Gl'innamorati/Lettera di dedica

Lettera di dedica

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Gl'innamorati L'autore a chi legge
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ALL'ILLUSTRISS. SIGNOR BARONE

ANTONIO ANCAJANI

NOBILE SPOLETINO.


M
I è sempre restata impressa nell’animo, Illustriss. Signor barone, la somma cortesia, con cui Ella voleami ospite in casa sua nel mio ritorno da Roma1, e avrei approfittato delle grazie sue, se il desiderio di riveder la Toscana non mi avesse preventivamente determinato a prendere il più disastroso cammino. Ho abbracciato con giubbilo gli amici miei di Firenze, ma mi è costato il discapito di non conoscere in Lei un Cavaliere degnissimo di essere conosciuto ed amato. Ho concepita assai più una tal perdita ora ch’Ella si è qui portata, perchè la gentilezza sua, e il tratto amabile, e il saggio suo ragionare mi fanno maggiormente pentire di non avere tre anni prima di sì gran bene partecipato. Vorrei risarcirmi, se io lo potessi, ma ella è qui per un affare piissimo che l’interessa, ed io sono malamente occupato, ma quasi continuamente occupato. So non per tanto, ch’Ella ne’ suoi respiri legge le opere mie volentieri, e va talvolta al Teatro a vederle rappresentare, e parla poi di esse e di me in una maniera che vale a colmarmi di onore e di consolazione. Avvi una spia onorata, che mi riporta i sentimenti di Lei cortesi ed umani. Questi è un amico ch’io stimo ed amo, e so essere da Lei amato e stimato; è questi il Signor Marco Milesi2, giovane di bel talento, di cuore aperto e d’illibato costume, ed è quegli appunto, che procurommi da lungi il di lei patrocinio, e cose di Lei m’ha detto capaci d’innamorare ogni uomo onesto e sincero. No, non [p. 12 modifica]tema, Illustrissimo Signor Barone, ch’io voglia ridirle in faccia tutto ciò che di Lei mi ha detto, e quanto io medesimo ho potuto poi rilevare. Non vorrei eccitare la di lei modestia a rimproverare l’amico, e meritarmi io il di Lei sdegno, in tempo che bramo sempre più assicurarmi del suo benignissimo affetto. Questo foglio le caderà sotto gli occhi, perch’io intendo di pubblicarlo nel secondo Volume della mia novella Edizione3, nel presentarle con esso una mia Commedia, raccomandata al nome suo venerabile, per una testimonianza del mio rispetto, e del mio umilissimo aggradimento. Egli è certo, ch’io desidero di piacerle, e che cercherò di evitare tutto ciò che le potesse esser discaro, e principalmente le lodi, di cui so Ella essere saggiamente nemico. Ma Ella da troppa gente avrebbe a guardarsi, se tutti coloro temer volesse che la conoscono ed anelano a pubblicar le sue lodi. Non può certamente sdegnare, che dicasi della di lei casa principalmente quel che le storie ne dicono, sendo l’illustre di Lei Famiglia una delle quattro principali dell’Umbria, decorata mai sempre dai primi onori Ecclesiastici, e secolari, con Porpore Cardinalizie, con Varie Croci, fra quali l’insigne luminosa di Malta, che maggiormente risplende nel Signor Comendatore di Lei Fratello. Nell’armi e nelle lettere parimenti si è sempre segnalata la sua Famiglia, e ciò si sa comunemente de’ suoi Maggiori, e s’ella volesse dare ad intendere di non avere in sè i medesimi fregi, non gli riuscirebbe di farlo, giacchè pubblico si rende il di lei talento e il di lei sapere col libro utile che ha sotto il torchio, risguardante il Comercio attivo e passivo della Città di Spoleto. Cosa bens) potrà parere maravigliosa, che un Cavaliere di sangue illustre, ricco di beni di fortuna, e non bisognevole di comerciare, impieghi il suo tempo e le sue attenzioni in cosa utile non per se stesso, ma per la Patria. Ciò spiega il vero carattere del buon Cittadino, e dà sempre più a conoscere, che la Mercatura non è messe indegna de’ Cavalieri, e che tutti deonsi onoratamente impiegare al pubblico bene, a contribuire alla pubblica felicità. Fin qui non può ella rimproverarmi di aver detto cosa che potesse nascondersi, sendo [p. 13 modifica]il Pubblico di tutto ciò prevenuto. Molto più dir potrei delle di lei particolari Virtù, ma qui incontrerei lo scoglio della modestia, che sta nel di lei cuore come regina al governo della bontà, della gentilezza, della pietà, della cortesia. Passerò oltre adunque, senza qui trattenermi, e le chiederò permissione di seco lei consolarmi del felicissimo matrimonio da tre anni contratto fra l’unico gentilissimo di Lei Nipote, e la Nobilissima egregia Dama de’ Ranieri di Perugia, Famiglia anch’essa delle quattro suddette più rinomate dell’Umbria. Grande so essere stato il di lei contento per una sì preziosa unione; accresciuto si è il di lei giubbilo per la Bambina che ne ha prodotta, e mi aspetto vedere compita la sua allegrezza con prole maschile, ch’io lor desidero di vero cuore, e che la Provvidenza ad una sì pia e sì religiosa Famiglia non può mancar di concedere. Porgono voti all’altissimo per ogni di lei serena felicità fra gli altri Popoli dell’antichissima e valorosa di lei Città, i poveri di quell’Ospitale, al di cui bene Ella presiede ed invigila con tanto esimia e singoiar carità, con tanto incomodo della persona e sagrifizio de’ proprj danari, e queste voci sono a Dio più vicine, e queste opere sono a Dio le più care. Ella per altro. Illustrissimo Signor Barone, che sa conoscere la vera pietà, separata dal rigoroso abbandono di tutti gli onesti piaceri di nostra vita, non ricusa di trattenersi talvolta piacevolmente, e so, come dissi a principio, che non isdegna di leggere le mie Commedie, ed ecco perchè indotto mi sono a dedicargliene una umilmente, supplicandola di volerla ricevere come un tributo alla cortesia, con cui mi soffre e mi onora, ed ossequiosamente mi dico

Di V. S. Illustrissima

Umiliss. Devotiss. e Obbligatiss, Serv.
Carlo Goldoni.


  1. La presente lettera di dedica uscì in testa alla commedia l’anno 1762, nel t. Il della ed. Pasquali di Venezia. Il Goldoni partì da Roma nel principio del luglio 1759.
  2. A costui dedicò il Goldoni nel 1759 la Visita delle sette chiese, e nel 1760 la Settimana Santa e un Capitolo veneziano, componimenti poetici per la monacazione delle sorelle Teresa e Lucia Milesi.
  3. Intendesi l’ed. Pasquali: v. pag. precedente, n. 1.