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I fatti spiritici e le ipotesi affrettate

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I fatti spiritici e la loro spiegazione psichiatrica Bibliografia


Dopo più di cinquant’anni che i fenomeni così detti spiritici hanno gettato il guanto di sfida alla moderna scienza, ora soltanto un considerevole numero di scienziati ha la lealtà di raccoglierlo, e la posterità sarà loro riconoscente. Ma ogni cosa nuova, mentre viene amorevolmente accolta da pochi uomini coscienziosi, ha anche a lottare contro innumerevoli parassiti.

Questi cominciano a brulicare in copia nel campo dei fenomeni trascendentali, chi per negarli, chi per far sfoggio di teorie secondo i propri capricci, e chi, incredibile a dirsi, per farne il fondamento di sette o chiesuole atte a saziare le loro frivole ambizioni. Non intendo occuparmi minimamente di quanto fanno o scrivono questi ultimi, perchè non ne vale proprio la pena. Essi per un certo tempo faranno sfoggio della loro ignoranza fra il pubblico ignaro dei fatti, e poi il tempo s’incaricherà di far giustizia di loro.

Ma se l’errore grossolano è proprio delle persone volgari, i dotti più illustri, benchè con procedimenti più scientifici, s’ingannano pur essi, e perciò è lecito discutere le loro opinioni.

In Italia disgraziatamente i fenomeni medianici, dei quali fanno parte i spiritici, furono straordinariamente trascurati, e la gran maggioranza delle persone colte si tenne affatto estranea al grande movimento che da alcuni anni ha luogo all’estero e particolarmente in Germania ed in Inghilterra; e perciò il pubblico impreparato troppo facilmente si lascierà trascinare dalle idee del primo dotto influente, che avrà rotto il silenzio.

Fortunatamente il primo a parlare fu un uomo leale, il Prof. Lombroso. Ma era egli sufficientemente preparato? Oppure il repentino squilibrio che nuove cognizioni portarono nelle sue idee non lo fecero forse sortire dal riserbo caratteristico dello scienziato? È ciò che mi permetto di esaminare; e non intendo con questo di attaccare in alcun modo la sua riconosciuta riputazione di dotto, perchè so che, come l’uomo più intrepido può trassalire dinanzi ad un innocuo e repentino spauracchio, così la mente più solidamente costituita in periodi di eccitazione può esprimere giudizi immaturi.

Ed i giudizi del Lombroso hanno tanta influenza nelle classi colte che qualche errore in essi contenuto può fuorviare per lunghi anni la scienza specialmente in Italia. Non credo perciò recar offesa all’illustre Professore che tanto sinceramente ama la verità col discuterli.

Dopo aver osservato un paio di volte fenomeni per lui affatto nuovi egli scrisse:

«Io sono molto vergognato e dolente d’aver combattuto con tanta tenacia la possibilità dei fatti così detti spiritici; dico dei fatti perchè alla teoria ancora sono contrario. Ma i fatti esistono e io dei fatti mi vanto di essere schiavo.»

Ora come si può essere sia favorevoli sia contrari a qualunque teoria di fenomeni prima ignoti, appena visti per le prime volte? Supponiamo che un uomo per quanto dotto in teologia o giurisprudenza ignori affatto i fenomeni elettrici, e per di più ne neghi l’esistenza, e che, per istruirlo su quanto ignora, lo si conduca a vedere una stazione centrale d’illuminazione elettrica. Se, gettata un’occhiata sulle macchine e sulle lampade, egli convenisse che dei fenomeni esistono, ma soggiungesse che è ancora contrario alle teorie degli elettricisti, qual valore avrebbe questa sua opinione? Affatto nullo, perchè quand’anche le teorie dell’elettricità fossero tutte sbagliate, cosa possibile, egli non sarebbe ancora in grado di discernere come e dove lo siano e tanto meno di sostituirne di migliori.

E questa troppa rapidità di giudizi il Lombroso l’ha accentuata ancora di più precisamente col proporre una teoria propria che vidi pubblicata nel N. del 7 Febbraio della Vita Moderna.

Il primo lato debole di tale teoria è quello di essere Psichiatrica. Fosse almeno stata semplicemente psicologica! È il primo tentativo di annessione degli studi trascendentali al campo delle scienze mediche, è il sintomo della seconda edizione di quanto i medici fecero del magnetismo animale. Ignorandolo lo sbeffeggiarono; quando videro di non poter riuscire a levarselo dai piedi cominciarono a studiarlo, ma con etichetta nuova e facendolo scoperta propria.

Rimando agli scritti di molti e specialmente agli arguti lavori del Prof. Ochorowicz e del Dott. Du Prel chi vuol essere illuminato su questo lungo e poco brillante episodio delle scienze mediche.

Naturalmente questa tardiva resipiscenza almeno di qualcuno fra i medici è un bene non solo per la riputazione delle scienze mediche, ma anche per lo studio dei fenomeni medianici. Soltanto è da temere che quest’ultimo si voglia da qualcuno per amore o per forza costringere nello stampo delle prime. Che tutti i fenomeni ipnotici possano venir ritenuti a dritto od a torto un semplice ramo della fisiologia, questo si capisce perchè essi avvengono entro al soggetto. È assai più malagevole invece il vedere come fenomeni meccanici, fisici, e chimici che avvengono fuori del medio, possano venir studiati con competenza e ben compresi soltanto da coloro che si occupano del cervello umano e particolarmente delle sue malattie.

A questo proposito è da notare che per lo stesso ipnotismo, benchè i suoi fenomeni risguardino semplicemente il soggetto e benchè sia studiato dai medici da parecchie decine d’anni, questi non sono ancora riusciti a mettersi d’accordo sul considerarlo uno stato fisiologico o patologico. E perciò l’autore poteva soprassedere ancora un poco prima di regalare il neologismo «accesso medianico» a quella scienza che di parole è già, di gran lunga la più ricca.

Saremo grati al Lombroso se saprà trovare i veri punti di contatto fra i fenomeni medianici e la psichiatria, ma il ritenerli tutti come psichiatrici è quasi come dire che la digestione è un fenomeno astronomico, perchè gli astronomi scoprirono la gravitazione universale, perchè i chimici opinarono che le reazioni chimiche dipendano dalla gravitazione universale fra gli atomi, e perchè infine nella digestione avvengono fenomeni chimici.

Il Prof. Lombroso ha visto nei fenomeni spiritici un semplice affare di psichiatria per il solo motivo ch’egli è psichiatra, alla stessa guisa che un teologo ci vede chiara come il sole l’azione del demonio. E per convincerci meglio c’informa che la media è nevropatica, ha un buco nel parietale sinistro, ottusità tattile, turbe isteriche ecc. circostanze tutte che per un psichiatra potranno bastare a dar spiegazione dei voli dei campanelli e dei tavoli e magari delle materializzazioni, ma che, convien dirlo, sono troppo poca cosa per gli altri.

Ma analizziamo parzialmente l’articolo del Lombroso.

Egli dichiara subito assurda l’opinione «che i morti possano parlare ed agire, sapendosi troppo bene che i morti, massime dopo qualche anno, non sono che un ammasso di sostanza inorganica. E tanto sarebbe volere che le pietre pensassero e parlassero.»

Bisogna proprio che forti preconcetti tengano vincolata la mente di un dotto perchè possa incorrere in un tale errore di logica. La premessa che «i morti consistano semplicemente in un ammasso di sostanza inorganica» è appunto la tesi ch’egli vorrebbe dimostrare. Può il Lombroso, mentre azzarda critiche e teorie, esser tanto digiuno di questi studi da ammettere che qualcuno creda siano gli avanzi inorganici del corpo quelli che vengono a produrre le manifestazioni spiritiche?

Dopo descritti i pochi fenomeni osservati da lui e dal Barth, asserisce che questi si possono spiegare colle teorie ammesse dai nevropatologhi ed arriva a dire: «si capisce come la forza, diremo corticale e cerebrale di un medium possa, per esempio, sollevare un tavolo, tirare la barba, battere, accarezzare, che sono poi i fenomeni più generali di questi casi.»

Io credo sulla parola del Prof. Lombroso che i nevropatologhi capiscano tutte queste cose, soltanto oserei sollevare la questione se essi capiscano sempre bene fenomeni che sono pure del loro dominio, però di ordine meno elevato. Ed invero poche righe dopo egli asserisce senza esitare che in certi casi «in grazia all’isterismo il naso vede.» Benchè questo fenomeno sia noto ai nevropatologhi d’assai più lungo tempo che i fenomeni spiritici, pure vi sono molti di essi che non hanno ancora compreso come il naso veda in grazia all’isterismo.

La suggestione mentale pur finalmente ammessa da alcuni è ancora negata da molte autorità fra le quali citerò il Tarchanoff professore di fisiologia all’Accademia Imperiale di medicina di Pietroburgo il quale, dopo aver confuso il Cumberlandismo colla suggestione mentale, arriva trionfalmente alla conclusione che «è finalmente tempo di finirla con tutte queste esperienze di divinazione del pensiero» ed il Carpenter uno dei primi fisiologi dell’Inghilterra e che, sia detto per incidenza, malgrado ciò si attirò una discreta dose di ridicolo coi suoi attacchi inconsiderati contro la realtà di alcuni fenomeni medianici.

Crede il Prof. Lombroso che questi capiranno quanto egli comprende o crede comprendere circa fenomeni ancora più misteriosi?

E gli uomini che godono della massima autorità in tutti i rami delle scienze mediche che, alcuni pochi eccettuati, negano questi fenomeni perchè li credono impossibili, non sono adunque abbastanza psichiatri o nevropatologhi da vederne subito la tanto ovvia spiegazione?

Durante il periodo di tempo in cui il Lombroso stesso «li combatteva con tanta tenacia» perchè li credeva impossibili e quindi impossibile la spiegazione, era egli di già nevropatologo o lo divenne dopo le sedute di Napoli?

«L’ipnotismo» dice il Charcot «è un mondo nel quale a fianco di fatti palpabili, materiali, grossolani che rasentano sempre la fisiologia, s’incontrano fatti assolutamente straordinari, inesplicabili fino ad ora, non rispondenti ad alcuna legge fisiologica ed affatto strani e sorprendenti. Io» aggiunge «non mi occupo che dei primi».

Il Charcot deve essere senza dubbio un cattivo nevropatologo perchè non comprende neppure i fenomeni ipnotici che sono alla soglia degli altri più meravigliosi constatati dal Lombroso.

Ma discendiamo ancora più giù. Se c’è una cosa che i predetti uomini autorevoli debbano comprender bene, è senza dubbio quella che forma lo scopo supremo delle loro ricerche e che hanno studiata da secoli, cioè la terapia. E qui col distruggere a vicenda i loro sistemi s’incaricano essi medesimi di avvertirci che non ne capiscono molto. Ed uno dei più simpatici, il Liébeault, ben noto ai psichiatri e nevropatologhi, c’informa egli stesso che le cure medicali sono generalmente inutili, ed anzi colla statistica alla mano ci mostra che in alcune malattie le guarigioni sono più numerose e più pronte senza rimedi.

Sembra perciò che questi scienziati, benchè tutti necessariamente più o meno nevropatologhi, abbiano questi due caratteri spiccati, di diminuirsi a vicenda e di comprendere le cose tanto più quanto meno le studiano.

Dopo aver fatto cenno di certe esperienze sue e dell’Ottolenghi (delle quali però non so se a dritto od a torto Binet e Feré vantano la priorità) circa i caratteri di obiettività delle allucinazioni visive, il Lombroso ne deduce «che il cervello vede lui come vede l’occhio.» Intanto questa deduzione ha fondamento soltanto nell’ipotesi che le facoltà umane siano limitate alle funzioni del corpo materiale, ipotesi che la scienza odierna innalzò bensì al grado di dogma, ma che non è per anco dimostrata, ed è anzi seriamente attaccata dai lavori dei moderni spiritualisti. Inoltre il fenomeno ora ben accertato della chiaroveggenza è qualche cosa di più della trasposizione dei sensi, inquantochè il chiaroveggente può percepire immagini di oggetti, siano situati ad enorme distanza, siano posti nell’oscurità.

Il senso visivo del soggetto subisce nel primo caso una trasposizione di molte centinaia di chilometri? No, il Lombroso stesso ce lo dice è il cervello che vede; ma se vede, attraverso a corpi opachi (e non ci fosse altro che la parete craniale) allora questa non è più visione come quella dell’occhio, perchè la luce, e tanto meno l’immagine di un oggetto (ciò che è ben diverso) non possono influenzarlo. Ora, se il cervello non viene impressionato dall’agente luminoso, qual è l’ignoto agente che opera? Eccoci sbattuti fra Scilla e Cariddi. Per evitare l’occulto vi si si ingolfa sempre più.

Per spiegare la trasmissione del pensiero l’autore ricorre all’ipotesi più speciosa e che da Mesmer ad Ochorowicz fu già ammannita in tanti modi, cioè quella dell’irradiazione vibratoria da un cervello ad un altro attraverso un mezzo materiale che riempie lo spazio. Però egli ha la franchezza di aggiungere:

«La grande difficoltà sta nell’ammettere che il cervello sia l’organo del pensiero e che il pensiero sia un movimento.»

Qui sembrerebbe che il Lombroso volesse attenuare la frase «quel movimento corticale in cui consiste il pensiero» usata prima, ma pentitosi delle parole le più prudenti del suo scritto, perde più innanzi nuovamente le staffe e si lascia sfuggire le seguenti: «gli è che appunto per essere il pensiero un movimento, non solo esso si trasmette, ma anche si riflette» colle quali si contraddice per la seconda volta. Ma la grande difficoltà ch’egli trova qui e che poco dopo tanto facilmente perde di vista non è la sola. Anche ammesso che il pensiero sia movimento e null’altro che movimento, la legge della conservazione dell’energia colla quale il Lombroso mostra tanta famigliarità gli deve certamente mostrare non qualche altra grande difficoltà ma addirittura un’impossibilità.

Quando un moto vibratorio irradia da un centro, la sua energia decresce come il quadrato delle distanze e ciò qualunque sia la natura della vibrazione. Ora, aumentando per esempio mille volte la distanza, tale energia si riduce ad un millionesimo del suo valore primitivo. Sarebbe perciò da attendersi che, per esempio, fra i limiti di un metro e di un chilometro il fenomeno della suggestione mentale variasse enormemente d’intensità. Ora malgrado il Lombroso dica di aver notato che questo avviene meglio a piccola distanza, ciò che notarono anche molti altri, pure è ben noto dalle esperienze di Janet, Ochorowicz, Beaunis, Liébeault, Liègeois, Rossi-Pagnoni ecc. oltre le molte registrate nelle pubblicazioni della Society for Psychical Research ed altre riviste, che l’andamento del fenomeno è ben lungi dall’accostarsi anche lontanamente a tal legge.

Piuttosto, considerando i numerosi casi di telepatia perfino da punti diametralmente apposti della terra e registrati dagli autori e dai periodici i più ortodossi, sembrerebbe che la distanza avesse un’influenza poco sensibile e che perciò, qualunque sia la forza che emana dalla persona agente, essa vada diritta a colpire il percipiente senza disperdersi sensibilmente.

Ecco un nuovo enigma. Quale azione intelligente a guisa di fido corriere porta il pensiero a destinazione e non altrove?

E non basta opporre che un moto vibratorio può trasmettersi inalterato a qualunque distanza sotto forma di fascio parallelo, perchè l’idea del pensiero-fascio solleva le seguenti difficoltà:

a - Nessun indizio di un organo che a guisa di proiettore possa orientarsi e mandare il raggio nella voluta direzione.

b - Difficoltà di mantenere un sufficiente parallelismo per migliaia di chilometri.

c - Difficoltà della puntata onde colpire giusto il percipiente (ricevitore) a tali distanze.

d - Difficoltà ancora maggiore di comprendere come questa puntata, che richiederebbe una precisione maggiore di quella compatibile coi migliori istrumenti astronomici, possa essere eseguita da un istrumento non piantato sopra una base immobile, ma posto in balìa dei movimenti del corpo dell’agente (trasmettitore), movimenti che non hanno ragionevolmente alcun rapporto coll’atto della supposta puntata.

e - Mistero circa il processo della puntata quando all’agente, come avviene comunemente, è ignota la direzione in cui trovasi il percipiente.

A meno che per qualcuno non riesca chiarissimo come gli strati corticali possano eseguire una difficile puntata senza saper dove e con un proiettore che non esiste.

Ma non basta ancora. Il Lombroso ammette che il lavoro meccanico eseguito nei fenomeni spiritici fuori del medio e su corpi inanimati provenga dalla corteccia cerebrale; e porta a paragone i moti riflessi degli arti degli epilettici in seguito ad irritazione cerebrale, e soggiunge che, se in questo caso il muscolo serve alla trasmissione del movimento, nel primo potrà l’etere farne le veci. Ora qui l’autore è incorso in un equivoco strano in chi conosce la macchina umana. I muscoli non trasmettono energia meccanica dal cervello all’oggetto messo in moto, ma, dietro il segnale ricevuto dal cervello, trasformano essi medesimi in lavoro meccanico l’energia potenziale dei combustibili che loro porta la circolazione, perchè quando lavorano bruciano più materiali. In altri termini i muscoli sono la macchina ed il cervello è il macchinista. Ora quale è la macchina invisibile nei movimenti a distanza? Sarà il macchinista che alla macchina sostituisce le sue proprie forze? Ciò non si può dire a priori impossibile, ma non si comprende come anche gli stessi nevropatologhi possano veder subito come il solo cervello possa colla propria energia eseguire, come fu constatato più volte, un lavoro meccanico dello stesso ordine di grandezza di quello che potrebbe adoperando l’energia proveniente dai muscoli. Perciò il paragone del magnete non calza, perchè la questione non verte sul «tramite» ma bensì sulla sorgente dell’energia.

Poi, passando ai medi scriventi, l’autore adotta la vecchia ipotesi del semisonnambulismo proposta dal Richmond ancora nel 1853. Anzitutto per sostenerla con qualche forza bisognerebbe prima dimostrare la costante esistenza unilaterale durante la scrittura medianica degli altri fenomeni caratteristici del sonnambulismo o stati analoghi; perchè non vi sono che questi fenomeni, i quali sieno in grado di deciderne l’esistenza Ma v’ha di più. Sono comuni i medi che ricevono contemporaneamente due differenti comunicazioni colle due mani conservando inalterata la loro coscienza normale. In questo caso nel medio esistono contemporaneamente tre diverse personalità. Perciò secondo l’ipotesi adottata anche dal Wigan e dal Luys ed applicata alla scrittura automatica dal Richmond, Janet ecc., questi medi, dovrebbero possedere tre emisferi cerebrali.

L’autore avrebbe forse meglio giovato alla sua tesi abbandonando l’ipotesi del Luys che spiega la doppia personalità coll’azione indipendente dei due emisferi del cervello, e citando l’esperienze del Rochas il quale ottenne realmente nel suo soggetto Benoist tre personalità coesistenti. Ma il male è che anche tre personalità simultanee attribuite al medio non bastano ancora perchè sono noti casi in cui per mezzo della scrittura spontanea venne tracciato contemporaneamente un numero molto maggiore di comunicazioni con caratteri e lingue diverse.

Quanto al Janet, che l’autore cita come avesse definitivamente risolta la questione, io non sono del suo parere. Il Janet dimostrò che il medio può avere comunicazioni con una seconda personalità a lui appartenente, ciò che era noto assai prima ai cultori degli studi trascendentali, ma, tenuto calcolo anche dei fatti cui accennerò più innanzi, siamo ben lungi dal poter ritenere per dimostrato che ciò basti a spiegarli tutti. Trascurare sistematicamente questi fatti è spostare la questione ed uscire dal vero campo dei fenomeni spiritici quale fu sì bene delineato dall’Aksákow.

Ma il Lombroso non poteva pel momento tenerne conto perchè ancora li ignora, e lui stesso ce ne informa quando dice che «si tratta di fatti assai volgari (tirar la barba, alzar il tavolo) sempre press’a poco gli stessi e che si ripetono con una invariabile monotonia» e che «se nella società spiritica raccolta intorno al magico tavolo non vi è alcuno che sappia latino, il tavolo non parla più il latino». Al contrario se c’è qualche cosa che sbalordisce nei fenomeni medianici è la loro multiforme apparenza e lo scompiglio che portano in tutte le nostre nozioni tanto nel campo della meccanica, come in quello della fisica, come in quello della chimica, come in quello della biologia, come in quello della filosofia. Altro che psichiatria!

Tenuto calcolo della ristrettezza del punto di vista attuale del Lombroso in tale materia, e notando che dai pontefici massimi della scienza ufficiale fino ai saccenti da caffè la moda del giorno è per uno scetticismo fiero in apparenza ma servile in realtà, non sembrerebbe che la frase «spiegazione più semplice, più adatta al gusto dei più e che risparmia di pensare e studiare» dovesse ribellarsi contro il suo autore?

In altri termini il Janet come il Myers, il Carpenter, il Richet e tanti altri incorse nello stesso errore in cui cadono comunemente gli spiritisti, cioè studiarono fenomeni medianici credendo di studiare fenomeni spiritici, mentre questi non sono che un caso particolare di quelli, e non è giusto criticare soltanto l’equivoco dei secondi.

Invece il Lombroso mette in ridicolo soltanto i medi credenzoni che pretendono di essere in rapporto con Tasso ed Ariosto. Ma conviene notare che ciò non tocca in alcun modo le varie teorie spiritualistiche; l’autore non ha che ripetuto ciò che dicono continuamente gli occultisti, gli spiritisti ecc. Ma altro è non creder vero il nome che si da una maschera ed altro è negare addirittura l’esistenza delle maschere.

L’autore indi cerca spiegare le comunicazioni ricevute dal medio, sia su cose da lui ignorate, sia in lingue a lui sconosciute per mezzo della suggestione mentale. Naturalmente è la più ovvia e perciò appunto fu quella che si presentò dapprima alla mente di ognuno che imprese lo studio dei fenomeni medianici. Però dovette essere ben tosto abbandonata da chiunque lo approfondì. La ragione è che sono troppo numerosi i casi ben constatati di comunicazioni veridiche su cose non solo ignote a tutte le persone presenti, ma ignote ad ogni mente umana e troppo frequenti le comunicazioni in lingue sconosciute al medio ed a tutti gli astanti. E chi vuol conoscerne dei cospicui esempi non ha che a consultare i lavori di Oxon, Edmonds, Dale Owen, Wallace, od il più recente dell’Aksákow. È strano poi che anche il Lombroso cada in un’altra contraddizione come ci cade l’Ochorowicz nel suo interessantissimo libro sulla Suggestione mentale. Entrambi questi autori fanno notare la grande rarità del fenomeno della trasmissione del pensiero; però, quando c’è in mezzo un tavolino essi riconoscono che il fenomeno riesce addirittura per dispetto.

È proprio il caso di chiamarlo col Lombroso «magico tavolo».

Dopo ciò mi pare che egli non sia ancora in grado di dare la categorica risposta. «Questa è la causa dei singolari fenomeni medianici».

Un grande merito che gli dobbiamo riconoscere è di aver sollevata anche in Italia questa imbrogliata questione che sonnecchiava da troppo lungo tempo, e di aver francamente riconosciuto contro i generali preconcetti che i fenomeni medianici sono reali e non sempre nè tanto spesso attribuibili ad inganno. Un simile pregiudizio aveva già sensibilmente ritardato anche lo studio dell’ipnotismo. Però l’esistenza dei fenomeni indipendentemente da qualunque inganno era stata già da anni accertata con metodi ben più rigorosi di quelli del Lombroso il quale non ne adoperò nessuno tranne i propri sensi, ciò che per «il psichiatra maturato da anni» dovrebbe esser troppo poco, considerando che i precedenti esperimentatori non esclusi gli stessi spiritisti (intendo parlare di quelli che hanno fondamento scientifico) giudicarono la testimonianza dei sensi insufficiente, ed usarono un numero interminabile di controlli, fra i quali la fotografia sulla quale il Lombroso ci promette un giudizio, speriamo, più maturato.

Soltanto ritengo che, forse cedendo alle sollecitazioni di molti avidi di conoscere il suo autorevole giudizio, egli lo abbia di troppo precipitato. Il Barth scrive nel Berliner Tageblatt che in un’intervista ch’ebbe col Lombroso questi gli disse che un’unica seduta spiritica bastò a distruggere trent’anni di studi precedenti. Non posso sapere se il Lombroso si sia realmente espresso così, tanto più che è nota la frase simile pronunciata dal Chambers: «quaranta minuti di esperienze hanno distrutto quaranta anni di scienza, ne sono atterrito!». ed il Barth potrebbe averne a torto attribuita una seconda edizione al Lombroso.

In ogni modo se anche non si espresse così è certo che ora almeno una pianticella del suo giardino si è disseccata e che è indispensabile un certo lasso di tempo onde una pianta nuova germogli e porga frutti maturi. Se il Lombroso, come disse, e derogando dal metodo che si usa seguire in ogni studio, vuol formarsi delle convinzioni soltanto per ricerche proprie non curando le altrui, quella sarà certamente una pianta di dattero, e tanto più egli doveva attendere prima di accingersi a farne assaggiare i frutti.

Che se poi noi vorremo seguire il suo esempio di non tener calcolo che delle esperienze nostre, a che ci serviranno i suoi frutti anche quando saranno maturi?

Il Dott. Du Prel cita il caso di un negro al servizio di Livingstone che aveva il brutto vezzo di bere il latte nella mano. Quando Livingstone gl’insegnò che era più conveniente prenderlo col cucchiaio, il negro si servì bensì di questo arnese ma per versare il latte nel cavo della propria mano ed indi berlo. Mi pare che il psichiatrizzare come il teologizzare fenomeni ancora tanto poco noti sia un procedimento analogo, coll’aggravante che il latte nella mano del Lombroso cangia sensibilmente di colore. Meno male se lo bevesse lui solo!

Egli è bensì nel vero quando riconosce che quei fenomeni hanno uno stretto legame coi fenomeni psichici dell’uomo, ma il nesso va cercato non alla superficie, come fece il Yung, ma più profondamente secondo il bel indirizzo dato a questi studi specialmente dal Du Prel e dall’Aksákow i quali li coltivano da molti anni sotto questo punto di vista.

Comprendo pienamente la mia temerità nel muovere questi appunti ad uno scienziato influente. Ma è appunto perchè è influente, che mi credo in dovere di protestare contro una sua svista che potrebbe danneggiare la scienza da lui stesso tanto amata.

Egli fece come il cacciatore che impaziente di pigliare qualche cosa mira a troppa distanza e colpisce male, con pericolo di far scappare la miglior selvaggina che gli sta d’attorno e di cui ancora non si avvede.

Curiosa coincidenza! Il Dott. W. A. Hammond anche lui professore di Psichiatria e Nevropatia all’università di New-York nella chiusa di un suo lîbro dedicato a quest’argomento e pubblicato nel 1867, si esprime colle seguenti parole:

«Mia principale mira è stata di mostrare che, per quanto concerne le circostanze che hanno attirata la mia attenzione, nessun fenomeno a quelle si lega che non sia facilmente spiegabile colle ben note leggi fisiologiche, patologiche o fisiche, e che molte asserzioni circa questi fenomeni sono ingannevoli e false».

Par di udire il Lombroso, colla differenza però che l’Hammond è più prudente e fa la significante restrizione «per quanto concerne le circostanze che hanno attirata la mia attenzione».

Eppure questo Psichiatra dalle facili spiegazioni non riuscì in 25 anni a farle comprendere ed a mettere in tacere la questione che anzi è ora più che mai dibattuta.

Che cosa rimase delle spiegazioni dell’Hammond considerate come esaurienti e definitive? Nulla, tranne una nota a suo sfavore nel libro degli errori umani. Invece da quell’epoca in qua lo spiritualismo moderno andò man mano prendendo più salda posizione ed attirando nella sua orbita innumerevoli persone colte ed allevate nel materialismo, fra cui non pochi illustri scienziati.

Quello che si può senza tema affermare, è che il Lombroso espose candidamente quanto gli parve rappresentare la verità. Collo studio paziente riescirà senza dubbio a vederla con più chiarezza ed allora, (ripetendo, mutatis mutandis, ciò ch’egli stesso insegna) saprà anche lui «guardarsi da quella pretesa furberia di creder tutti gli altri incompetenti e noi soli gli abili, mentre ah! potrebbe questa pretesa precisamente trascinarci nell’errore». Ed allora potremo fare assegnamento che modificherà le sue idee di oggi, come oggi con esemplare abnegazione modificò quelle di ieri.

Padova, 12 Febbraio 1892

DOTT. G. B. ERMACORA