Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 49

N. 49 - 4 dicembre 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 49

DOMENICA
4 Dicembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


sonn Aiuo. I. Antologia classica musicale. Cenni agli Associati- II. Critica, melodrammatica. Del genio delle Opere drammatiche di G. W. Mozart.-III. Storia moderna della musica. Rivoluzioni dell’Orchestra. Vizj della moderna stromentazione - Consigli e proposte- Critica. De’compositori pianisti italiani. - V. Varietà’ Un Automa-Soprano. - VI. Carteggio. Milano, Londra c Francoforte sul Meno. - VII. Notizie musicali italiane. Genova, Firenze, Roma. -Notizie straniere. Parigi, Vienna, Stultgarda, ecc. ecc. - Annunzii. ASTQL0&.IA CLASSICA MUSICALE rasi aulì associati. Alcuni dei nostri signori associati ebbero a moverci lagnanza perchè nella scelta de’ pezzi di musica classica della nostra Antologia abbiamo data la preferenza ai compositori della scuola tedesca e francese o mista su emetti detta italiana tanto superiore alle altre. Crediamo necessario giustificarci da epiesto rimprovero osservando anzitutto che in una serie di soli sette vezzi dati finora, due furono tolti dalle composizioni dei due maestri italiani che in certo modo riassumono in sè stessi La vera grandezza detta nostra scuola considerata nelle due sue epoche più feconde,• e vogliamo dire Paisiello e Bossini! Poi riflettiamo: Ea nostra Gazzetta si volle non tanto destinata ad esaltare la gloria musicale dell’Italia {la quale da per sè stessa e senza bisogno di chi la decanti è tra noi già più che sicura d un indubitato dominio) quanto a rendere più divolgala e meno contraddetta da falsi pregiudizii la rinomanza de’grandi stranieri che nella musica addimostrar seppero la forza di un genio se non superiore almeno eguale a quello de’ nostri più famosi. O/ a. chi sia abbastanza giusto da farci merito di aver mirato a questo scopo, certamente non troverà d’accusarci. se nél proposito di offe/ire mano mano de’pezzi di musica scelta mercè i quali fosse dato ai veri amatoli formarsi un’idea cL-tte scuole diverse e de’ varii stili dei sommi che segnarono un’orma speciale nel vasto campo dell’arte. abbiamo voluto avvicendale con quelli dei due insigni italiani or menzionati., i nomi di G lue le. di Beethoven, di Cherubini (a) e di Meyerbeer, (a) Sebbene di nascita italiano annoveriamo Cherubini fra i compositori stranieri perchè le sue più stimate Opere furono dettate nel genere francese o misto,. omero in quel genere che recando l’impronta della spontaneità della fantasia italiana, e il garbo del suo canto, si veste e si amigorisce di quanto vi ha di pensato e di liberamente elaborato nella scuola Alemanna, di brillante e di vivamente drammatico nella Francese. Ma a togliere del lutto il diritto di accusarci di parzialità pei compositori stranieri ci piacque ora scegliere da un’Opera di genere e forme ampiamente italiane. un pezzo tutto pieno di quella pura, e soave melodia per cui tanto è superiore la italiana alla musica de’francesi e de’ tedeschi. L’aria di Cìmarosa - Pria che spunti, ecc.. che ora diamo per ottavo pezzo dell’Antologia Classica, fu sempre stimata il miglior modello che per avventura si possa offrire del canto affettuoso e famigliare, elegante e semplice ad un tempo. sostenuto da uno st.romenta.le pieno di graziosa semplicità senza peccar di grettezza, svariato senza affettazione di intrecci e di studio di parti. Al presente in cui anche i migliori compositori italiani, mirano all effetto teatrale cogli.forzi di ano stile esaltato e credono dar prova di espressione drammatica tentando le modulazioni più astnise e stiracchiate. ovvero. se si propongono il genere elegante e ornato, danno fàcilmente nel barocco o nell affettato, gioverà, speriamo, il porre tra le mani de’ studiosi una composizione ove sono profuse le grazie caratteristiche dell’ottimo fra i generi, melodici. La buona e schietta musica di mezzo carattere è a’ nostri giorni, troppo male coltivata dai compositori e non Ideatamente apprezzata dal pubblico. Netta nostra Gazzetta procureremo al possibile di rimetterla in onore. almeno fra il piccolo cerchio di amatori che si degnano di leggere i nostri fogli ed apprezzare gli sfòrzi che facciamo nello scopo di recar (puniche giovamento al buon progresso dell’arte. L’Antologia Classica è specialmente destinata ad appoggiare col peso degli esempi di fatto il maggiore o minor valore delle nostre teoriche. Il primo volume di questa Antologia, che secondo la promessa sarà di

50 pagine. lo chiuderemo con due pezzi.

uno di Boieldieu.Taltro del gran Mozart, e così avremo dato almeno un saggio di alcuni distintissimi tra i più acclamati compositori moderni. Col venturo anno studieremo a che la scelta, destinata a compire il secondo Volume di essa Antologia Classica, riesca anche più accurata e quindi più accetta e profìcua a’ nostri signori associati. Coloro i quali amano le frivolezze e le nullità filarmoniche. tanto gradite al dilettantismo galante si rivolgano ad altre Raccolte di natura al tutto diversa detta nostra. Noi siamo fermi nel nostro proposito, e non ce ne smoveremo per gridar che si faccia dai nemici de’ buoni studii musicali. G. B. CRÌTICA melodrammatica DIX (ii t llt D1XIX COMPOSIZIOIVI DI MOZART. I. Negli studi biografici da noi dati su Mozart ci venne osservato come questo genio straordinario fino dalla giovine età di ventanni non producesse che composizioni di un merito sì alto da potere essere annoverate fra i modelli i più perfetti dell’arte. Poco più che cinquantanni sono trascorsi, ed esse conservano ancora la primitiva loro freschezza, esse rivelano un’anima al tutto singolare nella sua sublimità, una ispirazione divina di cui nessun esempio era stato offerto dai compositori che lo precedettero. Sebbene profondamente versato in tutte le più sottili astruserie scolastiche (e già lo notammo, ma non è inutile l’insistere su questo punto) sebbene dottissimo in tutti quei raffinamenti tecnici che al suo tempo preoccupavano lo spirito de’più celebri maestri tedeschi e ne paralizzavano in certo modo l’ingegno, lo sfoggio della scienza non poteva essere il solo scopo del genio sì ardente di Mozart, di un genio dotato di tanta potenza creatrice, e sì ricco di ispirazioni melodiche svegliate nella sua fantasia dal primo viaggio da lui fatto in Italia. Egli non poteva più tenersi pago delle sole soddisfazioni della dottrina. Ei sentiva il bisogno di porre nelle sue pitture musicali una simmetria geniale, un’armonia che sempre intimamente si collegasse colle brillanti suo melodie. Ed ecco da ciò emergere quella profondità e a un tempo quell’eleganza di forme che costantemente sfavillano nelle sue composizioni. Perfino la elaborata stromenlazione dei Bach, degli Haendel e degli Basse, codesti grandi modelli sulle cui orme crasi guidato fino all’epoca del pieno sviluppo delle sue facoltà, più non poteva bastargli; il perchè ei varcava tutti i confini allor noli dell’arte sua e si dischiudeva una strada da lui solo conosciuta. Prima di lui l’orchestra non serviva poco più clic ad accompagnare il canto in una guisa ben poco significante, a sostenere le voci, a empire i vuoti. Egli dischiuse un campo novello alla stromentazione e seppe trattare la sua orchestra non più quale schiava sommessa alle parti cantanti, ma bensì come un ramo speciale e importante della composizione, schivando però sempre di favorire gli stranienti a spese della melodia. Mercè questa intima conoscenza delle combinazioni dell’armo [p. 210 modifica]nia, mercè la ricchezza di melodie ond’era inesauribil fonte la calda sua anima, mercè l'ingegno col quale sapeva superiormente distinguere la portata, la natura e il carattere di ciascuno stromento, mercè un discernimento sempre sicuro e un gusto sempre mirabilmente dilicato e un sentire costantemente profondo, Mozart seppe imprimere a tutte le sue Opere un tal carattere di originalità e di ispirazione sublime di cui prima di lui non erasi mai avuto esempio.

Le grandi e caratteristiche bellezze delle creazioni musicali di questo insigne compositore sono di sì alta natura che, come vedemmo, neppure in Germania, ove per più ragioni la sua musica doveva trovare le più vive simpatie, non furono di primo tratto comprese. In Francia il genio di Mozart fu per un gran pezzo poco meno che un enigma. Ma da alcun tempo in qua, i Francesi hanno cominciato a gustare non solo i capolavori di Mozart, ma e quelli ben anche più profondi e fantastici di Beethoven. Ciò è dovuto in gran parte alla raffinata educazione musicale che, grazie agli sforzi della critica illuminata dell’alto giornalismo e delle Società filarmoniche erette a quest’uopo e presiedute da superiori disinteressate intelligenze, va ogni dì più difondendosi e guadagnando terreno.

Ormai a Parigi esiste una classe abbastanza numerosa di apprezzatori del vero bello musicale pei quali il nome di Mozart è onorato di una specie di culto, e alle sue grandiose Opere si tributano omaggi che al tempo in cui egli viveva in quella vasta capitale nessuno avrebbe osato non che predire, ma neppure ideare in un sogno dorato. Questa nuova epoca, questa specie di rivolgimento dell’opinione e del gusto musicale francese in riguardo a Mozart, ebbe principio dai giorni in cui, mercè il raro talento dei cantanti italiani stabiliti in Parigi da sì lunga serie d’anni, il Don Giovanni, questo grande capolavoro mozartiano, potè ivi essere debitamente udito e finamente apprezzato. Ora, colla scorta di alcuni critici, molto addentro versati in simili disquisizioni, faremo di indagare le cause per le quali la musica di Mozart, e in ispecie quella di che si compone l’incomparabile spartito or nominato, venne acquistando tanta voga sullo spirito di un pubblico presso il quale non manca il gran numero di coloro che in fatto di cose melodrammatiche non ammettono per bello se non se tutto ciò che al dissotto di una apparente leggiadria, chiarezza, eleganza e vezzo, nasconde il vuoto e la nullità di vera e originale ispirazione.

II. Nella musica (come in generale e dal più al meno, nelle altre arti) vi ha degli uomini i quali, in forza di un’educazione molto accurata e di lunghe notti vegliate allo studio, acquistar seppero una notevole capacità nella disposizione armonica dei loro materiali. Epperò è raro che nelle loro opere non risulti ammirabile la bellezza elaborata della armonia. Codesti artisti dimenticano nei loro calcoli, i quali troppo spesso degenerar sogliono in futili sottigliezze, che l’armonia non è che una parte delle condizioni necessarie in un lavoro artistico-musicale. Essi sciupano le forze del loro intelletto a disporre con matematica economia le melccole delle loro produzioni, e non s’accorgono in tanto i poverini che questa seria preoccupazione li fa dimentichi di pensare alla bellezza dell'intimo concetto e della libera forma esterna, che sono in sostanza i precipui elementi di ogni creazione geniale. Senza la necessità di spingere troppo indietro lo sguardo nella storia dell’arte dei suoni, è abbastanza notorio che per secoli interi la musica versò in dotte sottigliezze del genere or accennato. La Germania, in ispecie, fino ad un’epoca non di molto dalla nostra lontana, si tenne poco men che inceppata nei lacci di questo falso sistema. Ei fu nella nostra Italia, madre e ispiratrice di tanti genii, ove i compositori di musica, del paro che i pittori delle scuole tedesca e fiamminga, vennero ad attingere sopra tutto le grazie esterne e l’eleganza delle forme. Se non che, e per un'opposta forza di idee, nell'istessa Italia nostra, pel troppo servile culto alle forme esterne della musica, e per la piena sovranità data alla melodia, si venne riducendo poco men che al nulla la costruzione armonica. O, per limitare convenientemente il significato delle nostre parole, diremo che fra noi per lunga pezza dominò la tendenza di far al tutto soggetto l’accompagnamento alla melodia, e di considerarlo quale schiavo passivo di questa anziché quale intimo suo amico e collega. Il primo dei due opposti generi di musica ora accennati è buono per gli artisti, o a dir meglio, per lo studio del gabinetto, e per conseguenza non può contare che su una durata circoscritta; al secondo appartiene la musica effimera, la musica destinata a piegarsi ai capricci e alle esigenze della moda. Ogni melodia cui manchi il succo nerveo di un’armonia profondamente sentita, viene in breve a fastidio e finisce per riuscire tanto disgustosa e insipida all’orecchio quanto lo è all’occhio un abbigliamento passato di moda.

La bellezza esterna, l’eleganza delle forme, congiunte intimamente e inseparabilmente alla bella e non pedantesca simmetria armonica, ecco le principali condizioni costituenti un capolavoro di composizioni musicale. Però non si dica per questo che la sola osservanza di codeste due condizioni bastar possa a produrre una perfetta opera artistica; perocché dipende al tutto dalla tempra del genio dell’artista compositore che le melodie figlie della sua immaginazione e l’armonia che le sorregge appajano all’orecchio dell’uditore quali due parti distinte, facili a separarsi, ed anzi come il prodotto di un fortuito scontro; ovvero che codeste due parti siano assorellate tra esse in guisa che entrambe, per la manifestazione del pensiero, addimostrino di non comporre che un solo ed unico tutto. Ogniquavolta apparirà non essere un’armonia affibbiata ad una melodia che per mero caso, ovvero ogniqualvolta traspariranno gli indizi di un penoso studio, sarà prova certa che il genio e la potenza creatrice dell’artista mancarono al compositore. Nella musica di Mozart le melodie, sì belle, sì ricche, sì profondamente sentite, congiunte, anzi conteste nei tesori dell’armonia, non formano che un solo tutto i cui due elementi, nati dalla fonte medesima, sono uniti in un nodo indissolubile o come a dire l’uno nell’altro compenetrati. Nè in una sola ma in tutte le grandi composizioni di Mozart si ammira questo felice nativo assorellamento dell’armonia e della melodia; in tutte la profondità dell’armonia congiunta a forme sì leggere e aggraziate che svegliano l’ammirazione non del solo intelligente, ma ed anche del semplice buongustaio dotato di artistico istinto, offrono prova del genio di questo compositore straordinario. E soprattutto non dimentichiamo l’istromentazione tanto originalmente improntata nelle opere mozartiane. Nella sua musica d’ordinario ogni stromento è parte più o meno obbligata, e serve a sostenere il canto e a un tempo ad ornarlo e a offrirne l’effetto sotto aspetti diversi. Per quanto brillante e grandiosa si svolga l'istromentazione di Mozart nei suoi molti cori e ne’ suoi mirabili pezzi concertati, non accade pero mai che il canto rimanga soffocato dalle masse dell’orchestra; mai non accade che il cantante sia costretto di sforzare i suoi mezzi di voce, amenochè la violenza delle passioni del personaggio non renda necessaria una espressione più vigorosa.

Oltre a tutto questo nelle composizioni di Mozart si ammira una mente profonda nel concetto e nel disegno generale dell’Opere le quali tutte hanno una loro fisonomia sì speciale, che un pezzo di una data Opera, per esempio, non starebbe che a disagio collocata in un’altra; il che non può dirsi certamente delle dozzinali partiture dei maestri di secondo e di terzo ordine i cui duetti, le cui arie ed anche pezzi di concerto possono porsi fuori di luogo e acconciarsi e ficcarsi in quelle partiture che si vuole senza che punto perdino di quel colorito drammatico o di quella caratteristica impronta che non hanno. Si noti in oltre nelle grandi partiture melodrammatiche di Mozart la varietà degli stili sì bene e sì sentitamente conservata; una grandiosità semplice e antica nell'Idomeneo, un fare eroico e romano nella Clemenza di Tito, le più care tinte orientali, lo sfarzo e la mollezza della vita asiatica nel Ratto del Serraglio, il genere gajo, bizzarro e fantastico nel Flauto magico, i romanzeschi contrasti, il tumulto, le ansie, le voluttà della vita libertina nel Don Giovanni, ecc., ecc. Ben pochi compositori ebbero al pari di Mozart il talento, diremo anzi il genio di imprimere a’ loro spartiti la tinta più propria all’indole del soggetto del melodramma, e sapere nelle forme dello stile cantabile, dello stromentale, dell’armonia trasfondere l’idea dominante di esso. Fra i contemporanei italiani, forse il solo Bellini ebbe di mira costantemente questo pregio dell’unità e impronta dominante nella tinta generale, conforme alla natura dell’argomento drammatico musicale. Fra le tante meravigliose partizioni di Rossini primeggiano a nostro dire per questo raro vanto, il Mosè, il Conte d'Ory, il terzo atto dell’Otello, e sopra tutti il Guglielmo Tell, nel quale i vigorosi e semplici costumi pastorali della Svizzera, quella natura selvaggia e grande, sono ritratti con rara evidenza dal linguaggio e dalla potenza descrittiva della musica.

III. Se non che nelle più vantate partizioni di Mozart un altro ordine di bellezze fermò sempre lo sguardo dei buoni osservatori, vogliam dire la evidente fedele pittura dei caratteri. Ella è questa una qualità ben rara nei compositori italiani della vecchia scuola, rarissima in quelli dei nostri giorni, se ne eccettui il già nominato Rossini in alcune delle migliori sue Opere, Bellini in quasi tutte, Donizetti in pochissime, Mercadante forse in una sola. Nè valga il dire, che volere che la musica possa ritrarre i diversi caratteri morali sia più che altro una pretesa delle fantasie estetiche esaltate; poiché chi si darà la pena di osservare con qualche attenzione [p. 211 modifica]ed acume alcuna delle migliori Opere di Mozart, che in questo fu sommo, e sopra le altre il Don Giovanni, rileverà con sua meraviglia che 1 or accennata possibilità q di musicale pittura de’ caratteri è tutt’altro che una chimera. Diremo anzi di più: codesta arte di ritrarre i caratteri, in Mozart non solo si rivela allorachè la musica accompagna le parole de1 personaggi, e quando disposa i suoi accordi ai concetti della poesia^ ma ed aqche la sua musica sgomentale è improntata Mi questo speciale marchio. E in fatto si oda. a cagion d’esempio, l’ouverture del Don Giovanni, or nominato, e si dica se tutto in questo pezzo non reca una fisonomia interamente propria a preparare lo spirito allo spettacolo delle bizzarre e romantiche avventure di questa personificazione della dissolutezza e della galanteria spensierata? A nessun’altra Opera potrebbe essere premessa quest’ouverture senza che si commettesse il più grosso controsenso, poiché ella fu fatta pel Don Giovanni e tutto in sé stessa ne riflette il carattere, come l’imagine di un perfetto dagherrotipo. In nessun altro pezzo il genio di Mozart splendette di più calda potenza creatrice. All’occhio del semplice intelligente estetico è una creazione musicale ridondante di giovinezza, di freschezza, di piccante originalità, nella quale si affaccia con evidenza affascinante la pittura compendiata di un uomo frivolo, audace, buono e malvagio ad un tempo, sul cui capo la mano di Dio o tosto o tardi si graverà inesorabile}... pel conoscitore tecnico ella è una composizione dotta e perfetta in cui tutte le combinazioni del contrappunto semplice o doppio, fino al canone con imitazioni, non che tutte le risorse stromentali venner profuse. Codesto genio che sì vivo sfavilla nell’ouverture lo scontriamo in tutta l’Opera. Con quanta verità, con quanto sentimento profondo non è dipinta l’anima addolorata di donna Anna? Quanto non sono strazianti gli accenti coi quali, sul cadavere del padre di fresco ucciso in duello da don Giovanni, ella proferisce queste parole: Il padre, il padre mio, mio caro padre! Quanta evidenza e fedeltà nella descrizione dell’assassinio, nell’incomparabile recitativo Era già alc/uanlo avanzata la notte? Severo e pieno di dignità è il modo col quale ritrae il dolore di Elvira abbandonata nelle parole Ah faggi il traditole! La ingenuità contadinesca di Zeriina non è essa indicata con colori caratteristici nell’aria: Batti, batti, o bel Masetto, e la ridente giocondità della vita campestre nel leggiadro canto: Giovinette che fatte all’amore? Qual marcato contrapposto di carattere fra il fare sì giulivo di questo pezzo e quello più grave del ballo di Don Giovanni nel coro Viva la libertà, ovvero nel minuetto! Per ultimo con quanta filosofia e poetico sentimento non sono delineati i caratteri morali de’ due principali personaggi, quello del giovine libertino, e l’altro di Lepprello il suo valletto? In questo la stanchezza di una vita sempre in affanno e brighe: Notte e giorno faticar! Nell’altro i disordini della crapula: Fin che dal vino calda han la testa.,• in Leporelio la vigliacca paura de’ pericoli e le ubbie dell’uomo volgare, in Don Giovanni il coraggio cavalleresco, la impertinente irli* reflessione. L’amore ai piaceri iuebbrianti della vita, il fino accorgimento e la spensierataggine di Don Giovanni formano di lui l’eroe principale del dramma} Leporello trascinato suo malgrado a partecipare — 211 alle bizzarre avventure del suo padrone, riesce più comico per la sua vilgiaccheria che non per la sua astuzia da vecchio mariuolo. Questi due caratteri sono dipinti nella musica di Mozart colle più dilicate sfumature, con una verità drammatica e una espressione che mai non vien meno, a cominciar dall’introduzione fino all’ultimo finale. Grazie alla grande sua superiorità ne’ più astrusi studj della parte tecnica e scientifica dell’arte, Mozart poteva e sapeva servirsi con assoluto dominio di tutte le menome risorse di essa. Per riassumere le nostre opinioni intorno a questo capolavoro mozartiano, diremo che non solo fu esso sempre la delizia di tutti i pubblici intelligenti ai quali fu prodotto colla perfetta e superiore esecuzione che si richiede a degnamente interpretarlo, ma lo si considerò anche come il codice venerato, come il modello più sublime dai pochi compositori capaci di comprenderlo e di ammirarlo. Secondo l’opinione di un critico al cui giudizio sottoscriviamo pienamente, il Don Giovanni di Mozart è nella musica drammatica ciò che nella pittura è la Trasfigurazione di Rafaello. B. STOMA BKIXi «l’SIC l Rivoluzioni dell’«rrhesira VIZII DELLA MODERNA STROMENT AZIONE CONSIGLI! E PROPOSTE t«). Ma, giusti nel tributare i debiti elogi al talento superiore di Ilossini, ne è pur duopo confessare che le proporzioni dell’orchestra furono da lui sbilanciate coll’uso troppo frequente degli strumenti più forti della medesima. 11 fondamento primo dell’orchestra sarà sempre il violino ed il contrabasso} ma perchè il loro numero non venne mai sinora alterato ne’ teatri delle primarie città d’Europa, avvien pur non di rado che la sonorità degli stromenti da corda resti soffocata sotto quella dei flauti, degli oboe, dei clarinetti, dei fagotti, dei corni, delle trombe, dei tromboni, dei timpani, della gran cassa e dei triangoli: al Grand’Opéra di Parigi, pel gran numero dei violini e dei bassi, non è tanto notabile un tal difetto} ma egli è già sensibile al Teatro Italiano, e ben di peggio avviene nei teatri provinciali. Intanto non è sempre possibile di accrescere le masse proporzionatamente: la scarsezza degli artisti vi si può opporre. Egli è adunque assai trista cosa 1 aver duopo di un eccesso di effetti, i quali poi terminano col danneggiarsi vicendevolmente. Ma supponendo la possibilità di stabilire ovunque le giuste proporzioni dell’orchestra, una quistione a decidere si presenta, ed è la seguente: fatta astrazione dallo spirito creatore del vero genio, in qual modo si potrà appagare la brama oggimai tanto crescente di effetti istromentaìi? Se ne otteranno forse di novelli aumentando i mezzi di produrre strepito? No del certo, poiché questi stessi mezzi sono interdetti, quando non s ingrandisca il diametro dei tamburi e dei timpani. D’altronde il diletto per lo strepito si perde, come quello d’ogni altra cosa. E ben maggiori difficoltà si avrebbero pure a superare nel volere indurre il pubblico ad aggradire la semplicità deli’istromentazione di Paisiello e di Cimarosa, poiché osserviamo in oltre che a sot(a) Vedi i IV. 40 e 42 di questa Gazzetta. tomettere l’istromentale a questo passo retrogrado, vi vorrebbe un genio più grande di quello che già abbisognò onde portarlo alla moderna perfezione. Che resta or dunque a farsi? Ecco le nostre idee a tal proposito. La varietà è ciò che più vivamente si desidera nelle arti} ma ella si ammira pur difficilmente in queste: mezzo valevole ad ottenere più graditi effetti dell’orchestra sarebbe pertanto lo studiare il più possibile la varietà nell’istromentale, in luogo di adottare in ogni composizione il medesimo sistema, quello cioè che si è praticato dall’invenzione del melodramma sino al presente. Tutte le Opere del secolo XVII sono accompagnate da violini, da viole e da bassi di viola. Verso il principio delXVIII s’introdussero i bassi, i flauti e gli oboe} in appresso accrebbero le risorse} ma le forme dell’istromentazione rimasero pur sempre subordinate ad un medesimo disegno fino a’ nostri giorni. Ora è ben raro l’udire un’aria, un duetto, una romanza clic.non sieno accompagnati da due parti di violini, da viole, da violoncelli, da contrabbassi, da flauti, da oboe, da clarinetti, da fagotti, da corni, ecc. Una sì fatta ostinazione nel voler riprodurre sempre i medesimi suoni, debbe essere pur causa di fastidiosa monotonia. Ma e perchè mai con mezzi più validi non si prende ad imitare la felice idea di Monteverde, il quale coll’aiuto della varia natura degli stromenti fra loro diversi seppe prestare ad ogni pezzo una particolare fisionomia? (t) Si udirebbero arie, duetti, romanze, e persino quartetti accompagnati da soli stromenti a corda, oppur anco da un’unica specie di questi come da violoncelli, o da violini, o da viole, o finalmente da due quartetti d’arco, uno de’ quali servisse a suoni sostenuti, l’altro a suoni pizzicati. Sarebbe parimente opportuno l’impiegare soli flauti, o clarinetti, od oboe uniti a corni inglesi, o a fagotti. Ma onde prevalersi vantaggiosamente di tali mezzi, sarebbe duopo il dar compimento ad alcuni sistemi di stromenti, come de’ flauti e de’ clarinetti. La classe degli stromenti da corda offre un sistema completo nei primi e secondi violini, nelle viole, nei violoncelli e nei contrabbassi. L’oboe, che si divide sempre in primo e secondo, ha per quinta il corno inglese, per basso il fagotto, e per contrabbasso il contrafagotto: finalmente gli islromenti di ottone possiedono pure un doppio sistema completo, quello delle trombe ordinarie, de’corni e dei tromboni (il suono de’ quali viene modificato dalle labbra), delle trombe a chiavi, ecc. Ma di simili vantaggi non godono il flauto ed il clarinetto. Iwan Mùller, cui è dovuto il perfezionamento di questo ultimo, ha pur inventato il clarinetto-viola, e ha dato opera alla costruzione di un clarinetto-violoncello. Non sono ancora comunemente noti i frutti delle sue ricerche, ma sarebbe vantaggioso ch’egli arrivasse a perfezionare i suoi disegni. A riguardo dei flauti, potrebbesi usare un mezzo valevole a supplire alle loro mancanze: sarebbe quello di avere nell’orchestra un piccolo organo munito dei registri varii ai flauti, sì a becco che traversi. Quella varietà di effetti istromentali che noi proponiamo, potrebbesi usar con vantaggio non solo nell’accompagnati) Vedi l’articolo antecedente nel N. 42 di questa Gazzetta. [p. 212 modifica]mento dei varii pezzi di uno spartito, ma in quello ben anche delle scene a recitativo. I1 concorso poi di tutte le risorse servirebbe alle situazioni forti ed ai finali, ecc., l'effetto istromentale sarebbe più grande, quanto più raro questo concorso di tutte le sue risorse.

Ma tutto ciò non costituisce il genio - si dirà da taluni. Noi lo sappiamo, e che così sia troviamo ottima cosa; poiché se con soli sistemi si potesse crear buona musica, questa non sarebbe più un’arte, e nessuno vi baderebbe. Ma perchè non offrire a questo genio, senza del quale nulla si crea, tutti quei mezzi e vantaggi che dall'esperienza e dalla riflessione vengono somministrati? Perchè circoscriverne i dominj? Limitate Rossini e Mozart ad usare nelle loro composizioni il solo accompagnamento del quartetto d’arco, come già fece Pergolese; quei grandi uomini vi sapranno pur trovare eccellenti canti, ben anco armonie eleganti, ma non sarà loro mai dato di produrre quegli energici effetti che con tanti capolavori ci hanno fatto ammirare. Come immaginare per esempio l’esistenza dell’ultima scena del Don Giovanni, o del finale del Mosè, col solo accompagnamento di violini, viole e bassi? Senza dubbio gli ottimi effetti che questi pezzi producono sono il risultamento di un istromentazione grandiosa di cui il genio ha saputo prevalersi. I grandi maestri delle antiche scuole hanno essi pure inventato effetti di un altro genere, abbenchè con mezzi più semplici. Ed ecco perchè si vorrebbe che questi mezzi usati con vantaggio dagli antichi non venissero ora dimenticati. È d’uopo usar di tutto: quanto rimane poi a farsi ancora è opera del talento. È osservazione generale nel teatro che i pezzi di musica a sole voci senza accompagnamento piacciono sempre quando sieno ben cantati. Questo effetto è la naturale conseguenza dell’uso di diversi mezzi, indipendente persino dalla maniera più o meno felice con cui il compositore se ne prevale.

Dalla parte istorica dei tre articoli che abbiamo dati intorno alle rivoluzioni dell’orchestra noi abbiamo potuto apprendere lo sviluppo, i progressi dell’istromentale sino alla moderna perfezione: or si domanda: sarà egli possibile il progredire più oltre? Noi non lo crediamo. Che resta quindi a farsi onde evitare la monotonia? Ecco l’intera quistione. Crediamo scioglierla proponendo di gettare uno sguardo all’indietro, non per abbandonare ciò che già possediamo, ma per arricchirci di ciò che si è abbandonato.

CRITICA

DE' COMPOSITOISI-PIANISTI ITALIANI

ed in ispecie di Golinelli.

(Vedi il foglio N. 48 di questa Gazzetta).


Tutti gli Italiani alcun poco avanzati nello studio del pianoforte riconoscono Stefano Golinelli per uno de’ primi compositori-pianisti. Certamente egli è un artista molto distinto in giovane età, divenuto tale per la più felice organizzazione, per una rara intelligenza, per squisitezza di sentire e per indefessi studj sul proprio istromento, dapprima ben diretti dall’egregio Corticelli, in seguito da sè solo continuati colla scorta del suo buon gusto e coll’efficacia di una speciale perseveranza. Nessuno fra quelli, che or sono circa tre anni, ebbero la fortuna di udirlo in Milano avrà dimenticato l’effetto da lui prodotto nelle sale de’ principali nostri cultori di musica interpretando i primi suoi lavori, e con qual modo esimio egli sapeva alle volte innalzare il restìo suo istromento alla potenza della voce. D’allora in poi la sua riputazione si accrebbe e si consolidò collo svilupparsi del suo ingegno e coll’acquisto di nuove cognizioni, ed egli per una straordinaria agilità di dita si rese di tal fatta superiore alla parte meccanica dell’esecuzione, da sembrare per lui un trastullo, le più astruse difficoltà di maneggio. La maniera con cui Golinelli attacca la nota è tutta sua propria: a nostro credere essa deriva in ispecie da una grazia in lui innata e da un intimo e giusto sentimento. Di questi sì rari pregi, i quali a preferenza fan della musica un’arte incantatrice che persuade la mente ed alletta l’orecchio mentre commove il cuore, risentonsi pure le sue composizioni, in cui rimarcansi non volgari bellezze ed evidentemente scorgesi che l'autore mirò a basare il loro risultato sull’incanto delle melodie, e sulla varietà ed il contrasto di un ben graduato e chiaro colorito tanto nel complesso de’ pezzi che nelle singole parti di ciascuno. I movimenti usati dal nostro pianista, anche ne’ più difficili suoi lavori, han nulla d’intricato e confuso in quanto al maneggio, sempre procedono con spontaneità e regolarità e senza alcun stento ponno eseguirsi: tanto bene sono adatti alle risorse dell’istromento in questo, come Döhler, meritandosi parte delle lodi in singolar modo tributate a Thalberg, le cui opere-modello dal Golinelli vengono all’entusiasmo apprezzate e son fatte soggetto di perspicaci studj; per il che non è a meravigliare se non di rado si travede l’influenza di una tale ammirazione nelle forme ed in varj passi di alcune sue produzioni.

Noi qui non intendiamo passare in rivista tutto ciò che il Golinelli fece di pubblica ragione. De’ tre Notturni, delle dodici Melodie caratteristiche, del primo Capriccio che sì bene compiesi, della vivace Festa abbiamo già tenuto discorso in questa Gazzetta e l’interesse che fra noi destarono ne è sicura prova del loro merito, più notevole in quanto da un’opera all’altra si rinviene sempre progresso, anche nella concatenazione de’ diversi squarci e relative modulazioni, il lato meno facile pel nostro valente maestro. Accenneremo solo al secondo Capriccio ed alle Reminiscenze della Lucrezia Borgia, or ora edite presso Ricordi, non senza prima avvertire che Golinelli togliesi da quegli istromentisti, pur troppo al giorno d’oggi sì numerosi che per mancanza d’idee proprie continuamente ricorrono agli altrui pensieri, e così saccheggiando proprietà d’altri, mettono insieme dei pezzi che non si ha poi rossore d’intitolare grandi fantasie!! Fra dieci opere da lui pubblicate non contansi che due sopra spartiti applauditi in teatro.

Il secondo Capriccio è concepito con altrettanto di eleganza che di passione, ed è atto a far spiccare l’anima ed il gusto più che la bravura dell’esecutore. Il commovente andante offre una cantilena la più semplice ed espressiva la quale di viemaggiore venustà s’infiora congiungendosi a tratti ed accompagnamenti che sembrano quasi esprimere ora i gemiti del dolore ed ora l’ansia della desolazione. Mercè un ben graduato attacco, al mi subentrando il tuono di si, la melodia ritornerebbe alla primitiva sua vaghezza se non dovesse eseguirsi a trillo. Nell’attraente finale le frasi del suaccennato andante risuonano più che mai pompose ed energiche fra il succedersi di brevi scale ad ottave in ogni battuta imitanti l’eco. Per formarsi una vera idea di questo Capriccio bisognerebbe averlo inteso eseguito o meglio cantato dal suo autore, allora ognuno potrebbe con noi unirsi nell’affermare che ad onta di una introduzione di carattere differente dal resto, questo pezzo è degno de’ maggiori encomj.

Nelle Reminiscenze della Lucrezia Borgia dopo poche battute il cui ritmo ci fa presentire il largo del terzetto, dal quale più tardi verremo deliziati, il compositore porge la soave romanza «Oh come è bello!» il cui motivo, sorpassati alcuni incalzanti passaggi, vien ripetuto ed incantevolmente svolto fra il prestigio di seducenti arpeggi e modulazioni. Il movimento si anima, ed irrompono alcuni passi dapprima impetuosi, che poi a poco a poco calmansi e finiscono perdendosi in un cupo tremolo, che dà adito al tema «Nella fatal di Rimini» messo ad accordi per acciaccatura e con tale magistero di colorito che pare di udire il susurro di una lontana schiera di armati che mano mano avvicinasi, divien maggiore; in ciò Golinelli dimostrando di non pensare solo al meccanismo, ma bensì all’uopo di saper farsi carico della parte poetico-imitativa della bell’arte. Infine egli s’impadronisce dell’ammirabile trio, facendoci palpitare a’ comandi dell’atroce duca, alle preghiere della desolata Borgia ed alle tenere illusioni di Gennaro: melodie interrotte da un poco più mosso (d’esclusivo effetto per l’istromento e per l’esecutore) che in certo qual modo serve a dar maggior risalto alla successiva replica dell’istesso canto fra l'agitarsi di accordi a grande estensione, i quali vanno arpeggiati con rapidità e fra il rimbombar di robusto accompagnamento. Queste Reminiscenze che esigono un animato suonatore di prima forza, non possono mancare di esser accolte nelle società con pieno favore, e di ottenere i generali suffragi. Tutto concorre in esse a farle sicure di successo: popolarità ed espressione di motivi, varietà di andamenti, spontaneità, chiarezza, imponenza di passi.

Disceso nella tomba Corticelli, ad unanime consenso Golinelli fu chiamato a succedere al proprio precettore nella carica di maestro di pianoforte nel Liceo musicale di Bologna, stabilimento che va risorgendo a nuova vita per le provvide sollecitudini dell’unico che come aquila sopra tutti gli altri maestri s’estolle e del cui nome pieno è il mondo. Ora il nostro artista, ottenuto un breve congedo, passò a visitar la ridente Napoli per darvi pubbliche prove di quanto ei sia innanzi sul pianoforte, ed i partenopei filarmonici non potranno a meno di rimanerne ammirati. Il più splendido avvenire attende il giovane e studioso Golinelli.

Is. C.......


VARIETÀ.

UN AUTOMA-SOPRANO


Dicesi che un meccanico d’una piccola città della Svezia abbia terminata la costruzione di un automa che imita a tutta perfezione la voce umana e quella special[p. 213 modifica]mente del soprano. Esso canta molte arie di bravura con tanta grazia e facilità quanta non saprebbero mettercene la più parte delle nostre prime donne di cartello che si fanno pagare venti mila franchi, valuta fina, per stagione. Trilli, volate, scale semitonate, gruppetti, il tutto eseguisce l’automa-soprano con una finitezza da far stupore ai nostri più accreditati maestri di Bel canto. In oltre ha l’abilità di sillabare tutte le parole in modo intelligibile, e non smozzicandole o guastandone 1'ortografia e 1'accento, come accade tanto spesso colle signore soprani-non-automi. La scoperta del meccanico svedese sarà molto utile agli impresarii nelle seguenti occasioni:

I. Allorquando qualche prima donna o per sciocchi capricci, o per dispetti, o per accessi d'alterigia non vorrà assumere la tale o tal altra parte d'Opera, benché ad essa convenientissima, per giudizio dei maestri di ciò incaricati. In questo caso 1'Impresario non se la piglierà calda: avrà lì pronto il suo bravo automa-soprano, il quale supplirà alla signora prima donna incapricciata, e desterà furore in vece di lei. La signora prima donna dai ghiribizzi diventerà senza dubbio gelosa del fantoccio, e si affretterà a metter da parte le sue goffe pretese;

II. Allorquando qualche prima donna, così detta di cartello, gonfia di superbia e guastata o ingannata dalle adulazioni e dai falsi consigli de’ spasimanti, pretenderà un esorbitante paga e vorrà dettar all'Impresario patti bestiali; e l’Impresario le volterà le spalle e farà tirar fuora dalla sua cassa l’automa-soprano;

III. Nel caso di finte malattie, di vapori, di deliquii simulati; nel caso di mali umori col tenore o col basso, di ire o di gelosie col contralto o colla comprimaria, di dispetti e di collere col maestro, di rabbie e di furori coi giornalisti schietti e sinceri nella critica, avari e difficili nelle lodi; in tutti questi casi l’automa-soprano farà gran servizio, tanto più se si consideri che con qualche migliajo di franchi potrà comprarsi in proprietà dal meccanico fabbricatore e non ci sarà bisogno nè di scritture, nè di contratti, nè di garanzie, nè di commendatizie, ecc...

Sarà poi molto utile al pubblico l’invenzione dell’automa-soprano ogniqualvolta, infastidito o dalle incessanti stonazioni, o dal cantar sforzato, o ansante o convulsivo che si voglia dire, tanto di voga a’ dì nostri, chiederà per acclamazione all'Impresa che alla tale o tal’altra prima attrice, venuta in uggia pei difetti or accennati, si sostituisca un bravo e buon fantoccio il quale eseguisca la sua parte senza dar in tante smanie tragiche e senza metter timore che abbiano a schiantarsegli la laringe o i bronchi. Altra circostanza in cui, a favore del buon senso del pubblico, potrà usarsi con molto vantaggio dell’automa-soprano sarà alloraquando qualche prima donna, esaltata dal giornalismo, coronata di allori, tempestata di mazzi di fiori e di sonetti, interpreterà tutt’al rovescio qualche parte drammatica d’importanza e darà, per esempio, alla Norma di Bellini il carattere di una massaja svizzera, o alla Beatrice quello di una piagnolona, o alla Lucrezia il fare di una vivandiera da reggimento. In questi casi (molto meno rari di quel che si crede), sarà ben fatto ricorrere all’automa; perchè se questo povero artista fabbricato di legno e di suste d’acciaio non potrà avere l’intelligenza di un essere vivo, e quindi mancherà della giusta espressione nella interpretazione della sua parte, almeno non ce ne darà una al tutto opposta alle idee del poeta o del maestro; e questo sarà il meno male, perchè si può comportare molto più in pace un attore che non sa mostrarsi abbastanza ispirato, che non quell’altro che si ispira a rovescio e si smania per far tutto il contrario di ciò che deve fare.

Ci accadrà di dover enumerare in seguito altri casi ne’ quali sarà utilissimo servirsi della bella invenzione del meccanico svedese, a favore del quale vorremmo veder presto decretata una medaglia col motto: «Al Prometeo degli Appaltatori Teatrali» O.


CARTEGGIO.


Signor Estensore.

Inseriamo qui alcune lettere pervenuteci in questi ultimi giorni, e non prive di qualche interesse. Se ciò aggradirà a’ lettori continueremo a pubblicare questo carteggio privato avviato nello scopo di dar varietà e ricchezza di notizie alla nostra Gazzetta.

Milano li... Nov.


«Fui de*primi ad abbonarmi alla vostra Gazzetta Musicale nella lusinga che aveste ad esercitare una ci idea severas, mordente, instancabile! E sì che il campo da mietere vi si offriva innanzi sufficientemente ricco! Perdonate se vi dico con franchezza che non avete corrisposto alle mie aspettative. Qui e cpia, quest’è vero, non avete mancato di menare qualche colpo di slafile-, a varii intervalli vi siete riscosso dalla pietosa vostra quiete per lanciare qualche frecciata a questa o a quella celebrità musicale.... Ma metteste tanto studiato garbo nelle vostre critiche, dispensaste con tanta mollezza quelle poche sferzate che vi accadde di regalare, che davvero mi fecero più dispetto che altro!... Io non vo’ saperne di tutte le belle ragioni che addur potreste a vostra scusa... Questo ben mi so che ogniqualvolta aveste a par lare dei nostri signori virtuosi primar ii della Scala deste prova di tanta rassegnazione e pazienza da far meraviglia, per• non dir di peggio. E a cagion di’ esempio le poche frate che vi occorse di far molto di madamigella Abbadia, perchè non le diceste chiaro e tonilo che è bensì vero che la natura V ha favorita di molti bei doni di voce e di sentimento, che il suo visino è simpatico tutto quel mai, ed espressivo il suo sguardo e geniale i.1 suo sorriso, e che insomma ella è fornita a dovizie degli elementi migliori per• riuscire una grande artista... Ma quanto a scuola di canto e di scena!... Fate che un intelligente di musica capiti a Milano per- caso e vadi la bella prima volta ad udire la signora Abbadia nel Corrado! Qual giudizio dovrà recare dilei al sentire Vansia affannala colla quale eseguisce il primo recitativo, gli sfor’zi di petto e di gola coi quali adopera a imporne al pubblico nell’adagio e nella stretta della cavatina! Ma che dico io cavatina?... variazione di clarinetto, concertino di flauto, scherzo di bravura per pianoforte, posso ben chiamarla e non cavatina! E la signora Abbadia non si accorge che a voler mettere impegno di polmone e di cuore per eseguire un sì barocco genere di musica è la maniera più certa di guastare ogni miglior metodo di canto, di perdere la freschezza di voce e spontanea agilità di gola! È fatale all arte del canto la cieca ambizione che agita i giovani nostri virtuosi di voler- a tutta forza rapir-e o a dritto o a rovescio gli applausi del pubblico. D’ordinario in teatr o chi fa strepito di mani e di piedi non sono mai i veri intelligenti, ma i più materiali e presontuosi dittatori di platea, ignari affatto de’ principi del vero buon gusto. Costoro misurano il valore di un artista, massime se in gonnella, dall’impelo più o meri violento col quale sa gettar- fuori la voce... Una scalata cromatica, un giuoco d’arpeggio, un’agilità barocca ove o tanto o poco si vegga superata una certa quale difficoltà meccanica da strornento più che da voce umana, e l’artista, è sicura di mettere in delirio le prime file ed il loggione! Che manchi poi la buona intonazione, che quelle scale siano zoppe, che quelle agilità difettino di gusto e di buon accento, che que’ trilli si possati dir strilli più che altro, che quelle voci acute offendano il timpano, che quella pretesa all’espressione sappia di caricato e di falso, tutto questo non fa nulla. I dittatori di platea non la guardano sì pel sottilej e se hanno presa una giovine vir tuosa sotto la loro speciale protezione, ella è sicur-a di poter farne di grosse quanto vuole, e quanto più lefar à grosse e tanto maggior- numero di volte sarà chiamata fiori a ringraziare i fanatici suoi ammiratori... E vano che vi parli dei tr isti frutti che si raccolgono da simili fortune tanto imprudentemente ambite dalle inesperte nostre celebrità teatrali. In altra mia lettera farò di tir-ai- innanzi su questo fecondo terna che in buon, punto ho tiralo a mano. - Intanto vi saluto e mi pr eparo a tirar giù quattr o altri scarabocchi da far- seguito a questi, se /rerò mi farete P onore di inser ir li nella vostra Gazzetta. T. G. Maestro di Solfeggio — Losmu 15 Novembre *... Due parole in fretta in fretta ( o a fuggi fuggi, come direbbe un linguista) intorno ai teatri di questa gran capitalo, ove mentre si agita il mondo politico, estende le vittoriose sue braccia, da un lato sui lidi della China dall’altro nel cuore dell’india, non lascia però di solazzarsi colle più innocenti arti date all’uomo per innamorarlo della pace.... Per donatemi questo piccolo esordio tìlosofico-polilico, ed uditemi. — A Drury-Lane tutto va a rovescio. - Macready, quel grand’attore inglese elle sapete, che chiude c riapre il suo teatro a capriccio e come si farebbe di una stanza al quinto piano, ha posto il pubblico di cattivissimo umore. Per compenso Covoni- Garden fa ogni maggior sforzo a rendere brillanti le sue serale. L’Opera o la tragedia gareggiano di zelo non mai di relaches. La traduzione in inglese del Matrimonio Segreto del nostro divino Cimarosa, ottenne martedì scorso un clamoroso esito. La fu un’idea bizzarra se volete, ma felice questa che saltò in capo a Bencdict di far gustare ai scrii londinesi lutti i vezzi della melodia e lo squisito e dilicato homour della?musica del cigno napolitano. La parte di Carolina c delta con molto garbo da una certa miss Kemblc, che ha sfoggiate tutte le fioriture e le agilità con tal coraggio da crederla un’allicva di uno de’ nostri gran Conservato™. - Si dice che vogliansi rappresentare tradotti anche gli Orasi e * Curiazi del medesimo Cimarosa. Fate prosperare la vostra Gazzella ch’io ricevo e leggo sempre con piacere, e credetemi tutto vostro» A. L. — F:iscoponTK sur. JIeso 7 Nov. • Per soddisfare il vostro desiderio di notizie musicali, comincierò a dirvi che Halle, (pianista distinto, venutoci da Parigi) ha dato tra noi una grande accademia alla quale suonarono egli, Hiller, e Mcndclsohn un concerto a tre pianoforti di Sebastiano Bach (nientemeno che musica centenaria!) il quale ai nostri dotti musicofili piacque infinitamente. [p. 214 modifica]A voi."altri bravi Milanesi"avvezzi alle cavatine e alle arie donizettiane piene di leggiadrie e di fiori melodici, farà senso che tra noi possa aggradirsi questa specie di vecchia musica classica. Ma che volete! Ciascuno ha i suoi gusti. È della musica come della lettura... Chi si diverte coi romanzetti alla Balzac, chi colle lezioni filosofiche alla Cousin: il tutto sta nell’educazione che s’è avuta... Beati coloro che furono musicalmente educati a non dilettarsi che di caballette, e motivi da contradanze! Tiriamo innanzi colle notizie - Parecchi artisti italiani si recarono a visitare le contrade del Reno e del Meno con maggiore o minor fortuna. Mi limiterò a citarvi Bazzini, l’ottimo violinista, e Ronconi. Avemmo anche Thalberg, il quale non si fece sentire che ad una delle nostre serate musicali. Passò quindi in Inghilterra, tutto sollecito di mutare il paese dei fiorini in quello delle ghinee. — Döhler dà qui un concerto oggi stesso - Ve ne informerò con altra mia. Il vostro amico, il bravo maestro Hiller, ha pubblicato qui una composizione musicale d’un genere nuovo destinata ad aver molta fortuna in Germania non solo ma ed anche in Italia, voglio dire, dei quintetti senza accompagnamento per due bassi, due tenori ed un soprano. Ve ne spedirò quanto prima un esemplare, e il vostro Ricordi farà bene a procurarne a’suoi concittadini una versione italiana, e dico farà bene perche questa la è musica che deve piacere anche al gusto dei dilettanti del genere melodico.

G. G.




NOTIZIE ITALIANE — Genova. Camillo Sivori di ritorno dal brillante e proficuo suo viaggio a Vienna, Berlino e Pietroburgo diede un’accademia nel maggior teatro di questa sua patria ove eseguì un bel concerto di sua composizione, la Preghiera del Mosè sulla sola quarta corda, fantasia dell’incomparabile suo maestro Paganini ed il Carnovale di Venezia. In ogni pezzo seppe vivamente gradire al pubblico, che desiderò la replica del Carnovale, vivacissimo capriccio, in cui il valoroso violinista parve superare sè stesso. Tutti rimasero meravigliati della felice modificazione operatasi ne’ modi esecutivi del Sivori il quale aveva sempre mostrato una troppo evidente e viziosa tendenza a sorprendere collo sfoggio d’immani difficoltà: ora egli, fattosi accorto che senza espressione la musica può quasi dirsi un vano suono, a quel linguaggio divino s’ispirò e seppe meritare il titolo di ottimo artista. Parigi e Londra che, or sono circa quindici anni, ammirarono il precoce ingegno del Sivori, quanto prima potranno trovar pienamente avverate le belle speranze che di lui avevano concepite.

— FIRENZE. Gli allievi delle Scuole di musica dell’Accademia delle belle arti nello scorso autunno formarono eletto trattenimento della Villeggiatura della Corte nell’I. Villa del Poggio a Cajano. Il valente maestro Ceccherini come capo e direttore ha diviso i suoi alunni in tre compagnie, ciascuna delle quali a vicenda eseguì un’Opera buffa nel teatrino di quella villa che tre volte la settimana si aprì a’ divertimenti musicali a cui si poteva esser ammesso mediante biglietto d’invito. La scuola di violino, che tutto deve all’egregio cav. Giorgetti, ha fornito all’orchestra non meno di una ventina di suonatori. Le Opere furon fatte venir da Napoli e benché non recenti, nè a dir vero qui molto note, pure nel loro genere assai aggraddirono. Una fu l' Anno e un giorno, l’altra il Ventaglio del maestro Raimondi, la terza che più fralle altre brillò s’ebbe ad intitolare - Il ritorno di Gennariello (aliàs Pulcinella poi Columella) dagli studj di Padova scherzosa musica del Fioravanti figlio. — II sopranominato Giorgetti non è meno abile maestro di violino, che dotto e imaginoso compositore. Le sue opere istromentali sono già apprezzate fra le migliori in Italia. Egli adesso, rivolti i suoi studj alla musica sacra, a quel sublime genere in cui l’uomo, celebrando l’immensità di Dio, può innalzarsi alla più elevata meta musicale, scelse il Dies irae che musicò a quattro voci con accompagnamento d’orchestra, e ne affidò la pubblicazione all’Editore Lorenzi. Quest’opera, la cui associazione importa 5 fiorini toscani, non mancherà al certo di venir ricercata da chi coltiva la bell’arte, in ispecie da ogni maestro di cappella: il nome dell’autore ne assicura del distinto suo merito.

— ROMA. L’Accademia di S. Cecilia, una delle più celebrate unioni musicali d’Europa, non è guari nella grande Sala del palazzo detto di Venezia fece eseguire per ben sette volte lo Stabat Mater di Rossini in un modo degno di quel tanto decantato capolavoro. La numerosa orchestra componevasi da’migliori professori della città sotto la direzione del maestro Angelini, e tanto essa quanto i cori, a cui presero parte non pochi dilettanti, presentarono un complesso tale che Roma in nessuna altra occasione ha veduto l’eguale. Indescrivibile effetto produsse la musica ed in ispecie l’introduzione sì patetica e maestosa; il coro a voci sole, immenso per concepimento e per fattura; l'inflammatus, divina ispirazione, ed il mirabile quartettino senza accompagnamento. Nell’interpretare lo Stabat si procacciarono applausi vivissimi il tenore Caldani ed il basso Dewisten, ambidue abili dilettanti e le signore Fanvet e Parisotti. Gli appassionati pel bello musicale si lusingano poter assistere a qualche altra esecuzione di un’opera che più si sente maggiormente rapisce. — Le cinque società filarmoniche di Roma hanno dato un grande festival in onore del maestro Spontini che vi si aspetta verso la fine di questo mese. Il programma di questa solennità si compose di varj pezzi scelti dalle Opere dello stesso Spontini e di alcuni frammenti di musica sacra di antichi compositori italiani come Leo, Jomelli, Palestrina, Allegri, Durante, Caldara ecc. Così trovasi stampato nel Débats.



NOTIZIE ESTERE

TEATRO ITALIANO DI PARIGI.

LINDA DI CHAMOUNIX - Opera in 3 atti di G.Donizetti.

Prima rappresentazione.

Diamo in compendio il giudizio della France musicale, giornale che per l’addietro non si addimostrava gran fatto favorevole all’autore dell’Anna Bolena. • Un’Opera nuova vuolsi udire più d’una volta a ben comprenderne tutte le bellezze, ma la Linda anche alla prima recita ricevette il più favorevole accoglimento dal pubblico; vivi applausi seguirono a gran parte dei pezzi, di che si compone questa Opera, e l’esito fu confermato al finire della rappresentazione da reiterati bravo. Una leggiadra aria piena di originalità e di leggerezza, cantata mirabilmente dalla signora Persiani sulle parole O luce di quest’anima! una toccante ballata di madamigella Marietta Brambilla, un grazioso duetto tra le due cantanti nel secondo atto, un duetto di forma suffìcentemente nuova tra Mario e Lablache nell’atto 3.°; un quintetto senza accompagnamento pieno di grazia e di espressione e composto senza voci di soprano, un incantevole duetto finale fra madama Persiani e Mario, molti passi teneri e patetici per Tamburini, qualche bel giuoco di insieme nei cori; ecco le cose applaudite la prima sera. Può affermarsi che quest’Opera è ricca di musica ben composta e merita la riputazione che seppe procacciarsi a Vienna.» La nostra imparzialità ci impone di aggiugnere che altri giornali musicali parigini, e tra questi la Gazette et Revue musicale de Paris, severissima di solito nei suoi giudizii ed ispirata da molta dottrina, non esaltano con troppo calore il merito della Linda anzi a quest’ultimo foglio sarebbe piaciuto che Donizetti ringiovanisse un po’ più il suo stile e non cadesse in reminiscenze e tolte da sè stesso e dagli altri, e fosse qui e qua meno prolisso e vago.... A coloro poi i quali volevano far credere che Donizetti, scritto avendo la Linda per Vienna si fosse sforzato a germanizzare la sua maniera di comporre, la or nominata Gazette musicale de Paris replica osservando che a suo giudizio la nuova Opera di Donizetti non è meno italiana di tutte le altre sue maggiori sorelle; sempre la stessa spontaneità, la stessa chiarezza di melodia, le stesse forme, gli stessi ritmi. La stromentazione è brillante ed elaborata senza offrire la menoma rassomiglianza con quella de’grandi maestri tedeschi. — Al Grand’Opéradi Parigi si stanno facendo le prove del Carlo VI di Auber. — Il signor Onslow, l’autore dei tanto lodati quartetti e quintetti per istromenti d’arco, fu nominato membro del R. Istituto di Francia, al posto lasciato vacante dalla morte di Cherubini; egli ebbe 19 voti e vinse quindi la concorrenza del signor Adam, l’autore del Postillon de Longjumeau e della musica del ballo la Gisella, il quale non ne ebbe che 17. — La G. M. de Paris dopo aver significato con parole molto piccanti il modo poco plausibile col quale il nostro librettista signor G. Rossi smozzicò, e smagrì a suo capriccio il bel dramma fransese la Grace de Dieu dei signori D'Ennery e Lemoine per cavarne fuori la sua Linda di Chamounix, aggiugne: «In generale i poeti italiani non sono gran fatto felici nelle modificazioni cui sottoppongono i poemi francesi. Quando ci svaliggiano, il meglio che ponno fare egli è di non cambiar in nulla i loro furti» e tira via con una filza di esempii di libretti italiani rubati con tutta disinvoltura alla scena francese. — Pare ormai certo che il celebre violinista Beriot abbia accettato il posto di professore di violino al real Conservatorio di Parigi, in luogo del defunto Baillot.

— VIENNA. Due delle maggiori notabilità sul violino occupano in questo momento il mondo musicale Viennese. Hauman diede tre concerti in cui soddisfece più agli intelligenti che alla massa del pubblico. Vieuxtemps, appena giunto, seppe che dovevasi dare un’accademia a beneficio de’ poveri, e tosto si offrì di prendervi parte, immenso successo coronò la generosa azione e la singolare bravura del celebre artista. — Lo Czar e il Carpentiere, Opera di Lortzing, che in tutta la Germania ottenne brillantissimo esito, fu recentemente rappresentata al Teatro della Porta Carintia con grandi applausi.

— STUTTGARDA. Ultimamente venne qui posta la prima pietra d’un monumento eretto per commemorazione del ventesimoquinto anniversario dell’avvenimento al trono del reguante sovrano. In questa occasione solenne quattrocento tra professori e dilettanti eseguirono nella Cattedrale il Te Deum di G. Haydn; il giorno stesso nella Chiesa Cattolica si eseguì la famosa messa in re maggiore di Cherubini. — Ai signori Listz e Rubini venne conferita la croce di cavaliere dell’ordine d’Ernesto di Sassonia. In oltre il signor Listz fu nominato maestro di Cappella del Granduca di Sassonia Weimar. Le nuove sue funzioni lo obbligheranno a dirigere i concerti della Corte e a dimorare a Weimar tre mesi dell’anno. — Tutti i teatri dipartimentali della Francia fanno a gara a riprodurre il Duca D'Olonne, dello stesso Auber che tanto successo ebbe a Parigi lo scorso inverno. — La Fille du Regiment del nostro Donizetti venne prodotta ultimamente a Lilla, in Francia. Ecco le parole severe anzichenò colle quali L’Echo du nord si esprime intorno al merito di questo grazioso spartito. . Donizetti l’Autore di Lucia di Lammermoor ha dato, con questa Figlia del Reggimento, il suo primo saggio come compositore Francese. Sebbene siasi accostato alla nostra scuola in questo che si sforzò ad essere più vero nell’esprimere gli affetti e dipingere i caratteri e le situazioni, rimase però al dissotto delle altre migliori sue composizioni. All’udire la musica della Fille du Regiment, si è meno imbarazzati a trovar dei pensieri leggiadri che non delle idee nuove. Qui e qua il compositore ha saputo seminare il suo spartito di graziosi motivi; e qui e qua seppe anche dar saggio di felice memoria rubacchiando dei concetti non pochi alle partiture francesi che gli fecero più viva impressione». Continua il critico esaminando alcuni pezzi ne’ quali la verità drammatica, che tanto vuol essere curata nella musica del genere francese, fu dal celebre italiano poco finamente interpretata. — Nella città di Gand si sta preparando l’esecuzione dello Stabat Mater di Rossini. Seicento e più parti tra orchestra e cantanti faranno udire questa grandiosa composizione sacra del sommo nostro Compositore. Gand è la prima città del Belgio che avrà ad udire completo e colla original partitura lo Stabat di Rossini.



NUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL' I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG.° DI GIOVANNI RICORDI.



,,O luce di quest'anima,, RECITATIVO E CAVATINA PER SOPRANO CON ACCOMPAGNAMENTO DI PIANOFORTE Composta a Parigi per la sig.a Persiani ed aggiunta alla sua Opera LINDA DI CHAMOUNIX DAL M.° CAVALIERE G. DONIZETTI 13061 Fr. 1 75.




LE PETIT SAVOYARD Impromptu pour le Piano

SUR LA BALLATA DE L'OPERA LINDA DI CHAMOUNIX DE G.DONIZETTI PAR C.G.LICKL 14309 Op. 67. Fr. 2.



GRAND DUO pour le Piano à quatre mains SUR LES SOIRÉES MUSICALES DE ROSSINI PAR ED. WOLRFF 13701 Op. 72. Fr. 5.



GIOVANNI RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. NB. Si unisce a questo foglio il pezzo N. 8 dell’ANTOLOGIA CLASSICA MUSICALE. Dall’I.R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVANNI RICORDI Contrada degli Omenoni N 1720.