vincitore, della morte, non è essa capace, anzi dirò di più, non è essa suggestiva di una interpretazione drammatica? Ora è appunto questo carattere di molte cerimonie, che ha dato luogo a poco a poco sviluppandosi al dramma liturgico, cioè al dramma sacro inserito nella celebrazione della liturgia e facente quasi parte di essa. Non si può determinare l’epoca precisa in cui si cominciarono a rappresentare nelle chiese cristiane delle azioni drammatiche. Certo è difficile poter vedere principi anche remoti del dramma liturgico nel dialogo Talia composto nel quarto secolo da Ario e recitato dai suoi fautori per mettere in ridicolo la persona e la dottrina di Atanasio, e così pure nei dialoghi sul libero arbitrio dell’uomo e sulla risurrezione dei corpi, composto nello stesso secolo dal martire San Metodio, quantunque egli li designi proprio col nome di drammi cristiani. Ma se discendiamo al secolo nono e al decimo, troviamo il dramma liturgico già abbastanza sviluppato. In molti paesi, in Francia specialmente e in Germania, e anche talVelta in certe contrade di lingua slava, si inscrivono in mezzo alle funzioni liturgiche delle piccole scene drammatiche, che avevano per iscopo di far meglio capire e gustare, imprimendolo nell’animo sotto forma viva e sensibile, il mistero occorrente, il suo simbolismo e la sua portata dogmatica e morale. Qualcuno potrebbe essere tentato a vedere un principio, o per lo* meno un germe di queste cauzioni drammatiche nelle antiche sequenze e nei tropi, che appunto erano sviluppi o variazioni poetiche dei versi alleluiatici, gli introiti e dei graduali. E infatti possiamo constatare che il testo dei drammi liturgici era quasi smpre preso in prestito da sequenze e da troppi, specialmente da quelli che, a cagione del loro dialogismo, si prestavano meglio ad una interpretazione drammatica. E così noi’ troviamo, nel Mattutino di [p. 52 modifica]Pasqua, inserite come scene,, il trasporto della Croce Sànta e l’andata degli Apostoli e della Maddalena al Sepolcro. E analoghe scene, o ferie; come le si chiamavano allora, sempre relative all’ufficio corrente, si sono introdotte nelle ufficiature di Natale, degli Innocenti, dell’Epifania. Più tardi compaiono anche rappresentazioni alquanto più indipendenti da una determinata uffiziatura, per esempio il dramma del paradiso,terrestre, o quello del peccato originale. Frequenti sono pure i soggetti escatologici, come l’Anticristo, e le Vergini prudenti e le stolte. Ma tutte queste rappresentazioni erano considerate come strettamente liturgiche, quindi recitate nella lingua liturgica, il latino, con tutto lo splenclOre dei paramenti liturgici, con tutta la solennità delle altre cerimonie, e il figurare in esse era riservato sempre, come alto privilegio, ai soli membri del clero. Contemporaneamente però a questo inserirsi di rappresentazioni sceniche nel meízo delle funzioni ecclesiastiche, assistiamo allo sviluppo parallelo, fuor delle mura della chiesa, del dramma sacro, ma indipendente affatto dalla liturgia del giorno. Viveva nel secolo decinìo, al convento di Gandersheim in Sassonia, la famosa monaca Rosvita, la quale ben merita la lode d’essere stata il primo poeta tedesco. La vasta mente di lei e la sua tempra artistica erano state coltivate da un’educazione eminentemente raffinata e prevalentemente classica. Ne fanno testimonianza gli eleganti poemi latini che ancor ci rimangono, in cui ella descrisse la vita della Ver gine, PAsocisione di Cristo, parecchie leggende di Santi, come pure, più tardi, le gesta dell’Imperatore Ottone, e la storia della fondazione del suo tronastero. Questa monaca, allo scopo di opporsi al male che producevano le rappresentazioni a soggetto profano e di gusto paganeggiante, che si esibivano negli spettacoli pubblici, si accinse a scrivere commedie sacre, e le faceva poi recitare nei vasti saloni del suo convento. Sono azioni tragiche, scritte in ottima prosa latina, abbondanti di allegorie e in simbolismo cristia Orovità UN NUOVO LIBRO DI MONS. BONOMELLI Monsignor G. BONOMELLI

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no, e piene di forza, di grazia e, specialmente neile scene comiche che ogni tanto vi si incontrano, di fine arguzia. Gli argomenti son tratti da racconti leggendari dei primi secoli del Cristianesimo: il martirio di Galliano e di Costanza sotto Giuliano l’Apostata; quello di Agata e di Irene sotto Diocleziano; il risorgere di Callimaco e di Drusia per la interces sione dell’evangelista Giovanni, la conversione della cortigiana Taide per opera del solitario di Pafnuzio, e quella della mondana Maria per le esortazioni dell’eremita Abramo.,Di poco posteriori ai drammi sacri di questa monaca è il Cristus patiens, che si attribuiva finora di solito a S. Gregorio Nazianzeno, ma che la, critica odierna ha- riconosciuto non potersi far risalire al di là dell’undècimo secolo. E’ un dramma in tre atti, scritto ad imitazione delle tragedie antiche, specialmente di quelle di Eurìpide, cia cui son tolti addirittura un buon terzo dei versi che lo compongono. I tre atti corrispondono alla Passione del Salvatore, mettono in iscena, oltre al racconto evangelico, le tradizioni e i misteri simbolici cavati dalle opere dei Padri. E’ opea di un vero valore artistico e di sommo interesse; e quel pittore che dovesse dipingere qualche scena della Passione, farebbe molto bene a leggerla, vi troverebbe motivi e indicazioni preziose. Essa è accessibile, oltrechè nell’originale greco, anche in una versione latina e in due recenti tradii: ziòni, francese l’una l’altra tedesca. In un prossimo articolo seguiremo lo sviluppo di questa evoluzione, il distacco dei drammi liturgici della liturgia e le conseguenze di questo fatto importantissimo. Romanus.