Il buon cuore - Anno XI, n. 18 - 4 maggio 1912/Beneficenza

Beneficenza

../ ../Religione IncludiIntestazione 21 aprile 2022 75% Da definire

Il buon cuore - Anno XI, n. 18 - 4 maggio 1912 Religione

[p. 137 modifica]Beneficenza


Commemorazione di Don Adalberto Catena


La pioggia e la coincidenza di altri attraenti convegni non hanno ostacolato l’affluenza, domenica scorsa, al Salone dei Ciechi, dove, col nome sempre suggestivo di don Adalberto Catena, si spalancarono le porte a due battenti, per accogliere una folla signorile, ansiosa di udir rievocare la grande, indimenticabile figura del rimpianto Proposto di S. Fedele.

Non rilevammo assenze ingiustificabili, e ammirammo sulla parete di fronte, a sinistra, un parlante ritratto del nostro Catena e a destra un’artistica corona in bronzo, destinata da un’anonima ammiratrice, con sentimento di gratitudine, alla di Lui modesta, venerata tomba nel silente cimitero di Lezza (Mazzonio).

La commemorazione incominciò con una dolce preghiera musicata dal maestro cieco Fiorentini per arpa, violini, harmonium e coro.

Presentato dal rev. proposto don Edoardo Nava, il conferenziere, signor Angelo Ferrario, consigliere comunale, seppe, con parola elevata e con fedeli rievocazioni, tener viva l’affettuosa attenzione del distinto uditorio, che nei punti culminanti non poteva trattenere approvazioni erompenti da cuori commossi.

Riassumiamo alla meglio il magnifico lavoro.

Ottima ispirazione quella di commemorare il Prevosto Catena! Sì; ma è un pensiero — soggiunge l’oratore — che turba chi si sente impari alla grandezza del soggetto. — Però il ricordo del sorriso di benevolenza di Lui può essere un invito a vincere ogni titubanza.

Amor mi mosse.... Rivediamo la giovinezza di Catena: primavera fulgida, fragrante, feconda, che coincideva con la primavera della patria. E ricordiamo gli elementi costitutivi dell’ambiente in cui si trovò quando era docente, con altri valenti, nel Seminario diocesano. All’avvilimento cagionato dalla servitù succedeva il radioso sogno di libertà; agli impacci del convenzionalismo letterario si sostituiva la franca ispirazione al concetto della verità; sul basso sensismo si ergeva la risorta filosofia spiritualistica. Emergevano Rosmini e Manzoni col risorgimento nazionale.

Ed eccoci al secondo periodo: la vita parrocchiale in un pittoresco paesello della ridente Brianza. Due bellezze influirono sullo spirito del giovane e distinto parroco: l’amenità della natura e il prospetto morale. Ne derivò una grande mutualità di bene in quella vita tra i campi, poichè insegnando l’amore, il Catena aveva conquistato l’amore. E come pianse il popolo d’Inverigo quando vide allontanarsi il diletto Pastore! Ma non obliò mai il Pastore affezionato il suo primo gregge, e nelle sue più belle visioni, intravvedeva anche da lontano la punta del ben noto campanile.

Rivediamo così il Catena chiamato a più alta missione tra il clero milanese. Egli era nel meriggio della vita, nella piena vigoria dell’eletto ingegno, ed occupava il suo posto col fervore dell’apostolo. Ecco quale fu il Catena nostro: «La sua figura è lì come se fosse ancora viva, spiccante sullo sfondo dell’altare, rivolta a noi, la testa adorna dei lunghi capelli, un po’ reclinata sull’omero, piena di maestà, spirante ammirazione nel santuario delle nostre più care memorie, nel nostro bel San Fedele».

Il Catena fu l’uomo della parola scultoria. In che consistesse la sua arte oratoria non è facile dire; ma è certo che la sua impronta fu una specialità individuale, e la sua maniera fu unica, inimitata, e inimitabile. Dove attinse lo bello stile? Forse alle sacre carte antiche; certo al prediletto San Paolo. Del resto egli era un artista nato, un esteta della parola, e la sua eloquenza era densa di concetti, densa di dottrina, fragrante d’ogni fioritura dello scibile eminentemente moderno. Confutava l’ultimo errore del giorno cogli elementi stessi dell’errore, e conduceva con mano sicura lo spirito per l’erte balze della filosofia, su fino a cime [p. 138 modifica]luminose, su ai più alti culmini in mirabili ascensioni. Erano quei momenti sublimi che lo trasfiguravano, dandogli l’aspetto di un profeta ispirato. Così la sua predicazione riuscì diffusione di santo amore, sostenuta dalla quotidiana assiduità, come opera di redenzione continuata nei rapporti individuali delle coscienze, nel sacramento del perdono. Quanti ricordano ancora la sua figura dolce e imponente al capezzale dei morenti! Fu Lui che prestò le estreme assistenze a Manzoni ed a Verdi; Lui che, impareggiabile consolatore, tra famiglie in lacrime, trovò sempre nel dolore stesso la ragione del conforto. Nel suo apostolato d’amore, dilezioni sue furono l’infanzia, l’adolescenza, gli sposi.

Il ministero del Catena s’integrava poi nell’apostolato di carità, una carità benefattrice dell’indigenza, livellatrice delle classi sociali, consolatrice nei dolori. La questione sociale egli intuiva con esattezza di criterio, non per mirare ad un’eguaglianza chimerica, irraggiungibile, ma per una parità di diritti e di doveri, per l’umana dignità.

Tra gli ammiratori del Catena l’oratore rammenta Contardo Ferrini, il quale da lontano sentiva la nostalgia dell’ambiente di San Fedele, e così scriveva da Berlino in un momento di sconforto e d’indicibile aspirazione al luogo nativo: «Oggi, domenica, vorrei poter volare, scendere in mezzo a Milano, entrare in San Fedele, sentir rinnovarmisi lo spirito al suono di parole che diresti ispirate».

L’oratore accenna poscia al valore artistico dell’opera letteraria del Catena, specie alle epigrafi, che rispecchiano la sua caratteristica personalità con quelle frasi granitiche, nelle quali vibra tutta l’anima del sacerdote, del pastore, del patriota, che ha stampato la vita del suo tempo e scolpito care fisonomie nell’identità dei loro tratti.

A questo punto il conferenziere che ha saputo assimilare e armonizzare le alte idealità del Catena, esprime il desiderio di veder profuso il tesoro della sua produzione letteraria che rimane nel silenzio. «È una vera nostalgia — egli esclama — che si prova per i suoi scritti!».

Ma noi, per la verità, ricordiamo come il Catena rifuggisse dal mettere la sua parola viva sulla fredda carta, ritenendo che essa perdesse troppo del suo effetto. Infatti il Catena era oratore ed epigrafista più che scrittore nel vero senso della parola, ed apparteneva ad un drappello di valenti, il Testa, il Maggioni, l’Annoni ed altri, che, come Lui, seppero affascinare intere generazioni colla parola viva e scintillante, eppur non lasciarono lavori facilmente pubblicabili. Il Catena, all’inizio della sua carriera sacerdotale, scrisse belle note intorno ad un pellegrinaggio da lui compiuto pedibus calcantibus all’eterna città col suo degno compagno don Angelo Stoppani; scrisse pure belle note sul fortunoso viaggio di una carovana milanese nel 1870 Da Milano a Damasco, e lasciò importanti appunti storico-filosofici, attinti alla scuola rosminiana del celebre Pestalozza: ma, pur ammettendo che gli studiosi possano far tesoro di quel prezioso materiale, noi dubitiamo che se ne possa fare una cazione rispecchiante il Catena dalla vivida, fatidica parola.

Con affettuoso slancio poetico il conferenziere ha richiamato l’eremo dell’amato Prevosto, Lezza, il prediletto soggiorno di Lui, il luogo del suo tramonto, fatto di abbandono e di solitudine. Abbandono, perchè la madre, gli amici, il collega Testa, l’amato Stoppani erano scomparsi nell’infinito; solitudine, perchè Egli era troppo concentrato nella sua parte più intima, e si rammaricava per l’opera sua non sufficientemente efficace, come se non avesse fatto abbastanza per la sua famiglia spirituale, che sempre amava d’amore infinito!

L’oratore rievoca l’ultimo atto compiuto dal Catena appunto nella chiesina di Lezza, benedicendo nozze da Lui paternamente auspicate, quando imminente era la sua fine. Funzione straziante per il contrasto tra la limpidezza del pensiero e la decadenza fisica, per lo sforzo di Lui che voleva intonarsi alla letizia dell’evento famigliare, per la commozione di chi vedeva e sentiva chiudersi in quel giorno la missione dell’amato Pastore, che pur ebbe parole elevate, scendenti come testamento su quelle giovinezze inginocchiate ai piedi dell’altare.

Fu infatti l’ultimo suo saluto. Era il 5 di ottobre del 1902, e il 30 dello stesso mese la campana funebre annunciava il passaggio di quella grand’anima.

Quante famiglie rimasero inconsolabili per tanto bene perduto!

L’oratore concluse la sua bella e commovente conferenza rivolgendosi particolarmente alle signore, che si raccolgono in sodalizio intitolato a Catena per una opera di carità come quella della cura di Salsomaggiore ai malati poveri.

«Voi — disse — siete le interpreti del suo spirito, simbolo vivente dell’alleanza feconda del fervore religioso col senso di patria, perchè nell’ora di prova che attraversa l’Italia, estendete ai colpiti dalla guerra il vostro beneficio. Al vecchio senso di carità allacciate il sentimento di patria, sicure del suo pieno assenso!».

Applausi e congratulazioni coronarono la chiusa del nobile lavoro, che per unanime consenso sarà pubblicato a cura della presidenza dell’Opera Pia Catena.

La commemorazione terminò con un coro gentile, eseguito con grande sentimento dalle allieve cieche dell’Istituto.

Ora noi esprimiamo il voto di una funzione commemorativa, nel preciso giorno di ricorrenza del decennio dalla morte dell’indimenticabile Pastore: 30 ottobre.

A. M. Cornelio.

OPERA PIA CATENA

(cura di salsomaggiore).

OBLAZIONI.

Signora Bauer Carlotta |||
 L. 50 ―
Signora Ferrari Maddalena |||
   » 5 ―
Signor Anelli nob. avv. Carlo Annibale |||
   » 10 ―
Sorelle Beria-Hayez |||
   » 10 ―
G. nel genetliaco di R. B. M. |||
   » 15 ―
† Dott. Ermenegildo Rocchini (socio perpetuo) |||
   » 100 ―

[p. 139 modifica]

Gina Chierichetti in memoria di sua mamma, nel decimo anniversario della morte del Prevosto Catena |||
 L. 50 ―
Signora Giulia Crivelli Bonzanini |||
   » 5 ―

NUOVI PATRONI.

Sessa cav. Gian Filippo |||
   » 10 ―
Dott. Giacomo Chiodi |||
   » 10 ―
Silvestri comm. Giovanni |||
   » 10 ―
Ferrario rag. Filippo |||
   » 10 ―
Gobbi cav. Giuseppe |||
   » 10 ―

NUOVE PATRONESSE.

Signora Fiocchi Maria |||
   » 10 ―
» Ramazzotti Giudici Adele |||
   » 10 ―
» Garbagnati De-Marioni Marcella |||
   » 10 ―
» Rossi De Marioni Gina |||
   » 10 ―
» Giandotti Giuseppina |||
   » 10 ―
» Ferrario Sessa Maria |||
   » 10 ―
» Videmari Ticozzi Teresa |||
   » 10 ―
» Rivoli Maria |||
   » 10 ―
» Dubini Gavazzi Angela |||
   » 10 ―
» Ramazzotti Adele |||
   » 10 ―

L’offerta di lire cento pubblicata Sabato scorso col nome di Antonio Besozzi, apparteneva invece al signor Angelo Besozzi.

Per l’Asilo Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi


OBLAZIONI.

Signora Augusta Denti |||
 L. 10 ―
» Visioli Adele |||
   » 15 ―
» Moratti Caterina |||
   » 10 ―

SOCI AZIONISTI.

Signora Virginia Crespi |||
 L. 10 ―
» Nina Mangiagalli |||
   » 10 ―
» Erminia Ulrich |||
   » 5 ―
» Anna Frua, soc. fond |||
   » 200 ―

Dalla Colonia Eritrea


S. E. Mons. Camillo Carrara, Vicario Apostolico dell’Eritrea, rispondendo al secondo invio delle offerte raccolte dal Buon Cuore per quella Missione, che versa sempre in grandi strettezze, ha inviato al nostro collaboratore A. M. Cornelio la lettera che qui pubblichiamo nella speranza di ravvivare in tutti i buoni la memoria di quel lembo di terra italiana a noi associata co’ suoi figli fedeli e valorosi — gli ascari — pur nei cimenti della Tripolitania e della Cirenaica.

Asmara, 8 aprile 1912.

Caro Signor Cornelio,

Alla generosità dei milanesi non si ricorre mai invano; ormai è un proverbio ammesso, e per parte mia ne ebbi prove splendidissime.

Ricevetti giorni or sono la cospicua somma di L. 550, da lei raccolte tra gli amici del Buon Cuore a vantaggio di questa povera Missione Eritrea. Ora le porgo, egregio signore, vive azioni di grazie, e la prego a farsi interprete della mia riconoscenza presso i singoli miei benefattori.

Nell’ultima mia escursione attraverso molte tribù della colonia, il Signore mi diede la consolazione di poter battezzare non pochi adulti. Ad un giovane ho imposto il di lei nome, caro signor Angelo, ed ad una ragazza il nome dell’ottima di lei consorte signora Myriam; e gliene mando la fotografia nella speranza che voglia aggradire il piccolo omaggio.

Mi abbia per suo

Aff.mo

† Camillo Carrara.

La Casa Famiglia per Impiegate

In occasione dell’assemblea annuale la segretaria ha dato lettura della seguente relazione:

Lanciata per la prima volta nel dicembre 1909, l’idea di fondare una casa per le giovani impiegate e commesse prive di famiglia o lontane da essa, fu accolta subito con favore, e andò rapidamente realizzandosi. Dal primo Comitato promotore emanò il Comitato permanente, oggi qui riunito, e da questo a sua volta il Consiglio direttivo.

Intanto col concorso di molti generosi privati e di alcuni istituti di credito, come la Banca Popolare e il Monte di Pietà, si riuniva la somma di L. 8800 circa. Con questa il Consiglio direttivo si accinse subito a tradurre l’idea in realtà.

La sede fu un appartamento di dieci locali in via Moscova, 70, capace di dieci pensionanti, del prezzo di L. 2400 annue. Fu ammobiliato semplicemente ma con decoro e completamente di nuovo con circa 3000 lire, e andò popolandosi dapprima lentamente, ma con sempre crescente favore: novembre e dicembre presenti 3 pensionanti, gennaio 5, febbraio 7, marzo e i mesi successivi 10.

Il continuo affluire di domande e il buon risultato morale e finanziario dell’impresa, consigliarono a trasportare la sede in un locale più ampio e più adatto: a tale scopo fu affittato un appartamento di 25 locali in via Guerrazzi, 3 3 a, per il prezzo di L. 5700.

Per sopperire alle spese del nuovo impianto, si ricorse a un prestito di L. 6000.

La nuova sede è capace di 27 posti che furono rapidamente occupati: infatti in ottobre erano presenti già 19, novembre e dicembre 26, gennaio 27. Il risultato finanziario è tale da rassicurare l’indipendenza della casa per l’avvenire.

PENSIERI


Si diviene più ricchi nella virtù di donare, e di donar sempre appunto quel che piace di più!

Quanto più l’uomo dona, tanto più grande e forte diviene il suo cuore!

F. W. Förster.


[p. 140 modifica] Il M. Rev. Don Enrico Stegani, Cappellano del Reclusorio dell’Isola di Pianosa, manda questo ringraziamento alle gentili signore che inviarono offerte pe’ suoi ricoverati:

I cronici della Casa penale della Pianosa

alle gentili Benefattrici.

Il sol disparve. Su nel ciel sereno
a mille gli astri hanno scintille d’or.
Ampio, lucente, il classico Tirreno
lieve agitato è specchio a quel fulgor.
Di musica festante armoniosa
a la riviera s’ode l’echeggiar.
Muta, ne l’ombra, vigila Pianosa
di duol lambita da un immenso mar.
Varia una folla al porto di Livorno
bacia i suoi cari giunti di lontan.
Per noi reietti e infermi del ritorno
l’alba radiosa s’accarezza invan.
Ad allietar la vergine natura
diman, com’oggi, spunterà il bel sol,
e di noi spenti in viva sepoltura
farà più triste il funebre lenzuol.
Ma se del sole i rai vivificanti
non fian concessi a l’egro prigionier;
di volti amici, di memorie e canti
se nega a lui l’aprile lusinghier
Oh di nostra dimora ferree porte,
date libero varco a Carità;
da lei sorretti incontro anche alla morte
noi marceremo come a libertà.