Gianni di Parigi/Atto secondo

Atto secondo

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Atto primo
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A T T O   S E C O N D O

SCENA PRIMA.

Dispensa attigua alla cucina dell’albergo. Da un lato tavolino con un dessert preparato. Servitori della locanda occupati a differenti lavori.


Siniscalco, Oliviero e Lorezza.


Sin.

Ebbene, signor paggio,
Si pranza o non si pranza? Omai si abusa
Della mia sofferenza.

Lor.

(Comincia sua eccellenza
A sentir l’appetito.)

Sin.

                                        5Ebben, parlate:
Si pranza sì o no?

Oli.

                                        Si pranzerà
Tosto che il mio padrone ordinerà.

Sin.

Questo signor borghese
Va per le lunghe assai. Si può sapere
10Quanto tempo aspettar si deve ancora?

Oli.

Poco, eccellenza, un’ora.

Sin.

Come? che indiscretezza!

Oli.

                                                                 Un’ora sola,
Se pur nessun ostacolo si oppone.

Sin.

Più non voglio aspettar.

Oli.

                                                                 Ella è padrone.

(parte con Lorezza)

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SCENA II.

Il Siniscalco, indi Pedrigo.


Sin.

15Un’ora e forse più!... corpo di bacco!
La principessa aspetti quanto vuole:
Peggio per lei. Ma io non son sì pazzo:
Non vo’ che detto sia
ch’ io son morto di fame all’osteria.
Locandiere!

Ped.

                       20Eccellenza.

Sin.

Ascolta in confidenza:
Ho bisogno di te.

Ped.

Comandi pure. (Che vorrà da me?)

Sin.

Tu conosci chi sono?

Ped.

25Un illustre e degnissimo soggetto.

Sin.

Sai qual merto rispetto?

Ped.

Infinito, eccellenza.

Sin.

                                     Un siniscalco
Non si abbassa a pranzar con uom volgare.

Ped.

Io non c’entro. Farà quel che le pare.

Sin.

30Dunque segretamente ed all’istante
Preparami la mensa in questa stanza:
Pranzerò da me solo.

Ped.

                                       Mi rincresce
Che il pranzo sarà magro, e magro assai.

Sin.

Magro! che dici mai?

Ped.

35I cuochi del borghese
Han preso il buono e il bello, e sequestrato
Tutto quanto ella vede; e non rimane
Ch’ova... formaggio... e pane.

Sin.

                                                 E nulla più?

Ped.

(La stenta a mandar giù.)

Sin.

                                Crudel cimento!

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40Ma basta: io mi contento,
Purchè salvi l’onor. Dirà la storia
La mia risoluzione al mondo intero.
Gran sacrifizio è il mio!

Ped.

                                                     Grande davvero!
          Eccellenza... se sapesse...

Sin.

            45Tutto io so: mi tenti invano.

Ped.

            Eccellenza... se vedesse...
            Perde un pranzo da sovrano.

Sin.

            Da sovrano!

Ped.

                                 Veramente.
            È squisito... sorprendente.
            50Che portate! che apparecchi!
            Quanti vini, e tutti vecchi!

Sin.

            Parla, parla.

Ped.

                                    Passerotti,
            Starne, tordi, perniciotti...

Sin.

            Starne! (oh care!)

Ped.

                            Un storïone.

Sin.

            55Storïone! (oh che boccone!)

Ped.

            Pasticcini, pasticcetti,
            Salse, intingoli, guazzetti,
            E per colmo in un gran piatto
            Un superbo vol au vent.

Sin.

         Vol au vent!!!

Ped.

                                60E tanto fatto.
            Poi faggiani...

Sin.

                                Anche i faggian!

Ped.

         Squisitissime omelettes,
            Ma soufflées.

Sin.

                                           Soufflées! oh! dei!...
            Taci, taci... ed io dovrei
            65Desinar con ova e pan?

a 2

         In qual bivio oh Dio mimai lo mette
            Il decoro e l’omelette!

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          Qual contrasto nel miosuo core
          Fra l’onore — e il vol au vent!
        70E quel fagiano!...
          Ah! quello, quello
          Il miosuo cervello
          Girar farà.
        Della miasua gloria
          75Avrà vittoria,
          E in fumo andrà
          La dignità.

Ped.

     Dunque io vado.

Sin.

                                 Dove vai?

Ped.

       L’ova e il pane a preparar.

Sin.

     80No, vien qua; meglio pensai:
       Vo’ cogli altri desinar.

Ped.

     Ma l’onore...

Sin.

                        Fia serbato.

Ped.

     Ma la storia che ha da dire?

Sin.

     Che sua altezza ho seguitato.,
     85Ch’io doveva a lei servire.

Ped.

     Badi ben vostra eccellenza...

Sin.

     Via, non tanta confidenza.

Ped.

     Dunque andrà?...

Sin.

                                                         Di mia presenza
     Il borghese onorerò.
   90(Tralasciar sì gran banchetto!
     No, davver, non è mio stile...
     La mia rabbia e la mia bile
     Sul faggiano io sfogherò.)

Ped.

   (Ah! ah! ah! l’avea predetto...
     95La superbia è andata in vento.
     Un buon pranzo è un argomento
     Cui resister non si può.)

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   Badi ben vostra eccellenza,
     Mormorar di lei si può.

Sin.

   100Taci là: di mia presenza
     Il borghese onorerò.

(partono)


SCENA III.

Giardino nella locanda adornato per una festa. Da un lato vedesi la mensa, che i servitori dell’albergo van preparando.

Coro dei seguaci di Gianni e della Principessa.


Coro

La Dea della festa - si canti e si onori:
   Il suolo che preme - si sparga di fiori,
   A lei ne sollevino - l’aurette l’odor.
105E quanto d’intorno - si move e si abbella
   Sorrida in tal giorno - di vita novella,
   E parli col tenero - linguaggio d’amor.

SCENA IV.

Gianni, indi la Principessa, il Siniscalco, Pedrigo

Lorezza ed Oliviero.


Gia.

     Sì, mio ben: tu mia sarai,
       Mia per sempre, eternamente...
       110Non può il cor, non può la mente
       Tanta gioja contener.
     Il rigor, gli affanni immensi
       Del destin più crudo e rio
       Tutto ah tutto andrà in obblio
       115Nell’eccesso del piacer,
         Quand’io ti stringerò
           A questo amante cor,
         Allor io ti dirò
           Quanto penai finor.

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         120Tu mi sarai mercè
           Del lungo mio soffrir...
         Viver vogl’io con te,
           Con te vogl’io morir.

Pri.

Che vi par, Siniscalco,
Di sì bell’apparecchio?

Sin.

                                125Anch’io sorpreso
Ne son con voi: magnifico mi pare.
Ma... altezza, il desinare...

Pri.

Impossibil mi sembra

(come sopra)

Che ordinato tal pranzo abbia sì presto.

Sin.

130Sorpreso anch’io ne resto;
Maggior di sè lo fece
Di servirvi la brama....
Ma il desinar, madama...

Gia. (al Sin.)

                  Io vi ringrazio
Che servirmi d' interprete volete.

Pri.

Andiam.

(avviandosi alla tavola)

Sin.

                  (Respiro alfin.)

Pri.

                                               135Posto prendete.
(siede, e fa seder Gian. alla destra, e il Sin. alla sinistra)

Gia.

Procuriamo che il pranzo
Sia più gajo col canto.
Che vi par Siniscalco, del pensiere?

Sin.

Io son d’altro parere:
Quando mangio non canto.

Gia.

                                                    140Ebben: mangiate,
Ascolterete almen.

Sin.

(sempre mangiando) Sì, sì: cantate.

Gia.

Comincia tu, Oliviero,
La canzon del poeta provenzale.
Una strofa per un ne canteremo.

Ped.

145E noi risponderemo
Con allegra ballata alla canzone.

Oli.

Io son pronto.

[p. 30 modifica]Ped.

Silenzio ed attenzione.

(ai villani e villanelle ecc.)


(Oliviero comincia la canzone. Dopo la prima strofa le villanelle vanno lietamente ballando).

Oli.

„Mira, o bella, il Trovatore
150A tuoi piedi:
„ Tutto in lui t’esprime amore:
„ Tu nol vedi.
„ Deh lo guarda un sol momento;
„ Deh lo ascolta con pietà...
155Questo dolce sentimento
„ Fa più bella la beltà.
„ Ah! s’è ver che il Trovatore
„ Sia fedele,
„ Non avrà la bella il core
160Più crudele.
„ Una timida incertezza
„ Sol ritrosa ancor la fa...
„ Una dolce sicurezza
„ Del rigor trionferà.
(finita la canzone tutti si alzano: cessano le danze)

Pri.

165Bravo, signor borghese!
Ben scelta è la canzone, ed eseguita
D’una maniera assai sentimentale.
Che vi par, Siniscalco?

Sin.

                                                        Non c’è male.
Ma il desinar, Altezza,
170Il desinar fu cosa sorprendente:
Comincio veramente
A ricredermi un poco....
Amico, avete proprio un bravo cuoco.

Gia.

„ Altezza, quanto io feci
175È nulla ai paragon di quanto merta
„ Il rango e la beltà di cui splendete:
„ Ogni pregio si oscura ove voi siete...

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„ Ma dei momenti vostri
„ Abusar non vorrei. Termini, amici,
180Con generale brindisi la festa,
„ E si dia lode alla bontà di lei,
„ Che della sua presenza
„ Onorò questo luogo, e della nostra
„ Umile mensa non è stata schiva.
  Viva la Principessa!...

Tutti (bevendo intorno)

185Evviva, evviva.

Tutti


Oli. Sin. Ped. Lor. e Coro.

Persona più amabile
Non v’è di sua Altezza:
Il solo suo merito
Non è la bellezza:
190Il pregio migliore
Consiste nel core,
Il vanto più nobile
È tanta bontà.

Prin. e Gian.

(Sì, questo è l’amabile
Oggetto bramato:
I moti mel dicono
Che in sen m’ha destato:
Già vedo in quel ciglio
Del core il periglio,
Già sento che l’anima
Resister non sa.)

(partono tutti)


SCENA V.


Appartamenti.

Gianni e la Principessa, che esce inosservata.


Gia.

Ho simulato assai!
195Prima che a me s’involi
Penetrar del suo cor voglio i segreti;
Se ho da sperar mi sarà noto allora.

Pri.

(Vediam se in suo proposto è fermo ancora.)
Parmi, signor borghese,
200Che quando non avete compagnia
La solita allegria non conserviate:
Fra voi stesso parlate

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Come gli innamorati... in confidenza.
Siete voi forse in caso somigliante?

Gia.

205Ah! pur troppo, madama, io sono amante.

Pri.

Domandarvi io non vo’ se degno sia
Del vostro amore l’adorato oggetto.

Gia.

Nulla di più perfetto
La natura formò: quanto di bello
210Sparso si vede in mille è tutto accolto
Nella donna che impressa ho nel pensiero.

Pri.

Oh! ferito d’amor siete davvero.
Ma quel vantar cotanto
La vostra bella ad altra donna in faccia,
215E specialmente a rne, parmi che sia
Poca galanteria... Ma parliam d’altro.
Voi siete tanto scaltro, e per le feste
Tanto talento avete,
Che impiegarlo per me quasi desio.

Gia.

220Disponete di me: che far degg’io?

Pri.

Noto vi fia che per far paghi i voti
Di mio fratello, mi trovai costretta
A scegliere uno sposo.

Gia.

                                    (Addio speranza!)

Pri.

In questa circostanza
225Le più brillanti feste si faranno...
Di volerle dirigere vi prego.

Gia.

Veramente onorifico è l’impiego!
Ma... mi è permesso, Altezza,
Domandarvi chi sia di vostra scelta
230Il fortunato oggetto?

Pri.

Nulla di più perfetto
La natura formò: quanto di bello
Sparso si vede in mille è tutto accolto
Nel principe che impresso ho nel pensiero.

Gia.

(Misero me!)

Pri.

            (Si turba.)

Gia.

                     235(E che più spero?)

[p. 33 modifica]

     Questo mortai beato
       Perchè con voi non vedo?
       Freddo amator lo credo
       Se presso a voi non è.

Pri.

     240Egli è tuttor frenato
       Da non so qual rispetto...

(osservandolo attentamente)

       Ma... a piedi miei l’aspetto...
       Egli è vicino a me.

Gia.

     Dunque vedervi e intendervi
       245Gli fia concesso ognora?

Pri.

       Vedermi sì: ma intendermi...
       Non ne son certa ancora.

Gia.

Il nome suo!...

(accorgendosi)

Pri.

                         Mel tace.

Gia.

     Perchè?...

Pri.

          Scherzar gli piace.

Gia.

       250Ah! voi sapete il vero...

(con trasporto)

Pri.

       Dunque non più mistero.

(con grazia)

Gia.

       Ah principessa!

Pri.

                       Ah principe!

a 2

       Alfin trionfa amor.
            Sciogliamo ai teneri
              255Affetti il freno:
              Dal vostro passino
              A questo seno,
              Ed a comprenderli
              Cominci il cor.

Gia.

     260Dunque allor ch’io mi credea
       Di sorprendervi, madama...

Pri.

       Detto tutto il re mi avea
       Che consorte a voi mi brama.

Gia.

       Egli? e voi?

Pri.

                   La più sommessa
       265Son fra i sudditi del re.

[p. 34 modifica]Gia.

     Ah lasciate, o principessa,
        Ch’io mi prostri al vostro piè.

(s’inginocchia. La Principessa lo rialza amorevolmente)

a 2

     Ah! spiegar non so il diletto
       Che di sè m’inonda il petto:
       270Quando troppo un’alma sente,
       Non può il labbro favellar.

(partono)


SCENA ULTIMA

Giardino come sopra.

Il seguito di Gianni e della Principessa che arrivano dopo il Coro incontrati dal Siniscalco, da Oliviero, Pedrigo e Lorezza.


Coro

Si canti il piacer,
       La gioja e l’amor,
   Soavi pensier
275 D’un tenero cor.
Ma intanto che far?
     Nessun ci sa dir
     Se dessi restar,
     Se dessi partir.

(si ritirano)

Oli.

280Signore, è preparato
Quanto avete ordinato. Ecco i compagni
Che aspettano bramosi di sapere
Quando si parte, o se si resta ancora.

Ped.

Altezza, è già mezz’ora
285Che i cavalli son pronti, e l’altre dame
Non aspettan che voi.

Pri. (entrano i Cori)

                                            Tutte venite.

Sin.

Si parte sì o no?

Gia.

                                                      Silenzio! Udite.

(prima al Sin., indi ai compagni)

Bravi compagni miei, pria di partire
Da questo lieto albergo, io vo’ che tutti
290A parte siate d’una gran novella.

[p. 35 modifica]

Io sono sposo, e quella
Che la sua man m’accorda è di Navarra
La gentil Principessa.

Ped.

(Delira.)

Lor.

            (È matto.)

Sin. (confuso)

                    Voi madama!

Pri. (con sicurezza)

                                         Io stessa.
295Dopo un maturo esame
Di tutti i pretendenti alla mia destra,
Vedo che questo amabile francese
Ogni rivale nel mio core ha vinto.
Un dolce e ignoto istinto
300Qui condusse i miei passi, e qui trovai
Chi spogliarmi dovea del mio rigore.

Sin.

Altezza!... oh! disonor!

Pri.

                                                                        Qual disonore?
A ciascun noto sia
Che al prence ereditario della Francia
305Gli affetti io dono e insiem la destra mia.

Ped.

          Gianni?

Gia.

                    Io stesso.

Sin.

                            Perdonate.

Pri.

          Siniscalco, l’approvate?
        Fausto sempre splenda il sole,
          Sempre il fato a noi sorrida,
          310Di costanza la più fida
          Dolce imene sia mercè.
        Scorra ognor la nostra vita
          Qual ruscello in via fiorita,
          Dall’amore fecondata,
          315Coronata - dalla fè.
        D’un’alma che languìa
          Son frante le catene,
          Ed or godrà d’un bene
          Che mai potea sperar.

[p. 36 modifica]

320La fredda gelosia
    Nel tuo bel cor non scenda,
    E da me solo apprenda
    Siccome ei deve amar.

Gli altri

Sempre sì lieto e fausto
    325Del vostro nome adorno,
    Vedrem sì caro giorno
    Felice ritornar.









FINE DEL MELODRAMMA.