I boccali di Montelupo/Lettera II

Lettera II

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Lettera I Lettera III

[p. 14 modifica]attinger notizie dei Boccali; ma siccome da questi ed altri brevi discorsi, che si tennero sopra cose indifferenti, ben rilevai in questo vecchio un uomo da bene, di spirito aggiustato, e di qualche educazione, ebbi curiosità d’intendere in qual modo si fosse egli ivi stabilito, così lontano dalla sua patria. - Ah troppo lungo, e per voi tedioso esclamò egli, gettando un sospiro - sarebbe il racconto delle mie sventure! ... - Io insistei con premora, ad ei soggiunse - Posso dire con tutta ragione certamente. Infandum regina jubas renovare dolorem: ma l’interesse che voi prendete per me, e le buone qualità che in voi ravviso, quali mi fanno nascere una simpatica affezione verso di voi, mi spingono a contentarvi, facendomi al tempo stesso gioire di aver fatto la vostra conoscenza... Non è però il tempo ora, nė il luogo questo a proposito... ecco il mezzogiorno; è l’ora della refezione; venite in mia Casa, che è qui vicina, ed ivi non sdegnando prender parte alla mia mensa frugale, potrete riposarvi più a lungo, ed [p. 15 modifica]ascoltare la ristretta narrativa, che bramate delle tanto disgraziata mia vita.- Io lo rincraziai, dicendogli che per me era tuttora assai presto per desinare, e, partendomi da esso, gli promessi andar piuttosto a rivederlo in sua casa in altro giorno, siccome non cessava invitarmi, additandomela dalla cima dello stradello ov’eramo, ed assicurandomi che lo avrei sempre ivi, o poco discosto ritrovato.

Mi nacque per verità il desiderio di aver resto la relazione delle vicende per le quali erasi quel buon vecchio colassù stabilito, per stogliermi anche dall’inquietezza, che tuttora avevo circa ai Boccali; onde mi determinai dopo pochi giorni di portarmi alla di lui casa per quell’oggetto; ma non potei che dopo qualche tempo far tal gita. Così avendo io dovuto per quel tempo intermedio frenare la mia curiosità, conviene che voi pure affreniate la vostra, fino che lo torni a scrivervi per appagarla, con parteciparvi l’istoria di Eusebio, non potendo io qui ora diffondermi d’avvantaggio. [p. 16 modifica]

Attendo frattanto buone nuove di voi, come di cuore le desidero, e mi confermo etc.

LETTERA II.

Montelupo 30 Settembre 1817.


Eccovi una parte dell’istoria di Eusebio più sollecitamente, che mi è stato possibile, per aderire alle vostre brame, giacchè, come ben dite, non posso punto contentarvi quanto ai Boccali.

Decorse più settimane dopo il giorno in cui feci la conoscenza di Eusebio, non volli più differire di andare a trovarlo per mantenergli la parola, e sentire altresì il racconto che avea promesso fermi delle sue disavventure; procurai pertanto combinare una giornata di pochi affari, e anticipato il mio desinare, mi posi in cammino verso il luogo della di lui abitazione. Giunto a poca distanza dalla di lui casa, lo trovai che venivami incontro, avendomi scorto come [p. 17 modifica]mi disse, da una finestra. Egli comincio subito a farmi delle gentili doglianze per non essere io prima andato da lui, ed in specie poi per essermi portato nel dopo pranzo. Io mi scusai nei modi soliti, e convenienti, usati pure alle volte fra voi, me, e fui intanto da esso introdotto in sua Casa.

Ivi egli mi obbligò prima di tutto a gustare alcuni vini prodotti nei suoi effetti, quali trovai pochissimo differenti dagli altri più squisiti, che ci donano i prediletti da Bacco ameni colli della Toscana. Poi mi fece vedere in gran parte la di lui casa, che sebbene non fosse situata molto favorevolmente, per essere alquanto fuori di strada, ed avere una vecchia casa rurale al fianco, porvemi nell’interno assai aggradevole, avendo le stanze piuttosto piccole, ma ben aciose, e scorgendosi in esse, e loro addobbi, non lusso, nè magnificenza, ma una proprietà, e una semplicità assai più preferibili, allorquando sonovi uniti, come ivi vedevanvisi, tutti i comodi i più importanti. [p. 18 modifica] -Vol- dicevami frattanto Eusebio, - osserverete esser questa una Casa povera, e ristretta, ma assicuratevi, che è tutto all’opposto il cuore degli abitanti di essa, poichè tutto quel poco, che contiene, è certamente a vostra disposizione. Quando voi siete qui non dovete che parlare in ciò che vi abbisogni, come se foste in casa vostra: tanto io, che la mia governante additandomi una vecchia pulita, e piuttosto galante, che ci precedeva - saremo sempre pronti al vostri cenni. Noi meniamo qui una vita quasi affatto pastorala, della quale però sono per questa parte contento, perchè avendo qualche poco conosciuta la filosofia, so bene che una vita così ritirata può avere la sue amarezze, ma saranno queste sempre più tenui, e rare, che vivendo nel gran mondo; e felicità - indicandomi la stessa donna - ne è pur contanta, perchè essendomi stata compagna pazientissima in una parte delle mie disavveuture, ha l’abitudine ormai di uniformarsi alla mia maniera di pensare, di praticare la stessa imperturbabilità nei sinistri eventi, u di adattarsi sempre alle circostanze. [p. 19 modifica]Essi mi fecero altresì ossevare da un terrazzo i loro Effetti, quasi tutti in vista, coltivati adunque con esattezza, ed un orto spazioso ben pomato presso la loro casa, quale, mi dissero, veniva lavorato dal giovine Andrea, che appunto ivi stava trafficando, ed il quale faceva anche il servizio di Casa.

- Ma è tempo ormai, - disse Eusebio, conducendomi in un suo piccolo gabinetto, che io soddisfaccia il vostro desiderio circa alle avversità, che ho sofferte, ed a cagione delle quali venni a stabilirmi in questo luogo di pace, ove sono in breve per finire i miei giorni. Siccome per altro questo racconto non potrei farvelo nel resto della giornata intieramente, per quanto potessi essere conciso, e voi mi dite non potermi contentare col pernottare qui da noi, così io vi darò intento un brano della mia istoria, che mi son rammentato di avere fra i miei figli, quale scrissi poco avanti che mi portassi in Toscana, allorchè eran tuttavia fresche le piaghe dai mio cuore, ma che non ho [p. 20 modifica]voluta poi più vedere, non che finire, per non riaprir tali piaghe alquanto cicatrizzate. Potrò bensì narrarvi il restante di essa subito che favorirete tornar da me, lusingandomi che l’interruzione mi gioverà adesso per procurarmi il piacere di presto rivedervi... Troverete questo scritto - soggianse nel codsegnarmelo - poco corretto, ed i fatti forse esposti troppo in ristretto, e poco dettagliati i penslari, poichè io amo esprimermi in poche parole, e senza abbellimenti, e credo possia omettere tutte quelle circostanze, ed espressioni, di santimenti, che posson de ognuno ragionevolmente supporsi. nei casi respettivi.

Presi quindi da esso congedo, portanda meco il dilui scritto, ma egli volle accompagnarmi per buon tratte di strada, e lasciandomi, mi pregà nuovamente andar da li di mattina, facendomi sperare di venire egli pure. qui da me in Montelupo.

Divertitevi. dunque anche voi frattante con questo brano d’Istoria, che vi mando del nostro Eusebio, quale io faci subito. [p. 21 modifica]trascrivere, ed ho ora fatto copiare per voi; o allorquando avrò in pronto la narrativa del restante di essa, che intesi in seguito da lui medesimo, non lascerò di trasmetterveJa. Addio.

PARTE PRIMA

DELL’ISTORIA DI EUSEBIO

SCRITTA DA LUI MIDESIMO.


Nacqui in Civitavecchia nell’anno 1734. da onesti, sebben non ricchi genitori. Mio padre Cristofano posemi, dell’età di anni. quattordici, nel Collegio Nazzareno di Roma, ove giunto in pochi anni al possesso pienamente della lingua Latina, ebbi luogo di avanzarmi alquanto nell’amena letteratura, avendo egli ideato di abilitarmi allo stato ecclesiastico, o per qualche onorifica professione. Ma non avendogli io mai portuto mostrare adesione per il primo [p. 22 modifica]stabilimento, ed essendo altresì variate le sue circostanze, formò sopra di me altro progetto, e mi richiamò in sua casa nell’età di anni venti, quando appunto cominciavo a inoltrarmi nello studio delle scienze più sublimi, per le quali avevo concepito genial trasporto.

Dette a ciò motivo la divisione che volle fare il mio zio Coriolano con mio padre, del patrimonio fino allora comune fra le due famiglie. Coriolano non aveva che un figlio, e mio padre tre, cioè Filippo mio fratello maggiore, Clotilde nostra sorella, e me. Questa disparità di famiglia, e la circostanza anche più aggravante di aver mio padre, per le disposizioni di un respattivo loro zio, morto di recente, una sola terza parte dal patrimonio, trassero Coriolano a quel passo assai per lui vantaggioso, e posero mio padre in stato di comodità men che mediocre.

Trovossi mio padre sconcertato poi d’avvantaggio par il matrimonio, che seguì poco dopo della Clotilde; e fu allora che risolvè porre in commercio tutto quel tenue [p. 23 modifica]patrimonio, che restavagli, onde tentar così di aumentarlo, anzichè andare insensibilmente a distruggerlo. Per questo mi fece egli tornar di collegio, e dopo alcuni mesi mi manifestò esser necessario che mi appigliassi al commercio, per secondare le sue nuove prudenziali disposizioni, giacchè Filippo mio fratello mostravasi un poco svagato, e di minor talento; e mi soggiunse che per mezzo di Monsignor Vicelegato Pontificio di Avignone, col quale aveva buona relazione, mi aveva già trovato un posto nella banca di un Negoziante cospicuo di Marsilia, all’oggetto che potessi io acquistare la necessaria abilità, e avvedutezza nella mercatura, e che bisognava che io pertissi presto per quel nuovo destino.

Aderij ben di genio, e com’era di dovere, alla volontà dell’amate mio genitore, ed egli fecemi fra non molto imbarcare per trasferirmi a Marsilia. Ivi giunto, mi portai dal Negoziante, cui ero diretto, che chiamavasi Ernesto Goulard, quale mi accolse con molta cordialità. Egli mi teneva, qual altre [p. 24 modifica]figlio in sua famiglia, e prese in breve tempo ad’amarmi in modo particolare, a cagione, come piacevagli dire, della dolcezza del mio naturale, e dell’esattezza, ed intelligenza, che mostravo nell’eseguire le mie incumbenze. E siccome riuscimmi più volte disimpegnarmi ottimamente, e con sommo dilui vantaggio in varj dilui malagevoli affari, io divenni fra pochi anni suo primo ministro, ed anche posso dire intimo confidente, ed amico, giacchè nulla più agiva senza di me, o senza il mio consiglio. Mio padre, cui eran noti questi miei successi, e che aveva già alquanto istruito Filippo nel commercio, non fece difficoltà che io continuassi a restar con Goulard, come questi richiedeva, vedendo che mi erano molto utili le condizioni, e che poteva Goulard per il suo ottimo cuore stabilirmi anche miglior fortuna in appresso, attesochè non aveva egli che un solo figlio quale era portato, soltanto a sollazzarsi, e di cui non poteva egli far conto veruno per trattare gli affari di commercio. [p. 25 modifica]Accadde qualche anno dopo tal’epoca il fallimento di un grosso Banchiere di Cadice, col quale noi avevamo dei considerevoli interessi. Questo fu come un colpo di fulmine per il caro mio principale, poichè temeva, che nonostante la moltiplicità dei suoi fondi, potesse la dilui onoratezza, o presto, o tardi soffrirne. Nell’agitazione in cui ogni di più lo vedevo, mentre procuravo di consolarlo, egli mi disse una sera, portatosi nel mio scrittoio, - In voi io ho sempre cofidato, ed in voi pure ripongo ora la mia speranza... Voi anderete dunque a Cadice, o farete in mia vece, e per me tuttociò che convengasi, e che troverete opportuno per diminuire al possibile il danno recatomi per questo imprevisto disastro. Ormai ho cosi risoluto: voi mi obbligberete maggiormente affrettando la vostra partenza.

Son pronto, io gli risposi, non dovete dubitarne, ai vostri cenni, quand’anche dovessi portarmi in regioni le più remote, ed affrontare i più gravi perigli. Date quindi [p. 26 modifica]le necessarie disposizioni, partij nel secondo giorno dopo per la Spagna in una Fregata, ov’erano varj altri passeggieri, che dirigevansi a Cartagena; ivi appena giunti con prospero vento, trovai fortunatamente altro vascello, che faceva appunto vela per Cadice: Non lasciai di profittarne, e dopo pochi giorni di felice navigazione posi finalmente piede a terra in questa ultima città, e mi portai alla casa della persona, cui avevami Goulard opportunamente diretto, e raccomandato, che era un illustre, ed onesto cittadino, chiamato Fernando Artigas, dal quale fui accolto con tutta urbanità, ed amorevolezza.

Non tardai punto a prender le necessarie cognizioni relative agl’interessi del mio principale, e ne intrapresi poi le tractative nei Tribunali, sostenendo con tutto l’impegno le ragioni, che a favor nostro vigevano. Io potei rintracciare dei vistosi capitali, che venivano al solito occulteti a danno dei creditori, e procurai resecare con stralci, e transazioni varie estranee [p. 27 modifica]questioni, che suscitavansi dai Curiali; ma molto a lungo fa protratta non ostante la procedura, per la troppa diligenza di questi nel fare atti in dettaglio, puramente a loro vantaggio, e per la deferenza dei Giudici verso di essi. Pure accelerate al possibile le discussioni, e dileguate le difficoltà di ogni specie, giunsi finalmente ad ottenere il completo assestamento degl’interessi di Goulard, vantaggiosamente in modo da superare ogni dilui aspettativa.

Ero in conseguenza per dispormi a partire per tornare a Marsilia, pienamenta contento del successo dalle mie operazioni, e solo sentivo nel mio cuore non so qual repugnanza alla partenza, che pareva mi facesse desiderare, che le mie commissioni non fossero anche finita di adempire. Mi avveddi facilmente, che ciò derivava dal dover perdere la presenza di Elvira, la nipote di Artigas, di cui il grazioso sembiante, e il carattere dolce, e modesto avevan già fatto nascer nel mio cuore un imperioso affetto verso di essa, che avevo prima di


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[p. 28 modifica]quel momento trascurato, credendolo derivante semplicemente da simpatica inclinazione, facile a superarsi.

Io volevo non ostante vincer me stesso, e forse mi sarebbe allora riuscito; ma che? una fiera malattia sopraggiuntami impedi la mia partenza, e allontano la probabilità della guarigione del mio spirito. Stetti fra pochi giorni in forse della mia vita, avendo degli umori maligni reso infetto tutto il mio sangue; e soppressi allora i sentimenti tutti terreni, mi ero alla meglio preparato al funesto passaggio fino che potei esser presente a me stesso. Cominciò in seguito fortunatemente il mio miglioramento, ed entrai dopo oltre un mese in convalescenza, che fu anche più lunga della malattia, per il massimo abbattimento sofferto delle mie forze

Questa convalescenza servi per altro a determinare in me un reale, positivo, e violento trasporto per Elvira; io non potevo più sperare di vincerlo, nè me ne curavo punto: egli era fondato sopra la [p. 29 modifica]stima, e la riconoscenza, poichè avevami prodigato Elvira tutte le cure, che la più tenera amicizia avesse potuto combinare con la debita modestia, e riservatezza; esse eran prodotte da un sentimento del cuore anche più attivo, e potente dell’amicizia; io mi rammentavo averle veduto gli occhi bagnati di lacrime in varj momenti in cui disperavasi di mia salute nei più fieri insulti del male. Altronde questa era la prima volta che io conoscevo l’amore all’età di anni trenta, mentre il desiderio di ristabilire il debole patrimonio della mia casa, rendevami del tutto consacrato agli affari. Questa tenera inclinazione del cuore, che forzavami ad amare Elvira, era pura, ed innocente, e tale sembravami sicuramente esser quella di Elvira nella bella età di anni diciotto; tanto più doveva dunque esser veemente il mio affetto, come possente in lei pure lo scorgevo, sebbene non me lo avesse mai precisamente svelato.

Venne accidentalmente un momento di libertà; se ne profittò ambedue per una [p. 30 modifica]reciproca dichiarazione di cui ambedue ci struggevamo, ed ambedue si dubitava dell’esito, Non posso spiegarvi il mio giubbilo quando fu dileguato il mio timore, e venni apertamente assicurato della più intensa corrispondenza; questo fu uno dei momenti più deliziosi della mia vita. Potemmo nel giorno dopo parlarci nuovamente a solo per alcuni islanti; questi non servirono che a farci in conclusione una reciproca promessa di unirci in matrimonio nei modi debiti, e convenienti, previo l’assenso della dilei madre, e del dilei Zio Fernando, del che invero non dubitavasi. Non persi tempo a trattarne a questi con coraggio, credendolo dispostissimo a contentarci, per la somma benevolenza in specie, che mi avea dimostrata in occasione della mia malattia; ma qual fu la mia sorpresa del sentirmi prevenire da scortese negativa, ed anche con risentimento, tacciandomi di seduttore, quasi che avessi io tradito l’ospitalità!

La dilui repugnauza in tal brusco modo espressa fu per il mio spirito un nuovo [p. 31 modifica]insulto di pena più fiero, e sensibile di quelli, che avevo sofferti nel corpo. Presi a giustificarmi con la tranquillità dell’innocenza, sopra gli arbitrari addebiti; e siccome cominciavo a persuaderlo, il che mi era facile, egli prese il partito di ritirarsi senza replicarmi. Elvira aspramente rimproverata da me medesimo sopra il dilei imprudente amore si dette quasi alla disperazione; veniva pure offesa con ingiusti sospetti la di lei virtù, mentre il dilei cuore era senza macchia, puro come quello di tenera colomba; essa appena gustava il cibo, ẹ lasciava di tratto in tratto apparire sopra la rosea guancia qualche goccia di pianto, che cercava con premura di occultare, ma non sempre riuscivale.

Intanto io niennte presago dall’infelice successo del mio affetto, nel quale fino ad allora ulla avevo trovato d’indoveroso, nè inconveniente, avevo scritto a mio padre, ed a Goulard, notificando loro il mio ristabilimento in saluto prossimo ad ultimarsi, e chiedendo ad ambedue il loro assenso per il


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[p. 32 modifica]matrimonio, che avessi potuto concludere con Elvira, additandogliene tutte le circostanze, che mi avevano a ciò determinato. Essi non tardarono a trasmettermi il loro pieno, e libero consenso, partecipandomi in tal’occasione mio padre la morte di suo fratello, e mio Zio, e soggiungendomi Goulard che io penssassi prima di tutto ad assicurare il mio perfetto ristabilimento, e per riguardo ad esso non affrettassi il mio ritorno in pregiudizio di mia salute.

Questo amichevol consiglio mi fu molto grato, perchè quantunque mi avesse Fernaudo fatto perdere ogni speranza di conseguire Elvira, pure non potevo quasi pensare al momento terribile del mio allontanamento par sempre da essa, e fino rincrescevami di troppo celeramente riprendere le mie forze. Elvira per la sua parte pareva che sapesse meno nascondere il suo rammarico, e sebbene la dilei madre non fosse tanto lontana dal renderla contenta, essa rispettava troppo il di lei Zio per ammettere il minimo pensiero di disgustarlo; per [p. 33 modifica]per questo evitava talvolta di trattenersi ove io ero, e fino d’incontrare i miei sguardi; ma troppo ben conoscevo, che sfogavansi spesso in vano pianto.

Tanta virtù sembrava meritevole di premio; pure non ci era dato sperarlo. L’opposizione di Fernando, secondo me, che conoscevo il carattere ambizioso di questo Spagnolo, era insormontabile. Egli faceva gran conto della sua nobiltà, sebbene non potesse punto farla risplendere, per la tenuità dei suoi assegnamenti. Egli voleva maritare sua nipote a persona di alto rango, ancorché non molto facoltosa, ed aveva perciò rigettate delle vantaggiose occasioni, per scarsità di nobiltà nei ricorrenti, siccome molta, e di antichissima data ne vantava nella dilei famiglia. Ma la nobiltà convenzionale dell’uomo, non illustrata dall’oro, è come una cornice di legno tarlato mancante di doratura, mentre che se è ben ricoperta dall'oro, occulta l’interna debolezza, e da certamente gran risalto al guardo, cui pongasi per ornamento, e fa che dal volgo sia [p. 34 modifica]questo apprezzato, anche a non esser di buona mano.

Fernando per altro possedeva un cuore buono, generoso, ed affettuoso in modo, che la sua vanità ne restava comunemente eclissata, e faceva che la mancanza di corrispondente ricchezza lo rendeva caro, e rispettabile a tutti. Egli dopo il riscaldamento, che avea causato alla sua ambizione il progetto d’imparentarsi, poco stette meco in aria di risentimento, presto riassunse l’amorevol contegno, con cui trattavami anteriormente, avendomi però proibito di più parlargli di Elvira.

Un giorno egli invitommi circa al tramontar del sole ad andar seco per mare. Ora che è assicurato- mi disse il vostro ristabilimento, una breve gita nel porto non vi fare che bene. Noi anderemo ad incontrare mio fratello, il Padre Giacomo dell’Ordin dei Religiosi della Riforma di S. Pietro di Alcantara, che ho avuto sicura notizia esser poco distanta dalla nostra rada, e che entretà in porto verso sera: Egli ritorna [p. 35 modifica]dallEgitto, e dopo sette anni che non l’ho riveduto, anelo il momento di abbracciarlo; andiamo, andiamo.

Seguij Fernando con piacere, ed entrati in una lancia, ci eramo inoltrati nel porto appena un miglio, che ci viddemo presso una Fregata, che ci si avvicinava a piene vele. Ah non sarà qui mio fratello;-disse Fernando, -il dilui arrivo dovrebbe esser più tardi, ed in altro vascello, per quanto ho inteso. ma che! nell’istante viddesi un Religioso sulla prua, che pareva stendesse le baccia verso di noi. Egli è desso, egli è desso! esclamo Fernando, ed in pochi istanti ci troviamo di faccia alla fregata. 11 Padre Giacomo postosi al bordo laterale ascende ia sceletta in un baleno, prima che sia bene appressata la lancia, e nell’atto di metter piede in essa, cade sconciamente nell’acqua, passa sotto la fregata, e più non si vede. Fernando stordisce con gl’urli, i marlaari nostri, e della fregata, occupali per la marea, ché agitava i legni con molta veemenza, e non avendo veduto il punto della [p. 36 modifica]caduta, non risolvono a rintracciarlo; onde io in tale angustia non so esitare; mi getto verso punto ov’egli era sparito, lo afferro fortunatamente per un lembo della lanosa veste dietro la poppa del vascello, e traendolo meco lo conduco verso la lancia, entro la quale siamo tratti ambedue semivivi.

Intanto un Chirurgo della fregata, e due altre degne persone di quella, scese nella loro fancia, vengono in nostro soccorso, per quanto ci fu narrato in appresso; ci si apprestano tutti gli ajuti, e rimedi possibili nel momento per farci rendere l’acqua salsa copiosamente bevuta, e ci si assicura l’esistenza, se non si può subito restituirci nel primiero stato. Ripresa terra, si fu trasportati alla casa, ed ivi raddoppiata le diligenze, somministratici i ristorativi opportuni, riacquistò nel giorno appresso il nostro spirito le sua calma, ed il corpo sufficiente vigore, sebbene quanto al Padre Giacomo un poco più lentamente.

Nella mattina susseguente egli volle [p. 37 modifica]ma di tutto visitare la sua, come diceva, cara Elvira, che aveva ricercata fino dalla sera avanti, ma non aveva potuto vedere, perchè non lasciava ella anche la camera, avendo avuto alcune febbri. La trovò alzata, ma gli fece somma, e dispiacente sorpresa il dilei volto estenuato, e il vederla non più giojale, e briosa come nella più tenere età, ma di un umore cupo, e melanconico, che non pareva in lei naturale. Egli dubitò di qualche sconvolgimento nel dilei spirito: ne interpellò la cognata; essa gli svelò tutto, ed egli dopo quel lungo abboccamento parti, dicendo alla nipote - Orsù cara Elvira, stai di buon animo, io ti voglio render sana perfettamente, e contenta. - Essa, che aveva inteso qualche parola del discorso fatto da sua madre, sorrise un momento, e cominciò alquanto a rasserenarsi, come mi fu narrato in seguito.

Or per dir tutto in poche parole, il Padre Giacomo corre a trovare il fratello, e gli parla dello stato di Elvira con rammarico; gli dimostra la vanità del dilui [p. 38 modifica]troppo attacco alla nobiltà convenzionale, a scapito di quella vera, e pregiabile dello spirito, di cui era pure in parte fornito, ed il concorso in me delle buone qualità personali, come ad esso piacque per effetto di cordialità esprimere, egualmente che la condizioni adequate di mia famiglia, di cui sentiva aver essi avuto sicura contezza accidentalmente poco dopo il mio arrivo; e gli fece in ultimo riflettere, essermi egli stesso debitore della vita, per averlo io tratto poco fa dalle fauci di morte, per il chè in specie non mi si doveva negare cosa alcuna.

Fernando ascoltava con attenzione, e prevedendo lo scopo di tal discorso, ne prevenne la conclusione, e dichiarò al fratello, che non potendo a vicenda opporsi a simile mediatore, nè disapprovare le addottegli ragioni, acconsentiva pienamente al mio matrimonio con Elvira. Volò il Padre Giacomo allora dar si lieta nuova ad Elvira, e indi venne in traccia di me, ed incontratomi, mi abbracciò con trasporto di gioja, salutandomi per nipote. Ciascuno puo ideare [p. 39 modifica]come fu inondato di gioja il cuore di Elvira, ed il mio a tale annunzio. Si accelerarono li sponsali, poichè di troppo avevo io già ritardato il mio viaggio retrogrado, e giunse ben presto il giorno il più sereno, che io abbia avuto in mia vita; giorno di gaudio inesprimibile per tutta la famiglia. Dopo di esso pertanto dovè subito pensarsi alla partenza mia con Elvira, pensiero, che a dire il vero recavami gran pena per il distacco che dovevamo fare da quei ben amati, virtuosi parenti.

Potei fra non molto fissare il noleggio in un Brigantino, che salpava per Genova. Salimmo a bordo di buon mattino Elvira ed io fra i pianti, ed i singulti reciproci che possono immagianarsi, per l’amara separazione: il Padre Giacomo volle accompaguarci per buon tratto di mare, e finalmente retrocedè, assicurandoci, che sarebbe venuto a rivederci a Marsilia nell’anno susseguente.

Noi giunsemo di sera nel porto di Marsilia, dopo una celere, felice naviga[p. 40 modifica]mzione, senza che Goulard fosse prevenuto della nostra partenza. Grande pertanto, e piacevole per esso fu la sorpresa nel vederci comparire all’improvviso, molto più che credeva più prolungato il mio soggiorno in Cadice a motivo del mio matrimonio. Egli mi fece le sue congratulazioni circa di esso, e la mia guarigione, mi reiterò in voce i suoi ringraziamenti per aver io con tanto dilui vantaggio ultimati i suoi interessi colà, ricolmò Elvira di attenzioni, e di doni, e volle con sontuoso convito che si solennizzassero nuovamente i nostri sponsali in sua casa, ove ampliò il mio solito appartamento.

Con un uomo di tanto cuore noi passavamo per tanto dei dì, si puo dir felici; ma ohime! quanto è breve la durata della prosperità, e quanti disastri eran pronti a contristare aspramente la mia esistenza, e per alcuni pochi giorni di dolcezza rendermi amaro, ed inconsolabile tutto il restante della mia vite! Io ebbi da mio fratello Filippo il tristo annunzio della morte di [p. 41 modifica]nostro padre, che mi fu grandemente sensibile, e per i moti del sangue, e per gli affetti dell’animo, siccome molto lo amavo, e ne ero amato con predilezione, per il che mi ero già proposto andar presto a rivederlo, fargli conoscere l’amabile Elvira Essa, che avanzavasi felicemente nella sua gravidanza, pianse meco una tal perdite.

Filippo avevami dato la nuova dalla morte di nostro padre con molto laconismo, affettando smarrimento, e solo accennandomi che aveva lasciato il nostro piccolo patrimonio in grande sconcerto; ma io seppi poi dalle lettere del mio fido amico Cesarini, che la malattia di mio padre era state piuttosto lunga che aveva egli notabilmente accresciuto i suoi fondi; che godeva nella piazza di Civitavecchia, come altrove, di tutto il credito; e che Filippo aveva sempre per costume, non si sapeva perchè, di lagnarsi, e decantar miserie.

Ben conoscevasi da tutto questo, che era necessario che io mi portassi alla patria, per non trascurare affatto i miei propri [p. 42 modifica]ressi; ma avvicinandosi l'epoca del parto di Elvira, io non potevo meco condurla, dovei sospender tal gita.

Attendevasi pertanto di giorno in giorno lo sgravio di Elvira, di cui, per il dilei buono, e vigoroso stato di salute, speravasi prospero l'esito, allorchè sorpresa essa da acerbi dolori, tanto fu il parto ritardato, che si dove temere della di lei vita. Convenne alfine ricorrere ai soccorsi dell'Ostetricia: fu estratto il feto vivente ... ma.. Elvira... Elvira, oh Dio! dovè poco dopo soccombere, e spirò nelle mie braccia, senza però che io vedessi pur chiudere quei languidi occhi velati a me rivolti, perchè in quei tenebrosi momenti credei di esser morto prima di lei, e solo mi avveddi avere il disgusto di vivere tuttora quando mi trovai in altre stanza fra le braccia di Goulard, che non mi lasciò un momento.

Stetti non poco tempo come stordito, e fuori di me, e solo mostravo uscire da quella specia di assopimento, con qualche lacrima di tenerezza, quando venivami recata dalla [p. 43 modifica]nutrice, e stringevo al mio seno la pargoletta Amalia, che tal’era il nome della bambina sopravvissuta ad Elvica, della quale allo sguardo innocente, alla giocondità del volto sembrava un piccol ritratto.

Non lasciai di partecipare la trista nuova ai parenti di Cadice, scrivendo al Padre Giacomo, e pregandolo ad affrettare la sua venuta da me, poichè i dilui lumi di religione, e la dilui amorevolezza, dicevagli, mi avrebbero forse potuto giovare per mitigare le mie angoscie; ma mentre io ripromettevami una tal consolazione, ne ebbi in risposta, che doveva egli partire a momenti per l’America, per ultimare l’istruzione, come Lettore di filosofia, di vari alunni colà, e non sapeva quando fosse potuto tornare in Europa. Egli mi ragguaglio altresì, che indicibile era il cordoglio, che aveva la morta di Elvira recato ad esso, ed ai dilei genitori.

Intanto Goulard, che era a portata di tutti i miei interessi, vedendomi dopo il lasso di molti mesi alcun poco sollevato dall’


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[p. 44 modifica]abbattimento in cui ero, mi sollecitò a recarmi alla patria. - Filippo, - dicevami non cerca punto di voi Egli conosce troppo bene quanto voi siete indulgente, ed irresoluto, pur non si cura che rivediate neppur per momenti la casa; io non vorrei formare un cattivo augurio, ma temo che questo vostro fratello voglia farvi sospirare. Andate ad osservare la dilui amministrazione; prendete con coraggio quei prudenziali, ed utili provvedimenti che potete, per assicurare il vostro interesse, e non tornate da me fino che non avete ciò ottenuto con stabilità, onde viver qui con pace, scevro da simili pensieri.

Non ostaute però queste affettuose premure, mostravami talvolta Goulard uno straordinario rincrescimento quando parlavasi del mio nuovo viaggio; e quando fu il momento, che io doveva imbarcarmi, dopo ricolma di baci la tenera Amalia, e bagnatogli il volto con qualche lacrima, egli volle venir meco fino alla darsena, e pareva non sapesse distaccarsi da me. lo [p. 45 modifica]saliì io un Brigantiao raguseo direttto per Napoli; ma ìa vista del mare tenendomi sempre presente allo spirilo l’imbarco, e il viaggio che feei da Cadice con Elvira, e come riaperta perciò la piaga causatami la perdita di essa, De segui che restai per tutto il viaggio, per quanto sollecito, e propizio, dì un umore tetro, e malinconico all’estremo.

Scesi a terra a Civitavecchia, ed entrato in mia casa, ricevei da Filippo un accoglienza, che sebbene volesse egli far apparire affettuosa, ben rilevavasì essere nel suo interno freddissima; così i suoi due figli, affatto imperiti nel’arte maligna della simulazione, mi colmavano d’innocenti carezze, ma facevanmii alle volte comprendere con una specie di cirospezìone, che il loro padre non era verso di me del loro istesso umore, e che non aveva molto gradito la mia venuta.

Cominciai a trattar blandamente con mio fratello degli affari di casa, e nel tempo stesso attingevo altrove le possibili nozie correlative, coll’ajuto dell’amico -Cesarini. [p. 46 modifica]sistema cui fui astretto appigliarmi, per l’escitanza di esso mio fratello; poichè con varie scuse, e vaghi pretesti evitava egli, sempre che poteva, dar discarico alle mie ricerche, o davamelo in guisa da renderne più difficile la soluzione, o le aludeva talvolta con digressioni, e deviazioni dallo scopo loro. Scorsero così non pochi mesi senza che io potessi ottenere da mio fratello la certa, e completa dimostrazione dello stato attivo, e passivo di nostra casa; e mentre a più riscontri rilevavo esser molto aumentato il comune patrimonio, egli ripetava sempre esservi molto passivo, e ridursi a piccola cosa il fondo libero.

Questo procedimento di mio fratello rendevami assai inquieto, poichè vedevami costretto a pormi nelle mani dei Curiali contro mia voglia; ed a tale inquietezza univasi la mancanza da oltre un mese delle lettere di Goulard, e delle nuove per conseguenza anche della mia Amalia. Un così insolito ritardo incominciava a mettermi in straordinaria apprensione, allorchè ricevei una [p. 47 modifica]lettera di Gilberto figlio di Goulard, quale ragguagliavami, che il dilui padre aveva avuto un insulto apoplettico quindici giorni addietro, che gli aveva impedito. l’uso delle gambe; che dopo un leggiero miglioramento era deteriorato in modo, che i Medici disperavano ora assolutamente della dilui guarigione, atteso la dilui grave età; e come egli pensava ritirarsi dal commercio, con assestare, e stralciar prima convenientemente tutti i negozj pendenti; onde mi faceva nota per tempo questa sua determinazione, acciò io mi portassi al più presto ad assisterlo nelle surriferite operazioni, e pensassi intanto all’occorrente per prendere quell’indirizzo in seguito, che più mi fosse piaciuto, dovendo cessare in questo rapporto ogni mia relazione con la dilui casa.

Questa partecipazione mi fu di non tenue sorpresa, e rincrescimento; non vi era par me tempo da perdere, bisognava tentare di rivedere Goulard, sopra la di cui liberalità, e henevolenza potevo contare. Cercei subito di un imbarco; e siccome io avevo [p. 48 modifica]pregato i Cesarini a trovarmi una vedova onesta, ed assennata, che potesse servire per governante della mia bambina, ed egli aveva già col mio assenso fissato couvebiente trattato con la Felicita Neretti vedova Romei, io pensai condur questa meco, e partii con essa nella sera dopo per Livorno, giacchè non vi era altro più sollecito imbarco. Arrivati nella notte susseguente a Livorno, potei profittare nel giorno dopo di un Brigantino, che andava direttamente a Marsilia.

Anche questo viaggio fa per me del tutto malinconico, poiche oltre alla rimembranza di Elvira, che fissa stavami avanti gli occhi alla vista del mare, vi era di piú l'inquietezza, che causavami la malattia di Goulard, e il dubbio iuclusive di trovarlo in vita. In fatti corsi al dilui letto, appena posto piede a terra in Marsilia, e lo trovai vivo quanto alla parte superiore del corpo, ma quasi morto poteva dirsi quanto allo spirito, mentre un nuovo insulto apoplettica avuto poco avanti, lo aveva totalmente [p. 49 modifica]impedito di favellare. Egli teneva gli occhi fissi, ed immobili sopra di me, mi stringeva la mano, e pareva con qualche moto, e con la forza degli occhi stessi, che mi spiegasse gratitudine, ed affetto.

L’amor paterno però mi strappò quasi subito da una scena così commovente, e il desiderio di riveder la mia Amalia mi face lasciare por un istante Goulard, onde stringer quella al mio seno colmarla di baci, e mitigar così la pena che recavami il dilui stato. I vezzi infantili di Amalia avevan qualche cosa di singolare: ella faceva già travedere uno spirito vivace, A penetrante, ed insieme un indole dolce, di subordinazione; Felicita, che ben conosceva l’importanza di queste nascenti pregiabili qualità, non lasciò in seguito di sviluppargliele con destrezza, e rendergliene l’uso familiare: essa trattavala sempre con poca deferenza, e piuttosto con severità, ma ne era tanto piu amata, e temuta dalla bambina.

Io prestava frattanto a Goulard tutte le [p. 50 modifica]possibili attenzioni per la mia parte, a seconda del regolamento prescritto dai Medici, ed era egli tornato a proferire due tronche parole; ma; ohimè! tutto in un tratto sparì ogni debole speranza, e non potendo egli più prender cibo, nè bevanda, reso tarde, ed affannoso il dilui respiro, nel vigesimo giorno dopo il mio arrivo cessò di vivere quest’uomo probo, e veramente amico dell’uomo. Egli fu per questa bella prerogativa generalmente compianto dai suoi Concittadini, e principalmente dagl’indigenti, che in mille modi non cessava mai di soccorrere. Gilberto solo pareva sentir meno di ogni altro il dolore dalla morta dal padre, poichè venivali potentemente represso dal gaudio di vedersi libero, e pacifico possessore del dilui pingue patrimonio.

Avrei voluto partir nel momento da quel soggiorno, per rendermi meno pungente il cordoglio della perdita di qual degno uomo, Statomi tanto cordiale e benefico amico; ma il dovere di assister Gilberto fino che fosse stato di bisogno, e la premura di