Il buon cuore - Anno IX, n. 07 - 12 febbraio 1910/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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[p. 53 modifica]Educazione ed Istruzione


Il discorso dell’onorev. Orlando

sulla delinquenza dei minorenni

L’onor. Orlando, ex ministro, ha tenuto Domenica scorsa nel salone dell’Istituto Pedagogico Forense, della nostra città, un discorso, sull’argomento seguente: Attuale aspetto della lotta contro la delinquenza dei minorenni in Italia.

Lo diciamo subito apertamente: fu un discorso magistrale; disse cose serie e le disse seriamente.

I giornali cittadini hanno dato del discorso un ampio ed imparziale resoconto.

In mezzo alle lodi universali, alle quali associamo anche le nostre, sentiamo il bisogno, per quella sincerità, della quale ci facciamo un dovere, di fare alcuni appunti. Sono pochi, ma sono gravi, sono fondamentali nella questione che tanto vivamente interessa tutti.

L’on. Orlando, accennando al fatto impressionante dell’aumento della delinquenza dei minorenni, chiede a se stesso quali ne siano le cause, e risponde che le cause, accennate da molti, son molte, cioè la decadenza del sentimento religioso, la miseria, l’analfabetismo, l’emigrazione; ma nessuna di queste cause spiega, separate o unite, il grave fenomeno. La causa principale della delinquenza minorile, secondo l’on. Orlando, sta nella deficenza della tutela paterna riguardo ai figli; e questa mancanza di tutela è prodotta dall’industrialismo, che allontana dal focolare domestico il padre non solo ma anche la madre.

Il bambino non è immorale, ma è amorale; non ha direttive sufficienti, non ha freni; se non è corretto subito, se non è trattenuto con consigli e anche con castighi, le piccole scappate si ripetono, si allargano; dalla famiglia escono in mezzo alla società; la graffiatura a una sorellina diventa una coltellata; il furto dello zucchero alla mamma diventa lo scasso delle casse forti.

Vero, e benissimo detto. Ma chi farà questa correzione, e con quali mezzi la farà?

La nostra risposta è prontissima e facilissima; è la risposta che don Bosco ha fatto, più che colle parole, coi fatti, è l’educazione religiosa, cristiana.

L’on. Orlando invece non ha parlato del principio religioso come principio altamente ed efficacemente educativo; anzi lo ha escluso.

Ecco le sue precise parole, non richiamate da noi a memoria, ma copiate alla lettera della Lombardia, giornale non sospetto in questo riguardo.

«E in verità l’affievolirsi del sentimento religioso quale che sia il pensiero che voglia aversi dell’influenza di esso sull’aumento generale della delinquenza, non vedo come possa esercitare una particolare azione sulla delinquenza dei minorenni, poichè non vedo la ragione per la quale i freni di ordine religioso dovrebbero agire [p. 54 modifica]con maggiore efficacia sui fanciulli anzichè sugli adulti. Al contrario, anzi».

Affermazioni queste alle quali si contrappongono molte osservazioni.

Prima di tutto non è vero che il principio religioso abbia perduto ogni efficacia moralizzatrice negli adulti. In molti sì, in tutti no; in molti sì, specialmente nel periodo della vita nel quale maggiormente imperano le passioni; ma non in tutti i periodi della vita. Nella vita vi sono dei memorabili ritorni al principio religioso momentaneamente disconosciuto e abbandonato.

Ma dall’inefficacia presunta del principio religioso negli adulti arguire l’inefficacia di questo principio nei fanciulli, questo è meno vero ancora.

Nell’adulto è cresciuta la riflessione, il sentimento della responsabilità, della dignità, dell’onore, che possono essere direttive e freni, sebbene insufficenti anche negli adulti, specialmente sotto l’impeto delle passioni, e nelle preoccupazioni del preparare i mezzi della vita, per sè e pei figli. Ma nei bambini, nei fanciulli, nei quali la riflessione non è ancor sorta, l’esperienza non è ancor fatta, la direttiva e i freni non possono essere dati che da principii semplici ed assoluti. Tali sono i principii religiosi: è Dio che comanda di fare il bene, di non fare il male; è Dio che ti vede dappertutto; è Dio che se farai bene ti darà un premio, se farai male ti darà un castigo. Questi principii supremi il fanciullo li capisce benissimo, li capisce subito.

Massimo d’Azeglio, nel suo libro I miei ricordi, ha una magnifica pagina sulla necessità dell’insegnamento e della pratica della religione nella adolescenza e nella gioventù. Gaetano Negri, che pure fu scettico riguardo alla fede religiosa nell’età adulta, affermando che la riflessione, il sentimento dell’onore, l’educazione, possono essere fattori di moralità, aveva tutt’altra massima riguardo alla fanciullezza, riguardo alla gioventù, apertamente affermando che nelle scuole elementari l’insegnamento religioso era non solo utile ma indispensabile.

L’on. Orlando non si avrà a male, se, autorità per autorità, alla sua preponiamo quella di Azeglio e di Negri. Come si spiega questa sua negazione? Siccome molti degli adulti non sentono, almeno per il momento, il bisogno della religione, così si crede che questo bisogno non possa essere, non sia sentito più da nessuno: perchè essi più non credono, pensano che sia inutile dare i principii della fede anche agli altri, anche ai fanciulli.

L’on. Orlando ha ricordato di essere stato nei suoi primi anni un po’ Agostino, di aver sentito e seguito degli impulsi, che, seguiti e non frenati, lo avrebbero in seguito fatto incappare nel Codice penale. Ciò prova una delle verità fondamentali della fede cristiana, la naturale propensione al male, effetto della colpa primitiva. Ma Agostino da chi fu guidato, da chi fu corretto? Chi da incredulo e libertino, lo ha fatto diventare un santo? Monica... Ambrogio... la religione nella sua forma più delicata e più forte.

L’on. Orlando ha ricordato come causa principale della delinquenza minorile la mancanza di tutela dei genitori prodotta dall’industrialismo. È verissimo: tutti ne convengono.

Ma quale è la causa dell’industrialismo, esagerato, assorbente tutta la vita, come se la vita stesse tutta nel guadagnare, guadagno da parte dei padroni, guadagno da parte degli operai? Nel decadimento, nell’abbandono del principio cristiano, riassunto nel detto di Tertulliano: nos sumus christiani propter futurum seculum: noi siamo cristiani perchè crediamo in una seconda vita, nella vita futura, eterna, a cui la presente deve essere indirizzata e si bordinata. Soppresso il concetto e la speranza della vita futura, non resta più che la vita presente. Qui si nasce, qui si vive, qui si muore. Conseguenza? Se la vita è tutta qui, cerchiamo di godere qui. Tutta la vita, per forza di logica, viene subordinata al godere. Lavoriamo per godere. La tutela dei figli è un peso? In via di massima, non la si respinge; ma la si trascura in via di fatto, sotto l’influsso di due cause convergenti allo stesso fine, il lavoro esterno che assorbe tutta la giornata, l’assenza di principii religiosi interni che facciano sentire la responsabilità della tutela, e suggeriscano e diano i mezzi per esercitarla. La tutela dei padri irreligiosi è spesso, più che tutela, scandalo.

L’emigrazione è un male, ma diventa più fatale perchè l’assenza del focolare domestico, porta, in troppi casi, l’assenza dell’istruzione e delle pratiche religiose.

Si voglia pur ammettere l’industrialismo come un fatto puramente sociale, indipendente dalla mancanza di religione come causa: la mancanza di religione lo rende però assai più pernicioso ne’ suoi effetti.

Si vuol fabbricare la base della moralità individuale e sociale sulla scienza. Nobile scienza, scienza sovrana, nelle scoperte delle scienze naturali: scienza meschina, scienza incerta, scienza inefficace, nella ricerca e nel possesso delle verità morali, nella soluzione dei problemi dello spirito, scienza che dopo clamorose promesse, dinnanzi alla vacuità dei risultati, è costretta a confessare la propria bancarotta!

E si vuole che a questa scienza, che a sua stessa confessione e per la sua stessa natura tutti i giorni muta, perchè tutti i giorni progredisce, noi affidiamo i destini delle nostre giovani generazioni, noi aspettiamo un nuovo e migliore assetto sociale?

L’assetto sociale noi l’abbiamo già. Ha venti secoli di vita. Non ha bisogno di fare esperimenti per ottenere buoni risultati. Ha trasformato la società pagana in cristiana. Aveva in sè ben forti elementi se riuscì a operare tale trasformazione. Oggi è seguito ancora dalle nazioni più civili del vecchio e del nuovo mondo. Che ci vuole perchè produca ancora gli stessi effetti? Che gli si conservi il suo principio animatore, il principio religioso.

Che cosa respingete respingendo l’insegnamento religioso? Non è un semplice insegnamento isolato che respingete; respingete il grande fattore della nostra civiltà, della quale andate tanto superbi; respingete.... il Cristianesimo.




Il libro più bello, più completo, più divertente che possiate regalare è l’Enciclopedia dei Ragazzi.


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Ruggero Bonghi e la Religione

IN UNA PUBBLICAZIONE RECENTE1

«Egli era in sostanza assai meno scettico di quanto si volesse dipingerlo. Come in generale tutti gli spiriti superiori, nonostante il suo temperamento critico avrebbe dovuto far di lui un incredulo, egli subiva e non malvolentieri il fascino, il prestigio, per lo meno, del grande edifizio religioso. Oltre a un sentimento più profondo e più intimo, un vincolo intellettuale avvincevalo, come artista, al cattolicismo: la gratitudine per tutti i capolavori dei quali in grazia sua il mondo si è arricchito. — Io vi domando — diceva, egli una volta al Manzoni, discutendo seco di un libro uscito in quei giorni in Francia, nel quale sostenevasi che l’arte avrebbe finito per prendere il posto della religione — io vi domando in qual modo, senza la religione, noi avremmo potuto avere le tele sublimi come la Comunione di S. Gerolamo, le Nozze di S. Caterina, e la Trasfigurazione. Non capite che la religione è il plasma senza cui l’arte è incapace di crear nulla?»

Ma perché non lo si scambiasse per uno di quei mistici esteti i quali sentono la religione solo perchè sentono l’arte, in altra volta, in una delle sale del Vaticano, soggiunse a complemento del proprio pensiero: «L’Arte ha operato, è vero, i più grandi miracoli di virtù confortatrice e di educatrice esaltazione dell’anima popolare; ma perchè le cose che essa diceva al popolo, le fantasie e le immagini che essa suscitava, trovavano nella intimità della costui vita spirituale una corrispondente disposizione a credere nella realtà di un’ideale superiore, nella esistenza di un universo più perfetto, del quale il canto del poeta era appunto come un’eco lontana». E come per lui la religione era sopratutto un edificio di morale, concludeva: «L’arte è per me la visione del vero, attraverso il prisma non soltanto del Bello, ma altresì e sopratutto del Buono».

MANO DI BIMBO



Mano di bimbo, morbida manina
su la candida coltre abbandonata,
mentre il primo chiaror de la mattina
colora la casuccia addormentata,
mano di bimbo, morbida manina


lieve così, come toccasse un giglio,
la mia carezza, il mio bacio ti sfiora,
e mi trema una lacrima sul ciglio,
una lacrima buona che t’irrora
lieve così, come toccasse un giglio.


Per la tristezza che sul cuor mi pesa,
fu insonne a me la notte! Ad una ad una
sentii dall’orologio della chiesa
giunger l’ore e vanir ne l’aura bruna,
per la tristezza che sul cuor mi pesa!


Ne l’ore mie più squallide, più sole,
quante volte bastò la tua carezza,
piccola mano, a ridonarmi il sole!
Tu se’ il candor, la speme e la dolcezza
ne l’ore mie più. squallide, più sole!


Che buone cose ti sussurro, e quante
soavi cose penso, mentre tu
posi, e l’alba, un’estiva alba raggiante,
la terra e il ciel saluta di lassù!
Che buone cose ti sussurro, e quante!


Or tu non sai, minuscola manina,
che gesti di carezza; le vivaci
movenze tue di grazia biricchina,
ti fan spesso coprir d’ardenti baci:
or tu non sai, minuscola manina.


Nell’età in cui la vita è una tenzone,
nell’età del vigore e dei perigli,
quale, qual mai sarà la tua missione?
Donde verranno a te moti e consigli,
nell’età in cui la vita è una tenzone?


Indurerai nelle animose gare
delle ruvide, oneste opre servili,
ne l’opificio, entro la terra, o in mare?
Onorerai le belle arti gentili,
indurerai nelle animose gare?


Qual genio mai ti moverà, qual forza?
Servirai tu l’Altare o la bandiera?
Saprai tu il gesto pio che l’ire ammorza,
il cenno ardito che a le turbe impera?
Qual genio mai ti moverà, qual forza?


Pur che d’ignobil macchia ognor sia pura,
e all’indigente, al debole sia cara,
non chiederò se splendida od oscura
è la mission che il cielo ti prepara,
pur che d’ignobil macchia ognor sia pura.


Nel mio-tenero amor bramo e ti imploro
che sempre il gaudio d’un’amica stretta
ti conforti nell’ansie e nel lavoro;
d’esser temuta no, ma benedetta,
nel mio tenero amor bramo e ti imploro.

Maria Motta

Maestra Cieca.




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  1. Citiamo queste parole dal libro — Romeo Manzoni. Da Lugano a Pompei con Ruggero Bonghi. — Milano, Oberoster, 1910.