I corsari delle Bermude/Capitolo 17 - I furori di Testa di Pietra
Questo testo è completo. |
◄ | Capitolo 16 - La cattura del baronetto | Capitolo 18 - Il carnefice di Boston | ► |
17
I FURORI DI TESTA DI PIETRA
Il taverniere aveva detto la verità, il nascondiglio esisteva. Non era veramente una stanza, ma nemmeno un nicchia, e cinque o sei uomini avrebbero potuto rifugiarsi abbastanza comodamente.
Testa di Pietra in un lampo lo ispezionò, e si dichiarò subito soddisfatto.
— Mi pare di trovarmi nella cala della Tuonante — disse il bravo uomo. — Sarà un po' difficile che quelle canaglie di policemen vengano a trovarci quaggiù. Mastro Taverna è la perla degli albergatori. Saprò ricompensarlo.
In quel momento entrò Piccolo Flocco, il quale chiese subito:
— Come si sta?
— Magnificamente bene! — rispose il bretone. — Se fossi mastro Taverna, ci metterei cocomeri. Come si mangerebbero freschi! Quell'uomo non sa fare il suo mestiere, povero diavolo! E tutto deve dipendere dai suoi occhi di bue.
La voce sonora di mastro Taverna risuonò in quel momento dentro il pozzo come un colpo di cannone.
— Prendete il carico, miei gentlemen!
La fune era ridiscesa con due gigantesche ceste contenenti tabacco, bottiglie, salsicciotti, prosciutti, cacio del Canada, pagnotte e due grosse coperte di cotone.
— Ora mi pare che vada meglio — disse il bretone. Qui staremo benissimo, se mastro Taverna ci manderà tutto questo ben di Dio ogni giorno! Tuttavia preferirei essere a bordo della nostra corvetta.
— Per far che, Testa di Pietra? — chiese il giovane gabbiere. — Il momento non potrebbe essere più terribile. Si tratta della vita del nostro comandante.
— A chi lo dici? A me? Per il borgo di Batz! Non sai che sarei ben lieto di trovarmi al suo posto colla prospettiva di essere impiccato fra breve, pur di trarlo da quella condizione?
— Che cosa pensi di fare?
— Non lo so: ho la testa vuota. Questo colpo mi ha atterrato.
Testa di Pietra aveva fissato i suoi occhi su una bottiglia che portava la famosa marca Medoc. Decapitarla fu l'affare di un istante.
— In fondo a questa troverò la soluzione dell'arduo problema — disse poi.
— Va' a cercarla — rispose il giovane gabbiere. — Questo Medoc lo lascio tutto per te.
— Lo vuoterò fino all'ultima goccia. Guarda, vi è anche Bordeaux e, pare perfino impossibile, una bottiglia di champagne che berrai quando l'avremo calata nel pozzo. Questo vino si deve bere sempre gelato.
Il mastro fece onore a tutto quel ben di Dio. Piccolo Flocco credette opportuno imitarlo.
Per un momento dimenticarono il loro comandante e la sua fidanzata: ma quando il mastro ebbe bevuto un paio di bicchieri del suo vino preferito ed ebbe accesa la pipa, riprese il discorso.
— L'affare è grave — disse.
— Pare anche a me — rispose Piccolo Flocco.
— E non so trovare una via d'uscita a tutto questo imbroglio. Capisci? Si tratta della vita del nostro comandante.
— Lo sanno anche i sordi a quest'ora. Bevi un altro bicchiere di Medoc.
— Hai ragione.
Il mastro si riempì il bicchiere, lo vuotò lentamente, guardandovi dentro come faceva sempre, poi disse:
— Bisogna aspettare la cameriera.
— È tutta qui la tua trovata? Si direbbe che i bretoni di Batz invecchiano troppo presto.
— Fulmini e vulcani! — gridò il mastro, scaraventando nel pozzo la bottiglia ormai vuota. Hai ragione, Piccolo Flocco. Sei giovane e non hai il cervello fossilizzato; potrai quindi scovare qualche cosa di buono. Alla prova, amico!...
— Credo che faremmo bene a tornare al più presto a bordo della corvetta giacché il passaggio della mina è stato ristabilito.
— E dopo?
— E tornare quassù con un drappello di marinai scelti, per tentare di salvare il comandante.
— In mezzo a dieci o dodicimila uomini? No, ho invece un'altra idea, — disse Testa di Pietra.
— Dilla.
— Impadronirci del carnefice, affinché non impicchi il baronetto e gettarlo in questo pozzo.
— E se invece lo fucilassero, il comandante?
— No, gl'inglesi amano troppo la corda e lo impiccheranno.
— E perché prendere il carnefice?
— Per guadagnare tempo.
— Ne troveranno un altro.
— Non se ne trovano, in una città, due che facciano quel pessimo mestiere. Sparito il carnefice, saranno costretti a rimandare l'esecuzione; e chi sa che intanto la piazza non si arrenda. Sono a corto di viveri gl'inglesi, e credo anche di munizioni: aiuti dall'Inghilterra non ne giungono, quindi saranno obbligati un giorno o l'altro a capitolare, se non vorranno morire di fame.
— Sei furbo.
— Ora solamente te ne accorgi? Sono di Batz io!
— Lo so — rispose il giovane gabbiere un po' mortificato.
— Dunque andremo a dire due parole al carnefice! Lo porteremo via, e se non vorrà morire annegato, prenderà il nostro posto.
— Riusciremo.
— Rispondo di tutto. Lasciami dormire; così intanto le idee matureranno meglio.
— Credo che per il momento non ci sia niente da fare — rispose il giovane gabbiere. — Con questa frescura dormiremo come ghiri.
Si avvolsero nelle due coperte, spensero la candela, e, si addormentarono placidamente. La notte passò tranquillissima, e chi sa quanto i due marinai avrebbero dormito, se qualche ora dopo l'alba la voce di mastro Taverna, non avesse destato l'eco della piccola camera.
Il bretone, fu il primo a balzare in piedi.
— Novità? — chiese.
— Ci sono stati i policemen.
— E che cosa hanno fatto?
— Hanno frugato tutto l'albergo ed hanno fatto vestire il tedesco, finalmente desto — rispose mastro Taverna.
— E la signora?
— Non è stata disturbata, ed è già partita per il castello, promettendomi di ritornar presto.
— Torneranno quei cani di policemen?
— Può darsi; ma potete contare sulla mia fedeltà. Non vi tradirò a nessun prezzo.
— Lo sapevo che eri un brav'uomo — rispose il bretone. — Diversamente non avrei messo i piedi nella tua taverna. Puoi calarci del thè? Fa freddo quaggiù, ed una bevanda calda ci farebbe bene.
— Subito, signore.
Anche Piccolo Flocco si era svegliato.
— Che vogliano arrestare anche noi? — chiese a Testa di Pietra.
— Pare — rispose il bretone, molto preoccupato. — Qui non spira più buon vento per noi, mio giovane amico, e faremo bene ad alzare i talloni al più presto.
— Ma non prima d'aver riveduta la tua Nelly.
La voce del taverniere si fece nuovamente udire. Annunciava il thè.
— Giunge in tempo — disse il mastro; che cominciava ad aver brividi di freddo.
Si avvicinò all'uscita di quello strano rifugio e vide scendere per mezzo di una sagola un bel bricco pieno dell'aromatica bevanda
— Questa è la perla dei tavernieri! — disse Piccolo Flocco. — Non se ne troverebbe un altro in tutto il mondo.
— Lo credo anch'io — rispose Testa di Pietra slegando lestamente il bricco.
Poi, alzando la voce, gridò:
— Se succede qualche cosa, vieni subito ad avvertirci.
— Sì, mio gentleman.
— Conta su una sterlina fiammante.
Non avendo tazze, si servirono dei bicchieri, poco badando che vi fosse qualche residuo di Medoc, e di Bordeaux.
— Avrei preferito un buon caffè — disse Testa di Pietra, quando ebbe vuotato il terzo bicchiere, che doveva essere l'ultimo. — Ed ora, Piccolo Flocco?
— Aspettiamo la tua Nelly.
— Allora cerca il tabacco e fumiamo. Mi annoio enormemente e sai perché?
— Manca l'odore del catrame.
— Precisamente, mio piccolo amico.
Il pacco di tabacco fu subito trovato e i due uomini cominciarono a fumare furiosamente in attesa d'un'altra chiamata.
Non era trascorsa un'ora quando mastro Taverna si mise a gridare.
— La miss! la miss!
— Rimani qui, Piccolo Flocco, — disse il bretone — e lascia sbrigare a me quest'affare.
Afferrò la fune e s'inerpicò rapidamente, ansioso di rivedere la cameriera.
Diana, o meglio Nelly, come si ostinava a chiamarla il bretone, lo aspettava.
Nel vedere il simpatico marinaio, prima arrossì, poi impallidì esclamando:
— Voi!
— Quante ore d'angoscia mi avete fatte passare, mia dolce Nelly, — disse il bretone. — Non ho chiuso gli occhi un solo momento pensando a voi.
— Vi credo, marinaio, — rispose la miss. — L'amore turba.
— Lasciamo per il momento l'amore, e ditemi che ne hanno fatto dei mio comandante.
— Lo hanno chiuso nella torre del castello d'Oxford — rispose la cameriera.
— Non vi sono altre prigioni in Boston?
— Che ne so io?
— E la vostra padrona?
— Si trova presso il marchese.
— Non è ancora morto quel cane?
— Guarisce anzi rapidamente.
— Per il borgo di Batz! — urlò il bretone. — Tutto va a rotoli! Che cosa si dice nel castello a proposito del baronetto?
La cameriera divenne pallidissima, poi disse con un fil di voce:
— Si dice che sarà impiccato posdomani.
— Da chi? — urlò il bretone.
— Dal carnefice.
— Ve n'è uno dunque in Boston?
— Sì, marinaio.
— Uno solo?
— Uno solo.
— Dove abita, quell'uomo?
— Di fronte al castello, in una vecchia casa dipinta a grandi scacchi rossi, che potreste riconoscere facilmente, perché non se ne trova una seconda in Boston.
— Lo conoscete?
— L'ho veduto due o tre volte impiccare ribelli.
— Che uomo è?
— Un antico galeotto, graziato perché strangoli i condannati.
— Robusto?
— Quasi quanto voi.
— Va bene: avrà a che fare con me. Ora mia dolce Nelly, tornate subito al castello, e cercate in qualche modo di avvertire sir William che i suoi due marinai son sempre liberi e che pensano a salvarlo. Andate subito: i policemen potrebbero giungere da un momento all'altro, e non ho desiderio di farmi prendere.
Senza aspettare una parola dal suo merluzzo scavalcò il muricciuolo del pozzo e riguadagnò il suo rifugio.
Piccolo Flocco lo aspettava in preda ad una viva ansietà.
— Te lo avevo detto! — esclamò. — Bisogna fare sparire il carnefice.
— Sai almeno dove potremo trovarlo? — chiese il giovane gabbiere.
— So tutto, e basta. Accendi la pipa ed aspettiamo.
— Che cosa?
— Vorresti che andassi a pigliare per il collo un boia in pieno giorno? Il colpo lo faremo stasera. D'altronde, che cosa manca qui? Il tabacco non difetta, i salciciotti abbondano insieme col cacio canadese, e le bottiglie non si contano.
Testa di Pietra ruppe un altro pacco di Maryland e si mise a fumare.
Aveva ben altro per il capo, il brav'uomo! Era il comandante che lo preoccupava.
Le ore passavano, e mastro Taverna non si faceva più vivo. Cominciava ad annottare quando Testa di Pietra si decise a fare una salita.
— Vieni anche tu — disse a Piccolo Flocco. — Qualche cosa di grave dev'essere successo nella taverna. O ci prenderanno, o faremo una strage dei policemen. Odio quegli uomini!
S'aggrappò alla fune e salì lestamente fino alla bocca del pozzo.
Piccolo Flocco fu pronto a seguirlo.
— Per il borgo di Batz! — esclamò il mastro. — Non odo nessun rumore: che mastro Taverna sia stato ucciso o portato via?
— Mah! — rispose il giovane gabbiere. — Non sono affatto tranquillo.
— E nemmeno io.
— Tieni pronta la pistola e la sciabola d'abbordaggio.
— Al tuo comando farò fuoco, poi monterò all'abbordaggio.
Essendo aperta la finestra del magazzino, da veri marinai vi saltarono dentro, ma subito si fermarono.
Quattro guardie stavano in quel momento frugando i due letti, bestemmiando in pessimo inglese. Testa di Pietra fu lesto ad afferrare una pesante sedia.
— Che cosa fate qui? — domandò con voce tuonante. — Chi siete e che cosa desiderate nella mia casa?
I quattro agenti si guardarono l'un l'altro stupefatti, poi uno di loro rispose:
— Chi siete?
— Il padrone della Taverna — rispose audacemente il mastro.
— Voi?
— Io.
— Se l'abbiamo arrestato e già fucilato!
— Chi?
— Il taverniere.
— Perché?
— Era un traditore.
— Ah, canaglie! Sotto, Piccolo Flocco! Accoppiamoli.
Il giovane gabbiere si era pure armato d'una sedia assai pesante.
I due marinai in un baleno si scagliarono come due belve contro i quattro agenti. I colpi si succedevano ai colpi. Bastò un solo minuto perché i quattro disgraziati agenti giacessero a terra pesti dalle tremende seggiolate avute.
Fortunatamente l'Albergo delle trenta corna di bisonte si trovava in una viuzza poco frequentata e battuta, per la sua posizione, da bombe americane, sicché i due marinai poterono sbrigarsela coi quattro agenti senza che alcuno intervenisse.
— Gambe, ora! — disse Testa di Pietra, quando vide i quattro semisvenuti e nell'impossibilità di alzarsi. — Morte agli sbirri!
E scappò lesto come una saetta, seguito dal giovane gabbiere, il quale teneva ancora in mano un pezzo di sedia.
La notte era oscurissima, le vie deserte, le case ben chiuse; e solamente i proiettili americani si facevano sentire.
I due marinai, sempre correndo, giunsero sulla piazza del castello.
Lì presero respiro, e si guardarono l'un l'altro sorridendo.
— Ne abbiamo date, eh? — disse il mastro.
— L'abbiamo scampata bella! — aggiunse Piccolo Flocco. — Mi vedevo già preso, legato e impiccato.
— La vittoria deve sempre rimanere alla marina, diceva la buona anima di mio nonno, e sono fermamente convinto che avesse ragione su tutta la linea.
— L'avranno fucilato davvero, quel povero taverniere?
— Hai creduto, Piccolo Flocco, a quello che hanno detto gli agenti? Fucilare un miserabile taverniere! C'è da ridere. Un tale onore è riservato a pezzi grossi dell'esercito e della marina, che hanno tradito il paese.
— Allora lo avranno impiccato.
— Nemmeno — rispose il bretone. — Lo avranno arrestato, non ti dico di no, ma non s'impicca lì per lì un galantuomo, che non ha preso parte ad alcuna cospirazione.
— E noi, ora, che cosa facciamo?
— Le finestre del carnefice sono illuminate — rispose il bretone. Può dunque riceverci.
— E che cosa vorresti farne di lui, ora che non possiamo più ritornare alla taverna?
— Ti sei scordato della casamatta diroccata nella quale abbiamo cacciato quell'inglese?
— Vorresti portarlo là?
— Per ora sì.
— E con quale pretesto ti presenterai?
— Lascia fare a me — rispose il mastro — Quelli di Batz sono furbi.