Il buon cuore - Anno IX, n. 39 - 24 settembre 1910/Religione

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Educazione ed Istruzione Società Amici del bene

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Vangelo della domenica quarta dopo la Decollazione


Testo del Vangelo.

In quel tempo vedendo il Signore Gesù lungo la strada una pianta di fico, si accostò ad essa, e non vi trovò altro che foglie, e le disse: non nasca mai più da te frutto in eterno. E subito il fico si disseccò. Avendo ciò veduto i discepoli, ne restarono ammirati, e dicevano: Come si è disseccato in un attimo? Ma Gesù rispose, e disse loro: In verità vi dico, che se avrete fede, e non vacillerete, farete non solo quel che è stato di questo fico: ma quand’anche diciate a questo monte: levati e gettati in mare, sarà fatto. E ogni qualunque cosa che domanderete nell’orazione credendo, la otterrete.

S. MATTEO, cap 21.


Pensieri.

Andando da Betania a Gerusalemme, l’ultima settimana della sua vita, Gesù ebbe fame; s’appressò a una pianta di fico, non vi trovò che foglie e la maledì. Gesù era tutto per la diffusione della verità, del bene; in quell’ultima settimana gli avvenimenti incalzavano, il lavorio dei nemici era grande: per sottrarsi alle insidie Gesù doveva, la sera, portarsi da Gerusalemme a Betania, ma, il mattino, prestissimo, doveva essere al tempio. Era pressato, non aveva tempo di mangiare. In cammino ebbe fame, si appressò al fico, non vi trovò che foglie e lo maledì!

La natura non sodisfaceva al suo bisogno, era inutile! Gesù si sdegna, perchè, dalla natura, è come posto un ostacolo alla sua possibilità di bene: come sa aggettivarsi Gesù!

Noi ci sdegnamo e lamentiamo — per tutto — solo di ciò che ci nuoce, che ci toglie godimento, piacere! Come è necessario un mutamento profondo in noi, perchè noi si viva dello spirito di Cristo e di quello dei suoi Santi! [p. 311 modifica]

Noi aspiriamo alla felicità e la natura ce la nega: è una lotta continua! Chi ha detto che la natura è buona! Non è piuttosto matrigna?

E che giovano le argomentazioni filosofiche se intanto il nostro cuore si infrange e la natura ci schiaccia? La scienza ha domato la natura, l’ha asservita all’uomo: essa tiene in mano il fulmine, pone argini alle acque irrompenti... ma è la scienza padrona della vita?

No, no, all’uomo non vien conforto dalla terra, per aver tregua al suo affanno egli non può che guardare all’eterno....

Nel fragor della tempesta, nell’affanno dell’anima, nello squallor del dolore, quando tutto pare venga meno e una solitudine, un distacco angoscioso, infinito opprimono il cuore, allora, dal profondo dell’essere, nell’abbandono, nel silenzio grande di tutte le cose, lo spirito parla allo spirito e dice:

Lo spirito che anima la vostra coscienza è quello che guida la natura: in essa contradizione non può essere: state sicuri: tutto torna a bene di quelli che amano Dio, di quelli che lottano e soffrono per la giustizia e la verità....

La natura, l’odio degli uomini travolgerà, ucciderà, ma l’uomo religioso è sicuro dell’esito finale, del trionfo eterno; sa che a questo trionfo gioverà anche la sua caduta e spera sempre, non affidandosi a mezzi umani, ma basando la sua speranza in Dio!

A tanto può giungere solo la religione! Tanto martirio e tanta esultanza è tutto e solo il retaggio dei Santi!

E Gesù ci raccomanda di avere fede in questa armonia finale e la lunga catena dei martiri è la dolorosa e splendente testimonianza resa dalle anime elette alla richiesta di Gesù!

A ogni esistenza terrena non serbate ore di pene ineffabili — in queste ore ricordiamo la parola di Gesù: in essa è conforto vero, e luce, e forza spirituale....

Quanti misteri nascosti nelle anime! Strazi occulti, grandezze eroiche, sacrifizi strazianti compiuti nello spirito di Gesù!

Che offerte cruente dalla terra al cielo e che torrenti di grazia dal cielo alla terra!

Fidiamoci del Signore, speriam sempre in Lui, non saremo confusi!

Adoriamo, taciamo... moriamo come è morto Gesù, come son morti e muoiono i Santi suoi.

COMUNIONE DI ANIME


PENSANDO A UNA PERSONA CARA


Narra una leggenda pia che sulla corona di spine, che cingeva la testa del morente Gesù, si posò un uccelletto dell’aria per sussurrare un dolce e mesto canto all’afflitto é tergergli una goccia del sangue divino, che scorreva dalle ferite.... L’atto pietoso aggiunse nuovo tormento alle piaghe del Maestro, ma egli non si dolse e all’uccelletto sorrise....

Chi l’ha trovata questa leggenda pia? Qual cuore gentile l’ha saputa ideare?

Anch’io vorrei, come l’uccellino del Calvario, poter volteggiare, leggera leggera, intorno al capo d’ogni sofferente e ad ognuno ripetere un pensiero d’amore; ad ognuno rivolgere uno sguardo fraterno, una parola di speranza e di fede.

E lo spirito corre a tutti i morenti, a tutti i cuori straziati, a tutte le anime in pena: mio Dio, quante, quante sono nel mondo!

.... Io apro il mio cuore all’affanno di tutti i fratelli e appresso le labbra al calice dell’umanità dolorante.... Vicini e lontani — noti ed ignoti — tutti raggiunge il mio cuore....

Ogni moto dello spirito deve dare una vibrazione nel mondo spirituale; ogni sentimento di simpatia, di affetto, di gratitudine non deve essere vissuto invano

... Traverso lo spazio deve giungere ai fratelli l’eco misterioso della fraterna tenerezza, della filiale pietà, del cristiano amore! Nulla s’oppone a questa profonda unione delle anime in ch’essa porti una briciola di conforto e colga un mesto sorriso sulle labbra dei martiri d’ogni dolore.


Ci giunge la notizia della improvvisa morte del

Cav. CARLO COVA.


Per quanto ci consente l’angoscia dell’animo e la brevità dell’istante, ricordiamo, a cagion d’onore le molteplici benemerenze dell’estinto.

Intelligente e onestissimo — nel commercio serico dove svolse la sua attività professionale godeva eguali, l’affetto e la stima.

Prodigo di sè — anche a scapito de’ suoi personali interessi — ad ogni opera buona, era presidente dell’Asilo di Novate Milanese, presidente di varie società di mutuo soccorso, segretario del Comitato per la cura di Salsomaggiore, consigliere delle Opere di carità nell’ex-cimitero di San Gregorio, delegato degli asili d’infanzia.

Oltre questo nobile stato di servizio nella beneficenza pubblica, l’impulso di una gentilezza nativa del cuore, lo portava alle opere oscure, e più meritorie, della carità segreta; e, se si potessero aprire pagine che un discreto, un cristiano riserbo voleva nascoste, quelle pagine ingrandirebbero la figura morale, pur così nobile, dell’estinto: nobile, sopratutto, per la dirittura dell’animo e per la generosità del cuore, che dopo i suoi impeti brevi, lo avrebbero portato a stringere la mano al suo nemico più fiero, perchè quegli impeti erano, sopratutto, insofferenza della finzione e della ipocrisia.

Alla donna virtuosa che gli fu compagna incomparabile — alla corona dei figli, che hanno il mesto conforto di vederlo scendere, immaturo al sepolcro, dopo essere stati il sorriso della sua vita — vada la parola del nostro rispettoso compianto.

La morte lo ha colpito obliqua, alle spalle, a tradimento, come se temesse di prenderlo di fronte: ma Dio giusto e buono ha accolto nella sua luce l’uomo giusto e buono, che lo serviva nelle opere sue: onde anche a noi, che ci onoriamo di essergli stati amici e che scriviamo di lui col tremito nella mano e coll’affanno nel cuore, soccorre il conforto della fede che non finisce: la morte non distrugge: rende solo invisibili.