I briganti del Riff/5. L'incendio

5. L'incendio

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5.

L'INCENDIO


Gli sciacalli e le jene intanto non avevano cessato un solo istante di urlare.

Quelle bestie, veramente più ripugnanti che pericolose, continuavano a galoppare sulla banchina, spingendosi talvolta fino alla nave naufragata. Forse avevano scorto qualche cadavere galleggiante ed erano furibonde perché tardava a giungere alla spiaggia.

I leoni, invece, si erano accontentati di dare qualche colpo di zampa contro le casse, senza però tentare un nuovo assalto.

La luce scompariva rapidamente, ed i due gitani non tornavano.

Una viva inquietudine cominciava ad impadronirsi dei due studenti, i quali privi del fanale, non potevano muoversi. E poi come lasciare la barricata senza difensori, mentre poteva venire rovesciata da qualche assalto disperato?

Un ultimo sprazzo di luce penetrò nella caverna, passando attraverso le botti che lasciavano un po' di spazio, poi l'oscurità piombò.

Il sole era tramontato, ma stava per sorgere la luna.

— Carminillo, — disse Pedro — che sia accaduta qualche disgrazia ai gitani? Dovrebbero essere già qui.

— Forse avranno trovato degli ostacoli — rispose lo studente ingegnere, il quale però tremava per Zamora.

— Quali? Non vi erano che delle alghe e dei torrenti nella seconda caverna.

— Noi non l'abbiamo esplorata tutta, Pedro... Ah! Carrai!... Odi?

Ruggiti spaventevoli, avevano coperto le urla degli sciacalli e delle jene.

Il leone e la leonessa, che vegliavano sempre, con ostinazione feroce, sulla barricata, udendo quei ruggiti avevano scatenati anche i loro possenti polmoni, sicché il baccano era diventato infernale.

— Carminillo!... Ci attaccano?

— Corpo d'un'orca sventrata!... Dalla montagna sono scesi altri leoni.

— Si vedono?

— Sì, si sono uniti agli sciacalli e scorrazzano la banchina.

— Quanti sono?

— Quattro e tutti maschi.

— Ed i due che ci assediano fanno sei. Potremo noi resistere ad un simile assalto?... Giungessero i gitani!... Sarebbero due buoni fucili.

— Non perdiamoci d'animo, Pedro, ed apriamo subito il fuoco, giacché la luna illumina la spiaggia.

— Allora apriamo delle feritoie.

— Non troppo larghe, Pedro. I leoni sarebbero capaci di forzarle, e se entrano qui, mio caro, possiamo considerarci come morti.

— Trovo che si stava meglio all'Università di Salamanca, fra le nostre miserie.

— Non dirai più così quando torneremo colle tasche piene di diamanti, di smeraldi, di turchesi — osservò Carminillo.

— Aspetta di trovarli prima quei gioielli — rispose Pedro. — Il Gurugù è ancora ben lontano.

— Hai finito, eterno brontolone? — disse Carminillo, il quale aveva spostate due casse, in modo da formare una feritoia. — Vuoi vederli? Guarda come saltano!...

Pedro si accostò alla barricata tenendo saldo in pugno il mauser, e non già la chitarra, e spinse lo sguardo sulla banchina.

Carminillo non l'aveva ingannato. Altri quattro leoni, tutti maschi, erano scesi dalla montagna, attirati forse dalle urla insistenti degli sciacalli.

La luna versava sul mare tranquillo ondate di luce azzurrina, d'una bellezza incomparabile.

Tutti gli animali, come presi da una vera frenesia, saltavano, ruggivano, ululavano, senza troppo allontanarsi dal margine della banchina. Aspettavano i cadaveri che il mare doveva, prima o poi, spingere verso la spiaggia.

C'erano cinque uomini a bordo della Kabilia, e tutti si erano annegati, una bella cena anche per le bestie feroci.

— Spariamo? — chiese Pedro.

— Giacché tutte quelle belve si presentano in piena luce, ed abbiamo cartucce da sprecare, diamoci dentro, amico — rispose Carminillo. — I gitani, udendo i nostri spari, comprenderanno che un grave pericolo ci minaccia e torneranno più presto se...

— Continua... se...

— Che cosa vuoi, Pedro, sono assai inquieto.

— Che abbiano trovato anche loro dei leoni o delle pantere?

— Chi potrebbe dirlo? Ho fatto male a non accompagnare Zamora.

— Fino a questo momento non hanno consumata una cartuccia, quindi si può sperare che nella seconda caverna non ci siano bestie in attesa della cena.

— Tira: sbarazziamo la banchina. Bada che i bossoli non cadano fra le alghe, perché potrebbero scatenare un incendio spaventevole.

— Fidati di me, Carminillo.

I due studenti si misero dietro a quella specie di feritoia, e puntarono i fucili, mirando con estrema attenzione.

I leoni, gli sciacalli e le jene, deluse nella loro aspettativa, correvano verso la caverna, per tentarne l'espugnazione.

— Guarda che splendido leone precede il gruppo degli affamati di carne umana — disse Pedro, mettendosi in posizione di sparare.

— Vuoi abbatterlo?

— Mi proverò, Carminillo.

Le belve feroci, dopo d'aver esplorato tutta la spiaggia, senza trovare le prede fiutate, s'avanzavano verso la caverna, ruggendo spaventosamente. Le precedeva un magnifico leone, grosso quasi come un piccolo toro, con una foltissima criniera. Ad ogni passo lanciava un ruggito assordante, come per dire, sono qui io, il re degli animali, lasciatemi libero il varco. La luna lo illuminava in pieno, allungando smisuratamente la sua ombra.

— Tira... — disse Carminillo. — Il leone si presenta magnificamente.

Pedro mirava sempre, fissando la gigantesca preda che si avanzava seguita da tutte le altre bestie.

Un lampo ruppe la semioscurità che regnava nella caverna, seguito da un colpo secco e da un ruggito spaventevole.

— Preso!... — gridò Pedro.

— Aspetta — disse Carminillo.

Il leone si era arrestato di colpo, tenendo la testa tesa verso la caverna. Il pelo del suo manto si arricciava, facendolo parere assai più grosso di quello che realmente fosse, poi lanciò un secondo ruggito, più assordante del primo, che echeggiò lungamente fra gli scogli che imprigionavano la Kabilia e l'alta spiaggia.

— Non si decide dunque a morire? — disse Pedro, preparandosi a sparare un altro colpo.

Il leone rimaneva sempre immobile, colla testa ben alta, e le zampe affondate nelle sabbie della banchina. Colla coda si sferzava violentemente i fianchi, segno di massima collera.

Gli altri leoni, gli sciacalli e le jene avevano formato un semicerchio dietro di lui, ma non osavano fare un passo innanzi.

Risuonò un altro sparo. Il re del deserto e della foresta spiccò un gran salto, poi si slanciò in direzione della caverna, come fosse risoluto a vendicarsi dell'uomo che l'aveva colpito; percorsi però cinquanta o sessanta passi, girò due o tre volte su se stesso, lanciò un ultimo ruggito, poi cadde allungandosi sulla sabbia.

— Che ne dici? — chiese Pedro.

— Due bei colpi, infatti — rispose Carminillo.

— Ah, bestia! — esclamò Pedro. — Ti volevo chiedere se avevi osservato la roccia che s'innalza presso l'uscita della caverna verso l'angolo destro.

— L'ho osservata — rispose Carminillo.

— Ti è parsa accessibile?

— Una scalata facilissima, anzi.

— Volevo dirti che se quelle maledette bestie giungessero ad abbattere la barricata, noi prenderemo posizione lassù.

— Quanto è alta?

— Sette od otto metri almeno.

— Allora siamo fuori di portata dagli slanci dei signori del deserto... Ma Zamora non torna!... Il cuore comincia a battermi forte.

— Quanto fuoco vi ha messo dentro quella giovane gitana — disse Pedro. — Io spero però che udendo gli spari ritornerà presto insieme a Janko. Che cosa fanno gli assedianti?

— Le jene e gli sciacalli hanno indietreggiato fino presso il rottame della Kabilia, mentre i leoni sono rimasti e pare che si preparino a prendere una vigorosa offensiva.

— Che riescano quelle bestie ad entrare qui? — domandò Pedro.

— La barricata non è troppo solida, — rispose Carminillo — tanto più che fra le casse vi sono le botti le quali potrebbero, sotto un urto poderoso, mettersi in corsa.

— Se ci rifugiassimo sulla roccia, finché abbiamo tempo? Fucileremo le belve appena si presenteranno.

— Stavo per proportelo, Pedro.

— Un ultimo sguardo, e poi cerchiamo di mettere in salvo le nostre polpe.

Si era accostato alla feritoia. I quattro leoni e la leonessa scorrazzavano sempre la banchina, seguiti dagli sciacalli e dalle jene, e tendevano ad avvicinarsi alla caverna.

Il baccano era diventato terrificante, poiché i ruggiti, e le urla si seguivano senza interruzione, aumentando sempre d'intensità.

— Un po' di fucilate, prima — disse Pedro. — Cerchiamo di trattenere gli assedianti finché saliremo la roccia.

— Sì: tira, tira!... — rispose Carminillo, esasperato più che spaventato.

I due studenti si inginocchiarono a tre passi l'uno dall'altro ed in breve coprirono la banchina di proiettili.

Le belve retrocedevano rapidamente; ma poi, spinte dalla fame e dal desiderio di vendicare i loro compagni, tornavano alla carica.

— Tira!... Tira!... — ripetè Carminillo.

— E tiriamo — rispose Pedro.

E gli spari si succedevano agli spari, quasi senza distacco, ed ora un leone fuggiva zoppicando, ora delle jene cadevano, e gli sciacalli, più numerosi, avevano la peggio di tutti, ed i loro cadaveri si contavano a mezze dozzine, sulla banchina.

Quel fuoco infernale durò una diecina di minuti, poi i due studenti, vedendo che le belve si erano decise ad indietreggiare nuovamente, si alzarono, raccogliendo innanzi tutto le chitarre.

— Sulla roccia — disse Carminillo. — Approfittiamo di questo momento di tregua.

— E poi che cosa succederà qui dentro? — chiese Pedro.

— Un massacro certamente. Hai munizioni?

— Avrò un centinaio e mezzo di cartucce.

— Ed io altrettante... Lesti, Pedro.

Seguirono la barricata e, raggiunsero un angolo formato dalla caverna. Non senza fatica scopersero la roccia che avevano osservata prima che il sole tramontasse e che ricordavano benissimo.

— Si può salire? — chiese Pedro a Carminillo.

— Più facilmente di quello che si crederebbe. Vi sono molte fessure per introdurvi i piedi, e perfino qualche gradino.

— All'assalto, allora!...

Ed i due studenti, mentre le belve non più trattenute dal fuoco, tornavano verso la caverna, diedero la scalata alla roccia, raggiungendo una piccola e comoda piattaforma.

Di lassù potevano continuare il fuoco anche se la barricata veniva sfondata, senza correre troppi pericoli, poiché si trovavano ad un'altezza d'una diecina di metri.

Pedro stava per ricaricare il mauser, quando un grido gli sfuggì: — Vi sono dei leoni anche qui? — chiese Carminillo, spaventato.

— Vi è un'apertura dietro di noi.

— Come lo sai?

— Dall'aria che scende e che è aria marina.

— Finché veglio vuoi esplorare questo nuovo passaggio?

— Sì, Carminillo.

— Fa' presto: la barricata non tarderà a cedere.

Lo studente si sbarazzò della chitarra e del fucile e si spinse innanzi con precauzione, attraversando la piccola piattaforma.

Carminillo intanto avea scelto il suo posto per fulminare gli assedianti, nel caso che la barricata avesse finito per cedere.

I leoni ruggivano sempre al di fuori, e tutti gli altri animali vi facevano eco. Il baccano in certi momenti era così intenso da parere che la caverna intera dovesse crollare.

— Bella nottata!... — esclamò Carminillo con un sospiro. — Ed i gitani dove saranno? Potremo noi arrestare tutte quelle bestie? Se entrano si getteranno dentro la seconda caverna, ed allora Janko e Zamora non potranno sfuggire al terribile assalto... Pedro!...

Una voce soffocata, che veniva dall'alto, rispose: — Sono a buon porto.

— Un passaggio?

— Una specie di canna di camino — disse Pedro. — Lasciami esplorare giacché vedo che la luna comincia ad illuminarmi.

— Ma dove sei?

— Mi sarebbe impossibile dirtelo in questo momento, poiché l'esplorazione non è finita... Devo scendere?

— Pel momento non c'è bisogno di te.

— Ed allora vado innanzi.

La sua voce si spense bruscamente, mentre invece un formidabile urto dato alla barricata dalle belve, faceva capitombolare le casse e le botti, le une sulle altre.

Un leone si era subito presentato, tentando di farsi largo, ed annunziandosi con poderosi ruggiti.

Carminillo fu pronto a puntare il fucile, ma subito lo rialzò.

— Se sparo dentro una cassa di munizioni, salteremo tutti — disse. — Bisogna fucilare quegli affamati qui dentro.

Il leone aveva introdotta la testa attraverso lo squarcio e puntava fortemente per aprirsi il passo.

Carminillo attese che fosse entrato, poi sparò, quasi senza mirare, essendo la distanza minima. Il bestione retrocesse rapidamente, rovesciando tutte le altre casse, ed allargando maggiormente l'apertura, e fuggì verso la banchina. Vi erano però gli altri che avanzavano, accompagnati dagli sciacalli e dalle jene.

Quell'orda affamata, trovato il passaggio, si precipitò dentro la caverna raddoppiando il baccano.

— Pedro!... Pedro!... — gridò Carminillo, il quale si vedeva nell'impossibilità di arrestare quella spaventosa invasione.

— Vengo!... — urlò il fedele amico, che, impressionato da quello sparo, si affrettava a ridiscendere, onde prendere posizione sulla piattaforma.

Un momento dopo si trovava a fianco di Carminillo.

Le belve spingevano le casse e le botti, risolute ad espugnare la caverna. Erano tutte mescolate: perfino i grossi leoni si trovavano in mezzo alle piccole jene.

— Santa Maria del Pilar, proteggete i due poveri studenti di Salamanca! — esclamò Pedro.

— Spara!... Bada alle cartucce!...

Un altro leone si era slanciato dentro la caverna, rovesciando le ultime casse.

Due spari rimbombarono ed il terribile animale cadde fulminato, allungandosi in mezzo alle alghe.

Poi alcune jene si avanzarono urlando atrocemente, come se già pregustassero la carne umana, ma un fuoco terribile le mise in rotta.

I due studenti, seduti sull'orlo della piattaforma, sparavano rabbiosamente, ed essendo tiratori scelti, colpivano quasi sempre il bersaglio.

Anche gli sciacalli, incoraggiati dalla presenza dei leoni, vollero tentare l'invasione della caverna, ed in pochi istanti quindici o venti giacevano in terra senza vita.

— Canaglie!... — gridò Pedro, ricaricando precipitosamente il mauser. — Vogliono farsi distruggere, dunque?

— Vogliono la loro cena — rispose Carminillo.

— Sarà dura da conquistare.

— Ed io penso sempre a Zamora ed a Janko. Perché non tornano!

— In questo momento è meglio che stiano lontani i tuoi gitani. S'incontrerebbero colle belve quasi senza difesa e cadrebbero subito. Giù, spara!...

Ed i due studenti, furibondi, ripresero il fuoco uccidendo o ferendo leoni, jene, sciacalli, pur tuttavia l'assalto non rallentava.

Tutte quelle bestie si scagliavano all'impazzata dentro la caverna, empiendola di mille fragori, e non si ritiravano se non quando avevano subito delle gravissime perdite.

Già era il terzo assalto che i due studenti respingevano col valore, col coraggio e col sangue freddo di vecchi cacciatori, quando udirono verso l'estremità della caverna, due spari.

— Hai udito, Pedro? — gridò Carminillo, stringendogli fortemente un braccio.

— Sì, i gitani hanno fatto fuoco.

— Che qualche grave pericolo li minacci?

— Come posso saperlo?

— Se cercassimo di guadagnare la seconda caverna, poiché devono trovarsi ancora là dentro.

— Sei pazzo, Carminillo!... Credi di aver distrutte tutte le belve? Oh, ve ne sono ancora!

— Che cosa dobbiamo fare?

— Rimanere quassù e continuare il nostro fuoco — rispose Pedro. — Salveremo noi ed i gitani.

— Ma perché hanno sparato?

— Forse per annunciare che sono ancora vivi. In quella caverna, quasi tutta piena d'acqua e di alghe, non ci devono essere animali pericolosi.

— Ah!... Carrai!...

— Che cos'hai, Carminillo? Perdi la testa proprio in questo momento?

— Fiuta bene l'aria, Pedro.

Lo studente aspirò a più riprese l'aria e non potè trattenere un gesto di terrore.

— Qualche cosa brucia dentro la caverna — disse. — Guarda: ci passano delle linee di fumo dinanzi agli occhi.

— Allora Zamora e Janko hanno dato fuoco alle alghe?

— Per cucinare vivi noi?

— O per cercare di arrestare l'invasione delle belve?

Pedro si fece oscuro in viso.

— Se l'incendio si propaga e giunge fino qui, il pericolo è grave. Che sia un brutto tiro di Janko?

Carminillo non rispose. Si era alzato, approfittando d'una breve sosta accordata dalle belve, e guardava intensamente verso l'estremità della grande caverna.

— Il fuoco!... — esclamò ad un tratto.

Pedro, dopo d'aver sparato un altro colpo di fucile contro una lurida jena, che cercava di entrare di soppiatto, strisciando fra le casse e le botti, si era pure alzato, in preda ad una vivissima inquietudine.

— Bruciano le alghe? — chiese.

— Sì, — rispose Carminillo — e fra le due caverne.

Una luce rossastra cominciava a diffondersi, e nubi di fumo, che di momento in momento, diventavano più gigantesche, spinte da qualche misteriosa corrente d'aria, s'avanzavano fluttuando, contorcendosi e ripiegandosi.

— Siamo perduti — disse Pedro.

— Non vi è il passaggio che hai scoperto poco fa?

— Sì, ma non so se potremo uscire.

— Vi sono degli ostacoli?

— È verso lo sbocco che non ho potuto trovare uno spazio sufficiente per lasciar passare un corpo umano. Eppure non siamo grassi.

— Qui non potremo rimanere a lungo. Il fumo ci soffocherà e poi le fiamme ci cremeranno.

Le belve intanto, fiutando l'incendio, non avevano più cercato d'invadere la caverna. Si sa che tutti gli animali feroci hanno una grande paura del fuoco, quindi esitavano a continuare l'assalto.

— Battiamo in ritirata — disse Carminillo, sparando su una leonessa che aveva osato introdurre la testa.

— Verso la seconda caverna? — chiese Pedro, facendo una smorfia.

— Quella è piena d'acqua e non ci arrostiremo.

— Come arrivarci coi leoni che ronzano dinanzi alla barricata? Ci piomberanno subito addosso, e le nostre ossa se ne andranno in frantumi.

— Inferno dannato!... — esclamò Carminillo. — Che siamo destinati morire tutti questa notte?

— Io spero di no — rispose Pedro. — Vi è sempre quella specie di canna di camino, che ci darà aria finché vorremo. Forse potremo passare anche.

— Odi? Altri spari!...

— Nella nuova caverna si combatte, a quanto sembra, ma contro chi, se nessuna belva è passata?

— Scendiamo?

— No, non voglio servire di cena ai leoni ed alle jene, e peggio ancora ai luridi sciacalli.

— Altri spari?...

— Contro chi?

Carminillo si era alzato come se si preparasse a lasciare quell'asilo, pel momento sicuro, per accorrere in aiuto dei gitani.

Pedro, che lo sorvegliava, lo afferrò attraverso il corpo, e scuotendolo brutalmente gli disse: — Non commettere pazzie, i gitani si difenderanno come ci siamo difesi noi. E poi hanno dato fuoco alle alghe, senza pensare che potevano arrostirci.

— Ed allora battiamo in ritirata prima che il fuoco si avanzi fino alla barricata e faccia saltare tutte le casse piene di munizioni — disse Carminillo.

— Il fuoco non giungerà qui prima di qualche ora — rispose Pedro.

— Guarda quanto fumo si avanza!... Morremo asfissiati.

— Ma se c'è il passaggio che io ho scoperto!

— Dobbiamo salire verso l'aria libera?

— Mi pare che sia ora — disse Pedro. — Che cosa aspetti? Comprendo, tu pensi a Zamora ed a quei colpi di fucile. Bah!... Avranno sparato per farci qualche segnale. Ecco l'incendio che si sviluppa!... Fra poco questa caverna diventerà un forno crematorio.

Gigantesche lingue di fuoco si alzavano verso l'estremità della caverna, proiettando una luce sinistra contro le pareti. Le alghe si contorcevano crepitando, pel sale marino che le impregnava, poi saltavano in aria come bombe suscitando altri incendi.

— Fuggiamo! — esclamò Pedro. — Non possiamo più resistere.

Grosse nuvole di fumo continuavano ad avanzarsi, turbinando, o lasciando cadere dovunque nembi di scintille.

Un incendio terribile stava per scoppiare, incendio che nessun essere umano avrebbe potuto domare, poiché le alghe della prima caverna erano secche, e non già impregnate d'acqua, come quelle della seconda.

— Un ultimo colpo di fucile, — disse Pedro — poi fuggiamo.

Le belve ronzavano sempre dinanzi alla caverna, urlando spaventosamente.

Sentivano il fuoco che si avanzava, e forse anche lo vedevano di già, e perciò non osavano avanzare.

I due studenti non avevano che da scegliere, poiché ormai tutta la barricata era atterrata, e la luce lunare entrava liberamente illuminando gli assedianti.

Un altro leone, fulminato da Carminillo, cadde in mezzo alle casse, dibattendosi disperatamente e tentando di riguadagnare il largo. Pedro lo finì.

Tutte le altre belve già cominciavano a fuggire, poiché i primi turbini di fumo, gravidi di scintille, s'avanzavano verso l'entrata della caverna.

— Basta! — esclamò Pedro. — Ci proteggerà l'incendio se non ci cremerà.

— Lasciamo il posto? — chiese Carminillo, il quale guardava sempre verso l'estremità della grande caverna colla speranza di veder comparire Zamora.

— Le uova messe qui sarebbero già cotte — rispose Pedro. — L'aria viene meno: respiriamo fuoco. Fuggiamo, Carminillo.

L'incendio, in pochi istanti, aveva prese proporzioni gigantesche. Pareva che mille lingue di fuoco scorressero sotto le alghe per distruggerle più rapidamente.

— Via!... — gridò Pedro, mentre il primo nuvolone di fumo giungeva fino sulla piccola piattaforma, lasciando cadere nembi di cenere calda.

Carminillo si decise. Non voleva sacrificare l'amico che aveva condotto in Africa senza avergli prima spiegato lo scopo.

— Speriamo che Zamora non abbia lasciata la seconda caverna — disse.

— Si troverà meglio di noi — rispose Pedro. — Quelle alghe, impregnate d'acqua, non potranno accendersi.

— Seguimi — disse l'amico.

Presero le chitarre, poi i fucili, e dopo pochi passi giunsero dinanzi ad una spaccatura di forma quasi circolare, dalla quale scendevano fiotti d'aria fresca, vivificante, impregnati di sale marino.

— Non vi sono crepacci? — chiese Carminillo.

— Nessuno — rispose Pedro. — Non avremo che da salire come gli spazzacamini. Aggrappati al mio mantello poiché la luce qui manca, e voglio averti vicino.

— Che cosa temi?

— Che tu tenti una corsa attraverso alla caverna fiammeggiante per cercare la tua Zamora.

— No, vi ho rinunciato: sarebbe come incorrere incontro alla morte e senza poter salvare la fanciulla.

— Allora avanti e subito. Il fumo comincia a giungere fino qui... Ah!... Stupido!...

— Che cosa c'è ancora?

— C'è che mentre salivo mi sono trovato entro due canne da camino.

— Una per me ed una per te.

— Anche la seconda metterà all'aperto? Ecco ciò che mi preoccupa — disse Pedro.

— Vedremo — rispose Carminillo, il quale cominciava a tossire rumorosamente.

I due studenti, incalzati dal fumo che già cominciava a giungere, e dal grande calore che saliva, si spinsero precipitosamente innanzi, risoluti, giacché avevano salvate le loro polpe dai denti delle belve feroci, di sfuggire anche l'incendio.

Pedro aveva detto il vero. Quel passaggio sembrava una vera gola da camino, piuttosto ristretto ed ingombro, di tratto in tratto, di ostacoli che parevano di origine vulcanica, poiché erano dei veri groppi di lave antichissime, cristallizzate.

Spinti dal fumo e dal calore, i due giovani, dopo cinque minuti di salita, tutt'altro che facile, si trovarono dinanzi a due aperture.

— Tu, Carminillo, prendi quella di destra, mentre io terrò la sinistra — disse Pedro. — Speriamo che tutti e due possiamo respirare l'aria marina invece che del fumo... Sali, sali!... Senti come le belve urlano? È segno che l'incendio continua ad avanzarsi.

— Mi caccio nel mio budello, dunque?

— Ed io nel mio, Carminillo.

— Se non trovi sbocco ritorna — osservò Carminillo.

— Del mio sono sicuro — rispose Pedro. — Temo piuttosto del tuo, che non ho avuto il tempo di esplorare.

— Arrivederci lassù.

I due giovani, aiutandosi colle mani e coi piedi, presero ognuno la loro via, solamente preoccupati a non guastare le chitarre. Quella seconda salita durò cinque minuti, poi si udì Pedro urlare: — La luna!... La luna!... Respiro l'aria marina!...

A pochi passi da lui un'altra voce subito soggiunse: — Anch'io la vedo.

— Carminillo!...

— Ma non ho che la testa fuori — rispose lo studente. — Il passaggio è troppo stretto.

— Ed io sono nelle tue stesse condizioni — disse Pedro.

I due budelli, per uno strano capriccio delle lave, verso la cima quasi si toccavano, ma l'ultimo passaggio non era possibile ad un uomo anche magrissimo.

Gli studenti si erano così trovati a tre metri di distanza l'uno dall'altro, colla sola testa fuori.

— Siamo come impiccati — osservò Pedro. — I nostri corpi però impediranno al fumo di giungere fino a noi. Saranno le chitarre forse che soffriranno.

— E le nostre gambe?

— Non credo, Carminillo. Respira!... Respira!... Finché abbiamo l'aria non correremo alcun pericolo, anche perché dentro i due passaggi non vi è nulla da bruciare.

— E Zamora? — chiese Carminillo.

— Si troverà in migliori condizioni di noi, te lo assicuro — rispose Pedro. — I due gitani stanno prendendo di certo un bel bagno, mentre noi siamo qui, destinati ad affumicare come le aringhe.

Ad un tratto la viva luce di un lampo si proiettò fuori della caverna, poi seguirono scoppi assordanti. Il fuoco aveva raggiunte le casse delle munizioni e le cartucce esplodevano, massacrando le belve che non si erano ancora ritirate.

I due studenti provarono una forte scossa, dal basso in alto, ma quasi subito le detonazioni cessarono.

Come doveva trovarsi in quel momento la grande caverna, così piena di vecchie alghe marine?