Il buon cuore - Anno XII, n. 07 - 15 febbraio 1913/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XII, n. 07 - 15 febbraio 1913 Religione

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Il BELGIO e gli ITALIANI



Scrivo per opera di carità e per una di doverosa giustizia insieme.

Quassù il flotto della grande emigrazione stabile o temporanea che ogni anno abbandona l’Italia non arriva in modo evidente e impressionante, per cui l’opinione pubblica poco ne sa e di essa di conseguenza si possono poco occupare i grandi istituti di sorveglianza e di istradamento per gli emigranti che debbono guardare con più intensità ed interessamento verso altre nazioni.

Ad eccezione di qualche centinaio di studenti italiani che frequentano la famosa Università di Liegi, specialmente per le materie attinenti l’elettricità, per lo più si crede che la nostra emigrazione quassù sia presso che nulla.

E in fondo questa è la verità; all’infuori di qualche piccolo negoziante che arriva a mettere su una botteguccia con la vendita dei maccheroni di Napoli e di pochi altri generi alimentari, non è dato quassù incontrare molti altri italiani.

Ho detto che in fondo questa è la verità, ma occorre aggiungere che è la verità soltanto molto in fondo, perchè vi è qualche altro migliaio di italiani che emigra quassù, ma ho sentito io con le mie orecchie parecchie persone istruite del Belgio asserire, in mia presenza, che questi non sono italiani, sono invece... napoletani!!

La cosa e l’errore farebbe ridere, se non facesse stringere il cuore.

Sono centinaia e centinaia di ragazzi dai 7 ai 15 anni, tutti delle provincie Caserta, Campobasso e Campania che vengono qui a fare il mestiere di venditori ambulanti di sorbetti e di suonatori d’organetti. Le città dove più facilmente s’incontrano questi ragazzi sono quelle vallone dove la popolazione è prevalentemente di lingua francese, specialmente Liegi e Bruxelles; pochi se ne incontrano nelle Fiandre.

Vi sono degli italiani qui nel Belgio che ogni anno fanno un viaggio in Italia, battono specialmente le tre provincie suddette e preferibilmente le campagne, fanno vedere un foglio da cento ai genitori e comprano così questi giovanetti che poi portan0 qua con sè. Ai genitori e ai figli insieme viene promesso (a parole) un guadagno di lire 100 dopo il primo anno, altre 100 dopo il secondo e di altre 100 dopo il terzo, perchè i contratti fino ad oggi si facevano per tre anni. Le lire 300 però dovevano essere versate tutte in una volta allo scadere del terzo anno. Oggi cominciano a fare i contratti per tre mesi soltanto perchè qualche avvocato belga ha avanzato il dubbio che i contratti di prima non potessero essere validi.

Questi poveri ragazzi sono costretti a lavorare dal mattino alle 6 fino alle undici della sera, esposti al vento e alla pioggia (e quassù il vento, pioggia e freddo cominciano in settembre, quando non siano come quest’anno costanti anche nell’estate). Costretti a trascinare un trabiccolo dipinto a colori chiari e vivaci come tanti piccoli baracconi da fiera, non possono mai fermarsi a lungo, perchè se uno di essi si arresta ed è visto dalla polizia, gli si fa processo verbale e lo si condanna a 15, a 20 e fino anche a 4o franchi di multa.

Il giovane garzone che non può pagare (e il padrone non interviene mai per lui) deve scontare la multa con tanti giorni di prigione.

Questo lavoro forzato ed incomodo che si protrae dalle 6 del mattino alle 8 di sera ininterrotto finisce per logorare completamente la salute di questi giovanetti infelici che spesse volte debbono prendere [p. 50 modifica]presto, inesorabilmente e per sempre la via degli ospedali. Immaginate che a Liegi, una città grande all’incirca come la nostra Bologna, vi sono quasi soo di questi ragazzi; immaginate che quassù il vero caldo dura un mese o poco più e ai primi di Settembre (come ho constatato io stesso) si accendono nelle case i caloferi, le persone indossano i vestiti pesanti e le signore sfoggiano le pelliccie, e poi ditemi che razza di guadagni possono fare e recare la sera ai loro padroni. Questi fintanto che la stagione è calda e il garzone torna ogni sera con qualche po’ di soldi, lo trattano bene e lo fanno sedere qualche volta alla loro stessa mensa. Ma poi quando ricomincia di mono il freddo e la gente passa frettolosa senza degnare nemmeno di uno sguardo il povero napoletanino che bubbola per il freddo per lui insolito, allora il padrone muta registro, e manda a letto ogni sera il garzone con un po’ di patate malcotte e con una discreta dose di rimproveri e di ’bastonate. Questo improvviso mutamento di condotta nel padrone non è soltanto il portato del suo animo cattivo, ma è più che altro una manovra a scopo finanziario. Avvicinandosi la stagione morta si avvicina anche il tempo in cui dovrebbero sborsare le somme promesse, ma per lo più succede che si sottraggono in un modo falicissimo a questo obbligo, perchè il garzone piuttosto che continuare a subire i maltrattamenti continui, reiterati e aggravanti ogni giorno più, preferisce abbandonare il padrone e così più nessuno domanderà a costui il prezzo del lavoro del povero sorbettaino. Ma per costui l’odissea non è ancora finita perchè deve pensare a come fare per ritornarsene a casa mentre si trova senza un soldo. Non sempre trovano nel Console italiano il necessario appoggio o perchè questi non vuole o perchè non può. Spesse volte quì i consoli italiani anche di città importantissime sono belgi, come, ad esempio, a Liegi dove il nostro console è un banchiere belga. Vi è però per fortuna quassù un italiano, un modesto italiano, un santo prete, un salesiano di Don Bosco che vive da moltissimo tempo qui dove ben volentieri i suoi Superiori lo lasciano sapendo il bene immensa che egli da 3o anni va compiendo a pro’ di questi nostri poveri connazionali. Essi lo conoscono tutti, a lu prevete» come essi dicono nel loro gergo meridionale, perchè Don Luigi Vincenti, il modesto figlio di D. Bosco, piccolo, magro, coi capelli tutti candidi,un po’ curvo, gira ogni giorno il Belgio in tutti i sensi in cerca di questi disgraziati per aiutarli, per incoraggiarli, per indirizzarli. Quanti ne ha salvati, quanti ne ha redenti. Provate a fermare per le strade uno di questi giovinetti e domandate loro se conoscono Don Vincenti. Lu prevete? Altro se lo conosce; perchè ogni volta che l’incontra, li ferma, li interroga, vuol sapere i

loro bisogni e a tutti, a tutto provvede sempre instancabile. Pensate che è trent’anni che fo questa vita, come chi dicesse un giorno. Orbene io dico cosi: di quando in quando e anche in questi ultimi giorni sono piovute dall’Italia delle decorazioni per dei nostri connazionali che risiedono qui e che si sona distinti un po’ nell’industria e nel commercio arricchendosi. Don Vincenti invece è trent’anni!! che spende la sua energia, la sua parola, la sua influenza a pro’ di questi nostri fratelli derelitti di tutto il Belgio! E’ solo, unico qui fra tanti stranieri a consolarli, a aiutarli! Non si troverà nessuno in Italia, un deputato ad esempio che si interessi a che l’opera e la vita eroica di questo sacerdote venga conosciuta e premiata dalla Madre Patria per la quale egli ha dato, nel lavoro e nei sacrifici di trent’anni, tutta la sua vita. Egli l’altro giorno, mentre parlavo con lui, quasi piangeva nel raccontarmi tante miserie che egli vede ogni giorno addolaratissimo di non poter provvedere a tutto. a Perchè, egli mi diceva, Ella non scrive sui giornali italiani e non dice alto e forte che è tempo che il Governo ordini ai Prefetti e sotto prefetti specialmente di Caserta, Montecassino, Campobasso e Napoli di non concedere più passaporti per il Belgio e specialmente per Liegi a queste povere creature?». Ed io, con entusiasmo ho preso il consiglio del prete modesto ed eroico; ma ho voluto unire all’opera di carità cui egli mi incitava, un’opera di doverosa giustizia per lui nell’indicarlo all’ammirazione e alla gratitudine di tutti gli italiani. Bruxelles, Settembre 1912. Avv. GIACOMO MAZZOTTI.

L’ultimo dei " globe-trotters „ disegnatori

— Quando Melton Prior giungerà in ufficio, fatelo entrar subito nel mio gabinetto — disse Sir William Bruce Ingrani, direttore dell’Illustrated London News all’usciere di servizio, un sabato mattina dell’autunno del 1873. Melton Prior era un piccolo ometto dal cranio prominente e dalla mascella quadra che, dopo aver fatto parecchi disegni d’annunzi e di réclame per il servizio di pubblicità dell’Illustrated London News, cominciava allora a collocarvi qualche schizzo di attualità. Quando l’ordine del direttore gli fu trasmesso, pensò subito che l’atendesse qualche lavata di capo. Entrò quindi con una certa trepidazione nel gabinetto direttoriale: un ufficio dignitoso ed elegante dove nessun dettaglio era trascurato in linea di comfort, dal flacone di cristallo in cui maturava un vecchio wisky irlandese alla comoda poltrona di cuoio dinanzi al caminetto — rifugio nei momenti di spleen. [p. 51 modifica]— Ah, eccovi qui, my boy! — esclamò Sir William con un sorriso incoraggiante. E, senza perder tempo in altri preamboli: Volete.andare — gli domandò — nel paese delle Achantis? Si combatte, laggiù, e io ho bisogno di schizzi della guerra. Ho già offerto il viaggio a tre dei vostri colleghi, ma essi tengono troppo — evidentemente — alla propria pelle. Allora ho pensato a voi. Vi va? — Perfettamente — rispose Melton Prior. All right! — esclamò il direttore, soddisfatto. Eccovi intanto uno chèque per le prime spese. Dovete farvi anzitutto un abito da viaggio. Vi è in Cornhills un outsitter che può approntarvelo in un paio di giorni. Ma dovete sbrigarvi, perchè chiude bottega e domani è domenica. Melton Prior s’avviava già verso la porta, quando Sir William lo richiamò. Ancora una parola — gli disse. — Se foste ferito, fate i vostri disegni col sangue. Li faremo a tirare» in inchiostro rosso. Fu dunque con questa prospettiva d’un tiraggio all’inchiostro; rosso — pubblicità di cui l’Illustration London News non aveva ancora tentata la prova, che il giovane disegnatore entrò nella carriera ch’egli doveva illustrare insieme ai grandi war-correspondents William Simpson, Charles William, Archibald Forbes, Russe Pearce, ecc., di cui rievoca Ora il ricordo, in un’affettuosa monografia il collega Raul Yot. Questa balda categoria di valorosi è oggi quasi interamente scomparsa. I reporters-fotografi hanno ucciso i disegnatori. Non Meno audaci di questi ultimi, essi hanno il vantaggio della rapidità sotto tutti i rapporti. Con la loro Kodak a portata di mano, anche arrischiandosi nel pieno delle battaglie, una volta fatto scattar l’obiettivo, essi posson sottrarsi rapidamente al pericolo, magari per correre incontro ad uno nuovo, alla caccia di un nuovo cliché, ma ad ogni modo senza soste nè indugi forzati. I disegnatori, con tutta la miglior buona volontà del mondo, non potrebbero certo nè operare nè fuggire così rapidamente. E poichè là rapidità è oggi la sovrana tirannica dell’informazione, nulla di più naturale che la fotografia trionfi sul disegno. Melton Prior conobbe ore veramente eroiche. Partecipò a ben ventiquattro campagne: fu nelle Achantis, poi nelle Sierre spagnole all’epoca dell’insurrezione carlista, nel 1874, e di là nell’Erzegovina, in Serbia, in Turchia, quindi al Basutoland, fra i cafri, al Zululand, al Venezuela in Argentina; prese parte al raid Jameson, alla guerra del Matabebland, alla campagna degli Afridi; fu nell’Afganistan, a Creta, quindi nel Transwaal per trovarsi all’assedio di Ladysmith; e nel frattempo, fece anche qualche altro viaggio, diremo così, pacifico, in Grecia, al seguito del principe di Galles, in Islanda col re di Danimarca, al Canadà in compagnia del marchese e della marchesa di Lorne. Si recò pure a gittar un colpo d’occhio e a prender qualche schizzo al con gresso di Berlino per quindi ripartire per una campagna nel Somaliland; a4-sistè ai funerali di Alessandro II, al matrimonio di Nicolò II in Russia e coronò la sua carriera con la guerra russo-giapponese. Aveva allora sessant’ott’anni e non era rimasto in patria più di qualche settimana di seguito. Questo prodigioso globe-trotter aveva veramente la febbre entusiasta del proprio mestiere. Da quel mattino d’ottobre in cui attendendo alla prova del suo primo abito professionale nel negozio dell’autfalle, di Coramill, aveva chiesto a William Limpson, un collega già esperto del servizio, qualche informazione sul genere di carta e di matite più adatto per lavorare sui campi di battaglia, e sul modo più rapido per spedire gli schizzi, egli non aveva mai ammesso, neppure per un istante, che il mondo potesse conoscere un giorno la beatitudine della pace universale. A malgrado del suo amore per le avventure, egli era però uno spirito molto pratico e... previdente. Così, durante la campagna contro i Zulù, nel 1879, riuscì, solo, a servirsi di un comodo letto pieghevole e di una tenda in piena regola, mentre lo stesso Lord Chelrnsford, comandante la spedizione, dovette accontentarsi, per rifugio, di una vecchia tela a rappezzi! Egli stesso confessava sorridendo che i suoi bagagli erano allora quelli di un principe. Aveva portato con sè — Dio sa in che modo — persino cinquanta bottiglie di champagne! Quella campagna tu, del resto, una delle più emozionanti (per lui. A Plundi, nel pieno della battaglia, gli avvenne persino di perdere tutti i suoi albums di disegni. Quale capitolo, per Rudyard Kipling, da aggiungere alle pagine elettrizzanti della Luce che si spegne. Egli solo, forse, avrebbe potuto descriverci il povero disegnatore, accasciato su di un monticello di terre, al limite della pesta delle carovane, piangente, come Dick Helder, sull’infinita vanità *degli sforzi umani. E’ a Kipling, ael resto, che si pensa istintivamente rievocando questi ricordi di Melton Prior. Ben vi era in costui quel sublime connubio di sentimenti e di volontà che caratterizza così potentemente gli eroi dell’epopea coloniale del Kipling. Un giorno, mentre stava tracciando uno schizzo in piena campagna, vede avvicinarglisi, cauti, strisciando, due negri. Egli afferra il winchester d’un soldato morto presso di lui, uccide i due negri e continua il suo schizzo. E fu Melton Prior che riuscì a far pervenire allo Standard la prima notizia della pace conclusa con i Boeri nel 1881, avanti che il dispaccio ufficiale arrivasse a Londra. Mentre kutti gli altri corrispondenti di guerra se ne stavano in attesa presso la fattoria d’O’ Nest, ai piedi della collina di Majub, Prior, seduto più lontano, con l’aria di disinteressarsi completamente di ciò che potevano decidere i plenipotenziari raccolti nella fattoria, osservava invece, con la coda dell’occhio, una porta. Ed ecco su questa porta presentarsi un aitante di campo, apparentemente uscito per fu [p. 52 modifica]marsi in pace una sigaretta. Ma la sigaretta non è ancora accesa che un individuo, a cinquecento metri di là è già balzato in sella al proprio cavallo e galoppa, pancia a terra, verso il più prossimo posto telegrafico. E’ Cameron, il corrispondente dello Standard, il complice di Melton Prior. Nessuno si è accorto della manovra. I corrispondenti continuano la loro passeggiata in su e in giù dinanzi alla capanna. Passa una mezz’ora, l’aiutante di campo ha già fumato la sua sigaretta ed è già rientrato nella stanza. Improvvisamente la porta si apre e Sir Evelyn Wood appare su la soglia. Fa qualche passo verso i giornalisti che gli si precipitano ansiosi d’intorno ed esclama: «Signori, vi annunzio che la paCe è conclusa, ma vi prevengo che ho già dato ordini tassativi perchè il telegrafo sia bloccato sino a spedizione avvenuta del mio dispaccio ufficiale». Melton Prior, con aria noncurante, si avvicina arich’egli ed ha un sorriso enigmatico su le labbra. Il suo cablogramma per lo Standard è già partito da un quarto d’ora. Sir Evelyn si,demandò a lungo come mai Melton Prior fosse riuscito ad aver quella notizia. Melton Prior non raccontò che molti anni più tardi la complicità dell’ufficiale di campo, la cui apparizione su la porta costituiva il segnale convenuto. Sono queste le grandi gioie, le ore eroiche del duro compito giornalistico. Melton Prior aveva pur avuto una gamba spezzata da una scheggia d’obice al Sudan e una palla aveva distato il suo piede destro ad AbuKru. Il colonnello Burnaly era stato ucciso ad AbuKlea mentre parlava tranquillamente con lui. La morte l’aveva sfiorato da presso più volte. Ma egli non vi pensava quasi mai. Solo una notte, durante la guerra del Transwaal, ebbe un sogno che lo impressionò vivamente. Gli si presentò la visione netta della sua morte durante l’assalto per la presa di Echowe,quindi la scena dei suoi funerali! Egli cercò di scacciare la funebre, immagine, ma non vi riuscì. Proprio quel giorno ricevette poi una lettera, di sua madre che lo supplicava angosciosamente di non prendere parte alla spedizione perchè, in sogno, ella pure aveva visto il proprio figlio cadere mortalmente ferito. Melton Prior fu così impressionato da tale coincidenza che mandò un altro collega sul luogo, per conto proprio. L’infelice fu dei primi a cader, colpito a morte, sul campo. Gli anni passavano. Nella sua piccola casa di Cheyne-Walk si era andato, intanto, raccogliendo un ricco museo di ricordi, insieme a uno stock di quella carta sottile, simile ai fogli delle banconote, su cui l’artista tracciava suoi schizzi, insieme al ’piccolo letto da campo, ai costumi di leggiero khaki o di robusto homespun scozzese, alla farmacia portatile e a vecchie bottiglie. Vi era pure qualche pacco superstite di candele, di quelle candele alla cui luce pallida e tremolante

egli aveva tante volte vegliato, dopo i giorni di battaglia, a completare sotto la tenda le sue rapide impressioni del momento. Le belle guerre andavan facendosi più rare e sui campi di battaglia, come gli anni avanzavano. Melton Prior non -ritrovava più, di volta in volta, parecchie delle. figure note de’ suoi camerati d’un tempo. Taluni già dormivano il loro ultimo sonno sotto terra, ai piedi di quale • ko,p n del veldt» o all’ombra di qualche pagoda abbandonata su qualche grande strada d’Oriente. Altri avevano invece abbandonate su qualche grande strada d’Oriente. Altri avevano invece abbandonate le faticose avventure e disegnavano tranquillaniertte in qualche comodo cottage di Kensington. Melton Prior, solo, ripartiva ogni volta. E ogni volta, alla vigil:ia di qualche nuova battaglia, il veterano, oramai ricco e sempre ben scortato da munizioni... liquide, soleva invitare sotto la sua tenda gli ultimi superstisti delle antiche campagne. E si beveva allegramente, incuranti- dei pericoli e degli anni, e quando, nella calma della notte tropicale, da un punto all’altro del campo, sanava il richiamo melanconico del coprifuoco e nell’ombra fitta le sentinelle •sii tramandavano il grido d’i all’erta Prior levava il suo calice solennemente, brindando alla memoria di coloro che non erano più. Forse, a quall’ora, egli rivedeva, come in una fantasmagoria di sogno, tutte le tappe fortunose della sua lunga via, dalle piane torride e mortifere d’El-Teb alle coste ripide d’Elandolaagte, dalle risaie pestifere di Birmania ai passi desolati dell’Afghanistan: dove tanti amici eran caduti e rimasti. Ora Melton Prior non bevèrà più il toast tradizionale che inumidiva sempre i suoi occhi esperti sotto le lenti concave. Anch’egli è andato a raggiungere gli, amici rimpianti•, ma è partito sereno e tranquillo, ancora una volta, sorriso dal cielo della sua patria, in un mite crepuscolo d’ottobre: nell’ora che suona il riposo per gli uomini che bene hanno speso la loro giornata.