Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. III/Libro I/III

Cap. III

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CAPITOLO TERZO.

Brieve Navigazione sino a Bassin.


A
Vendo da gran tempo deliberato di passare a Goa, feci il Martedì 25. condurre le mie valige alla riva da’ Boes (così chiamano nell’Indie i facchini) e poi da una barca in un Navio de Remos di Diù, che stava fuori del fiume; siccome anche avean fatto il Padre Francesco, e’l P. Costantino. Insieme con essi adunque preso congedo dal P. Priore, e da’ Religiosi del Convento co’ dovuti ringraziamenti, ne partimmo verso la marina per imbarcarci, accompagnati da que’ buoni Padri. Postici in una barca passammo al Navilio, ch’era una lunga barca Regia (a sei remi, con una vela quadrata nel mezzo) armata d’un falconetto, e difesa da 17. soldati Portughesi, e Canarini.

Sul calare della corrente (che seguì alle dieci ore, e propriamente essendo la Luna verticale) ci ponemmo in cammino, col favore d’un debol vento, e dell’acque che correvano verso Bassin; perche quando la Luna esce dall’Orizonte, sino [p. 26 modifica]che non è giunta a mezzo Ciclo, corre la piena verso Suratte; e quando tramonta, verso Bassin.

Il Mercordì 26. allo spuntar del Sole fummo all’incontro la Terra, e Fortezza di Trapur; ch’è un luogo bene abitato, con Conventi di Domenicani, e Riformati di S. Francesco. Dieci miglia lontano da questo Castello, i Portughesi tengono un Forte, detto d’Azerì, inespugnabile; perche oltre l’esser posto nella sommità del monte, sicchè non è dominato da altra eminenza; vi si monta per un’obbliquo sentiero, tagliato nell’istessa montagna (per lo quale non ponno andare due persone del pari) difeso da molte guardie, che mandando giù solamente le pietre, a tale effetto ivi riposte, ponno resistere a un’esercito.

Continuando quindi il buon vento, passammo per lo Forte, e Casale di Main, e varie altre Torri, e luoghi abitati; e poscia per la picciola Isola della Vacca, di tre miglia di giro, poco lontana da Bassin. Perdendosi gran tempo in attender le barche, o Paranchi della Cafila, ch’erano di tardo moto; non potemmo arrivare in Bassin (dopo 70. m. di cammino) prima di mezza notte. Diedimo quindi [p. 27 modifica]fondo avanti il canale formato dall’Isola di Salzette, e Terra ferma, temendo di non dar in secco nell’oscurità della notte: e’l Giovedì 27. in fine colla piena della corrente entrammo in Porto.

Non trovandosi in Città case d’alloggio, fummo ospiti del Padre Feliciano della Natività, naturale di Macao nel Regno della Cina, e Priore del Convento de’ PP. Agostiniani, il quale ne accolse tutti con molta cortesia, e da buon Portughese.

Bassin o Bazaim, Città del Regno di Cambaya, e Miliche, è limata a 19. gr. di altezza di Polo, e 104. di lunghezza. D. Nuño d’Acuña nel 1535. a nome del Re D. Giovanni di Portogallo la tolse a Badur Re di Cambaya, che spaventato dal valore della Nazion Portughese, glie la rese colle vicine Isole: mentre Martino Alfonso Sosa intrepidamente avea attaccato, ed espugnato Daman colla Fortezza; tagliando a pezzi tutto il Presidio Turchesco, e poscia in tre di uguagliando al suolo il Castello. Io: Petr. Maffei Histor. Ind. lib. 11 pag. 252. lit. F. et A.

Or’ il circuito di Bassin è di tre miglia, con otto baloardi, non per anche tutti ben terminati. Sopra di essi vidi alcuni cannoni con le armi di Filippo IV. Re [p. 28 modifica]delle Spagne di f. m. Dalla parte di Settentrione le mura sono terrapienate, e le altre fortificazioni non sono ancora compiute: dalla parte di Mezzo dì, che riguarda il canale, v’è una semplice muraglia; per essere luogo meno esposto a gli assalti de’ nemici, e difeso bastevolmente dalla stessa mancanza, e crescenza dell’acque. La terza parte della Città verso Settentrione è vuota d’abitatori, a cagion della peste, che alcuni anni l’afflisse. Nel rimanente le strade sono spaziose, e diritte, e fra l’altre la gran Piazza del mezzo, con buone, e ben fabbricate abitazioni. Tiene due porte principali, una ad Oriente, l’altra ad Occidente, ed una più picciola dalla parte del Canale. Il Porto è ad Oriente, formato (com’è detto) dall’Isola, e Terra ferma.

Per lo politico è governata da un Capitano, ch’è come Governatore della Piazza, e dell’armi: per la giustizia da un Vuidor, e dal Desmbargador, ch’è Togato, e Giudice d’appellazione di tutti i Vuidori della Costa Settentrionale; dove in tutte le Città sono Fattori, e Tesorieri per l’esazione dell’Azienda Reale della Corona di Portogallo. Il Generale poi delle armi Portughesi dimora [p. 29 modifica]medesimamente in Bassin, con somma autorità sopra i Capitani, così di quella, come dell’altre Piazze Settentrionali; onde vien detto General del Nort.

Il Venerdì 28. andai passeggiando per la Città, accompagnato da’ Padri dell’istesso Convento; ma non vidi cosa così stravagante, come il mostro del Sabato 29. Questi era un Gentile nato nell’Indie, che teneva attaccato all’umbilico un fanciullo, con tutte le membra perfette, fuorche il capo, che stava dentro la di lui pancia; e faceva apparte gli escrementi, come ogni altro perfetto animale. Se si batteva l’uomo, o’l fanciullo, sentivano amendue il dolore delle percosse.

Nella Chiesa de’ PP. Agostiniani si celebrò la Domenica 30. la Messa, con musica, che per esser nell’Indie, non fu dispiacevole; e vi assistè molta nobiltà. Il caldo si faceva sentire molto più che in Daman; onde tanto maschi, quanto femmine andavano nude per istrada; coprendo quelli con un poco di tela le parti vergognose, e quelle con una tovaglia il corpo, e parte delle coscie. Le persone di condizione vestono in tale stagione di seta, o di tela molto sottile; portando brache larghe, e lunghe sino al piede, [p. 30 modifica]onde non fa loro mestieri di calze. Portano per scarpe alcuni zoccoli, come quelli de’ Frati.

I Gentili tutti si forano le narici, per porvi annelli, come si fa a’ bufoli in Italia. Qualsisia mendico, non che le persone agiate, ogni mattina di buon’ora si frega con un legno i denti; e consuma due ore in cotal faccenda, giusta il costume del paese. Non usano materasse, a cagion del caldo; ma sul letto (che dicono schifo, senza tavole, e composto di legna, e corde) stendono coltri, e lenzuola; come praticano i Persiani di Lara, e del Congo.

Il Lunedì ultimo andai col P. F. Pietro de los Martires Visitatore degli Agostiniani, nel Casale di Madarapur, a vedere alcuni Mori vagabondi, che saltavano, e facevano destrezze colla persona, come i nostri Ballarini sulla corda. La cosa più maravigliosa a vedere si era un’uomo, che si raggirava sopra una canna, sostenuta da un’altro sulla cintola: e quel che destava maggior stupore era, che colui, che sosteneva la canna, andava, camminando senza reggerla con mani; e l’altro che v’era su, nè anche delle mani per ajuto si serviva; e purè il Bambù, o [p. 31 modifica]canna era alta 30. palmi. Alla fine fatti due salti in aria, cadde sopra una trave molto alta, a questo fine piantata: non so se tutto ciò far potesse senz’ajuto soprannaturale.

Il Martedì primo di Febbraio venne dentro un Palanchino un’Inviato del Nabab, o Governatore di Suratte, accompagnato da 30. soldati; per trattar qualche affare col Capitano della Piazza, e presentargli due lettere. Il Mercordì 2. dopo desinare, postomi in una Andora del Convento, andai a vedere il Cassabò, ch’è l’unico diporto di Bassin; non vedendosi altro per lo spazio di 15. miglia, che dilettevoli giardini, ne’ quali sono piantati alberi di varie frutta del Paese, come Palmeras, Figos, Mangas, ed altre; siccome gran quantità di canne da far zucchero. Vien coltivato il terreno da’ Contadini Mori, Gentili, e Cristiani, abitatori delle Aldee, o Casali, che sono nella contrada. Costoro innaffiando i giardini per mezzo di alcune macchine, rendongli fecondi, e sempre verdi; sicchè i nobili allettati dal fresco, e dilettevole passeggio, a gara tutti fanno in Cassabò le loro casette di delizia, per girvi nella stagione più calda a goder l’aria; e [p. 32 modifica]schermirsi del contagioso, e pestilenzial morbo detto Carazzo, che suole infettar tutte le Città della Costa Settentrionale. Egli è appunto simile a un bubone pestilenziale, e sì violento, che non solo non dà luogo di disporsi a morire, ma spopola in poche ore le Città intere; di che ponno render testimonianza Suratte, Daman, Bassin, Tanà, ed altri luoghi, che sovente sono bersaglio di quella calamità.

Vidi in quella contrada di Cassabò premere le canne da zucchero fra due grosse legna rotonde, girate da bovi, donde escono molto bene spremute. Si cuoce poscia il sugo in caldaje, e posto in vasi di creta al sereno, si toglie indurito in bianco zucchero.

Il Giovedì 3. andai a visitare l’immagine di Nostra Signora del Remedio, che stà in una Parrocchia de’ PP. di S. Domenico, nell’istesso cammino del Cassabò. Saranno ora cinque anni, che fu bruciata. questa Chiesa dal Kacagì, ch’era un Gentile (vassallo del G. Mogol) il quale con gran moltitudine di forfanti, e 4. mila soldati, andava a modo di fuoruscito bruciando, e depredando villaggi. Passai quindi a veder l’altra miracolosa immagine di Nostra Signora della Mercè in [p. 33 modifica]una Chiesetta fondata, e servita da un Religioso di S. Agostino, il quale vi faceva anche l’ufficio di Parrocchiano.

Parimente il Venerdì 4. fui a vedere la Chiesa de’ PP. Gesuiti, chiamati nell’Indie col nome di Paulisti. Ella è riccamente dorata, così nelle tre Cappelle, come nelle pareti, e volta; però gli artefici malamente han saputo far comparire sì ricco metallo. Passai poscia a vedere il dormentoro, e Chiostro, che sono i migliori della Città. Il giardino, oltre le frutta Indiane, ne ha alcune d’Europa; e fra le altre fichi, ed uva che il P. Rettore mi disse maturarvisi due volte l’anno; cioè a Decembre, e a Marzo.

Il Sabato 5. andai a vedere il Convento de’ PP. Domenicani, col famoso dormentoro. La Chiesa era grande, ma con tre Altari (come dicemmo usarsi nell’Indie) a fronte della porta maggiore, tutti e tre ben dorati.

Sentii Messa la Domenica 6. nella Chiesa della Misericordia, ch’è Parrocchia della Città; e seguitando a visitare Chiese, andai il Lunedì 7. in quella de’ PP. Francescani. Così il Convento, come la Chiesa sono fabbricati alla maniera d’Europa; essendo in questa molte [p. 34 modifica]Cappelle, fuor del costume Indiano.

Martedì 8. fui ad ascoltar la Messa nella Parrocchia di Nostra Signora della Vida, che tiene tre ottimi, e bene adorni Altari. Il Convento de’ PP. Ospitalarj, overo di S. Gio: di Dio, in cui entrai il Mercordì 9. è così povero, che non può sostentare altro, che tre Frati.

Il Giovedì 10. essendo stato avvisato, che nella Parrocchia di Nostra Signora della Vida si celebrava un matrimonio di persone nobili, mi posi in Andora, ed andai a vederne le cerimonie. Notai, che lo sposo non dava man dritta alla sposa; e parendomi una stravaganza, per esser ciò in costume solo delle Teste coronate, ne richiesi la cagione ad alcuni Portughesi; ed eglino mi risposero, che in Portogallo si praticava l’istesso; e ciò perche rimanesse libera la destra al Cavaliere, per impugnar la spada in difesa della Dama. La sposa era riccamente vestita alla francese; l’accompagnavano però alcune trombe con suono sì lugubre, che non differiva punto da quello, col quale sogliono condursi i condannati al supplicio. Postomi di nuovo in Andora, me ne ritornai in Convento: e qui si dee notare, che la cortesia, che si [p. 35 modifica]usa di fare a chi s’incontra, andando in quelle sedie, sarebbe in Italia un forte aggravio, ed occasion di rissa; poiche in segno di stima se gli chiude sul volto la porticciuola della sedia. Questo fatto in Napoli darebbe certamente causa di batterli in duello, e pure nell’Indie si pratica, in segno d’onore, col V. Re medesimo.

Il Venerdì 11. sentii Messa nella Parrocchia di Nostra Signora di Se; dove sono più Altari, e due Cappelle.

In tutta l’India di Portogallo non vi sono Dottori, e que’ pochi Canarini, che s’impacciano del mestiere, per la grande ignoranza fanno assai malamente l’ufficio d’Avvocato, e di Proccuratore; ed alle volte difendono insieme l’attore, e’l reo. Oltreacciò le cause per lo più sono determinate da’ Capitani idioti senz’alcun parere dell’Assessore. Nasce questa mancanza dal non esservi Università, nè Collegi dove s’insegni legge; e dal non volere i Dottori Portughesi allontanarsi dalla Patria, per lo poco profitto, che trovarebbono nell’Indie. Sentendo adunque il Padre Feliciano Priore, che io era di profession Dottore, mi propose il Sabato 12. un matrimonio, con dote [p. 36 modifica]di 20. m. pezze d’otto; e con promessa di farmi tenere per Avvocato da’ Conventi, e da alcune case di nobili; ciò che recato mi arebbe d’utile 600. pezze l’anno. Io che poca inchinazione avea di vivere in que’ paesi caldi, risposi: che quando anche mi avesse proposto una dote di cento mila scudi, nettampoco mi sarei piegato a lasciar per sempre l’Europa.