Gazzetta Musicale di Milano, 1847/N. 2

N. 2 - 10 gennaio 1847

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[p. 9 modifica]GAZZETTA MUSICALE sa ANNO VI. - N. 2. DOMENICA 40 Gennajo 4 847 _ COLLABORATORI.

Si pubblica un numero eli otto pagine ogni domenica. — Net corso dell’anno si danno ai signori Associati 2()P pagine di musica circa, cioè: si filologia Classica Musicale. i.° Messa di PaUstrinà, cosi della di Papa Marcella. - 2.° Quartetto in sol minore per Pianoforte, Violino, Viola e Violoncello, di Mozart. - 3.” La serva padrona. ■ Intermezzi due di Pergolesi. ■ 4.° Ouverture di Cortigiano di Beethoven. - Parecchi dcìnigliori pezzi, vocali, ovvero strumentali, de’più apprezzati compositori moderni. Inoltre i Figurini di uno sparlilo almeno. M.° Balbi - Battaglia-M." Bercanovirh - Pr. Bigliani.-Boia. - M.Q Boncheron - Doit. Calvi. - M.° Cornali. - ( ambiasi - Aw. ( asamorata Cattaneo- - M.° De la» Fase - M." Gambini Doti. Eichteiithal. M.° ìlanna - Pr. iTlazzncalo. - M.° Cav. l’acini.-M.(,I"erotti. - I*lazza.M.“ Picchi. - M." Vicchianti. - M." Dosisi. - Doli. Torelli. - M.° Torri»iani - Vitali. - Zncoli, ecc., ere. Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta e alI ’ n lo l og ia ( ’la ss ira, alle a lire in ed ite pub hi ica z ioni musicali ed ai Figurini, per un anno e di cITelt. A. L. 24 edi effett. A. I28 aflïaucato il tulio di porto lino ai confini della Monarchia Austriaca. - La metà per un semestre: avvertendo che l’abbonato semestrale non ha diritto che al solo Giornale, senza la musica e senza Figurini. - Le associazioni si ricevono in Milano presso l’DHicio della Gazzetta contrada degli Omeuohi nnm. 1720, e nelle sale sotto il portico di liancoall’l. IL Teatro alla Scalu;all’estero presso i principali negozianti di musica c presso gli Ullici postali La plus grande plaie de l’art est dans ces artistes qui ont commencé par l’aire de leur talent l instrument de leur reputai ion, et qui finissent par faire de leur réputation l’instrument de leur fortune; qui, pour être quelque chose en face de leurs contemporains, s’annihilent aux yeux de la postérité: artistes indignes et dégradés, qui font de leur génie ce que ces créatures qu’on voit errer à. la lueur des réverbérés font de leur beauté, gui comprennent l’art à la ‘manière dont, ces femmes sans nom comprennent l amour. D Gutic.de. SOMMARIO. — L Robert Bruce. — IL Un manoscritto delTorganisla TINO SETTIMANALE IH MILANO. V. CARTEGGIO PARTICOLARE. FirCIlZC, del mio maestro di solfeggio (Kucoli). ROSSINI Opera in tre atti con parole ile’ signori Alfonso /loyer e Gustavo Vacar. Prima rappresentazione sulle scene 7(7/’acapémie royale. (il 50 Dicembre). Nel Pirata di Venerdì leggevasi su di quesla prima tanto attesa rappresentazione un articolo della Bevile et Gazette des Théâtres, il quale annunziava nel complesso un esito favorevole, Noi oggi riproduciamo quello della Presse musicale. Nei giornali che ci son giunti lino ad oggi da Parigi non leggiamo che articoli storici anziché critici. Ma trattandosi di un’opera di Bossini, anche la stodel Bucine (Picchiatiti).— III. Orazj c Curiazj. — IV. GazzetGenova, Parma. — VI. Notizie. — Al’pemhce. Apologhi inediti ria ha il più caldo interesse: la critica verrà più tardi; ed ella forse tacerà, riverente al cospetto del gran nome dì Rossini. Ecco l’articolo della Presse Musicale: < Non ci distenderemo in oggi lungamente sul libretto di Robert Bruce, del (piale il soggetto è tolto a Waltcr-Scott, e che la maggior parte de’ lettori conosce. 11 re di Scozia cercava di liberare il suo paese dalla dipendenza deUTnghilterra, e farne riconoscere la nazionalità. Son noti tutti i mezzi che adoperò, tulle le astuzie di guerra che oppose a Edoardo II. re d’Inghilterra. Avvertiremo che F opera nuova è un episodio tratto da questa guerra cotanto memoranda. Roberto.Bruce, di cui la testa è messa a prezzo, viene salvato da un partigiano di Edoardo II; Maria, figlia di Douglas, è la complice del liberatore di Roberto Bruco. Sono tuli’e due condannati a morire; ma sopr aggi ungono gli Scozzesi, ed i colpevoli, a dispetto degli ordini del re d’Inghilterra, han salva la vita. La Scozia c liberata». «Ecco, in due parole, I’ episodio di che si compone il libretto della nuova opera. Non ci siamo internati ne’particolari, perchè avevam fretta di giungere a dir della musica, di quest’opera colossale dell’autore di Guglielmo Teli». — a — ■£: ■ -3 APOEDGI1I INEDITI DEE TUO TIAESTKO DB SOLFEGGIO..V. 4. -.4aa. 1855. GLI 19IPEHeÜTTIBiL/. Uno spasso assai piacevole, per coloro che stanno su quest’avviso di divertirsi a spesa dell’altrui melensaggine, gli è certamente quello di bazzicare pe’ caffè e per le piazze ove i così delti Virtuosi si raccolgono; c di udire le smargiassate che i meno conosciuti, e d’ordinario i più inetti fra costoro, vanno scaraventando all’aria nel racconto delle loro teatrali campagne. L’iperborea importanza che si danno, congiunta alla perfetta oscurità de’ loro talenti, il fracasso che menano di strepitosi ottenuti trionfi, e l’assoluto silenzio che ovunque regna sul conio loro, offrono un bizzarro contrasto, e molto bue* i levole, all’occhio del malizioso osservatore. Oltrccchè infinitamente ti solletica la novità del frasario da essi adoperato, in cui non so se più ammiri I’ampollosità delle immagini, o la strana applicazione de’vocaboli, li baritono, per esempio, cominciò a imporre, nella cavatina c fini a piantare il chiodo nell’a solo del finale: il tenore col suo.sz bemolle fece un irruzione: il buffo comico da sè solo ha sostenuto il teatro per tutta la stagione; la prima donna ha intontito il pubblico; la ballerina ha spopolalo; e simigliami mattezze, colle quali studiano di aggiungere energia alle tarile millanterie, che imperturbabilmente vanno sparando. Ma siccome nella classe degli artisti teatrali, al par degni altra sociale categoria, chi ha vero i merito e gode d’onorevole rinomanza vive modesto, c non ama gran fatto parlar di sè; così è ben naturale che anche in quella professione, come nelle restanti, la schiera dei mediocri e degli impercettibili sia la più ciarliera e vanitosa, e che, in manI canza d’ogni miglior espediente, s’aiuti almeno d’un verboso frastuono per farsi discernere. In un luogo suburbano, a pochi passi di popolosa città, ì stavansi adagiati ad una tavola da bettola tre galantuomini che il caso avea colà riuniti, o, per dir meglio, la conforme [p. 10 modifica]- 10 A sé «L’overtura, composta di parecchi frammenti, fu caldamente applaudita; ha prodotto molto effetto. L’aria di Barroiihet, Eh quoi! chez vous la crainte! cantata alla perfe1 zione, ha pure vivamente scosso l’uditorio: il coro di cacciatori però non fu applaudito; la platea rimase fredda. La signora Sloltz, nella sua cavatina, fu onorata di plausi, senza del rimanente eccitare entusiasmo, il quale sarebbesi ottenuto se ella non l’avesse eseguita con movimento lento di soverchio, movimento che improntava un carattere troppo drammatico al pezzo, concepito all’invece con assai di semplicità. Il duetto fra la Sloltz e Bottini sembrò alquanto lungo: aggiungasi che Bottini attaccò due volte un si bemolle di petto troppo sforzato, a tale che il pubblico gli manifèsto la sua disapprovazione. Fortunatamente il duetto s’è rimesso in onore in su! finire, grazie alla Stoltz elione disse con assai di garbo la cabaletta. E quanti applausi non irruppero alle strofe Alerte, fillette! cantate da madamigella Nau! Tutto il teatro battè le mani con un vero furore. Ella pure del resto dovrebbe cantarlo con minore lentezza, cosi no sembra, e n’otterrebbe ancora maggior effetto. I ballabili sono venusti. Paulin vi ha brilI oo lato; cantò la sua cavatina con buon gusto, perfettamente, dando saggio del miglior metodo. Fu assaissimo applaudito. Il finale dell atto primo venne giudicato magnifico, Vallegro addita la mano maestra, e i più caldi applausi ne hanno coronata l’esecuzione». «Nel second’atto, la romanza ammirabilmente resa dal signor Anconi, fu ricompensata da due grandi salve di applausi. Poco dopo sorvoline un incidente. La signora Sloltz era stata Irès-hMe nell’aria O chaste fiamme! ed era stata festeggiata generalmente: ma alcuni malintenzionati l’hanno a torto zittita; ella si lasciò accecare dall’impazienza, per non dir altro; allora fu che lacerò il suo fazzoletto, ed il Pubblico prese a lamentarsi di quest’atto, non troppo conveniente. La cantante doveva non porre attenzione ai malvolenti, ed acI contentarsi de’plausi della generalità del pubblico, chela predilige, come potè avvedersene nuovamente più tardi. Piacque il duetto tra Bruce e Maria. Tutto il terzetto tra Bruco, Arturo e Maria, respira magnificenza. Vaiolante, di un carattere ammirabile, vien chiuso da un allegro agitalo, sublime a tutto rigor di termine. Allorché la Stoltz ha pronuncialo le parole Vous aurez voulu mon trépas, il pubblico applaudi farneticamente: ed ecco adunque che codesto pubblico non aveva conservato rancore alla grande artista: la quale stava invero dal lato del torto, ci è forza il dirlo, imperciocché il pubblico è pure! un padrone assoluto, cui, giusto od ingiusto, l’artista deve rispettare. Nulla che attragga F attenzione trovasi nel pezzo (l’assieme che succede a questo bel terzetto. 11 finale del secondo ’ atto ebbe grand’elicilo, c come musica c come allestimento — «f pomposo di scena; gli è già gran tempo che all’Optra non risuona della musica cotanto possente». < Dà principio al terz’atto una romanza di Barroilhct, Ailles sur moi penchés, eseguila con superiore talento, fu assai gustata. Le strofe e il coro de bevitori passarono inavvertili. Il passo a tre fra le signore Maria, Robert e Desplaccs, e l’altro fra la signora Dumilàtre e Petipa bari fatto piacere. La danza con cori vorrebbe essere abbreviata, perchè cagiona lungherie inutili. Il sestetto ha prodotto un immenso effetto; si termina con una breve stretta ove rientra il coro de’ bardi». «Robert Brace fu allestito con un lusso straordinario, e il vestiario è della maggior bellezza: non altrettanto le decorazioni, salvo quella dell atto terzo. Noi poniam fede nell’avvenire di questo nuovo spartito, c gli prediciamo un lungo seguilo di rappresentazioni». Da questo e da nitri articoli che abbiati! soli’ occhio si rileva che nella prima sera l esilo di Robert Brace fu per verità lusinghiero, ma non completo, non tumultuoso, (piale un opera di Rossini doveva aspellarsi. Non è mai stato costume nostro di cimentarsi in profezie, ma questa volta ne pare timer ritenere die le susseguenti rappresentazioni di questo sparlilo sortir debbano una fortuna d’assai migliore. Se Rossini ha apposto il suo nome a quest’opera, è certo che ella deve essere una buona opera, a malgrado dell’apparenza di pasticcio di die è informala. Rossini la battezzò per nobile pasticcio: egli è cerio die questo grado di nobiltà,, Rossini, comecché trattisi di mi suo parto, non l’avrebbe accordato se non ne avesse creduto degno il lavoro. Vedesi da ciò clic noi poniamo ogni fidanza in Rossini, anziché nel giudizio di migliaja di persone. Crediamo anzi die non v’abbia critico de’propri parli migliore dell artista medesimo che li creò. Ora ne si dirà: «Perchè (picst’opera non ha ella destato tutto quell’entusiasmo che un buono lavoro di Rossini, unito all’influenza d’un nome sì gigante, doveva desiare? Forse perchè il Pubblico non ha intesa la musica?» No, no: forse piuttosto perchè quel Pubblico I’ aveva diggià troppo intesa. Ecco, secondo il nostro modo di vedere, i due principali motivi che tolsero alla prima rappresentazione di Robert Bruce la possibilità d’un completo successo: - primo, perchè noi crediamo fermamente che l’esecuzione dei cantanti dell’Opéra (checché se ne dica da giornali parigini) sia stata assai debole: mentre que" cantanti avvezzi, ancora più che i nostri, a declamare, 0 meglio a gridare conlinuamentc, si saranno al cerio trovali nell impossibilità di rendere come doveansi i gorgheggiali canti della Donna del Lago e d altre vecchie opere di Rossini, onde s impasta codesto Robert Brace. - La seconda cagione potrebbe essere la inclinazione a vuotar mezzette c lerzuolc d’un generoso razzente, ch’ivi con molla fortuna e celebrità da mescer l’oste spacciavasi. I tre avventori non conosccvansi affatto; ma la comunanza dei gusti, la fraternità del bicchiere, e quel brio che infonde il suco della vigna dispongono mirabilmente al cicaleccio, ed appianano il cammino ad una reciproca confidenza; e cosi avvenne., che dopo d’aver disertato alquanto sull’argomento di quel vino eccellente, entrarono a dire sulle notizie recenti della città, poi tirarono’ in scena le mogli, annoverarono i figli, e finalmente vennero a toccare delle loro rispettive condizioni. - In quanto a me «disse il primo interlocutore, che meglio degli altri due sembrava ricco in arnesi» non mi posso lagnar del mio stato, lo godo d un’intima amicizia colle più cospicue celebrità del giorno; tratto in seconda persona con Rubini, David e Lablache; a me dinanzi si spalancano le porte, se faccio visita a un Rossini o ad un Bellini, anche nell’ore più gelose de’loro studi, (piando l’ingresso non è i consentito a nessuno. Io occupo un seggio distinto nel teatro: fL nè, prima di vedermi comparire al mio posto, nessun si attentò mai di dar ingominciamento alla rappresentazione. Am- । «miratore di madama Pasta ho dato alcuna volta a questa ce73 lebre cantante dei suggerimenti i più opportuni: ho salvato, | con una mia parola a tempo il famoso Donzelli da un intricato passo in cui fatalmente crasi compromesso: non v’è artista insomma che a me fervidamente non si raccomandi; tolti mi spesseggiano alcun présent uzzo per cattivarsi il favor mio, il quale è di tanta importanza, che ove io non prestassi attenzione ad un’opera, Lullo il pubblico se ne accorgerebbe, e di rimbalza manderebbe ogni cosa a soqquadro. Di simili soddisfazioni, a mio credere, ben pochi privilegiati mortali vanno al pari di me favoriti: nè voi sarete lontani, io spero, di meco concorrere in tale opinione.» - Cosi concludendo irrorò il gorgozzule d’un gotto assai capace; ed assumendo un atteggiamento da eroe, si mise a investigare l’impressione prodotta dalla sua meravigliosa eoncione. Ma il commensale che allato gli sedea, rimovendosi alquanto da lui colla persona in isbieco, il guatò d’alto in basso con un sogghigno quasi di compassione, indi così prese a dire: -«Io pure costumo alla città ai teatri c ad altre feste, ma non tengo gran fatto all’acquisto di alte relazioni, perchè mi sa meglio il vivere tranquillo c poco conosciuto; con tutto ciò sono ben lungi dal portar invidia alle vostre fortune; imperciocché, dove il maggior vostro vanto, per quanto da voi ho udito, per la più parte deriva dalla molta considerazione ch’altri ama accordarvi, io al con [p. 11 modifica]troppa importanza che il signor Pillet, impresario di quel teatro, e con esso una grandissima parte del giornalismo parigino, ha voluto dare a questa partizione, predicando da un lato che nell’opera aveanvi (pialtro, sei pezzi nuovi, da un altro che ve ne avevan dicci, da un altro ancora che quasi lutto lo sparlilo era nuovo da capo a fondo. Che doveva seguirne? Dovea seguirne, che i Francesi (che cento volte più che noi hanno facilità di bersi in buona fede le corbellerie del giornalismo) saranno andati all’O^éra a sentirvi Robert Bruce, coll idea di udirvi una musica nuora di Rossini: figuratevi dunque con (pianta aspettazione! non ne sentirono invece che di vecchia e conosciutissima, e che avevano udito cantare per lo addietro, certamente assai meglio, al teatro italiano: - ed ecco 1‘ illusione perduta; - ecco un raffreddamento, assai scusabile., assai naturale, ne plausi. Ma, una volta che ogni idea sia rettificata, una volta che il Pubblico siasi rassegnato, che s’abbia formata l’abitudine della imperfetta esecuzione (che anche al male si si abitua, e al di là dei monti assai più presto che (pia) niente di più facile che Robert Bruce non desti (pici completo entusiasmo che hanno destato prima di lui quegli altri nobili ■pasticci, che appollaiisi l’Assedio di Corinto ed il Conte Ory. Il torto fu adunque nel proclamare nuova un’opera che di nuovo non racchiudeva una sola battuta. La Redazione. MANOSCRITTO DSLL’ORG AUTISTA IBM MM» «Ricordi per servire ad (in esame critico delle regole del Contrappunto e della Fuja (Continuazione. Vedi Anno V, xV. 48, 49 c 52; e dnno VI, N. I). Sulla fuga sciolta. Circa la metà del secolo XV! trovandosi già create c sviluppale le forme del contrappunto, gli Italiani incominciarono pei primi a riguardar la musica come una bell’arte, e perciò conobbero la necessità di indirizzarla al suo scopo tinaie, cioè alla espressione di (pici sentimenti che sono di suo dominio. Xè ciò polendo ottenere senza usar maniere più semplici e più libere di quelle usale dai loro predecessori, infra le altre cose dicronsi a tesser fughe senza assoggettarsi al rigore delle regole in prima seguite, e così pervennero a costituir due melodi diversi in questo genere di produzioni, le (piali si distinsero, le antiche col nome di /’agile legate o canoni, le altre col nome di fughe sciolte. - La fuga sciolta, che nel suo fondo è la stessa di quella che si conserva oggidì, differisce dal canone in (pianto che i conseguenti non seguitai! costantemente la melodia della guida, ma sibbene la lasciano e la riprendono a piacimento, tullavolta che al compositore appaia necessario per produr qiieH’cfletlo che ei desidera. Da ciò si comprende clic in tale operazione può concorrere insieme con la scienza il talento ed il gemo del compositore, a tal che al grado in che ella è oggi, che che ne dicano i contrari, la fuga possiede tulli i mezzi per essere un prodotto dell’arte e del genio ad un tempo istesso. I sommi artisti che vissero nei secoli I! e XVIII con tanto ardore e tanto talento coltivarono la fuga, che la ridussero ai suoi maggiori sviluppamenti, e l’arricchirono di molti nuovi ed ingegnosi artilicii. hi abbenchè innumerabili possano essere le forme speciali di una fuga, puro, per unanime sentimento di tutte le scuole, non vico considerata oggi come vera fuga quella composizione ove non si riscontrino effettuale tulle, o parie almeno, delle seguenti condizioni, cioè «clic si proponga e risponda nc» gli stessi intervalli, sillabe, e figure: che si stia nelle» corde proprie del tono: che si faccia il rivolto: che si «moduli in diversi Ioni, ma sempre relativi al tono prin»cipale: che si faccia lo stretto, ecc.» Questo è (pianto ne dice intorno a ciò il P. Paolucci dietro I autorità di Zarlino, dell rlusi, di Aron, Bononcini, Tevo, Tigrini, lux, ecc., (vedasi Paolucci, Xrte pratica del contrappunto loin. I, pag. 128, nota (d) ). Sulla proposta, o come più generalmente suol dirsi, soggetto della fuga. I 1 i I I La proposta o soggetto della fuga si e propriamente quella melodia che serve per tema o motivo principale, su cui aggirasi tulio intiero un lai componimento. Dalla maggiore o minor bellezza del soggetto, siccome ne avverte il P. Martini, può dipendere, non vi ha dubbio, la maggiore o minor bellezza della fuga; ma tullavolta il talento e I ingegno di un compositore di genio sa trovar maniera di render piacevoli ed interessanti anco quei soggetti che al primo aspetto potino sembrare insignificanti ed insulsi. Haydn ce ne, porge dei magnifici esempi. - Circa la forma del suggello nienti’ di assoluto può stabilirsi, se trario desumo i ineriti miei dalle opere mie proprie, rispetto alle, quali trovo essere ben poco e lieve tutto quanto mi avete, o compare, accennato de’fatti vostri; di modo che sarei per consigliarvi di un’altra volta non colleppolarvi tanto con quest’aria di superiorità in faccia a persone da voi non per anco ben conosciute: c se mai vi prendesse vaghezza di sapere chi son io, siavi nolo essere io colui il (piale ha innalzato la piramide di Psarami re d’Egitto, che ha sovvertito il Mar rosso addosso le falangi di Faraone ai tempi dell’antico Mose; e ultimamente ho dato la mina al palazzo del Pascià di Janina ove Favaraccio ammucchiava i suoi immensi tesori. Io ho edificato palazzi e città, ho lanciato in mare più di cento vascelli, ho scalzato dalle fondamenta fortezze inespugnabili, diroccate marmoree montagne, poi seppi restituirle nell’essere primiero; insomma ho sbalordito il mondo, esterrefatta la gente. E con tutto questo mi rimango costi, come voi vedete, quieto e pacifico, trincando il mio bicchiere senza darmi alcuna boria; esempio non contennendo di filosofica saviezza»! «In fede mia, esclamò allora il terzo compagno beffandosi degli altri due, sono cose mirifiche queste che voi mi dite e (piasi incredibili; c non per tanto, io le ho per vere, giacche, villano qual io sono, e quale a voi mi dimostrano quest’incolta capigliatura, questa guarnacca e questi zoccoli, opero io pure dei prodigi non minori de’ vostri, e, perfettamente in ciò consentaneo al sistema del collega nostro, fuggo gli onori anch’io, mi tolgo allo strepito del gran mondo, c vivo imbucato nell’umile tugurio che mi sono eletto, lo, per esempio, predico, senza tema d’inganno, i giorni lieti c quelli del pianto, l’allegria delle nozze e la tristezza della bara; io apro I aurora e dò confine al giorno; che più! a un sol mio cenno tutto mi popolo si leva a rumore c lo spavento è per tutto! nè ciò mi basta; giacché, imponendo legge agli elementi, io sgombro «anco i nembi e le procelle che minacciano i campi, e ridono la calma e la speranza al pallido coltivatore». Un placido vecchietto che si stava aggiustando il cuore con un sorso di quel buono, ed avea prestato orecchio alle filastrocche de’tre parabolani, tutto trasecolato da (pianto udito avea, aggraffilo I oste di passaggio, pel bottone della giubba, c, tirandolo in disparte, gli domandò chi fossero (pie’ personaggi di sì allo affare. «Il primo è un suggeritore d’opera, l’ostier gli rispose; chi gli sta appresso è un marangone,’ macchinista del Teatro; ed il peggio calzalo è il campanaro della nostra villa». Gnaffe! esclamo allora il vecchietto dabbene, quanto rombazzo per niente!! [p. 12 modifica]non che ella sia tale qual più si convenga a quell’oggetto a cui la fuga si destina. Il dotto P. Martini limila la lunghezza del soggetto fra una battuta e mezzo e le tre battute di tempo ordinario: a ciò si può aggiungere l’avvertenza, che, siccome il soggetto debbo imprimersi chiaramente nella memoria dell’uditore fin dal primo momento ch’ei si manifesta, acciocché ognuno possa facilmente riconoscere ed apprezzare i suoi differenti giri, le sue modificazioni, ed i suoi sviluppameli con che di continuo viene a riprodursi dalle diverse parti, così fa d’uopo che ogni soggetto, lungo o breve ch’ei sia, presenti all’udito una idea melodica completa, la (piale non può altrimenti offrirsi allo spirilo che con una frase ben determinata, o con un intiero periodo melodico. Cosi un soggetto di fuga non potrà esser più breve di una frase nè più lungo di un periodo melodico. In breve disegno di melodia, cioè un membro di frase non può considerarsi un soggetto di fuga, ma bensì, come dice il precitato P. Martini, potrà servire per un attacco, mentre un disegno melodico ripetuto più volle regolarmente ad intervalli identici su diversi gradi della stessa scala, può offrire un tema che dicesi andamento o più comunemente progressione, il (piale può esser maneggiato anco a guisa di fuga, abbenchè dai più non vedansi praticate le progressioni nelle fughe che come idee accessorie ed incidentali. Sulla risposta della fuga. Si dice risposta quella repetizione del soggetto che immediatamente vien fatta da una delle parti dopo che un’altra lo abbia proposto. Stabilirmi gli antichi potersi far le risposte o all’unisono, o all’ottava, o alla (piarla, o alla quinta, ma tacquero il come ed il (piando più l’uno che l’altro di tali intervalli si dovesse prescegliere. Imperocché, non curate oggidì (piche antiche regole, e sia per consuetudine, o forse per mia maggior varietà che si incontri procedendo dal tono alla quinta, o viceversa nella successione dei soggetti e delle risposte, molti vi hanno presentemente che giudicherebbero non esser vera fuga quella lai composizione, clic non ostante racchiudesse tulle le altre condizioni volute nelle fughe, in quella sola mancasse di procedere, specialmente nel suo incominciamento col solilo, oggi troppo, andirivieni fra il tono e la quinta. Ma con la ricerca delle cause che poleron determinare i nostri antichi a stabilir quelle regole, polrem forse venire in cognizione di quel tanto che essi non credermi necessario di avvertire. Noi sappiamo che gli sludii del contrappunto a quei tempi ebbero principalmente in mira la giusta collocazione delle parli vocali, sia per tenerle meglio collegato armonicamente, come per mantenerle nella loro rcspettiva centralità, affinchè i cantori potessero facilmente eseguirle senza il sussidio degli strumenti. Ora, siccome tra le quattro classi di voci si riscontra o parità o diseguaglianza di estensione, così si disser voci pari quelle di una islessa classe: voci equisone quelle che differiscono per un’ottava, come accade fra i tenori e i soprani, e fra i bassi ed i contralti: c voci dispari quelle che differiscono nella centralità di estensione per una (pùnta o per una (piarla o in acuto o nel grave, come appunto si riscontra fra il soprano e il contralto, e fra il tenore c il basso respetlivamenle; per ciò dunque, affinchè le parli vocali restino sempre nel loro centro, si dovrà intendere che le risposte all* unisono debbono farsi tra voci pari, le risposte all’ottava tra voci equisone, le risposte alla (pùnta o alla (piarla tra voci dispari. Dietro questa considerazione non si potrà dunque riguardare come imperfetta ed irregolare quella fuga ove piacendo di farla incominciare da voci pari o equisone la non seguisse I’ attuai sistema ordinario di procedere dal tono alla (pùnta nella successione del soggetto e della risposta. - Più maniere di risposte si sono introdotte nella fuga, e da questo ne è avvenuto che ella si è distinta in più generi, cioè in fuga reale, fuga del tono, fuga di imitazione. Nella fuga reale la melodia della risposta vuoisi perfettamente eguale alla melodia del soggetto, nè queste melodie posson fra loro in altro differire se non in (pianto che l’ima sia in un tono disceso da quello in cui è l’altra. Per fuga del tono s’intende propriamente quella ove tanto col soggetto che con la risposta che percorra corde differenti non si viene a cambiar di tono, o almeno, secondo altri, la risposta incominci prima che il tono si cambi. Questa sorta di fuga, abbenchè non molto praticata, fu però conosciuta dagli antichi, poiché la prende origine dal loro sistema di tonalità. Parlando Zarlino nelle sue Insliluzioni armoniche della maniera da tenersi per bene accomodar le parli nelle cantilene, dice, che allorquando, per esempio, il tenore ed il soprano colle loro melodie percorrono un modo autentico, il basso ed il contralto debbon percorrere il piagale suo corrispondente, e viceversa: - e ciò chiaramente si scorge esser prescritto per mantenere il tono, ed al tempo istesso la centralità delle opposte chiavi. Di qui è avvenuto la regola di rispondere alla fuga del tono usando la divisione autentica (piando il soggetto la presenti piagale, ed all opposto piagale quando la presenti autentica. - La fuga di imitazione ammette risposte identiche e semidcnliche a qualsiasi intervallo. Ella è questa la composizione più libera di (pesto genere. (Continua;. SU m (MI 12 lì (WiWiSU MELODRAMMA DI SUBBIO MERGADA«TE (0 I WïWb a riKi:xzt: Napoli, 26 novembre 1846. [Continuazione. Vedi il N. 50,.bino V; e N. 4, Anno VI.) Il TV LI ella introduzione del primo atto è posto un coro di I donne, le (piali prostrate sui gradini del tempio di Giano invocano il nume propizio a Borna per isconfiggere gli Albani. L’orchestra intuona le prime note gravi e solenni del gran dramma, e indi a poche misure uno squillo di lontana tromba chiama i guerrieri al campo: l’orchestra ripiglia, e poi anco la tromba la interrompe; e indi va crescendo un suono misto e agitalo, dopo il quale entra a cantare il coro con una schietta e religiosa melodia. L’effetto è bellissimo per lo contrasto de’due sentimenti di guerra e di preghiera, che si succedono e interpongono quasi a gara. Un breve ma efficace recitativo segue Ira la Camilla, fidanzata al Corinzio, e la Sabina, sorella di costui e móglie al maggior Orazio; appresso il (piale la donzella scioglie la voce al primo tempo della sua ca1 vatina. Questo è diviso e vien ripetuto per due strofe in (1) La lettera che qui riproduciamo leggesi su di un giornale di Napoli, che esce in fascicoli di qualche rilievo, e che appellasi Museo di Scienze e Letteratura. E giornale apprezzato. L’articolo ne sembra sviluppalo con sano intelletto. Non conoscendone però l’autore, non intendiamo sottoscrivere ciecamente a tulle le opinioni e i giudizj che vi si leggono. Ci riteniamo il diritto di giudicare noi pure, allorché qui si riproduca, questo applauditissimo lavoro del Merendante. | La Redazione. [p. 13 modifica]— i5 — forma di romanza; c il riimo, in tempo dispari, spira una soavità malinconica, ondo si rivelano i palpiti dell’amoroso core. L’arpa qui gentilmente accompagna, ed il clarinetto se le accoppia con dolci note: poi, quando il canto dal minore passa nel relativo maggiore, grato li sarebbe porgere l’orecchio al crescente di un pizzicato sui violoncelli, il (piale presto diminuisce e cede, a più sommesso accompagnamento. In questa cavatina la cabaletta esprime un abbandono a gioia, allorché la fanciulla, dopo intese le nuove che reca un coro sollecito di senatori e popolo, in sè confida che i fratelli non combatteranno più contro l’amante, poiché una tenzone fra tre e tre guerrieri di Roma e d Alba terrà luogo di guerra. Assai grazioso adunque è il motivo di tal cabaletta, e il sentimento di esultanza ne vien rilevato or da alcune forti arcale dei bassi, or da un rapido crescente dell’orchestra, e ora da un accompagnamento, il (piale sembra (piasi che simuli di affrettare il canto. In questo veramente il maestro cercò anche di cavare elìcili da inaspettati e piacevolissimi passaggi di voce, cui la egregia cantante esegue con lauta grazia, che gli ascoltanti sono tratti a farle spontaneo vivissimo plauso. Già se volessi toccare della bellezza del recitativo, con che dal tenore s’apre il duello Ira lui e la donna, non potrei non lodare molli altri uguali recitativi, specialmente quelli informali di frasi cantabili, nei (piali la giustezza dell’accento drammatico non si scompagna dall’acconcezza e varietà de’ brevi ritmi e degli adatti accompagnamenti. In esso duetto odesi un adagio, il canto del (piale, detto prima dal tenore, tranquillo e largo mi suona tuttora con gran dolcezza nell’anima; e grazia gli aciwista il rispondere del soprano e l’unirsi poi delle due voci ora in tenero ora in più robusto concento. Ma un pezzo di assai stupenda fattura sembra a tulli l’aria dell’Orazio (basso). Qui la scena li reca la prima volta innanzi il fiero campione di Roma: e però la musica sin dalle prime note con lauto vigor di siile, con lauta grandezza di forma empie il teatro, che d’ogni parte il valore e ramor della patria comincia a ragionarli nella mente. Prelude le parole del guerriero un grave suono di orchestra, renduM più austero da un tremolo degli strumenti da corda: indi ascolti una corta cantilena del clarinetto confassi molto risoluti, c poi un efficace crescente de’ violini; la (piale medesima nobile espressione trapassa per tutto il recitativo. Il canto del largo si spande assai maestoso, tra per lo suo ritmo natio, e per un grande artifizio con clic gli stromenti vi sono adoperati. I violoncelli fanno un movimento commoventissimo neH’accompagnare, e tra essi e la voce s’interpone una scala pizzicata de’ bassi variamente or ascendente or discendente: talora anche la melodia si sposa alla tromba, ed indi se ne discioglie, e poi risorge due volle più vigorosa coll’orcheslra per ismorzarsi e finire. Le proporzioni e il procedimento di tutte queste parti sono cose che non si possono significar a parole; ma tu ben puoi comprendere come il gran pregio del lavoro stia in ciò, che trovi una splendida varietà di colorilo, menlrechè il carattere della scena reggesi in ogni parte ugualmente severo. Dipoi, quando il Sonalo giunge a chiamare Orazio al combattimento, a cui è stato co’ fratelli eletto, altresì maestoso e marziale ricade il motivo della cabaletta: ed il coro che si unisce ad Orazio nelle ultime parole, e la cadenza incalzante rinnalzano bene l’efficacia del motivo stesso. Ora ti si appresenla il tempio di Venere. E questo il luogo dove accade (pici gran pezzo finale dell’atto primo, che desta la maraviglia e non minore il diletto negli ascoltanti. Immensa è la magnificenza del concetto, stupendo il lavoro di tutta la composizione; l’unità slessa del pensiero taiilo intera, e la varietà d^lle sue parli tanto parvente, che mentre l’idea dell’artista or domina appieno questa mia anima, il povero mio siile a manifestarla non arriva. Con religioso gaudio comincia la musica; e il coro spira tutta pace nell inno e nella preghiera alla dea. Una pudica gioia traspare dai detti di Camilla e del Curiazio: ma turbata tosto dal sopravveniente Orazio, dal quale si fa palese la scelta de’ tre guerrieri Albani. I n ripetuto crescente de’ violini denota la prima universale agitazione per le nozze interrotte; e le parole In fulmine piombò.’ suonano laceranti e terribili per una ripetuta scala scmitonata delle voci accompagnate cogl istromenti dall acuto al grave. Qui cominciano le note dolenti per un movimento mestissimo de’violoncelli, in cui s* interpone anche mesto un suono ripetuto di brevi note di clarinetto e di fagotto; ed accompagnala pure dall arpa la donna intuona il malinconico canto, le cui parole ultime danno in un compassionevole accento di desolazione. Simili1 la melodia si ripete dal tenore, ma rafforzata alquanto più nella frase e nell unirsi dello due voci. Dopo di che succede un pieno robusto dell orchestra e de’ cori, il (piale indi tace al levarsi di un canto d’ineffabile grazia messo nella voce del basso, nutrita dalle note medie della tromba, ed accompagnata leggierissimamente dall’arpa e da altri strumenti. A tal canto, chi’ di poi si ripete,, risponde e si frappone un gentile e acuto movimento de’violini, nel (piali* accresce vaghezza un breve trillo: e tanta soavità si diffonde, che il supremo effetto di tutto I Adagio non può fallire, allorché voci ed istrumcnti si sollevano con più vigore (* poi ritornano sommessi per brevi istanti sol per dare spicco e vivezza all ultima robusta frase. In tal punto la musica per un momento dà sosta alla piena degli affetti; ma in un subito risorge sino al grido di Camilla che barbari chiama l’amante, i congiunti e i Romani e gli Albani tulli. Con ferme e violenti* note ella accusa gli uomini crudeli e i numi bugiardi; poi, quando dalle rampogne di tulli sembra più sopraffatta, ella corre a riabbracciare il Curiazio, e. le loro due voci danno in un motivo rapido ed affettuosissimo, ripetuto in essa stretta, il (piale sembra respinto con maraviglioso contrasto dagli aspri rimproveri, con che l’Orazio, il padre, i sacerdoti e il popolo rincalzano la donna, che invano tenta -rattenere il Curiazio dal comballimcnto. fContinua). Sabato, 9 Gcnnajo. — Questa sera alla Scala prima sospirala comparsa di Fanny Bissici’ nel nuovo Ballo di Perrot. La musica di questo ballo, quando fu composto a Londra, era fattura del chiaro maestro Pugni. Sembra clic qui, per alcune modificazioni praticale dal signor Perrot a! suo componimento, la musica del Pugni venga interpolata da quella di altri autori. — Attila continua ad essere il ben veduto: la Tadolini, quantunque si slanci aneli’ essa talvolta nelle regioni del grido, interpreta con una bella vigoria la sua cavatina, c no è caldamente applaudita. — Anche La prova d’un opera seria si sostiene, forse anzi meglio che alla prima rappresentazione. Vi sono applauditi precipuamente la Angri ed il Rovere. — Al teatro Re si danno, ad imitazione di Francia, dei Vaudevilles, o meglio delle riduzioni in prosa di opere buffe, con entravi i migliori pezzi in musica delle opere stesse. La [p. 14 modifica]signora Cadetti Prosperi vi emerge. Avremmo a riparlare c di lei, c de’suoi compagni, odi questo genere di trattenimenti. — Anche il noto violinista Austri lunedi sera suonò al teatro Re due pezzi di sua composizione, e vi fu applaudito assaissimo; di quello sulla Lucrezia Borgia si domandò ed ottenne la replica. — Piatti questa sera darà un’accademia nel teatro di Bergamo; quindi verrà a Milano per poi recarsi a Londra, ove è impegnato al teatro della Regina nella qualità di primo violoncello al cembalo. — L’eccelsa I. R. Camera Aulica ha concesso il privilegio per 5 anni, con segreto, a Giuseppe Relitti, fabbricatore di strumenti musicali d’ottone in Milano, per invenzione di uno strumento detto Pelinone della forza di tre bombardoni all’incirca, il quale ha una voce più aggradevole di questi, ed è di più facile maneggio. Firenze, 2 Gennajo. La mattina della scorsa domenica, 27 del caduto décembre, fu assai lieta per la Filarmonica, essendoché fosse dato risentirvi assai bene eseguito uno di quei musicali capo-lavori, che per volger d anni non pardon di pregio: vogliam dire il Bon Giovanni di Mozart. Abbenché non mancassero qua c là nella esecuzione alcuni nei, il pregio dell’insieme, fu tale, che sparirono, per dir così, del lutto nella somma del resultato. Le parli del melodramma erano sostenute dai seguenti: Don Giovanni, il Cav. Giuseppe Ippolili; Donna Anna, la principessa Elisa Poniatowski; Donna Elvira, la Ungher-Sabalier; Don Ottavio, il maestro Giuliani; Lcporello, il principe Carlo Poniatowski; Zeriina, la principessa Nadina Labanoff; il Commendatore e Masetto, Susini. 1 cori erano formali da un buon numero di distinti dilettanti ed artisti dell’uno e dell’altro sesso; dirigeva il maestro Mabellini; l’orchestra era guidata dal Morini. L’udienza ora scelta cd assai numerosa: fece piacere agli amatori della buona musica il vedere con quale entusiasmo vivace c sincero essa accolse il capo-lavoro melodrammatico dell’illustre alemanno, che, imbevuto fin dai primi anni suoi della dolce italiana melodia, seppe sì bene sposarla alla ricchezza armonica della scuola tedesca. - Da quanto è dello di sopra si può rilevare che gli esecutori tulli rivaleggiarono di zelo e di bravura: più specialmente poi per la soavità del canto si distinse l’Ippolili; per la dignità dell’accento, la Poniatowski; per la vivacità del sentimento, la Ungher; per una certa ingenua dolcezza la Labanoff; per una sepolcrale declamazione, nella parte del Commendatore, il Susini; e pel comico spirilo, faceto e dignitoso, per aver infine raggiunto alla perfezione lo spirilo della parte di Lcporello, il principe Poniatowski, benemerito e zelante direttore della musica alla Filarmonica, al quale i soci di quello stabilimento non solo, ma lutti gli amatori debbono gratitudine, per l’amore con cui disimpegna il suo ufficio. - 11 celebre Willmers è sempre Ira noi: si produsse la sera dello scorso mercoledì in un concerto dato nella sala dell’albergo dell’Arno; questa sera si farà sentire in altro concerto al teatro del Cocomero. Nel concerto di mercoledì riscosse molli ben meritali plausi: il concorso pero non fu troppo numeroso: del resto eseguì poco più che li stessi pezzi da lui già suonali pochi giorni innanzi alla Filarmonica. Nel concerto di questa sera si unirà a lui anche il bravo dilettante russo capitano Marlinoff, suonando un pezzo di Thalberg per due Pianoforti. Dell’esito sarà dato conto a suo tempo. 11. 5 Dello. La scia di sabato, 2 del corrente, ebbe luogo al teatro del Cocomero la già annunziala accademia del celebre pianista danese Rodolfo Wilmers. Se il concorso non fu grandissimo, fu peri) scollo oltremodo: rimase però in generale assai freddo, ad onta del valente adoprarsi dell’artista, che, come sempre, fu sommo per la forza, la nettezza, il chiaroscuro, la castigatezza della esecuzione. L’udienza andò perii in fine scaldandosi, tantoché applaudì assai al Canio del Nord, del quale il Wilmers, senza troppo farsi pregare, concesse la replica, ed applaudì a furore al sestetto della Lucia, trascritto e variato per pianoforte dal Wilmers stesso, che alle clamorose istanze degli uditori gentilmente cede replicandolo. Della freddezza di cui sopra è menzione si possono dar forse due ragioni; primieramente la poca sonorila del teatro del Cocomero, che rende alquanto gretto Peffetto di qualunque pianoforte per eccellente e per ben suonato che sia; in secondo luogo la qualità delle composizioni del Wilmers, le quali, eccellenti per una sala, mancano in generale, di queUVc/al, di quell’effetto, comunque esagerato, pur sempre necessario in parte a elettrizzare in teatro: ciò dir si vuole specialmente di quelle rêveries, di quelli sludj cd altri pezzi di un tempo solo, che, generalmente tranquilli, tranquilli finiscono, senza clamorose cadenze, senza quello che i francesi dicono coup de fauci. Pur troppo é da deplorarsi questa specie di atonia da cui il pubblico non sa il più delle volte uscire se non a forza di urli esagerali! cd oh (pianto meritano la gratitudine dei buoni coloro che tentano ricondurlo al gusto di più tranquille emozioni! Ma è però vero che pei concertisti è una trista necessità a cui debbotl piegare, quella di cedere, almeno in parte, a questo rovinoso torrente, se vogliono che la loro carriera riesca di qualche lucro. Sulle scene della Pergola al Barbiere è successa la Figlia del Reggimento, che non ha incontralo il pubblico favore, ad onta che la Zoja, se non canta piacevolmente (e come lo potrebbe coi mezzi vocali che possiede? ) declami però sempre assai bene la parte sua. Duole che in quest opera resti inoperoso il Belletti, basso cantante di merito non comune. Genova, 4 Gennajo. S’io vi ho tardate le notizie sulla Luisa Strozzi del Sanelli comparsa al nostro Carlo Felice, per compenso son desse in oggi migliori. L’esito modesto assai pel complesso nella sera del S. Stefano, nelle successive scorse rappresentazioni si fé lieto ad alcuni brani, senza però toccare menomamente a quel fanatismo avvenuto altrove, o stampalo da alcuni giornali. - La Luisa Strozzi, se non ha gran novità di pensieri, né mostra grande slancio di fantasia, è opera bene, scritta, e che segna un notevole, passo fatto dal suo autore nella carriera melodrammatica. Essa racchiude alcuni pezzi, felici per concepimento e per arte. Delle cabalette ci appagano in generale più assai gli adagio, sebbene con troppa uniformità, nè sempre caratteristicamente, abbia usato in questi il maestro di slanci alla fine o cadenze assai energiche, aventi un effetto sulla vibrazione e potenza delle voci, reso questo maggiore dall aggiunta di ricco strumentale. Così non sempre nella musica noi abbiamo trovalo il dramma, la situazione, il contrasto caratteristico; ed è questo che si può pretendere in oggi dai compositori d’ingegno in compenso del meno che forse ponilo darci dal lato novità de* pensieri melodici. - Assai lodata va in generale ristrumentnzione bella, variata, c che ha taluni tratti di egregio lavoro. - Dei brani di più distinto merito vi noterò nell’atto primo la romanza di Luigi Capponi, assai patetica ed espressiva, un allea romanza d’Alessandro de’Medici, un coro di sgherri, la di cui prima parte in ispecie è di una tinta molto Garalteslica. il largo del finale, se difetta alquanto, ci sembra, di quadratura c sviluppo, è nondimeno pregevole, c quando in ultimo son insieme inlifecciate le voci principali con i cori con sotto un concitalo c bel movimento d’orchestra risulta di grandioso effetto. Nel duetto del second’alto tra Luisa cd Alessandro é bella la stretta di carattere concitato, e compensa dell’adagio non abbastanza drammaticamente individuato. Il coro de’ prigionieri che segue è popolare assai: massime nella seconda parte con motivo all’unisono. Nell’atto terzo è assai ben fatto e colorito il recitativo di Luisa (scena terza), come alcuni altri dello sparlilo; così bellissimo è il duellino che segue Ira Luisa c Capponi, quando questi si disinganna dell’averla credula infida: qui il maestro ha messo il cuore e l’effusione dell’affetto il più dolce. Succede il terzetto finale, che dal momento in cui Luisa comincia a sentire gli effetti del preso veleno è egregiamente concepito e tratteggialo con verissime tinte. Le carati eristiche frasi della moribonda accompagnate cupamente da interrotte note basse, del clarinetto e delle viole, quasi palpilo del cuore che vieti meno, il piangere di Luigi Capponi, l’insieme poi delle (re voci costituiscono tal brano il migliore di tutti, e ne vanno resi al compositore larghissimi encomii. Degli esecutori, erano nuovi per noi la signora Mariella Gazzaniga (Luisa) ed il signor Gaetano Ferri (Alessandro de Medici). Dotata la prima d’una interessante figura, di bella, simpatica ed estesa voce, ne sa trarre egregio partilo, mercé Farle; ma sopra tutto mercè il suo [p. 15 modifica]- 15 bel sentire drammatico, per cui tanto le conviene il lirico coturno. Bellissimi sono gli arditi suoi slanci co’suoi magnifici acuii; con un d’essi alla cadenza dell’adagio di sortita fa spiccare, tal brano, c vi è interrotta dagli applausi e dai brava; così più tardi signoreggia con essi il grandioso insieme delle voci c dell’orchestra ncH’accennalo finale. S’ella riscuote plausi e chiamate in diversi brani della siiti parte, e nel duellino, c nel seguente terzetto finale, ove tanto ci sorprende colla verità del suo accento come pur della scena, sono chiamate e plausi invero meritali. 11 Ferri, sebbene in una parte scritta per lui, e in cui da certi giornali fu proclamalo sì grande attore cantante, non vi giustificò la gran fama che Fovea preceduto. Egli è però applaudito in ispecie alla cabaletta del duetto con Luisa, ed a quella dell’aria dell’atto terzo, ove fa pompa di alcune prepotenti e belle sue note. Ma queste non bastano; noi abbiamo di ritto di aspettar da lui mollo più dal lato dcH’aceento e scena, come nel fresare i recitativi, ne) rendere il personaggio, e queste esigenze, il ripetiamo, sono in vista del luminoso posto che gli è accordalo tra gli allori melodrammatici. Il tenore Borioni era già nostra conoscenza, ed avea tra noi ottenuto un bel successo di stima (piando l’ebbero per la prima volta / Lombardi del Verdi. E pari successo ei s’ebbe adesso nella parte di Luigi Capponi, ove riscuote applausi in ispecie alla romanza di sortila e nel duellino colla donna. Se non ha brillante prestigio di mezzi vocali, ha però arte, cd ingegno con cui vi supplisce, c sa cattivarsi la pubblica simpatia. - Bene i cori; tra il bene ed il male l’orchestra, ciò che è ben lungi da essere in tal caso un juste milieu... A lei si volle risparmiare la briga della sinfonia, e. non a torto... forse per non vederla sacrificala come quella bellissima nel precedente carnevale della Giovanna d’Arco. T. Parma, l Çetmajo. Emani colla signora Barbieri-Nini, Elvira; il signor l’alma, Ernani; il signor Gnone, Carlo; e il signor Milrovieh, Silva. - Molle parti di quest’opera del maestro Verdi riuscirono completamente, molle altre no. Fra le prime è a notarsi la cavatina della signora Barbieri, il finale del terzo allo e l’ultimo terzetto: nel quale, comunque gli applausi siano scoppiati unanimi c fragorosi a più riprese, ci è forza per amore del vero e dell’arte ricordare alla signora Barbieri che la perfezione nell’arte medesima sta in ottenere coi mezzi che le sono propri il massimo dell’effetto: ora quando F artista ricorre alla parola puramente declamata, (piasi potesse arrivare per essa più in là di quello che il canto non può, fa una mistione di (Incarti diverse fra loro, che il buon gusto c le leggi del bello condannano, c mostra di vedere che la declamazione possa più del canto; ciò che è un errore, dappoiché il canto è. un’imitazione sublime del linguaggio che l’uomo adopera nella veemenza delle passioni; nulla può esservi adunque di più espressivo; e fa manifestamente discender Farle chi sostituisce la declamazione al canto. Questo osiam dire alla signora Barbieri, la quale solamente nel ricordalo terzetto, e nel maggior tumulto della passione, parve inclinare al difetto che vorremmo condannalo; e che ricca di mezzi potentissimi e bellissimi, coni’ella è, crediamo destinala ad essere imitala, e non imitatrice. Il signor Palma, Emani, (piasi nuovo per le scene, fu molte volle applaudito; c penso che assai gradila ed utile possa tornargli questa sua riuscita sul nostro teatro. Fu festeggiato con segni di moltissimo gradimento il sig. Gnone, Carlo, insieme a’ suoi compagni, nel finale dell’atto terzo; nè è a tacere del mollissimo amore, con che il signor Milrovieh disimpegna la parte di Silva; e dei molli plausi che il pubblico gli comparte. Alle consuete parole di lode per F orchestra, e pel suo direttore signor De Giovanni, vogllonsi aggiunger quelle che pur si debbono tributare, pel modo concorde e istantaneo col (piale fu ristabilito l’cquilibrio fra le parli vocali e le strumentali, che l’orgasmo nella prima sera aveva qualche volta turbalo. — Si è data in questa città F Opera Così fan tulle di Mozart, ed ha avuto esito buonissimo. — KLAUSEMH RG. Liszt ha (pii dato quattro concerti, e donato circa 700 fiorini a diversi stabilimenti. — PARIGI. Per determinazione del ministro dell’interno in data del 23 dicembre il nuovo teatro dei signori Holstein e Aless. Dumas sarà denominato Théâtre historique. — Don Juan di Molière sarà riprodotto a quel teatro francese con musica estratta dal Don Giovanni di Mozart. — La seconda esecuzione del Faust di Berlioz mise in luce varie bellezze della composizione che alla pi ima udizione non furono comprese. Quindi il successo fu maggiore di quello della prima esecuzione. I giornalisti c gli artisti si sono riuniti per offrire spontaneamente a Ettore Berlioz un banchetto e una bella medaglia d’oro in commemorazione della sua Damnation de Faust. — Sono teslè giunti a Parigi quattro canto-istrumentisli ungheresi, che imitano colle, loro voci l’oboe, il corno a pistoni, il violoncello e il violino, e che eseguiscono con questa orchestra dei quartetti. — ODESSA. 2 dicembre (14 dicembre). Da varii giorni si stava apprestando al nostro teatro la rappresentazione del tanto applaudito lavoro musicale di Meyerbeer, Roberto il Diavolo, e la sera del 30 novembre (12 dicembre) comparve, e piacque assai, tanto per la bellezza della musica, (pianto per la buona esecuzione. La sig.n Secd-Corsi (Isabella) sostenne la sua parte con verità, per cui ebbe grandi applausi. Il signor Vitali (Roberto) non fu dei più valorosi, ma pure fu applaudito nella Siciliana dell’atto primo. Il signor Berlendis (Bertrando) spiegò non comune abilità, c disimpegnò lodevolmente questa difficile parte che ben s’addice a’suoi mezzi vocali, e che gli valse distintissimi plausi. La signora Aiùalia Scalesc (Alice) è fredda in questa parte; fu però lodata per il suo canto diligente. Il signor Valla (Rambaldo) si è distinto nella sua parte. Il macchinismo delle tombe e l’andamento dello spettacolo furono completi così, che non si poteva meglio desiderare. — VIENNA. Guglielmina Neruda di sette anni, suonatrice di violino, diede il 27 dicembre un concerto nella Sala dell Unione. Ella ha sorpreso, dilettato e commosso tutto l’uditorio. Ogni difficoltà sul difficilissimo strumento sembra alla fanciulla un giuoco; e ciò ch’è soprattutto sorprendente si è ch’ella sa cavare dal suo piccolo stromento un suono sì vigoroso, maschio, che sovente si crede di sentire un adulto artista che tratti un perielio strumento. Ma il più sicuro segno del raro talento di lei c Fanima, assai superiore alla sua età, e la sicurezza con ciò che eseguisce. Durezza d’intonazione in generale cd un maneggio libero, vigoroso, sono doli da lei acquistate dal suo eccellente maestro professore Jansa. Iri questo concerto si fece pur udire Amalia, sorella della sunnominata, eseguendo alcuni pezzi sul pianoforte con molta agilità cd accuratezza; ma da tutto ciò che eseguì si appalesò in lei più diligenza che talento. (Gaz. ilfus. Fienn.) — Nel club degli artisti detto della Concordia, si diede una grande cena in onore di Meyerbeer. Nella sala vedovasi il ritratto di lui incoronato d’alloro e contornalo da stelle che, mercé un meccanismo speciale, a poco a poco s’ingrandivano e vieppiù rifulgevano. Molti poeti esaltarono l’illustre autore del Roberto il Diavolo e fra gli altri Bavemfeld, autore di una commedia ora in voga al teatro di Corte. Dessauer pose pure in musica una cantata per onorare iì suo amico e collega. (Da lettera del 2.) Alcune notizie sopra Donizetti (1). — Un amico di Donizetti che appositamente per trovarlo da Vienna è andato a Parigi, scrisse dalla capitale francese una lettera colle più cattive notizie del povero maestro. Non si può a meno di piangere al leggere le più miserande relazioni dello stalo di una delle maggiori illustrazioni musicali dell’epoca. Oh come la vita dell’uomo è un trastullo della sorte 1 L’intrinseco amico dell’autore di Lucia e di Don Sebastiano assicura: (piando si recò nella stanza di lui per poterlo mirare in faccia, esser stato obbligato ad inginocchiarsegli davanti, giacché ei tiene sempre la testa talmente curvata che non lo si potrebbe ben vedere altrimenti; sembrare che lo riconoscesse; ma non aver detto una parola, e solo aver mosso le labbra ad un triste sorriso, mentre gli occhi gli si empirono di lagrime; gli occhi un dì si sfavillanti aver quasi tuttora la primitiva loro espressione, e tutto il resto del corpo esser prostri da fatale paralisi, e Donizetti stare continuamente, aggruppalo della persona, seduto sopra di una sedia a braccioli da dove non può togliersi mai La terribile sventura del grande maestro e sciagura comune. La feconda e facile penna di chi meglio si avvicinò a Rossini, dell’emulo di Bellini, più non scorrerà a segnar note per deliziare il mondo musicale? Oh Dio! pur troppo si deve prevedere che all’arte abbia a toccare un sì grave infortunio! (1) Quanto prima nella Gazzella Musicale si darà un Prospetto cronologico di tutte le opere di Donizetti. — BERLINO. La sala da concerto del nuovo Teatro d’Opera è terminala, e dicesi sia eminentemente magnifica. La sua lunghezza è di 100 piedi, la larghezza di 50, l’altezza di 30. Tre lumiere la rischiarano; in alto trovasi uria galleria. Anche E effetto acustico viene acclamato eccellente. E»ITOKE-PI»OI*»IETA»IO G1OVAVV1 RIFONDI [p. 16 modifica]DI GIOVANNI 1UCOKDI progressiv min POUR LE PIAVO COMPOSTE DA 19158 Ciascun fascicolo / GOLINELLI, KONTSKI, PAMZZA PLACHY^ STRAUSS, TUTSCII iuóe Teatro alla Scala destinati a formare il gusto RACCOLTA 1)1 SONATINE FACILISSIME RACCONTI, NOVELLE, ANEDDOTI MUSICALI Queste Sonatine sono tratte dai più favoriti inolivi delle migliori opere teatrali Qc«m numeri per le dita) inizianti allo studio del Pianoforte c precedenti quelle della Raccolta intitolata La gioja delle madri VERSIONE ITALIANA CON ALCUNE NOTE DI J>. Æ. E. CATTANEO 16215 Fr. 15. uito da 42 pezzi elementari con e T altitudine < onte U’tai 19155 Fase. I Italiana Ibi Algerie Ricciardo e Zoraide 19156 — li Mose in Egitto e Guglielmo Teli composée par L BILLET Op. 52.18860. Fr. 5 6 STRENNA MUSICALE pel Carnevale 1847 EONTEIVE^TE cessione, e da 24 Studj nuovi COMPOSTO DJ