Il buon cuore - Anno IX, n. 28 - 9 luglio 1910/Religione

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Vangelo della domenica ottava dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.


In quel tempo andavano accostandosi a Gesù dei pubblicani e dei peccatori per udirlo. E i Farisei e gli Scribi ne mormoravano dicendo: Costui si addomestica coi peccatori, e mangia con essi. Ed egli propose loro questa parabola, e disse: Chi è tra di voi che avendo cento pecore, e avendone smarrita una, non lasci nel deserto le altre novantanove, e non vada a cercare quella che si è smarrita, fino a tanto che la trovi? E trovatala se la pone sulle spalle allegramente e tornato a casa chiama gli amici e i vicini dicendo loro: Rallegratevi meco, perchè ho trovato la mia pecorella che si è smarrita? Vi dico, che nello stesso modo si farà più festa in cielo per un peccatore che fa penitenza che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza. Ovvero qual’è quella donna, la quale avendo dieci dramme, perdutane una, non accenda la lucerna e non iscopi la casa, e non cerchi diligentemente fino a che l’abbia trovata? E trovatala, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi meco, perchè ho trovata la dramma perduta. Così vi dico, faranno festa gli angeli di Dio per un peccatore che faccia penitenza.

S, LUCA, Cap. 14.

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Pensieri.

«Or tutti, pubblicani e peccatori, gli si facevan dappresso per ascoltarlo».

I pubblicani e i peccatori, è scritto nel Vangelo, si appressarono a Gesù.... Povere anime, che eran venute meno ai loro doveri, che avevan ceduto alla passione, giacevano sotto le conseguenze della loro colpa, sprezzate, vilipese senza speranza d’aiuto, senza conforto. Chissà quante ore angosciose passavan lente e bigie sul loro cuore; quanto affanno e pentimento e smania, fremito di risurrezione nell'anima loro.... Esse, certo, sentivan nel loro intimo che tutto non era perduto, che Dio non le cacciava da sè.... ma nessuno rispondeva al loro gemito e, forse, per il Deserto che le circondava, esse finivano ad accasciarsi, ad avvilirsi, a credere falsa anche la voce interiore, eco di voce divina, che stimola e conduce a pentirsi e a risorgere....

E appare Gesù, e la sua parola risponde al sospiro segreto di tanti poveri spiriti, egli, il santo ed il giusto per eccellenza, egli comprende gli sventurati e li chiama e li cerca.... ad essi si risollevano, si rianimano e si appressano a lui per ascoltarlo.... le loro anime sono avide di conforto, di luce, di pia rugiada sul loro affanno e si stringono intorno al Maestro, che ha parole di vita per tutti, anche per essi... pare anzi soprattutto per esse.....

Come mi piace meditare questo dolce conforto che Gesù diffonde intorno a sè e che bella corona mi pare quella di tutti i pentiti, di tutti gli oppressi dal male, che ascoltandolo, affisandosi in Lui, rinascono a vita novella. E come è consolante pensare, consolante per noi peccatori, che lo spirito di Gesù è con noi ancora per parlarci nel cuore; che esso vive ne’ suoi santi, perchè, nella loro, più chiara, più efficace ci giunga la sua parola divina!

«E susurravano i Farisei e gli Scribi». Come l’animo nostro, commosso alla misericordia di Gesù, rimane urtato dalla condotta di questi suoi oppositori!

Che cosa ha accecato gli occhi loro e induriti i loro cuori, perchè non comprendano la grandezza dell’apostolato di Gesù?

Perchè invece di ammirare esultanti i dolci prodigi della parola divina se ne risentono, se ne scandalizzano?

Ma perchè, ancora, dopo due mila anni di cristianesimo, la schietta parola della verità e dell’amore è ancora incompresa, contrariata, ostacolata proprio come quella di Cristo?

Perchè l’amore non annienta l’odio? Perchè le tenebre non son tutte divorate dalla luce?.... Fosse sono necessarie anche queste per dar maggior rilievo alla stessa luce?.... Io non lo so.... io so che è grazia trovarla la parola viva del Cristo, che è benedizione vederne l’efficacia sugli spiriti, che è privilegio sperimentarla in sè....

E anche qui l’opposizione de’ suoi nemici dà occasione a Gesù di aggiungere altro alla sua rivelazione. Egli risponde ai Farisei, proponendo alla loro meditazione alcune parabole, tutte ripiene della dolcezza, della soavità del cuor suo; che esprimendo quella sua dolcezza e soavità esprimono quella di Dio, di cui egli è il figliolo diletto. Udiamo la parola evangelica: «Picchia forse il pastore, quando l’ha ritrovata la pecorella smarrita? Ricusa il padre di ricevere un figliolo colpevole, ma che torna a lui implorante perdono?»

Mai più! Non c’è che festa, che amore per chi torna all’ovile! E c’è altro! Come è ben ridata l’ansia amorosa dell’attesa, della ricerca; guardiamo: il pastore erra per scovare la pecorina perduta; la donna

s’affanna e accende il lume e mette sossopra la casa per iscoprire la dramma smarrita; il padre del figliolo prodigo scorge da lontano il figliolo che ritorna e s’intenerisce e gli va incontro correndo e l’abbraccia....

L’anima di Gesù è riboccante d’amore e d’amore son piene le sue parole divine; d’amore son ripiene quelle de’ suoi santi: la fonte è ricca e ristoratrice, avviciniamoci ad essa con il cuore largo, aperto... che importa il susurro degli Scribi e dei Farisei quando noi siam beati con Cristo?!


GIOVANNI SCHIAPARELLI


E morto a 75 anni l’illustre astronomo Giovanni Schiaparelli, Senatore del Regno.

Come astronomo fu ammiratissimo da tutti gli scienziati italiani e stranieri; come uomo fu amatissimo da tutti coloro che ebbero la ventura di avvicinarlo. La sua vita fu tutta dedicata alle più severe discipline, alla patria, alla famiglia ed alle opere buone. Così Egli, studiando le vie dei cieli, come il Denza, come il Secchi e tante altre glorie italiane, guardava anche più in su delle stelle e spandeva intorno a Sè la luce purissima della sua scienza e della sua bontà. Era grande; perciò era umile e credente come i veri grandi. Sempre pronto a trasmigrare nel regno degli spiriti immortali, Egli andò incontro alla morte con animo sereno, e ricevette i conforti religiosi colla tranquillità dell’uomo giusto che non teme e spera.

A. M. C.



Appresa in ritardo la dolorosa notizia, deponiamo il fiore d’un mesto pensiero sulla tomba di Paolo Stoppani, rapito alla vita di soli trent’anni.

Cuore nobile, mente eletta, teneramente amato dai suoi cari, affettuosamente ben voluto da quanti lo conobbero, passò all’alba di una splendida carriera, nella visione di un futuro che si chiudeva al suo inizio.

Tenente di vascello, avea dato al mare la sua fede di soldato, ed il mare che ama i suoi figli, gli dava la gioia del dovere compiuto, gli dava le promesse che l’avvenire tiene in serbo alle giovani vite. Ma ahimè! Non tutte le giovani vite sfuggono al destino che le insidia! Troppe madri devono piangere, perchè troppi figli scompaiono! E Paolo Stoppani scomparve, rapito, travolto da un rapido male; la sua giovinezza piegò, recisa nel suo più esuberante rigoglio. Ma Dio che lo volle a sè, ne ricevette l’anima fiera e buona. L’infinito, di cui gli oceani tante volte gli aveano parlato, lo accolse nel suo seno: promessa e premio alla sua giovane vita!

M. C. M.





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